Michele: organizzo crociere sulla mia barca in Polinesia

 

Mentre rileggevo questa storia, per la revisione prima della pubblicazione, mi sono scoperta a provare la sensazione di conoscere Michele da sempre: mi sembrava di avere intessuto un dialogo con un amico, che regala saggezza e serenità, come solo chi ha il privilegio di veder coincidere ciò che si vuole essere con ciò che si è, riesce a fare. La sua è davvero la storia di un bel percorso di vita che, per lui, ha avuto i colori del mare e di una barca. Un viaggio quasi in parallelo, dentro di lui e sugli oceani. Una passione che ha sempre coltivato, anche quando viveva da cittadino, con una bella carriera nell’editoria. Ma anche per lui, ad un certo punto, quella vocina che ti chiama altrove, ha cominciato a sussurrargli nell’orecchio. E, ora, vive secondo la propria autenticità. Michele in Polinesia organizza crociere a bordo del suo Gulliver e racconta i suoi viaggi nel blog http://michele-gulliver.blogspot.com/ che vi consiglio di leggere. Vi sono racconti davvero suggestivi e molto lucidi su quell’angolo di paradiso. Se invece volete informazioni sulla sua attività andate nel suo sito www.destinazionepolinesia.it.

 

La Polinesia che esce dalle sue parole non è quella stereotipata del turista o del sognatore che, anche senza rendersene conto, mantiene una mentalità da conquistatore. Michele si è avvicinato a questa terra con molta umiltà e ne è stato ripagato. Questa è la sua storia.

Michele, come hai capito che era arrivato il momento di cambiare e mettere la parola fine alla tua “prima vita”?

“L’altra vita” era soddisfacente, nel senso classico del termine: una bella casa, un buon lavoro, ben remunerato e che mi gratificava. Ma a questo puzzle mancavano dei tasselli. Certo si intravedeva l’opera, qua e là delle pennellate ben date che facevano risaltare qualche sogno; ma erano evidenti, almeno per me, quei vuoti da colmare, quei tasselli da aggiungere per rendere completo il quadro della mia vita o comunque quello che più si avvicinava al mio modo di vederlo. La passione per il mare, ed in particolare del navigare in barca a vela non era cosa nuova, avevo sempre avuto una barca, a volte anche due quando abitavo a Desenzano del Garda: una al lago ed un’altra nel Golfo di La Spezia. Piccole barche certo, ma con grandi aspirazioni. Sentivo il bisogno di viaggiare, di conoscere, confrontarmi con il nuovo. Un bisogno montante che non mi lasciava molti margini di decisione: dovevo andare, non importava francamente il dove; ciò che importava era il “con cosa “ (la barca) e il “perché” (conoscere genti e culture nuove).

Inizi a navigare e poi decidi di fermarti in Polinesia. Cosa ti ha fatto decidere per questa terra?

Partii per fare il classico giro del mondo in barca a vela ma prima della partenza chiusi con “l’altra vita” vendendo tutto e quando dico tutto intendo anche i mobili. Questo perché non volevo avere vincoli ma la libertà di decidere di fermarmi dove avessi voluto e nel caso mettere in piedi qualcosa. Non mi piacciono le scelte a metà. Mediterraneo, Gibilterra e le Canarie, poi la traversata dell’Atlantico ed i Caraibi; ma le genti e le culture non erano quelle che avevo sognato, lo stile di vita era troppo simile a quello che avevo lasciato ed in alcuni casi era anche peggiore. Poi ci furono le Antille Olandesi, Bonaire, Curaçao, la Colombia e poi Le San Blas prima di Panama. Un primo assaggio di ciò che volevo trovare me lo danno gli Indiani Kuna in questa anticamera caraibica della Polinesia che sono appunto le San Blas: un arcipelago poco conosciuto a ridosso del mitico canale di Panama. Dopo essere entrato nell’Oceano Pacifico, tutto comincia a risultarmi più chiaro, più convincente, più vicino al mio modo di intendere la vita. L’Arcipelago di Las Perlas e poi le mitiche Galapagos. Qui per la prima volta mi è venuta voglia di fermarmi dopo aver conosciuto una ragazza che lavora al centro Darwin e che mi fece notare come la presenza di italiani fosse estremamente rara. Non ci sono Tour Operator che propongono questo arcipelago e chi ci viene, quasi sempre, si organizzava da solo. Bhe …potrebbe essere un’occasione per mettere in piedi un riferimento qui per i Tour Operator Italiani. Comunque parto dopo un paio di mesi con l’obbiettivo di andare in Polinesia, lasciare la barca lì a riposo e ritornare per mettere in piedi l’agenzia. Purtroppo per le Galapagos, dopo un mese di navigazione in oceano, sono alle Marchesi e lì è come restare infatuato da questa gente sempre cordiale e disponibile, che ti fa un regalo per il piacere di farlo, che ti mette sempre a tuo agio senza mai chiedere niente in cambio. Un altro mondo, quello che avevo sognato e letto ma che, ad onor del vero, oramai disperavo di trovare. Un po di mesi alle Marchesi e poi alle Tuamotu, quasi sempre ospite dei polinesiani per il pranzo o la cena, un mese a Tahanea, un atollo completamente disabitato dove vivere alla Robinson… Non ti saresti fermata ? Bhe oramai siamo arrivati al dodicesimo anno e non mi sono ancora annoiato. Come a volte dico: ” il giorno in cui mi sveglierò e mi capiterà di non stupirmi di ciò che mi circonda sarà l’occasione per preparare la barca a nuove navigazioni tra nuove genti e nuovi mari “.

Michele, Polinesia crociere in barca a vela

Al di là degli stereotipi che noi, gente di terra, ci portiamo dietro puoi dirci cosa significa vivere in simbiosi con il mare?

Vivere in simbiosi con il mare è vivere in simbiosi con la natura tutta, il mare ti insegna ad essere umile ma indomito, adattabile ma senza troppi compromessi: il mare ti riporta al centro delle cose, senza distrazioni, ti responsabilizza. Il mare, ed in particolare il mare vissuto su una barca a vela, è una scuola di vita. In mare ci sei tu e il mare, non ci sono sovrastrutture che ti condizionino e alle quali all’occorrenza addossare colpe. Se la barca sbanda troppo è un tuo problema, non della barca, se la barca fila liscia sull’onda e sembra quasi volare il merito è solo tuo. C’è un vecchio adagio marinaro che recita: “Noi non possiamo dirigere il vento ma possiamo adeguare le nostre vele per raggiungere la nostra meta”. Così come nella vita di tutti i giorni del resto. Non possiamo scegliere cosa ci riserva la vita ma possiamo navigarla sfruttando al meglio il vento che abbiamo. Non ha senso lamentarci del vento, il vento viene e non possiamo cambiarlo: se resisti qualcosa si rompe, se ti adegui e lo sfrutti al meglio, potrebbe trasformarsi in una opportunità per raggiungere anche più velocemente la meta. Il Mare, un padre burbero, a volte, ed una madre premurosa: non vorrei essere altrove! Vivere in simbiosi con il mare e quindi con la barca che è la tua casa, ti rende maggiormente consapevole che le risorse non sono infinite e quindi vanno utilizzate con oculatezza, senza inutili sperperi . L’acqua dolce, in barca, è quella dei serbatoi e finita quella potrebbe essere difficile recuperarla: quindi utilizzarla certo, ma con qualche accorgimento che in città fa sorridere. L’energia è quella che riesci ad accumulare nelle batterie con i pannelli solari, il generatore eolico, quindi le luci vanno usate sì, ma senza lasciarle inutilmente accese. Qualche cittadino so che sorride già pensando a come è illuminata la sua casa. Lo stesso vale per il cibo, il vestiario etc etc. Il mio sogno ora è di mettere in piedi una “scuola di vita per adolescenti” utilizzando una barca a vela, di buone dimensioni, e facendo delle navigazioni di un paio di mesi per corso. Ma il progetto è costoso e alla fine non so quanti genitori abbiano veramente a cuore un buon “imprinting “ dei figli; ma è un discorso che ci porterebbe lontano.

Ti capita mai di pensare alla tua vita di prima? E come la leggi attraverso la lente del tuo cambiamento?

Mi capita di parlare dell’altra vita, quella vissuta da cittadino tra Milano e Desenzano del Garda. Non rinnego niente e non ho rimpianti e devo dire che non utilizzo nessuna lente. Ogni stagione ha il suo frutto ed ogni frutto ha il suo livello di maturazione. Probabilmente se non avessi avuto un percorso di questo tipo non sarei arrivato qui oggi. Poi sai, ogni inferno ha il suo angolo di paradiso, come pure il contrario. L’importante è fare le scelte in serenità e senza essere costretti a farle, senza fuggire.

Le storie che hanno a che fare con il mare sono tra quelle che più affascinano i nostri lettori, perché evocano libertà, bellezza e infinito. A te, dopo diversi anni, cosa emoziona ancora di questa tua scelta?

La natura, che è meravigliosa; nel senso che riesce a meravigliarti ogni giorno in modo diverso e tu sei lì, non come semplice spettatore occasionale ma in qualche modo vivendoci insieme, partecipando, a volte in modo passivo ed in altre entrandoci appieno. Quando navighi non è assolutamente vero che il mare è sempre uguale, le onde le stesse, le nuvole, il vento. Può apparire così ad un turista, ad un cittadino distratto che ha disimparato il linguaggio della natura, dei suoi tempi, dei suoi richiami e dei suoi umori. Per tutti un esempio: quando navighi ed osservi le onde intorno a te puoi apprezzarne l’ampiezza, l’altezza, giocare ad indovinare il periodo, quando frangerà e se passando sotto la barca la solleverà di più o meno, puoi indovinare quando arriverà il treno d’onda e di quante sarà composto e se il successivo si discosta e di quanto, ma puoi scorgere anche quelle ripetute onde che arrivano da una direzione diversa, onde che man mano cominciano a rendere meno rilassante il percorso perché costruiscono un mare incrociato e poi , ancora, man mano, subentrano alle onde principali con le quali avevi iniziato la navigazione. Al marinaio attento non sfugge il cambiamento e se ha imparato ad interpretare il linguaggio dell’onda sa che gli sta parlando, gli sta raccontando di venti che hanno imperversato in luoghi lontani e con quale intensità e per quanto tempo. Gli sta dando dei segnali da interpretare e solo lui deciderà se prenderli sul serio o no. Tutto questo è emozionante. Parli un’altra lingua fatta di piccole sottigliezze, di un linguaggio non verbale da interpretare con tutti i sensi e tu piccolo marinaio sul guscio di noce che rappresenta la tua casa e una parte di te navighi.

Vivi in uno dei posti più belli al mondo; ma c’è stata qualche difficoltà all’inizio o ti sei ambientato subito?

Mi sono ambientato rapidamente perché, come prima scrivevo, il modo di vivere di questa gente e la sua cultura corrisponde al mio modo di vedere e vivere i rapporti sociali e la cultura stessa. Un errore che alcuni occidentali commettono, è quello di voler sempre più assomigliare ai nativi, assorbendo passivamente l’esteriorità dei loro comportamenti, pensando così di essere come loro. No, non è così e non può essere così. Tu sei un occidentale e non un polinesiano, hai un retroterra culturale diverso, hai finanche dei valori diversi e per loro sei e rimarrai sempre un “poopa” (uomo bianco), sarai un poopa che vive come un polinesiano ma non potrai mai pensare come un polinesiano. Questa riflessione, che ho fatto sin dall’inizio, mi ha aiutato molto nei rapporti con la gente del luogo e mi ha dato la possibilità di intessere relazioni sincere e partecipate, mi ha dato modo di vedere la realtà del luogo con occhi diversi e di confrontarmi con gli abitanti del luogo alla pari. Come già accennavo ogni paradiso ha il suo inferno ma, per fortuna, qui l’inferno è ancora molto piccolo anche se, purtroppo, ha piantato bene le radici e rischia di crescere rapidamente se non viene frenato in tempo dalla società illuminata polinesiana.

Mi piace molto che nel tuo sito tu descriva alcuni dei luoghi comuni sulla Polinesia, per demolirli: ma perché gli occidentali devono trasformare tutto in cartolina. E come reagiscono le persone del posto a questo atteggiamento?

Il mito dei mari del sud è nato da poco più di un secolo e su questo si è imperniato tutto il turismo polinesiano. Ma in un secolo o poco più, sono successe tante cose nel nostro mondo occidentale, due guerre, rivoluzioni anche culturali, assetti nuovi e mentalità che si sono evolute e pure la rivoluzione informatica. Qui in Polinesia, è stato come fare un vero viaggio nel futuro poiché in questo lasso di tempo sono passati dall’età della pietra alla rivoluzione post informatica. I polinesiani grazie al loro modo di concepire il presente, senza grosse sbavature, si sono adeguati ed in poco più di un secolo hanno pareggiato il conto con 4000 anni di civilizzazione dell’occidente. Formidabile! Si da il caso che gli occidentali vorrebbero ancora vedere le Vahinè mezze ignude accoglierli come ai tempi di Cook ma, nel frattempo, sono passati i missionari protestanti ed è stato cancellato anche il ricordo di questo passato. Se i depliant patinati dei tour operator non mettessero in luce le splendide e lunghe spiagge bianche, in molti si chiederebbero se vale la pena di affrontare un viaggio così importante; in Polinesia ci sono pochissime spiagge ma in compenso c’è una laguna da sogno, con una fauna multicolore. I Polinesiani sorridono bonariamente come quando un adulto ascolta le storie di un bimbo, d’altra parte cosa potrebbero fare di diverso.

 crociere Michele; vivere in Polinesia in barca a vela

La tua vita sembra quasi una favola, l’incarnazione del sogni di moltissime persone. Ma avrai anche tu dei momenti di difficoltà, o no?

Certo che ci sono momenti di difficoltà, come per tutti d’altronde. Ciò che mi rende forse più positivo nell’affrontarle è la consapevolezza di aver vissuto sino ad oggi la vita che volevo, di aver inseguito un sogno ed averlo realizzato senza cedere a compromessi; quindi voltandomi indietro mi dico: “Sei stato fortunato Michele”. Sì, posso affrontare anche quelle piccole difficoltà perché la ricchezza è tanta ed intatta.

Che cosa significa per te la parola serenità?

Serenità significa essere in pace con se stessi, condividere reciprocamente lo svolgersi della vita con una persona cara e con essa continuare ad avere ancora dei progetti e dei sogni da realizzare. Serenità significa non avere rimpianti ed accettare anche le piccole sconfitte come parte di un percorso positivo. Serenità è avere ricordi che ti fanno sorridere mentre guardi nel vuoto senza che questi prendano il sopravvento impedentoti di vivere al meglio il presente: perché il presente è la nostra vita ora, mentre ne parliamo.

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http://michele-gulliver.blogspot.com

A cura di Geraldine Meyer