Oltre al suo lavoro di giornalista, Mary cura anche il suo blog: http://uwannabeamericano.blogspot.it con cui racconta la sua Miami e le storie di altri italiani espatriati nella città americana. In più ha anche aperto un’agenzia di marketing e consulenza. Insomma, il lavoro non le manca, grazie anche ad una certa intraprendenza.
Ciao Mary a parte il lavoro, qual è stata la spinta più forte per decidere di tornare a vivere a Miami?
A parte il lavoro come hai ben detto, la mia scelta è stata influenzata dal clima, (sono purtroppo metereopatica) e dalla voglia di cambiare. Sono perennemente in sfida con me stessa, non perchè sia competitiva, cerco solo di migliorarmi. Sono curiosa, ho voglia di imparare e anche di sbattere la testa. E poi, dentro di me sentivo che Miami non era ancora un capitolo chiuso della mia vita.
Che città è dal punto di vista lavorativo?
Dipende dal tipo di lavoro che fai. Se sei nel campo del “food and beverage” hai lavoro tutto l’anno e guadagni bene. Anche se sei un agente immobiliare puoi fare dei buoni affari; in questo momento il mercato è sicuramente in salita.
Dal tuo blog si vede come molti italiani abbiano scelto questa città per vivere e lavorare. Com’è fare impresa da quelle parti?
Rispetto all’Italia il mercato statunitense è piu rapido: l’adempimento burocatico ad esempio è più snello e a costi minori rispetto al nostro paese. Se in Italia ci vogliono dei mesi per l’aperturta di una società, qua ci vuole molto meno.
Raccontaci un po’ il mondo del giornalismo a Miami.
Il mondo del giornalismo?, Bhe’ diciamo che tutti i colleghi che conosco qui, sono come me inviati, che non scrivono per giornali di Miami ma scrivono per giornali di New York o italiani. Nel mio settore ci sono comunque opportunità di lavoro. Infatti sto per iniziare un corso di scrittura al Miami Dade College perchè mi piacerebbe, in futuro, collaborare con alcune redazioni locali.
Da dove nasce l’idea dell’agenzia di marketing? E che tipo di servizi offre?
L’agenzia nasce dalla voglia di diversificarmi; questa è la parola che uso di più in un giorno, dopo Cesare (il nome del mio cane). Oggi più che mai, le cose cambiano così velocemente che devi cercare di essere sempre innovativo e non puoi investire in un solo settore. La Global Cesar (il sito è ancora in costruzione) è una società di lobbying, media e pubbliche relazioni, basata sul “network”, con l’obiettivo di semplificare e agevolare il cliente nel mondo della comunicazione, che oggi è sempre più complesso. Ci rivolgiamo a tutti coloro che hanno bisogno di promuovere la loro attività. Come? Attraverso una rete di contatti che ho costruito negli anni e continuo ad ampliare. Questi contatti sono “reali”, one to one, ossia sono persone che ho conosciuto o con le quali ho lavorato, non collaboro o non mi affido al recruitment puro. Dò importanza e valore alle risorse umane e le connetto tra loro a seconda delle necessità di un cliente.
Miami è una città dinamica, in continua trasformazione. Una volta, nel luogo comune, veniva considerata il buen retiro per ricchi pensionati. Ora mi sembra una città davvero aperta al mondo e alle novità. È così? Che tipo di clima sociale si respira?
Miami è una città dove alla fine ci passano tutti, è la “capitale delle americhe” perchè rappresenta il legame degli scambi culturali ed economici tra il nord e il sud America. È cosmopolita, ed è uno dei centri più importanti a livello mondiale in molti settori. A livello sociale trovi diverse realtà: da quella nordamericana, a quella ispanica, a quella europea. Ti puoi trovare, ad esempio, a bere un caffè nella caffetteria cubana, come mangiare una brioche nella backery francese. E così anche nelle amicizie, o sul lavoro perché entri a contatto con persone che arrivano da tutto il mondo.
Per il tuo lavoro avrai certo modo di conoscere storie interessanti e curiose. Se dovessi raccontarci di una cosa in particolare che secondo te rappresenta bene il tipo di energia che scorre in quella città cosa ci diresti? C’è qualche tendenza nuova nella moda, nell’architettura, nel business in generale?
Bhe’ la storia che racconto più volentieri è quella del mio amico Matteo e di sua moglie Kristine. Sono venuti a trovarmi a Miami per il loro viaggio d nozze a maggio, e si sono innamorati della città, tant’è che hanno mollato tutto, come si suol dire, e hanno aperto un ristorante a Miami. Per quanto riguarda la seconda parte della tua domanda che dire? Tendenze ce ne sono tante, avrei bisogno di un’altra intervista.
Che città è dal punto di vista dell’offerta culturale?
Molto più culturale di quello che si può pensare. A dicembre si svolge Art Basel, la mostra d’arte contemporanea più famosa al mondo; spesso ci sono rassegne di cinema, food and wine festivals e non dimentichiamoci Winwood, nel cuore di downtown che è ricca di gallerie d’arte e meta di giovani artisti. Insomma Miami non è solo divertimento.Tu hai una notevole esperienza lavorativa sia in Italia sia lì: quali sono le differenze più marcate nel modo di lavorare nei due contesti?
Gli Stati Uniti sono ancora un paese meritocratico: se hai voglia di fare, lavori duro, o hai talento vieni premiato. La gente è abituata a lavorare a progetto e per obiettivi e questo ti permette di avere una mente più aperta e ricettiva, e ti stimola nella crescita professionale.
Quali aspettative hai rispetto a questa tua esperienza americana?
Non ho aspettive, ho mete da raggiungere rispetto all’attività che ho appena aperto, e sono concentrata sul raggiungimento di questi obiettivi. Poi, se il mio percorso mi porterà in un’altro continente, la mia valigia è sempre pronta.
Parlaci un po’ della “tua” Miami. Le cose che ti emozionano di più di questa città, anche dal punto di vista umano.
È una città magica! La considero una seconda casa e un luogo importante della mia vita anche per alcuni fatti personali che mi riguardano. È davvero difficile da spiegare a parole. Ho letto un articolo, recentemente, dove veniva descritta come “uno spicchio di mondo in una sola città”. Miami è un miscuglio di esperienze di vita, di provenienze e culture diverse e ognuno apporta qualcosa a questo posto meraviglioso.
Come la vedi l’Italia da lì? E cosa dicono di noi gli americani?
La vedo lenta, spenta, sempre più vecchia ma non più saggia. Con questo non voglio assolutamente denigrare l’Italia anzi, io adoro il mio paese e credo che gli italiani siano un popolo con tante virtù e pregi. Solo che bisognerebbe cercare di fermarci un attimo e farci un piccolo esame di coscenza, capire gli errori commessi e da li risolverli per risollevarci. Gli americani impazziscono per gli italiani, ogni volta che dici che sei italiano, la maggior parte comincia a raccontarti che anche I loro nonni erano italiani, come se volessero rivendicare le loro origini. Poi ti chiedono se sai cucinare le fettuccine Alfredo, e quando gli dici che in Italia questo piatto non esiste, un po’ risentiti cambiano argomento.
Che argomenti segui, in particolare, per i giornali per cui lavori?
Dal lifestyle, alle ultime novità nel campo della salute e del benessere, dal food and beverage, agli eventi più belli; tutto quello che trovo interessante o che possa interessare al lettore. Prossimamente mi dedicherò anche ad alcuni articoli di carattere più economico.
La crisi si è fatta sentire anche da quelle parti? E come sta reagendo la città.
Un paio di anni fa ho fatto la stessa domanda ad un mio amico americano che mi ha risposto: “La crisi è nella testa delle persone, devi essere in grado di superare i momenti duri e prenderla come la possibilità di fare qualcosa di nuovo, lo devi prendere come uno stimolo non come un fallimento. Dalla crisi possono nascere idee nuove, progetti, business.”
Cosa consiglieresti ad un nostro connazionale che stia pensando di trasferirsi a Miami?
Idee chiare, buona volontà, una buona dose di umilità e un costume da bagno.
A cura di Geraldine Meyer