Una vita da bartender girando il mondo

Di Nicole Cascione

Giuseppe Carillo, 24 anni e un passato da backpacker. A 18 anni, subito dopo avere conseguito il diploma di maturità è partito per Londra, dove ha vissuto diversi anni lavorando dapprima come barista in un coffee shop, poi come cameriere in un casinò. Successivamente, per caso, venne a sapere che ricercavano un bartender, così senza pensarci due volte, pur senza esperienza, decise di candidarsi e fu assunto. Ora Giuseppe non vive più a Londra, ma ad Abu Dhabi, dove lavora come bartender ed è in procinto di trasferirsi a Dubai per la sua nuova occupazione di bar manager.

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carrillo bartender

Giuseppe, hai solo 24 anni, ma hai già viaggiato moltissimo. Potresti raccontarci le tappe fondamentali della tua vita da viaggiatore?

Diciamo che ho sempre avuto questa passione per i viaggi, già da bambino, anche se a quei tempi seguivo ancora i miei. Alla maggiore età e dopo aver conseguito il diploma, sono andato a cercare fortuna a Londra: il mio primissimo viaggio in solitaria. Un’esperienza che mi segnò tantissimo. Mi promisi di ripartire per una nuova avventura appena avessi messo abbastanza soldi da parte. Il destino però mi fece conoscere una stupenda ragazza, mi innamorai di lei e decisi di rimandare il tutto. Rimasi fermo per un bel po’, finchè la voglia di viaggiare si rifece sentire come una ex. Così decisi di rompere con lei e di concentrarmi sui viaggi. Per un po’ viaggiai occasionalmente, ma non era abbastanza. Quindi decisi di abbandonare lavoro, casa, amici e fare il backpacker a tempo pieno.

Cosa ti ha lasciato la tua avventura di backpacker?

Un sacco di amici e un’esperienza difficile da descrivere. Cose che vedi in TV o sui social, ma che non puoi capire finchè non lo vivi di persona. E’ stupendo svegliarsi ogni giorno in un posto diverso, con tante nuove persone e nuove culture. Tutto questo è lì fuori, a portata di mano e a portata di tutti, basta solo fare un bel respiro e lanciarsi. Ahimè, c’è un lato negativo in tutto ciò, legato proprio allo spostamento continuo. Mi spiego meglio, ogni volta che mi spostavo da un posto all’altro, creavo una mini famiglia che purtroppo mi ritrovavo a dover salutare dopo qualche giorno. Questa è l’unica parte triste di un backpackers, ma grazie ai social diciamo che, tutto sommato, si riesce a mantenere i contatti con questi familiari adottivi.

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In quali Paesi sei stato durante quei cinque mesi?

Non tantissimi (almeno per me). Ho fatto all’incirca 27 stops, la maggior parte capitali, ma ho cercato di visitare anche quei paesini che non tutti notano, ma che in realtà offrono tanto. Mi sono soffermato di più in Portogallo e in Spagna, però ho visitato quasi tutta l’Europa, da ovest a est. Ho cercato di fermarmi all’incirca 4 giorni o più nei vari posti, così da vedere il più possibile i luoghi turistici e quelli più nascosti, ovviamente mi affidavo ai “locals”, così da vivere al meglio il posto in cui soggiornavo. Per spostarmi ho usato qualsiasi mezzo: macchina, autobus, aereo e anche la bici, solo che quest’ultima mi è costata una fermata in ospedale, ouch!

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Hai vissuto per 5 anni a Londra. Cosa puoi raccontarci di quel periodo?

Parecchie cose, anche troppe. Londra è stata come una madre severa ma giusta con me. Ho imparato parecchio. Quando sono andato lì ero solo un 18enne con tantissimi sogni e ambizioni. I primissimi mesi sono stati durissimi, non conoscendo la lingua non ero in grado di fare amicizia e in quel periodo l’iphone era appena uscito e quindi usavo ancora un vocabolario tascabile e mi allenavo con quello. Riuscii a trovare comunque lavoro in breve tempo, facevo il barista da Caffè Nero. Amavo quel lavoro, grazie ai miei colleghi e perché riuscii a trovare proprio lì la ragazza della mia vita. Non passò molto tempo che andammo a vivere insieme. Era tutto perfetto, anche troppo, così tanto che questa routine iniziò a stancarmi, vedevo tutto negativo. Così ruppi con lei e decisi di restare un altro po’ prima di ripartire solo per mettere da parte più soldi che potevo. In quel periodo mi dedicai molto a me stesso, andando sempre a ballare e a divertirmi, conoscendo un mucchio di persone nuove ogni sera.

A Londra hai sempre lavorato nello stesso posto?

No, inizialmente ho lavorato come barista in un coffee shop, dopodiché ho lavorato come cameriere in un casinò. Dopo un anno, ho cambiato mansione e sono passato al settore informatico nello stesso posto, solo che non guadagnavo bene. Parlando con il mio amico che lavorava al bar dello stesso casinò, venni a sapere che cercavano un bartender. Così, anche se senza esperienza, decisi di cimentarmi in questo nuovo lavoro. Mai presa decisione migliore.

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Ora, invece, vivi ad Abu Dhabi, dove lavori come bartender. In che modo sei riuscito a trovare quest’occupazione?

Comodamente dal divano di casa mia. Tra i vari annunci di lavoro sbucò questa offerta per una nuova apertura ad Abu Dhabi. Mandai la richiesta anche se ero poco fiducioso. Due giorni dopo però mi richiamarono, non ci potevo credere. Il sito era indeed.com, un motore di ricerca che prende annunci di lavoro da altri siti. Un altro sito molto buono per il lavoro all’estero è catererglobal o hosco.

Qual è l’aspetto più bello del tuo lavoro? E quello che ti piace meno?

La cosa che mi piace di più di questo lavoro è poter stupire i clienti con dei cocktail gustosi che non avevano mai provato prima. Il loro apprezzamento mi rende felice. L’aspetto che mi piace meno è quando qualcuno beve troppo da iniziare a diventare molesto.

Sono molti gli italiani presenti ad Abu Dhabi?

Gli italiani qui ad Abu Dhabi non sono tantissimi, ma comunque ci sono, siamo ovunque! Una concentrazione maggiore è a Dubai.

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Come si vive ad Abu Dhabi?

Beh, qui la vita è bella se hai un lavoro in ufficio o se vieni in vacanza. Il lavoro ristorativo è pagato bene, ma devi essere almeno manager. Abu Dhabi è di gran lunga più tranquilla di Dubai ed esageratamente in via di espansione e sviluppo. Il caldo durante i mesi estivi è asfissiante, infatti parecchi migrano, specialmente durante il ramadan. Ci sono parecchie spiagge e tutte sono mantenute abbastanza bene; i mezzi pubblici non sono all’avanguardia come Londra, parecchi preferiscono prendere il taxi che non costa tantissimo. C’è qui poi un particolare che a noi europei fa storcere un po’ il naso: esistono molte restrizioni sul rapporto di coppia. Non è possibile dare la mano al proprio partner, in caso di matrimonio invece non è un problema. Solo le coppie sposate, poi, possono dormire insieme o almeno passare le notti nella stessa casa. E’ un bel guaio se la polizia ti trova in casa con il tuo partner e non siete nemmeno uniti nel vincolo del matrimonio. La vita qui, poi, per i locals è diversa, loro hanno privilegi che i foreigners non hanno e non avranno mai. Quindi non pestare mai i piedi ad un emirato se non vuoi guai.

Pensi di rientrare in Italia prima o poi?

Sì, sicuramente ci tornerò ma solo occasionalmente e per le vacanze estive. Purtroppo non vedo nessun futuro per me in Italia.

Quali sono i tuoi progetti futuri?

Vorrei tanto aprirmi un cocktail bar in Spagna, in Andalusia se mi sarà possibile. Intanto, però, ho trovato una nuova occupazione come bar manager a Dubai, quindi sono in procinto di trasferirmi nuovamente.

Instagram: giuseppe_carillo

Fb: Giuseppe Carillo