L’energia che trasmette vivere a New York City

“E’ triste che un padre spinga un figlio ad allontanarsi dal suo Paese. Ma in Italia, è vero, non ci sono molti sbocchi per chi è capace. E se a scrivere una lettera di quel tono, è uno che siede su poltrone alte, beh, è peggio. Significa che la situazione sta precipitando per noi giovani”. Patrizia Iacino, calabrese, 38 anni, emigrata negli States nel ’2001, concorda con Pierluigi Celli, direttore generale della Luiss di Roma, che alcuni giorni fa ha scritto una lettera pubblica a suo figlio, consigliandogli di lasciare il Belpaese, troppo ingessato e incapace di premiare i bravi. “Se non avessi lasciato l’Italia- spiega Patrizia, designer- forse mi sarei spenta. Rattrappita. Rinchiusa in me stessa. Avrei perso la mia vena artistica e la voglia di costruire sempre cose nuove. Mi sarei sentita frustrata. E, soprattutto, non avrei imparato a trasformare le cose brutte della vita in opportunità di crescita. Vivere a New York mi trasmette energia. Ispira la mia attività. Mi ha insegnato a non rassegnarmi, a rialzarmi dopo le batoste. A non piangermi addosso, come facciamo noi italiani, che siamo pure più superficiali. In Italia non avrei avuto la possibilità di scoprire la mia attività e portare avanti un lavoro che è anche una missione”.

 

 vivere a New York City

Eh, sì, perché Patrizia, vissuta per tanti anni a Firenze, si è buttata in un lavoro che in Italia solo ora comincia ad avere mercato. In America prima ha lavorato per tanti anni come interior designer.

 vivere a New York City

Da qualche anno realizza gioielli eco chic, con scarti industriali. Quindi ridà vita a materiali che non si possono riciclare. Per questo parla di missione. Il suo laboratorio, nel suo piccolo, contribuisce a raffreddare il pianeta. Di qui l’idea del nome del sito www.globalcoolo.com in antitesi al globalwarming. “Con una o finale – spiega- che riprende un sostantivo italiano e che serve a prendere con ironia il mio lavoro.

Il senso di quello che faccio me lo dà New York, questa città multicolore e multietnica, che adoro. E’ questo posto che mi aiuta a ridare vita ad oggetti scartati, senza anima.

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 vivere a New York City

L’11 settembre, Obama e l’aria che si respira qui mi danno la carica giusta per andare avanti e rialzarmi anche quando sembra impossibile. Sa chi incontro la mattina presto vicino al fiume? Ottantenni che fanno Tai Chi.

Sì, è vero, la vita qui è più frenetica e competitiva che altrove. E chi non ha le spalle forti agli inizi può crollare. Però, io riesco a non perdermi. Ho momenti di poesia, riflessione, che mi regalo passeggiando vicino l’East River.

Se vivi a New York corri, certo, ma hai anche momenti di relax. E poi non dimentichiamo una cosa: questa città svela talenti. Qui tutti ce la possono fare. Senza una laurea. Devi solo saper fare. Tutto viene da sé””.

Avrà vissuto momenti bui quando è arrivata?

Quando sono arrivata, si ero triste perché a New York City non conoscevo nessuno. Avevo degli amici ma a Boston. Una sera, il primo anno in cui sono arrivata ho subìto un furto. Hanno portato via una scatoletta di oggetti preziosi, gioielli di valore, a cui ero molto legata. Sa cosa ho fatto ? Mi sono detta: “Perché non realizzarli con le mie mani? Ho cominciato ad usare tappi, contenitori di lenti a contatto, elastici con cui qui in America si tengono insieme le verdure.

Ho creato oggetti che da un lato fanno pensare al futuro, dall’altro contengono l’idea della conservazione, del passato. Le radici, la storia, che gli americani non hanno e ci invidiano, sono racchiusi nei miei lavori. Lì c’è il calore della terra da cui provengo. E il ricordo dell’angolo più bello del mondo. La stanza della casa sul mare di Corigliano Calabro, in provincia di Cosenza. Porto dentro di me l’immagine del Castello di fronte, che tante volte da bambina ho ricopiato sui miei quaderni. Era il mio compagno forte e imponente”.

Anche a New York Patrizia ha trovato un altro “amico- dice- poderoso. E’ l’Empire State Building. Ed è con la forza che sprigiona che io ogni giorno mi alzo piena di energia”.

Ma se dovesse rappresentare con i suoi oggetti l’Italia e New YorK cosa userebbe?

Beh, la plastica nera per l’Italia, perché penso ai rifiuti lungo le strade di Napoli. Per descrivere la città americana, un piccolo Empire. Ma lo colorerei delle tinte brillanti, le stesse che illuminano il mio cuore tutte le volte che lo guardo”.

 

Cinzia Ficco