Una ferrovia dimenticata: la Transiberiana d’Italia

C’è qualcuno per cui la frase “Voglio vivere così” significa cercare di salvare pezzi di storia di questo paese. E in questo paese, spesso, parlare di pezzi di storia significa parlare di geografie, di luoghi e spazi abbandonati. Luoghi abbandonati che vanno ad arricchire la già ricca schiera di colpevoli dimenticanze italiche, di incuria culturale, di egoismi ciechi. Un paese che cade a pezzi anche, e soprattutto, attraverso alcuni suoi angoli lasciati morire perché non più remunerativi o, semplicemente, per quella forma di tronfia ignoranza che caratterizza una certa classe politica e una certa parte di cittadini che a quella classe politica fanno riferimento solo per avere favori e protezioni. Ma tra i tesori di questo paese, che qualche coraggioso non ha voluto dimenticare c’è una ferrovia. Sì, esatto, una ferrovia, con tutto il suo carico di viaggi fatti, di persone trasportate, di storie che su quei binari si sono mosse al ritmo lento di una strada ferrata che si inerpica. Stiamo parlando della Transiberiana d’Italia, una ferrovia che dal Molise si invola verso la Maiella. Un treno che le istituzioni avrebbero voluto morto e che, invece, è ripartito. Ma andiamo con ordine.

La Transiberiana d'Italia ferrovia

Tutto comincia quando Riccardo Finelli, giornalista modenese (già autore del bellissimo libro “Storie d’Italia” un viaggio nei paesi più piccoli della nostra penisola e nelle storie di alcune persone che hanno deciso di trasferircisi o di non lasciarli) arriva in questa zona dopo una scarpinata a piedi tra Sulmona e Isernia; seguendo proprio il percorso di questa ferrovia spettacolare e un po’ commovente. Ferrovia che, nel suo punto più alto, cioè alla fermata di Rivisondoli Pescocostanzo raggiunge e supera i 1200 metri. La testata on line Corriere.it ne ha parlato anche nella sua sezione Viaggi e ci da questi numeri: “Centoventinove chilometri, ventuno stazioni, cinquantotto gallerie e centotre ponti”. Il tutto in un paesaggio da sogno in una delle zone più ricche di storia e di tradizioni, non solo del nostro paese ma di tutta l’area del Mediterraneo.

E ancora una volta è il piccolo che salva il piccolo, sono le istituzioni locali, radicate nel territorio, insieme alla sua gente, a non accettare le miopi logiche di un’economia da strapazzo che chiama antieconomico questo gioiello e, invece, continua a tollerare i soliti noti sprechi di cui questo paese abbonda. Così il nuovo anno vede la rinascita di questo gioiello paesaggistico, per ora solo per una domenica al mese e a scopo turistico. Tra i protagonisti di questa storia etica oltre che di valenza turistica Francesco Tufano; un percorso inverso e un cambiamento di vita che dalla Lombardia lo riportano nella natia Isernia per fondare l’associazione TransIta.

E forse davvero non ci si rende conto appieno dell’importanza di questa operazione che permette di attraversare un pezzo di bellezza ma anche di storia: siamo infatti nella terra dei Sanniti, circondati da nomi che sembrano un rosario di evocazioni, che risuonano con quella musica tipica dei piccoli paesi: Montenero Val Cocchiara, Castel di Sangro e la più famosa Roccaraso. Il tutto attraversando pendii ripidi e trattenendo il fiato lungo discese mozzafiato in cui ci si chiede come il trenino resti attaccato alle rotaie.

Nel corso dell’anno sono previsti dodici viaggi, ognuno dedicato ad un tema particolare. Il primo a tema gastronomico sarà seguito da un secondo chiamato “Neve e dintorni” da un terzo dal titolo “Il risveglio della natura” e così via. Per ulteriori informazioni potete consultare il sito www.transita.org. La questione delle ferrovie dismesse non è nuova in Italia, un paese che ha sempre preferito privilegiare la sua rete stradale anche per la presenza di un’azienda come la FIAT che, ai tempi dell’Avvocato Agnelli, ebbe non poca influenza sulle decisioni politiche riguardo alle infrastrutture. Nel 2008 vi è stata la prima Giornata Nazionale delle Ferrovie Dimenticate: un patrimonio di quasi 6000 chilometri di abbandono. Per avere un’idea più precisa del fenomeno vi consigliamo di consultare il sito www.ferramatori.it

A questa iniziativa collabora anche Italia Nostra perché le ferrovie minori sarebbero un patrimonio economico oltre che turistico, un monito a non dimenticare certi territori oltre che un esempio bellissimo di quella mobilità sostenibile di cui tanto si parla ma che poco si vede.