Decidemmo assieme che forse era giunto il momento di lasciar perdere le convenzioni e gli agi, ed in poco tempo abbandonammo la nostra comoda vita negli Stati Uniti per trasferirci a più di 7000 miglia di distanza, per dedicarci alla natura e alla vita all’aria aperta in una fattoria abbandonata a San Rafael Mendoza in Argentina.

Mappa di Mendoza Argentina vivere in argentina

Ci trovammo ad affrontare un terreno di circa 65 acri (26 ettari) ricco di olivi, susini e soprattutto viti di chardonnay. Eravamo soli, fatta eccezione per Juan – l’unico lavoratore nella fattoria – e la sua famiglia, che erano anche i nostri unici vicini di casa.

La famiglia di Juan era composta da Ann, Jorgelina, Maria Sol e Eduardo, e al nostro arrivo scoprimmo subito le disastrose condizioni in cui vivevano: la loro casa era piccolissima, e la dovevano dividere con altri cinque membri della famiglia; non avevano una loro stanza per dormire, un luogo in cui potersi riposare e, cosa peggiore, non avevano ricevuto nessuna retribuzione per i lavori realizzati in precedenza nella fattoria.

Le profonde differenze culturali si fecero subito sentire: i precedenti proprietari della fattoria infatti ci fecero sapere che Juan e la sua famiglia erano sì brave persone, ma “…non sono nostri amici, e non dovrebbero essere trattati come tali”. Io e Jamie avevamo una visione completamente opposta della vita e faticammo non poco ad accettare un tale punto di vista e, malgrado i nostri molti dubbi seguimmo il consiglio di un’altra persona anziché ascoltare ciò che ci diceva il nostro istinto.

Decidemmo di assumere una ditta esterna che si occupasse della manutenzione della fattoria, ma chiedemmo comunque che Juan venisse assunto per continuare a lavorare come in precedenza. Credemmo che questo fosse il modo migliore per poter instaurare un rapporto, data la nostra impossibilità di comunicare direttamente con lui, vista la barriera linguistica che ci divideva.

Dopo pochi mesi ci fu chiaro che la ditta che avevamo assunto ci stava truffando, ma purtroppo non avevamo nessuna prova certa e comunque cercammo di rimanere positivi; in fondo non eravamo lì da molto, e poteva essere solo una nostra impressione.

Una sera io e Jamie decidemmo che il giorno seguente avremmo richiesto un colloquio con la dirigenza della ditta per chiarire i nostri dubbi….ma la mattina dopo una tremenda tempesta si abbattè su tutta la zona, ricoprendo interamente l’arido paesaggio cui eravamo ormai abituati.

La zona di San Rafael è spesso vittima di tempeste di proporzioni immani, e noi per la prima volta stavamo assistendo alla forza distruttrice di cui sono capaci.

Il crescente tintinnio della gocce di pioggia iniziò dal tetto – in pochissimi minuti il vento soffiava a 50 miglia all’ora, con raffiche che superavano i 70, e le gocce di pioggia si trasformarono in grandine con chicchi grandi come palline da golf .

Quando inizò a smettere sembrava che sulla terra si fosse posato un lenzuolo di ghiaccio.

Fuori dalla nostra finestra, oltre il portico da cui solo pochi istanti prima vedevamo la nostra siepe di salvia, il vigneto ed il fiume, tutto era diventato completamente bianco.

All’improvviso, così come era iniziata, la tempesta finì.

Io e Jamie ci avventurammo fuori dalla porta di casa: sembrava – ed era – come aver appena terminato una battaglia con Madre Natura.

Enormi tronchi d’albero si erano abbattuti sul terreno, il nostro splendido, rigoglioso vigneto era stato letteralmente estirpato ed abbattuto e non somigliava nemmeno lontanamente a ciò che di vitale, vibrante e meraviglioso era stato fino a pochi minuti prima.

Ci facemmo coraggio ed iniziammmo a perlustrare la fattoria, cercando di calcolare i danni.

All’improvviso dalla nebbiolina che saliva dalla grandine che si stava sciogliendo vedemmo una figura venirci incontro, ma subito non riuscimmo a capire chi potesse essere.

Era Juan. Si era fermato vicino ad un enorme vite ridotta ormai a brandelli e cautamente ne scrutava le foglie rimaste, toccandole gentilmente con le dita.

Gli andammo incontro e non appena ci vide le sue parole furono: “Non va bene, la manutenzione delle piante non va bene, per niente”.

Mendoza vigneti vivere in argentina

Con il nostro Spagnolo un po’ stentato riuscimmo a capire che Juan aveva visto la ditta da noi assunta comportarsi in modo disonesto con noi, lavorando molto male e spesso non curandosi dei bisogni della proprietà, ma Juan non aveva avuto il coraggio di dircelo per il timore di non essere creduto.

In quel momento, nonostante avessimo appena saputo che la ditta che avevamo assunto si era fino ad allora approfittata di noi, fu come se qualcuno ci avesse tolto un gran peso.

Fu gratificante sapere che le nostre sensazioni iniziali erano giuste, e decidemmo quindi che da quel momento in poi le avremmo seguite. Ci furono dei cambiamenti.

Assumemmo Juan come sorvegliante a tempo pieno e la fattoria divenne la tela sulla quale ci avrebbe dimostrato ciò di cui era capace e quando decidemmo di assumere anche un altro lavorante che doveva aiutarlo e che sarebbe dipeso da lui, vedemmo nel viso di Juan la gioia di chi per la prima volta nella vita viene considerato degno della fiducia altrui e capace di assumersi delle responsabilità.

Juan aveva passato la vita tra le viti: suo padre le aveva seguite prima di lui lo aveva sempre portato con se insegnandogli il lavoro e tutte quelle piccole accortezze che solo chi ama il proprio lavoro sa mettere in pratica.

Juan fece per noi delle cose straordinarie, e noi per ricambiare aiutammo la sua famiglia: facemmo arrivare l’elettricità, realizzammo il tetto nuovo, le finestre, comprammo mobili, stoviglie, vestiti e tutto ciò che era loro necessario. Pagammo perfino la dentiera nuova di Ann, e fu impagabile vedere il suo nuovo, splendido sorriso.

Con il tempo le barriere linguistiche vennero abbattute, e le persone da cui all’inizio ci avevano messo in guardia divennero la nostra famiglia argentina: il loro amore, la loro fiducia e la loro capacità nel farci capire quanto poco contano le cose materiali ci travolsero.

Quando decidemmo di vendere la fattoria la famiglia di Juan fu l’unico motivo che ci rendeva le cose difficili e tristi. L’ultima sera alla fattoria vennero a salutarci tutti e quando Maria Sol e Ann mi abbracciarono sentii le loro lacrime e i loro respiri trattenuti, sentii tutto il loro calore, e iniziai a piangere.

Ritengo questa esperienza una della più grandi lezioni di vita: seguire il proprio cuore può portare solo amore e gioia. Queste cinque persone sono ora una parte di me: la mia famiglia argentina. Rappresentano la vera Argentina, le meravigliose persone che vivono questo splendido paese e non importa se si vive in Argentina o se la si visita solamente: la gente che la vive ricompensa la fatica del viaggio.

Shanie Matthews è una scrittrice e fotografa freelance che vive a Bariloche, Argentina.

Il suo amore per i viaggi è lo spunto per molti dei suoi scritti, oltre ad argomenti che rigardano la salute e le relazioni interpersonali.

Cura con suo marito il blog www.livinginpatagonia.com

Vivere in Argentina