Floriano, un pugile italiano a Brooklyn

Cinema e letteratura ci hanno spesso regalato storie di boxe entrate nella leggenda. Noi ve ne raccontiamo una che arriva dalla vita vera: una bella storia umana e sportiva, che sa di riscatto, di sacrificio e volontà. Elementi che, da soli, basterebbero a confezionare una trama ancora una volta degna di un film ma che, questa volta, dipingono un percorso reale, in carne e ossa. La storia è quella di Floriano Pagliara, pugile nato in Germania ma vissuto sempre a Cecina. Bambino, orfano di madre, cresciuto dalla nonna, Floriano comincia a praticare il pugilato giovanissimo, a quindici anni. Dopo meno di due anni, al suo esordio sul ring come dilettante, porta a casa il suo primo successo. Poi altri cinquantacinque incontri che gli valgono dieci titoli regionali e due secondi posti ai Campionati Italiani Assoluti. Nel 2006 il passaggio alla categoria professionisti nella scuderia Rossana Conti Cavini e, nel 2008 il trasferimento a New York nella famosa, e per gli amanti della box leggendaria, palestra Gleason’s Gym di Brooklyn.

Floriano Pagliara, boxeur brooklyn

Qui Pagliara, con duro lavoro e non pochi sacrifici, rimette in moto una carriera che in Italia stava conoscendo momenti di crisi. La forza, la determinazione, una invincibile caparbietà e un profondo amore per il pugilato lo hanno portato a una seconda giovinezza. Il lavoro negli States e gli allenamenti con Andrea Galbiati e un mito della boxe come Don Saxby gli stanno portando, a trentatrè anni, nuove prospettive agonistiche. Nel luglio di quest’anno Floriano torna nella sua Cecina per disputare un match che resta nella sua storia: contro l’ungherese Nagy, in dodici riprese, vince il titolo IBF del Mediterraneo per i pesi piuma. Una grande soddisfazione umana e sportiva nella sua Cecina, città che lo aveva visto spesso vincitore ma, tre anni fa, protagonista di un brutto scivolone sportivo. Anche da lì, nasce la decisione di emigrare e di rimettersi in sesto lontano da casa, in un ambiente diverso e nuovo. La scuola di New York, di innegabile durezza, lo ha trasformato in un pugile di ottimo livello. Un’altra storia di un italiano oltre oceano, spinto da un desiderio di riscatto e cambiamento.

Tanti sacrifici Floriano per far ripartire la tua carriera. È stato fondamentale il trasferimento negli Stati Uniti? E perché?

Andare negli Stati Uniti è stata la decisione più estrema che abbia mai preso in vita mia, ma ho dovuto fare questa scelta perché mi trovavo in una condizione limite: smettere di far pugilato oppure trasferirmi.

Che differenze ci sono, dal punto di vista tecnico e dal punto di vista mentale, tra la scuola italiana e quella americana?

Sono due scuole completamente differenti sia dal punto di vista atletico sia tecnico ma soprattutto mentale. E quest’ultima differenza è stata quella decisiva per crescere come pugile; se dal punto di vista tecnico ed atletico si può lasciare spazio a qualsiasi tipo di opinione, dal punto di vista mentale non discuto sulla migliore qualità della scuola americana. Il pugilato è una cosa seria, molto seria e nel continente americano danno spazio solo a chi si dedica al cento per cento a questo sport. A loro non interessa da dove vieni, chi sei, cosa fai, come ti mantieni o di cosa hai bisogno. Devi solo presentarti tutti i giorni in palestra, dare il massimo in ogni singolo momento. È così e basta, prendere o lasciare. Nel momento in cui capisci ed accetti, stai già diventando un atleta vero e, senza accorgertene, hai già fatto il primo miglioramento per diventare un pugile di successo.

Cosa ti ha dato la spinta per lasciare l’Italia e andare a New York?

Quando sono partito non sapevo cosa volevo o cosa cercavo; sapevo solo che stavo andando a New York per allenarmi alla Gleason’s Gym, la palestra di boxe piu famosa al mondo, quella in cui si sono allenati centotrenta pugili campioni del mondo. Io ero diretto in questa palestra per capire se in me ci fosse ancora un pugile; avevo appena subito una durissima sconfitta in casa mia a Cecina ed ero pieno di dubbi ed incertezze. Per questo decisi di andare a “chiedere” a loro cosa ne pensasserro di me come pugile. Avevo bisogno di una conferma, buona o cattiva doveva essere una risposta sincera. Volevo sentirmi dire da loro dentro o fuori.

Floriano Pagliara, boxeur  brooklyn

Come sono le tue giornate?

Le mie giornate sono totalmente differenti nonostante tutti i giorni faccia le stesse cose. Al primo posto ci sono gli allenamenti. Ma non posso dimenticarmi che mi trovo a New York, la città dei sogni, la città con un mondo dentro, multietnica, citta’ che ti trascina, una città da cui non sai mai cosa aspettarti, una città dove mai niente è tutto uguale.

Hai mai avuto momenti di sconforto?

In qualsiasi momento della vita, in qualunque posto ci si trovi, ognuno di noi ha momenti di sconforto. Quando sono arrivato a New York mi dissero che se fossi rimasto avrei potuto combinare qualcosa di buono nel mondo della boxe. Niente di più incoraggiante per me. Decisi di intraprendere una strada in salita per realizzare il mio sogno, diventare campione del mondo. Non vi dico in quanti hanno provato a farmi scendere dalle nuvole. Me ne dicevano di tutti i colori, provavano a distogliermi da quello che per loro era un sogno impossibile. Non so se facessero bene oppure no. Il fatto è che la mia ragazza, la mia famiglia, i miei amici erano tutti in Italia, io ero a New York ed ero solo. Nei momenti di stanchezza, sia fisica sia mentale, nei miei pensieri cominciavo a dare ragione a quelli che pensavano che volessi “fare troppo”. Ma poi crederci era piu’ forte ed ho continuato per la mia strada. E i primi risultati mi stanno dando ragione.

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La boxe è uno sport rispetto al quale gli atteggiamenti sono molto estremi: o la si odia o la si ama. Se dovessi parlare a un gruppo di ragazzini incerto se intraprendere questa strada, come gli descriveresti il pugilato?

C’è una frase, molto bella, che parla di boxe e che piu’ o meno recita cosi:  “La boxe è la magia e la forza di credere in un sogno che solo tu puoi vedere.”

Non potrei mai convincere nessun bambino a fare la boxe. Se è indeciso questo ti fa capire che quella non è la sua strada; o lo si ama o lo si odia, come hai detto tu. Mettersi in discussione, volersi migliorare, imparare a soffrire, a guadagnarsi le cose col sacrificio, il rispetto per l’avversario e tutti gli altri principi morali alla base della vita dovrebbero essere dentro ogni persona; ma non siamo tutti uguali. Non potrei mai dire ad un ragazzo come essere di carattere o cosa fare nella vita. Il pugilato di per sé non è una cosa né giusta né sbagliata. Per me la boxe è stata la strada giusta da seguire perché rispecchiava il mio modo di essere e di vivere certi valori. Quindi ad un ragazzino direi solo: “Cerca la strada per te migliore.”

Floriano Pagliara, boxeur  brooklyn

A cosa pensi immediatamente prima di salire sul ring?

“Sei pronto a vincere?” questo e’ quello che mi dico ogni volta mentre salgo le scalette del ring. La soddisfazione è già tantissima perché il fatto di montare su quel ring comporta una durissima preparazione ed una serie di sacrifici e quindi ogni volta posso dire che ce l’ho fatta.

Quella dove ti alleni tu ora è una palestra gloriosa: qual è l’aspetto che ti emoziona di più dell’essere li a lavorare?

Il fatto di essere dentro la Gleason’s ad allenarmi sicuramente è una spinta in più. È una autentica palestra di boxe in cui la presenza di campioni si respira nell’aria. Qui hanno girato molti film e tutti i giorni vengono turisti da tutto il mondo per vedere dove si allenavano le leggende del ring come Muhammad Ali, Mike Tyson e altri. Prima di partire per New York mi mettevo su youtube per seguire gli allenamenti dei campioni che per me erano degli idoli; adesso mi alleno accanto a loro e credo che non ci sia bisogno di dire altro.

Cecina, la tua città, ti ha riservato una serata magica lo scorso luglio. Al di là della vittoria, cosa ti sei portato dietro da quell’incontro?

Quello è stato l’incontro perfetto, per una serie di motivi; è stata la prima volta in cui è andato tutto liscio come piace a me. Mi sono allenato senza intoppi fino al match, poi la sera dell’incontro, i cecinesi hanno messo la ciliegina sulla torta. È stata la festa di tutti quelli che ancora credevano in me e non posso descrivere la gioia che mi hanno trasmesso. Sono orgoglioso di essere un cittadino cecinese, di essere cresciuto con loro in questo paese.

Il tuo percorso sportivo è la dimostrazione di quanto sia importante non demordere mai. Dal punto di vista umano e non professionale, come ha influito tutto ciò? La decisione di ricominciare lontano da casa ti ha cambiato anche come uomo?

Il fatto di ricominciare tutto da capo lontano da casa, da solo, è stata la chiave di ogni miglioramento. Sono andato a lavorare sulla parte più importante, avevo bisogno di diventare uomo.

Cosa vogliono dire per te le parole: “Ce l’ho fatta.” ammesso che tu senta di avercela fatta.

Se penso a dove voglio arrivare non ho fatto un bel niente, sono ancora lontano, ma siamo sulla strada giusta!

Cosa hai pensato la prima volta che sei arrivato a New York?

“Ma che cavolo ci faccio qui?” Trovarsi all’improvviso in una metropoli mi faceva sentire piccolo piccolo. Anche se, a dire il vero, c’ero già stato in vacanza con Stefania, la mia ragazza. Ma vi posso dire che viverla da turista e viverla con un obiettivo sono due cose completamente differenti.

Programmi futuri?

Penso solo agli obiettivi, al futuro non ci penso più. Questo me lo ha insegnato l’America. Ero un pugile finito ed invece tutto il meglio è arrivato dopo! Bisogna pensare al presente in modo concreto e, a partire da lì costruirsi un futuro. Continuerò a combattere per raggiungere il mio obbiettivo.

Ti piacerebbe avere una tua palestra in cui insegnare il pugilato ad altri ragazzi?

Io ho già la mia palestra a Cecina dove un giorno insegnerò la boxe ai miei ragazzi, si chiama Boxe Cecina Polisportiva Palazzaccio.

La pagina Facebook di Floriano Pagliara:

http://www.facebook.com/pages/Floriano-Pagliara/103779166327832

Intervista a cura di Geraldine Meyer