Non avevo mai pensato seriamente di emigrare. Non che l’idea mi terrorizzasse, semplicemente non era nell’ordine delle probabilità.
Agli inizi di settembre del ’94 avevo appena terminato un master, il secondo dopo la laurea in filosofia, conseguita nell’89. Entrambi i miei master con gli studi filosofici non c’entravano niente, così come i lavori che avevo fatto sino a quel momento: commesso, agente di commercio, tutor nella formazione professionale. A conferma del fatto che non pensavo a fuggire da Bari dirò che non avevo mai fatto domanda di supplenza, malgrado il 110 e lode finale, né partecipato a concorsi pubblici. L’insegnamento in particolare non mi attraeva, finire in Brianza o a Bormio come tanti miei compagni di studi non era la mia ambizione. Dovendo guadagnarmi da vivere, mi ero arrangiato diversamente, già durante gli studi, con quello che offriva il mercato del lavoro locale ai meno raccomandati.
Il caso che mi ha condotto a Corfù volle che uscendo di casa incontrassi Domenico, un amico di mio fratello e anche mio, che non vedevo da circa un anno, il quale, esauriti i convenevoli mi fa, con tono scherzoso: Ah, Eduardo, vuoi andare a insegnare italiano sull’isola greca? Tengo a precisare: non era venuto a trovarmi per farmi questa proposta, aveva solo sentito dire, casualmente e il giorno stesso, da un collega greco di suo padre, che qualcuno cercava un insegnante di italiano. Per sua successiva ammissione so che se fossi passato di là trenta secondi più tardi, se non l’avessi incontrato di sfuggita, non me ne avrebbe mai parlato. In effetti non sapeva neanche che avessi terminato il master, consumato tra Roma, Milano e Verona, e che fossi rientrato a Bari. Per stare allo scherzo risposi: Certo, ho sempre sognato di andare a insegnare italiano su un’isola greca, ma quale? La Grecia ne ha centinaia di isole… Non lo so – mi aveva risposto – telefona a mio padre. Quattro giorni dopo ero a Corfù.
Mi ero imbarcato a Bari, sulla Ventouris, passaggio ponte naturalmente, con tre valigie cariche di libri e una di effetti personali. Al porto mi avevano accompagnato due amici, per tutto il percorso in macchina avevamo continuato a ridere di mia madre che dal balcone al primo piano, mentre noi caricavamo le valigie nel bagagliaio, esternava il suo disappunto con frasi del genere: Dov’è che te ne vai…. disgraziato, torna qua……. sono finite le vacanze…. e se ti chiamano per quel colloquio? Che emigrassi davvero, sia pure per un anno, non ci credeva nessuno, si aspettavano di vedermi tornare da lì a una settimana. E per essere sincero anche a me sembrava la cosa più probabile. Ma Corfù da Bari dista nove ore di navigazione, e poi c’ero già stato a diciannove anni, col sacco in spalla, insieme al mio amico Enzo, uno dei due che mi stava accompagnando al porto, cosa avevo da perdere?
Con la direttrice della scuola privata – che organizzava corsi pomeridiani delle lingue maggiori destinati a studenti prevalentemente in età scolare – avevo avuto uno scambio di fax e di battute per telefono nel mio pessimo inglese. Mi aveva promesso un alloggio a sue spese e uno stipendio in dracme che a me pareva buono e che si sarebbe rivelato ancora migliore. Non avevo ben capito cosa dovessi insegnare e a chi, ma presi ugualmente servizio il giorno successivo. Sbarcato affannosamente al porto di Corfù con le quattro pesanti valigie, trovai ad accogliermi il genero della direttrice. Sui muri all’esterno del porto e lungo il breve tragitto che ci condusse alla scuola vidi qualcosa di strabiliante: decine di manifesti con scritto il mio nome a caratteri cubitali e il nome presumibilmente di un tedesco, anch’esso a stampatello, ma a caratteri più piccoli, poco sotto. I due nomi erano tutto ciò che potevo discernere del manifesto stesso, che per il resto era scritto in greco, e io non ho fatto neanche il classico, bensì lo scientifico. In soli quattro giorni il poliedrico proprietario della scuola, una Società Anonima con oltre venti dipendenti ubicata nella centralissima piazza Sarocco, nonché marito della direttrice, aveva fatto stampare ed affiggere dappertutto una pubblicità della sua scuola che annunciava l’arrivo di due illustri docenti di madre lingua, il primo e maggiore dei quali veniva spacciato per Professore dell’Università di Bari e insigne linguista. Il tedesco lo conobbi nei giorni seguenti, esibiva una laurea conseguita ad Harvard, dormiva su una barca ed era completamente fuori di zucca. Scomparve per sempre di lì a poche settimane. Io invece sono ancora qua.
Perché ho deciso di rimanere
Confesserò qualcosa di personale, solo perché ho l’abitudine di raccontare il vero. Già l’anno precedente, quando avevo deciso di iscrivermi al master a Roma, stavo in qualche modo fuggendo. Non da ataviche miserie o da un destino di disoccupazione, visto che un reddito ero capace di procacciarmelo e vivevo ancora con i miei, entrambi lavoratori dipendenti. Ma più banalmente da una relazione finita male. Insomma, mi aveva lasciato la fidanzata ed ero ancora lontano dal farmene una ragione. Dire che sia emigrato in seguito a una delusione amorosa mi sembra eccessivo, ma di certo questo precedente ha contribuito alla determinazione di far ripartire la mia esistenza in un altro posto. Potremmo aggiungere che pochi giorni dopo il mio arrivo conobbi una ragazza di Creta che insegnava inglese nella mia stessa scuola privata e frequentava l’università a Corfù. Si chiamava Evi, anzi si chiama ancora così e al presente è mia moglie. Dire che sono rimasto per ragioni sentimentali sarebbe tuttavia solo una mezza verità. Io a Corfù mi ci sono trovato bene sin dall’inizio. A Corfù ripeto, e non in Grecia.
Sarò franco, Corfù fa un po’ storia a sé. I greci ci vengono ancora in viaggio di nozze, un po’ come gli italiani andavano a Capri. E i greci delle altre parti dicono che sì, Corfù è greca, guai a chi ce la tocca, ma i corfioti non sono poi tanto greci. E i corfioti son patrioti, non dico di no, ma un certo senso di superiorità lo nutrono, perché qui, per quasi cinque secoli ci sono stati i Veneziani, mica i Turchi come nel resto del Paese, e Corfù è stata la capitale di uno Stato moderno prima che lo diventasse Atene, ha ospitato la prima università ellenica, la Ionian Accademy, ha avuto figli illustri come Giovanni Capodistria, il Cavour del Risorgimento ellenico, Nikolaos Mantzaros, il musicista autore tra l’altro dell’Inno nazionale greco e tanti altri.
Ecco, io sono emigrato a Corfù, non in Grecia, sono un cittadino di Corfù, come altri circa quattrocento italiani, seimila britannici e un gran numero di abitanti provenienti da ogni angolo d’Europa e del mondo, che ne fanno un posto allo stesso tempo provinciale e cosmopolita. Si consideri solo questo: Bari è una città circa otto volte più grande di Corfù, ma gli stranieri che vi ho conosciuto e frequentato si contano sul palmo di una mano. Qui ho amici tedeschi, inglesi, francesi, albanesi, russi, olandesi, venezuelani, svizzeri, filippini, polacchi e di altre nazionalità, oltre naturalmente che greci e italiani. E poi Corfù è splendida, sia dal punto di vista paesaggistico – parlo dell’isola nel suo complesso – che da quello architettonico – e qui mi riferisco soprattutto all’omonimo capoluogo. Naturalmente se sono potuto rimanere a Corfù è stato anche e sostanzialmente perché mi si sono presentate e ho saputo crearmi delle occasioni di lavoro.
Il lavoro e le prime difficoltà
Dopo tre anni presso la scuola privata, che mi sono serviti soprattutto a impadronirmi della lingua greca e a sviluppare delle competenze nella didattica dell’italiano come lingua straniera, non senza uno sforzo di apprendimento personale e con la frequenza di corsi e seminari in Italia, sono stato chiamato a insegnare italiano presso la Facoltà di Lingue e Traduzione dell’Università Ionia, che ha sede appunto a Corfù. Ho insegnato contemporaneamente presso l’Università di Ioannina e quella dell’Epiro, con sede a Igumenitsa. Non sono titolare di alcuna cattedra, non ho prospettive di diventarlo, sono da dodici anni un docente con incarico annuale. Da otto anni svolgo professionalmente l’attività di traduttore. Attualmente sono uno dei quattro traduttori di madre lingua italiana soci certificati dell’AITI per la combinazione linguistica greco – italiano. Con mia moglie, che è laureata in traduzione e oltre ad aver insegnato per anni l’inglese e il francese parla straordinariamente bene l’italiano, costituiamo una coppia molto affiatata sul lavoro. Occasionalmente lavoro, già da parecchi anni, come guida turistica. Se doveste decidere di partecipare a una delle tante crociere che fanno tappa a Corfù potreste trovarmi a bordo del vostro pullman. Negli anni recenti mi sono occupato di progetti di cooperazione europea, ma questa è una pagina probabilmente chiusa.
Sino a pochi mesi fa le principali difficoltà, dovendomi rapportare con il settore pubblico, sono state di carattere prevalentemente burocratico. Io sono convinto di una cosa: la burocrazia non esiste, esistono solo i burocrati, ovvero quegli amministratori di ogni ordine e grado, che si appropriano in modo personalistico delle loro rispettive funzioni e le esercitano in modo discrezionale. Voglio dire che la burocrazia non è, come pensano molti, un difetto del sistema, e nella fattispecie del sistema democratico, ma una forma di governo alternativa alla democrazia, esattamente come la monarchia o l’oligarchia nel pensiero classico. E siccome nessuna società incarna un solo sistema di governo, credo di poter affermare che quanta più burocrazia esiste in un contesto sociale, tanto minore è il coefficiente di democraticità dello stesso. Ecco, in Grecia il potere della burocrazia supera visibilmente i livelli italiani, che pure sono tra i meno invidiabili. E sotto questo aspetto Corfù non fa eccezione.
Questo tuttavia fino a pochi mesi addietro, ora è arrivata la crisi.
L’attuale situazione economica in Grecia
E’ grave. Più di quanto si immagini. Sostanzialmente non gira più danaro. Si registra una fortissima contrazione della domanda di beni e servizi, cui non corrisponde una sostanziale diminuzione dei prezzi. Del resto tutte le misure drastiche e inique adottate dal Governo allo scopo di contenere il deficit, conducono a tale risultato. Con l’IVA al 23% (dal 19% che era), la benzina intorno agli 1.60 (fino a un anno fa costava 25 centesimi meno che in Italia), l’aumento proporzionale di tutti i carburanti e dell’energia elettrica con il relativo impatto sulla produzione e la distribuzione dei beni, è difficile che i prezzi scendano. Contemporaneamente la soppressione della tredicesima e degli straordinari, l’aumento della tassa di circolazione e di quasi tutte le altre tasse locali e nazionali, l’introduzione di nuovi ticket, l’aumento dei prezzi dei trasporti urbani, non fanno che ridurre la capacità di spesa delle famiglie. I più colpiti sono i lavoratori non garantiti, su tutti i precari del pubblico impiego, numerosissimi, i cui contratti, per decreto, non vengono più rinnovati, i commercianti, i prestatori d’opera. Professionisti e aziende risultano ulteriormente penalizzati dalla stretta creditizia.
Corfù e i Corfioti
In questi anni ho avuto modo di girare parecchio la Grecia, non solo le isole, Creta dove sono di casa, poiché vi trascorro circa tre mesi l’anno, Rodi, Santorini, Naxos, Skopelos e poi le Isole Ionie: Cefalonia, Zante, Lefkada, Paxos, ma anche la Grecia continentale. Nessun posto in Grecia possiede l’incanto di Corfù, una simile varietà di paesaggi naturali ed umani, di litorale e di microclimi ed un centro storico in cui si sovrappongono elementi bizantini, angioini, veneziani, della Francia imperiale e della dominazione inglese, senza contare i siti archeologici greci e romani. Non a caso l’intero centro storico di Corfù, intensamente vivo, perché abitato e non puramente museale, è stato dichiarato dall’Unesco patrimonio dell’umanità. Nella lingua come nel culto, nel folklore come nella gastronomia, nella musica come nel teatro, l’influsso prevalente è certamente quello veneziano. Il visitatore, in particolare quello italiano, non si attenda un posto particolarmente esotico, né il villaggio di pescatori caro all’immaginario collettivo della Grecia. Corfù è un’isola meravigliosa, la cui fitta vegetazione cela almeno in parte l’intensa opera edilizia sviluppatasi dal dopoguerra ad oggi, mentre il suo capoluogo è un centro storico, magari un po’ decadente, dominato dalle due fortezze veneziane, in cui ogni vicolo e ogni pietra racconta una storia della quale io stesso dopo tanti anni sento di non possedere che alcuni frammenti e della quale, in attimi di déjà vu, mi scopro parte.
Degli antenati veneziani i corfioti conservano tuttavia anche i difetti, una certa alterigia, l’animo del commerciante, la falsa cortesia. Parlo naturalmente dei “veri” corfioti, quelli che possono vantare almeno un nonno corfiota, e non sono poi tanti sul totale di una popolazione enormemente accresciutasi di pari passo con l’esplodere del turismo di massa.
Consigli, da connazionale residente, ai turisti italiani.
Evitare di venirci in altissima stagione, quando l’isola è infestata da orde di giovani delinquenti provenienti soprattutto dalle regioni italiane più vicine e di hooligans inglesi, prediligere le località che danno sul mare aperto, ossia la costa occidentale e, per chi vuole vivere un’esperienza unica, scegliere la settimana della Pasqua ortodossa, le cui celebrazioni tra sacro e profano costituiscono da sempre una particolarità in Grecia, prenotando tuttavia con largo anticipo e rassegnandosi a prezzi da alta stagione.
Nostalgia dell’Italia
Come dicevo all’inizio, se me ne andrò da Corfù sarà solo per necessità. Non nascondo che a motivo di questa crisi, tanto più vergognosa in quanto pilotata da una delle oligarchie politiche più ristrette e corrotte al mondo, tale necessità va assumendo nel mio caso dei contorni piuttosto concreti. Qui mi sento a casa mia e non ho nostalgia dell’Italia più di quanta ne avrei avuta se da Bari fossi emigrato in qualche città del Nord. D’altronde in Italia ci vengo tre o quattro volte all’anno, a Natale anche per una ventina di giorni. Una notte in cabina e il mattino dopo sono a casa, quale che sia il tragitto.
Eduardo Fiorillo