Andrea: mia moglie ed io ci siamo trasferiti a Istanbul

A cura di Maricla Pannocchia

Neo-papà Andrea, 34 anni, originario di un paesino vicino a Salò, dopo due esperienze all’estero vissute durante gli anni dell’università grazie alla vincita di alcune borse di studio, ha deciso di trasferirsi con sua moglie, che ai tempi era la sua compagna, nella città natale di lei, Istanbul, in Turchia.

“Avevamo previsto di trasferirci a marzo del 2020” racconta l’uomo, “ma, come spesso accade, la vita aveva piani diversi”. Andrea ci spiega così il suo lavoro, “ho creato la mia società di consulenza e trading che opera sia in Italia sia in Turchia. Per le aziende Italiane faccio lavoro di consulenza sia per trovare clienti e partner in Turchia sia per ricercare fornitori affidabili con cui collaborare. Per le aziende turche, offro servizi di rappresentanza per il mercato italiano.”

Trovare lavoro a Istanbul, per un italiano, non è impossibile, ma c’è da mettere in conto che, spesso, i salari proposti, specialmente ai disoccupati, sono molto bassi. Andrea consiglia di mettersi in proprio oppure di lavorare come insegnanti d’italiano o farsi assumere in un call center delle tante cliniche per il turismo sanitario.

Secondo Andrea, una delle principali differenze tra la caotica ma affascinante Istanbul e l’Italia sta nell’apertura al nuovo e nella possibilità di re-inventarsi. “Qui, mettersi in gioco è la norma” racconta l’uomo, “forse perché la maggior parte della popolazione è giovane. In Italia, quasi tutte le persone sono spaventate dalle novità e chi ha delle idee innovative non ha vita facile.”

Andrea: mia moglie ed io ci siamo trasferiti a Istanbul, in Turchia, sua città natale. Qui è possibile cadere e rialzarsi e si crede molto nei giovani

Ciao Andrea, raccontaci qualcosa di te. Chi sei, da dove vieni…

Ciao a tutti, sono Andrea e vengo dal Lago di Garda, sponda bresciana, vicino a Salò. Ho 34 anni e da 3 vivo a Istanbul.

Vivere all’estero non è qualcosa di nuovo per me. Durante gli anni dell’università, infatti, ho avuto modo di vivere prima in Portogallo e poi in Brasile grazie alla vincita di alcune borse di studio. Ovvio, vivere all’estero per studio è ben diverso dallo scegliere di vivere in un altro Paese per lavorarci e starci abitualmente, ma, comunque, quelle due esperienze mi hanno facilitato la scelta.

Quando e perché hai deciso di lasciare l’Italia?

Convivevo da circa 1 anno con mia moglie – allora compagna – sul Lago di Garda. Stavamo andando in montagna con degli amici per festeggiare il Capodanno che ci avrebbe portati nel 2020. Già nei mesi precedenti avevamo parlato diverse volte della possibilità di cambiare luogo in cui vivere ma senza una destinazione chiara. Ricordo esattamente quando decidemmo di andare in Turchia. Era il primo gennaio, stavamo camminando in un bosco ed elencando i pro e contro di alcune città, arrivando, in definitiva, a scegliere tra Milano, Verona o Istanbul. Optammo per la metropoli turca, perché molto diversa dall’Italia, ed era la città dove lei era cresciuta, ma in cui non tornava da circa 10 anni.

Dove abiti precisamente a Istanbul e come mai hai scelto proprio quella zona?

Abito nella parte europea della città. Come ho accennato, mia moglie ed io abbiamo deciso di trasferirci proprio qui perché è la città dalla quale lei proviene, ma anche per le grandi opportunità che Istanbul può dare.

Come ti sei organizzato prima della partenza?

La partenza era prevista per la metà di marzo 2020. Avevamo programmato tutto in modo dettagliato ma, come spesso accade, la vita aveva altri programmi! Io mi ero licenziato, con decorso a fine febbraio, mentre la mia compagna avrebbe sostenuto l’esame di abilitazione per diventare medico a fine febbraio. Con l’arrivo della pandemia in Italia, così come cambiò la vita di tutti, cambiò anche la nostra. Non si poteva uscire di casa, mia moglie divenne medico e, nonostante l’invito del Governo turco a lasciare l’Italia, decise di rimanere e lavorare come dottoressa durante la fase più acuta della pandemia. Io rimasi a casa, cercando di fornire materiale e supporto medico dalla Turchia ad alcuni enti del territorio che ne avevano estremo bisogno ma non sapevano come fare. Riuscimmo a partire a inizio luglio e così iniziò il nostro capitolo turco.

Come hanno reagito amici, parenti e conoscenti davanti alla tua scelta?

In qualche modo non rimasero sconvolti o sorpresi. I miei famigliari e amici più stretti forse lo avevano capito prima ancora che lo decidessimo noi. Come spesso accade, chi ti è vicino vede le cose prima ancora che le veda tu stesso! Avendo già vissuto all’estero durante gli studi e provenendo da una famiglia nella quale i miei genitori sono, a loro volta, una coppia mista (mia madre è tedesca), per la mia famiglia è stato facile rivedere un film già visto, con i pro e i contro che una decisione del genere può portare. Vedere un figlio che va a vivere in un altro Paese non è facile, ma i miei genitori hanno accettando la mia scelta con rispetto e dandomi molto supporto, probabilmente anche per via della loro esperienza personale. Gli amici, come in tutte le mie scelte nella vita, hanno sempre voluto vedere il lato positivo, incoraggiandomi a prescindere e augurandomi il meglio. Anche loro sono stati un supporto molto importante.

Ci sono mai stati momenti in cui hai pensato “sto facendo una sciocchezza”?

No. Forse per carattere, o per esperienza, una volta in cui prendo decisioni sono abituato ad andare fino in fondo, sopratutto se sono scelte molto importanti, come cambiare radicalmente il posto in cui vivere. I momenti di dubbio, semmai, sono venuti prima che decidessi di trasferirmi all’estero ma ciò fa parte del processo decisionale così come la paura di cambiare, di fare la scelta sbagliata ecc… Tutte queste perplessità sono state superate dalla certezza che ogni esperienza, ogni cambiamento, porta sempre qualcosa di positivo e costruttivo, e così è stato

Di cosa ti occupi?

Ho creato la mia società di consulenza e trading che opera sia in Italia sia in Turchia. Per le aziende italiane faccio lavoro di consulenza sia per trovare clienti e partner in Turchia sia per ricercare fornitori affidabili con cui collaborare. Per le aziende turche, offro servizi di rappresentanza per il mercato italiano.

È facile, per un italiano, trovare lavoro lì?

Trovare lavoro a Istanbul per un Italiano non è impossibile. Ci sono molte aziende italiane che hanno filiali o investimenti in Turchia in diversi settori. Fino a pochi anni fa, questa era una città con moltissimi expats, diminuiti a causa del peggioramento economico e delle condizioni politiche e sociali. Per quanto mi riguarda, ho cercato lavoro come impiegato per circa 4 mesi e ho ricevuto offerte da diverse multinazionali, ma con stipendi molto bassi (è la prassi qua in Turchia, se al momento del colloquio sei disoccupato). Le opportunità ci sono, ma con stipendi iniziali bassi. Meglio mettersi in gioco e creare qualcosa da zero, come poi ho deciso di fare.

Andrea Brio Turchia

Quali sono i settori in cui è più semplice essere assunti?

Dato che Istanbul è un’importante metropoli a livello mondiale, e cuore dell’economia turca, sicuramente quello di “finanza e servizi” è un settore interessante. Anche tutto ciò che riguarda il settore IT può offrire dei posti di lavoro. Il modo più facile per lavorare è sicuramente insegnare italiano o farsi assumere in un call-center nelle molte cliniche per il turismo sanitario.

Come funziona, invece, per avviare un’impresa lì come stranieri?

Avviare un’impresa è relativamente semplice. Prima di tutto, devi avere un permesso di soggiorno valido, il quale si può ottenere molto facilmente. Per aprire un’attività, serve il supporto di un commercialista, è necessario iscriversi al registro delle imprese della città e far registrare documenti e contratti da un notaio (figura molto comune in Turchia). Tempistiche: qualche giorno. Costo: circa 4/600 Euro tutto compreso (traduzione giurata inclusa). Ci sono aziende di servizi che aiutano in tutte queste procedure, alle quali conviene affidarsi.

Puoi dirci il costo di alcuni beni e servizi di uso comune?

Il costo della vita in Turchia negli ultimi anni è aumentato drasticamente, a causa della forte inflazione e delle politiche eterodosse del governo. Nell’ultimo anno, questo vale anche per chi guadagna in Euro. Per darvi un’idea dell’impennata dei prezzi, lo stesso posto che 3 anni fa consegnava a casa hamburger e patatine a 4,5 Euro (tra l’altro molto buoni) ora lo fa per 9 Euro. Questa scala di valori si può applicare su tutti i ristoranti. Il prezzo in lire turche è molto più del doppio di quello degli anni precedenti (anche 4 volte tanto). La benzina prima costava meno di 1 Euro al litro, ora circa 1.20 Euro. I taxi costano molto poco, così come i mezzi pubblici. D’altro canto comprare una macchina oggi in Turchia è un lusso: circa il doppio del prezzo che si trova in Italia. Questa situazione è recente. Prima del 2020 Istanbul era vista come una delle metropoli al mondo dove si viveva meglio se si guadagnava in USD o Euro, per via del costo della vita relativamente basso. Ora non è più così e non si sa fino a quando durerà questa situazione.

Cosa bisogna avere, dal punto di vista burocratico, per vivere e lavorare lì?

Noi italiani, in quanto cittadini europei, abbiamo il diritto di permanenza in Turchia per i primi 6 mesi senza necessità di visto.

Successivamente, si può fare visto turistico (solitamente valido 1 anno e rinnovabile) oppure, se si ha un lavoro, un visto lavorativo. La burocrazia è molto informatizzata, c’è un buon livello di supporto agli stranieri ed è decisamente migliore di quella italiana.

Come ti sei mosso per cercare un alloggio?

Fortunatamente, avendo amici e contatti, mi sono mosso per conoscenze. In generale, ci sono diversi gruppi Facebook e tante agenzie per stranieri che, fra i loro servizi, hanno anche quello di fornire un aiuto nel trovare casa. Il difficile non è trovare casa di per sé, ma trovarla a un prezzo ragionevole. A oggi, i prezzi degli affitti a Istanbul possono essere anche superiori rispetto a quelli di Milano o Roma!

Quali sono i prezzi medi e le zone in cui, secondo te, è possibile vivere bene spendendo il giusto?

Istanbul è una metropoli di 120 km di diametro quindi ci sono infinite possibilità. Diciamo che, potenzialmente, un nuovo arrivato potrebbe voler abitare nelle zone più conosciute turisticamente, quindi anche il prezzo ne risentirebbe. In zone centrali vicino a Taksim credo che un piccolo appartamento di 40-50 mq non costi meno di 600 Euro il mese. Nel lato asiatico, i prezzi in media sono leggermente più bassi. Il quartiere dove vivere a Istanbul risente molto del dove lavori o studi dato che per spostarsi è sempre un caos continuo per via del traffico!

Come valuteresti servizi come la burocrazia, la sanità e i mezzi pubblici?

La Turchia è un Paese in forte progresso, un cosiddetto emergente. Come tutti questi Paesi, ha una forte discrepanza sociale ed economica, che si riflette anche nei servizi alla persona. La burocrazia ricorda quella italiana per alcune sue complicanze e rigidità ma ha anche una forte informatizzazione che rende tutto molto più rapido e snello, ma solo quando sai esattamente quale documento o informazione cercare.

Per i mezzi pubblici stanno facendo investimenti su investimenti, aprono linee metro in continuazione, aeroporti, porti e mezzi di trasporto non mancano. In città ci si può muovere dappertutto con i mezzi pubblici, il problema è il traffico che non diminuisce mai!

Per la sanità esiste un servizio pubblico che ha qualità sufficiente e alcune strutture ospedaliere private incredibili, di altissima qualità e tecnologia! Per lavoro, ho avuto il piacere di far conoscere una di queste realtà a degli imprenditori italiani, che sono rimasti increduli dall’avanzamento tecnologico degli ospedali privati. Tutto questo ovviamente ha un prezzo molto alto, ma che viene ripagato in ogni centesimo speso.

Come sei stato accolto dalla gente del posto?

I turchi amano gli italiani, per merito o per grazia, sappiamo che essere italiano è sempre visto bene nel mondo, ma credo che qua in Turchia l’amore che hanno verso di noi sia qualcosa in più! I locals conoscono molte cose del nostro Paese, ci reputano quasi come fratelli, nutrono per noi una simpatia innata, che aiuta molto a superare le differenze culturali e linguistiche. In generale, i turchi sono persone davvero molto ospitali, sono orgogliose della loro storia e cultura e hanno quasi una necessità insita in loro a farti sentire a tuo agio e ben accolto.

Come descriveresti le loro vite?

Se dovessi definirla in una parola: frenetica. Vivendo in una città di quasi 20 milioni di persone, la frenesia è parte del quotidiano. La principale differenza con l’Italia, che ho colto da quando sono qua, è il fatto che qui non esiste l’idea di fare una “vita tranquilla”. Tutto è sempre in movimento, chi si ferma è perduto! Si conoscono centinaia di persone, ci sono mille attività e altrettante possibilità, un giorno sei al top, il giorno dopo stai a terra. I locals vivono nel caos e l’unico modo di domarlo è non stare mai fermi, non abituarsi mai a qualcosa. Questo li porta a essere incredibilmente elastici e adattabili a ogni situazione e, allo stesso tempo, ad avere un pressappochismo che faccio ancora fatica a comprendere, che per loro è più che normale (domani è un altro giorno!).

È facile integrarsi?

Dipende da cosa s’intende per “integrazione”. Se s’intende fare amicizia e conoscere persone, Istanbul è il posto giusto dove trovare amici e persone eccezionali. Se s’intende, invece, comportarsi come un local ed essere accettato in quanto tale, credo sia molto più complicato, sia per una distanza linguistica sia per certi aspetti culturali, lontani dalla nostra società.

Ti sei mai sentito in pericolo?

Ho girato molti quartieri di Istanbul e diverse città della Turchia senza mai sentirmi in pericolo nemmeno per un istante, e questo è un grande merito di questo Paese.

Consiglieresti la Turchia a viaggiatori solitari? Anche alle donne?

Un viaggio in solitaria credo possa essere un ottimo modo per conoscere la vera essenza di un Paese, e questo vale sicuramente anche per la Turchia. Qua c’è ancora una forte cultura dell’autostop e per accogliere o aiutare chi è in viaggio, quindi sì, lo consiglierei!

Per le donne, non vedo un maggiore rischio rispetto ad altri Paesi. Il rischio, semmai, è quello di essere raggirato in quanto turista, non per il sesso di appartenenza.

Che consigli hai per chi sta pianificando una vacanza lì?

Una permanenza a Istanbul merita almeno 7 giorni. I primi tre per visitare le classiche mete turistiche, da Sultanahmet fino alla Torre di Galata. I restanti giorni consiglio di perdersi per le strade di questa enorme città e visitare i quartieri meno turistici come Moda o Kadikoy, per conoscere il vero spirito di Istanbul.

E quali per chi vorrebbe venirci a vivere?

Per vivere e resistere a Istanbul servono tanta determinazione, apertura mentale e adattamento. Essendo una città molto caotica, bisogna sapersi adattare velocemente ai suoi ritmi, essere lesti a reagire e a pensare, per non perdere le possibilità che la città stessa ti offre. È necessario anche avere tanta curiosità, perché non sai mai quello che può accadere, sia nel lavoro sia nelle relazioni sociali. È proprio questo che la rende una città unica.

Puoi raccontarci un aneddoto divertente della tua vita lì?

Giusto per dimostrare la necessità di essere curiosi, mi viene in mente questo episodio. Avevo rifiutato un impiego in una multinazionale per avviare la mia attività di supporto alle aziende italiane in Turchia. Dopo un paio di mesi senza troppe soddisfazioni, visito l’ennesimo potenziale produttore. Arrivo all’indirizzo e mi trovo di fronte letteralmente un garage in piena zona residenziale, in un quartiere abbastanza fatiscente, con tanto di banchetto sulla strada dove vendono alcuni loro prodotti. La mia “parte italiana” mi suggeriva di voltarmi e tornare a casa, ma ho seguito la “parte turca” di me che mi guidava a entrare. Dopo il classico çay di rito (il tè turco) i due personaggi dentro il garage, trasformato in ufficio/negozio, m’invitano ad andare a vedere la fabbrica di un loro amico. Decido di accettare. Salgo in macchina con loro e cominciamo a guidare per le strade della città, senza conoscere la destinazione finale! Dopo circa 40 minuti di macchina, arriviamo in una fabbrica dove incontro i proprietari e visito la produzione, dove trovo esattamente quello che stavo cercando per il mio cliente in Italia. Nasce con loro una collaborazione di diversi mesi, per un progetto nel quale hanno lavorato più di 150 persone, con un successo sotto tutti i punti di vista. Da un garage in una zona quasi malfamata a incontrare una realtà produttiva di prim’ordine, tutto questo in un paio d’ore!

Come hai affrontato il terremoto che ha colpito anche la Turchia qualche mese fa? Che impatto ha avuto sulla popolazione e sul Paese?

Il terremoto accaduto a febbraio ha avuto un impatto in tutto il Paese. Nonostante Istanbul sia distante migliaia di chilometri dalle zone colpite, chiunque, purtroppo, ha perso un parente o una persona che conosceva. È stata una tragedia che le immagini e i video non hanno reso nella sua interezza. La risposta della popolazione turca è stata incredibile. Nei giorni appena successivi, centinaia di persone si sono auto-organizzate per portare più aiuti possibile. Delle aziende tessili hanno riconvertito la propria produzione per produrre e fornire sacchi a pelo e tende. Purtroppo la sofferenza delle zone colpite è lungi dall’essere risolta.

Andrea Brio Turchia

Se potessi tornare indietro, faresti qualcosa diversamente?

No, ho affrontato al meglio ogni scelta e avvenimento più o meno collegato al trasferimento e credo di aver giocato al meglio le mie carte.

Cos’hai imparato, finora, vivendo lì?

La grande differenza di visione tra Istanbul e l’Italia, soprattutto verso i giovani.

Qua, l’età media è circa 32 anni, il che vuol dire che ti confronti ogni giorno con persone giovani, che hanno voglia di creare, che vogliono un futuro migliore e che non hanno paura di rischiare, perché sentono il domani nelle loro mani. In Italia c’è diffidenza verso il nuovo, verso i giovani e verso le novità. Mettersi in gioco lì è molto complicato, tant’è che molti figli lavorano nell’attività di famiglia, anche se non vogliono, perché è più facile visto che mettersi in discussione comporta un rischio troppo alto. Come si suol dire, in Italia, “se ti bruci, sei perduto”. A Istanbul, invece, se sbagli, ti rialzi e ti re-inventi, giorno per giorno.

Progetti futuri?

Dal punto di vista lavorativo, ho appena iniziato a rappresentare per il mercato italiano il più grande gruppo ospedaliero turco. L’obiettivo è quello di mettere la qualità del sistema sanitario privato turco a disposizione degli italiani, per dare una scelta di altissima qualità e professionalità, che in Italia manca.

Nella vita privata, mia moglie ed io abbiamo avuto da poco un bellissimo bambino. È lui il nostro progetto futuro più importante.

Per seguire e contattare Andrea:

E-mail andrea@itaturk.com

Sito web: https://www.itaturk.com/