Alla ricerca dell’autentico senso della vita

Argentina-Madrid-Tuscia: dal nuovo al vecchio mondo. Un percorso alla ricerca del senso della vita che, ai nostri occhi, sembra a ritroso: dal nuovo al vecchio mondo. Ma il bello è che lo sguardo riporta ciò che appare dalla prospettiva del punto di osservazione. Si muove, non è una cartina geografica statica. E la geografia di una persona è mobile come la sua esistenza. La geografia non è solo quella dei luoghi ma anche quella dei percorsi interiori. Geografia nel senso etimologico del termine; scrittura della terra.

Maremma Tuscia

Terra madre, terra femmina la Tuscia. Questa regione ai confini di Lazio, Toscana e Umbria è una terra antica e remota. Remota nei termini delle atmosfere che si respirano, dei ritmi che ne accompagnano la vita. Un altrove molto altrove non solo per chi la guarda dall’Argentina ma anche per noi italiani.

Siamo in Maremma, ed ecco la prima sorpresa; la Maremma non è solo Toscana. Anche in questa parte dell’alto Lazio, in provincia di Viterbo, siamo nella selvaggia e indomita Maremma. Terra etrusca, magica e non ancora troppo segnata dall’uomo. La vegetazione è quella tipica della macchia mediterranea e, in primavera e autunno, i colori catturano l’occhio su una bellezza nobile e maestosa.

Borghi medioevali si arrampicano sui crinali delle colline e il tufo di cui sono fatte le case si colora di oro caldo nella luce radente del tramonto. Il lago di Bolsena, vulcanico e misterioso accoglie nelle sue acque l’isola Bisentina e l’isola Martana, luoghi sacri agli etruschi. Le vestigia di questa misteriosa civiltà disseminano il territorio di necropoli e vie cave: strade scavate nella roccia, affiancate dalle pareti a picco che, in alcuni punti non fanno neanche passare la luce. Simbolo visivo di un percorso che doveva essere iniziatico per gli etruschi.

Volterra medioevale

Passeggiando per le campagne della Tuscia non è difficile imbattersi in pozze di acqua calda e sulfurea che restituiscono una netta sensazione di genius loci. Eremi come quello di Poggioconte, non lontano dal paese di Ischia di Castro, avvolgono immediatamente in un’atmosfera di silenzio carico di voci di un passato lontano. Sì, la Tuscia parla. Come parla la selva del Lamone rifugio dei briganti.

Farnese, Ischia di Castro, Marta, Montefiascone, Capodimonte, Grotte di Castro, Tuscania e Tarquinia sono solo alcuni dei paesi la cui toponomastica racconta di una storia ricca di avvenimenti. Anche i papi, con lo Stato Pontificio, hanno avuto più di un possedimento in questa terra. E i casali testimoniano di un passato fatto di paludi poi bonificate. I casali infatti, furono ad un certo punto, distribuiti ai contadini dall’Ente Maremma.

Ancora oggi l’agricoltura resta l’attività principale della zona: vino e olio non hanno niente da invidiare a quelli più commercialmente famosi della vicina Toscana. Canino è terra d’olio e l’Est Est Est è un famoso e ottimo vino di Montefiascone. Sagre e feste accompagnano le estati dando occasione di assaggiare i prodotti del territorio: pesce di lago, formaggi di capra, fagioli, e patate.

Vivere in Tuscia senso della vita

È in questo territorio che Facundo Ladaga ha trovato il suo altrove e da cui ci risponde

Cara Geraldine correggi per favore gli errori ortografici che potrò commettere. Scriverò con lo stile della Beat Generation (ti ricordi di Ginsberg, Kerouac, Cassidy, Corso, Ferlinghetti…). Scrittura automatica, quasi senza riflessione e che punta e crede nella verità dell’inconscio, che si acchiappa così al volo, d’improvviso. Scrittura a puro ritmo di quel jazz degli anni 50-60, il bebop di Charlie Parker, Dizzy Gillespie, il primo Miles Davis. Così non sarò molto concentrato nell’ortografia italiana. E sicuramente risponderò alle domande disordinatamente, in modo mescolato e labirintico. Avrai un bel daffare per l’editing delle risposte.

Ciao Facundo, vuoi raccontarci come si parte da Madrid per arrivare a Farnese?

Diciamo che tre anni fa ho deciso di tagliare con molte cose della mia vita di allora. Ero stufo di riprodurre un io che non mi soddisfaceva da molto tempo, da un’eternità. Questa decisione è stata la conclusione di una crisi, ovviamente. Ho lasciato la mia compagna, la mia casa, ho mollato la libreria di cui ero fondatore e socio, e il mio posto di professore di filosofia. Ho lasciato perdere la pubblicazione di un libro di filosofia già scritto, e per la cui pubblicazione avevo già preso accordi con una casa editrice spagnola. E non ho finito di scriverne un’altro in progetto con una casa editrice argentina. Mi sono allontanato un po’ dalle mie amicizie più strette, dai mie amori e dalle amanti. E dopo un po’ di introspettiva solitudine mi sono messo a viaggiare. Stati Uniti, sud della Francia, nord d’Italia, Spagna, Marocco. Durante questi viaggi, dopo un mesetto in Puglia, sono venuto qui a Farnese a trovare mia madre. Lei vive qui da sei anni. È un posto che dal primo momento in cui l’ho visto, 4 o 5 anni fa, mi è piaciuto. Ho trovato la distanza necessaria rispetto al mondo della città, e la vicinanza alla natura con la sua cultura rurale. L’intimità di un piccolo posto dove i valori o non-valori della vita attuale non si patiscono con l’intensità di altrove. E mi sono dato tempo. Ho lasciato passare il tempo. Ho capito che il periodo sabbatico che credevo di essermi preso non era solo un momento. Ho scoperto che mi ero messo in sciopero. Sì, in sciopero da me stesso. Dall’io che sono/ero. In sciopero dalla mia identità (oh! che labirinto necessario, scuro e contorto quello dell’identità). In sciopero da molte cose che mi identificavano e mi domandavano di dover essere. Farnese è la possibilità di aiutarmi a far passare i giorni. Giorni in cui mi lascio andare alle cose di questa terra. Del suo modo di vivere e sentire il divenire del tempo. Arrivo a Farnese attraverso questi sentieri. C’è anche in gioco una scelta di abbracciare valori come la semplicità e l’umiltà, impossibili da raggiungere nelle grandi e moderne città di questo mondo. E anche un desiderio di esperienze. La ricchezza della vita per me è data dalle diverse esperienze a cui un essere umano decide di aprirsi per vivere, sentire e imparare. Imparare! Questi desideri mi hanno portato a Farnese. Sicuramente la presenza di mia madre ha aiutato, anche se è una persona con la quale non ho avuto la possibilità di condividere molto della mia vita, in termini di quantità e qualità di tempo. Ma se lei non fosse stata qui io sarei comunque arrivato in un posto molto simile a Farnese.

Facundo Ladaga senso della vita

Tu hai cambiato completamente la tua vita. Quali sono, adesso, i tuoi punti di riferimento?

Il mio sciopero (e certi principi e valori che già ti ho nominato), mi chiede di non fare quello che ho fatto fino ad ora. Di non comportarmi, pensare, sentire con i miei soliti riferimenti. Per ciò non ho molto da dire. Lascio che il tempo passi liberamente attraverso di me, attraverso il mio corpo, la mia capacità di pensare e che così diluisca ed eroda la massa di riferimenti che mi hanno determinato e costituito fino adesso. È proprio questo a cui sto giocando in questo momento della mia vita. Rompere con certe cose che considero inautentiche in me, fonte di dolore e insoddisfazione. Se ci sono riferimenti, sono ancora balbettii ed intuizioni, suggerimenti ancora deboli. Forse le cose necessarie sono quelle più riconoscibili, perchè sono irrinunciabili.

Ti capita mai di “parlare” con il Facundo di prima?

Certo, costantemente. Parlo in un soliloquio introspettivo e gioioso. A modo di dialogo di crescita ed apprendimento.

Consideri il tuo cambiamento qualcosa di violento o come un naturale percorso della tua personalità?

Mah! È una esperienza dura, dolorosa in certi momenti. Bella e vivificante, eccitante. Sì, è violenta, ma cosa in questa vita per essere autentico può non essere violento in un certo senso? Ma non aggressivo sicuramente. Naturale? Beh io artificiale non sono. È un cambiamento che dipinge, adesso, il percorso che è la mia vita. La personalità come maschera con cui ci si presenta agli altri, sicuramente, è quello che voglio lasciare andare.

Hai mai qualche rimpianto?

Cerco, nella mia vita, di non avere rimpianti. Cerco di capire, quando sento qualcosa di simile ad un rimpianto, quali paure e sentimenti provo in quel momento e davanti a quella determinata situazione. Cerco di capire la confusione che c’è in me, di capire se voglio piangere o rifiutare qualcosa che mi è successo. Allora mi rendo conto che non è costruttivo lasciare posto ai rimpianti. E vivo le esperienze come una riuscita in sé anche se non tutte dipendono da decisioni mie.

Facundo Ladaga a Tuscia senso della vita

Cosa fai ora per guadagnarti da vivere?

Fino a poco tempo fa vivevo di risparmi e di piccole vittorie nei tavoli di poker amatoriali. Da quando ho finito questi soldi ho rifiutato di cercare lavoro nei settori in cui avevo già esperienza. Ho cercato e cerco di imparare lavori tipici del territorio in cui mi trovo. Lavoro come aiuto cuoco in un restaurante di cucina italiana, più specificamente cucina della Tuscia laziale una trattoria che si chiama Piazzetta del sole. Adesso Faccio la stagione delle olive in un frantoio. Dopo vedremo cosa si può trovare…

Come ti poni nei confronti del futuro? Ne hai paura o non ci pensi?

Cerco di non pensarci. Come ho detto lascio che il tempo passi e faccia il suo lavoro. Carpe diem… vivo il momento. Ma certo che la paura di dover pagare per le decisioni che ho preso, decisioni che possano portarmi ad un futuro doloroso e infelice, talvolta compare. Ho una specie di difesa: mi immagino un futuro bruttissimo, mi immagino come un vagabondo, un clochard sotto un ponte, povero, senza niente, solo, senza gente a cui volere bene e mi immagino sorridendo. Sorridendo felice, forse un po’ stoicamente, perchè sono cosciente di aver preso le decisioni che volevo e ancora adesso voglio prendere. Sorrido lucido di aver voluto questa vita anche se mi dovesse portare a una situazione così estrema.

I tuoi amici hanno capito questa tua decisione di vivere in un piccolo paese del Lazio?

Sì e no. Parzialmente. Fanno un po’ fatica. Ma non m’interessa molto. Mi vogliono bene e questo mi basta.

Consideri il cambiamento come qualcosa di irreversibile o pensi di poter tornare a Madrid?

Non saprei dire, ma adesso credo che non tornerei proprio in una città come Madrid. Non perché è Madrid ma perché è una città grande.

Ti senti accettato dai tuoi nuovi compaesani o avverti uno sguardo ancora curioso nei tuoi confronti?

Ci sono molte persone che mi vogliono davvero bene. E avverto anche la loro curiosità. Non mi sembra una contraddizione.

Quando eri a Madrid e gestivi la tua libreria eri sereno, ti piaceva quello che facevi?

Sì molto. Sia la libreria sia le lezioni di filosofia mi appassionavano. Certo non sempre e non per tutti gli aspetti. La serenità mi sembra qualcosa che sto imparando a conquistare. I cambiamenti di questi ultimi anni mi stanno aiutando a saper essere un tipo sereno. Sto imparando.

Come trascorri le tue giornate, quali pensieri ti vengono più spesso a fare visita?

Quando non lavoravo passeggiavo per la selva del Lamone, raccoglievo funghi e asparagi selvatici. Andavo al mare, al lago di Bolsena, al fiume Olpeta. Conoscevo la campagna e il territorio maremmano e tusciano, paesi e paesaggi. Aiutavo le persone a raccogliere l’uva, gli ortaggi, a costruirsi la casa. Leggevo, facevo amicizie, imparavo a suonare il sassofono tenore, studiavo italiano, scrivevo, imparavo i giochi di carte del posto. Da quando lavoro, beh, lavoro…

 

A cura di Geraldine Meyer