La voglia di vivere ritirati, lontano dal mondo

Di Enza Petruzziello

 

Amare la solitudine al punto da trasferirsi in un eremo. Peccato, però, che di eremi per ora nemmeno l’ombra. Lei è Silvia, 36enne di Rimini, che dopo una cocente delusione in amore riscopre la bellezza della solitudine tanto da volerla adottare come stile di vita, rifugiandosi in un luogo lontano da tutto e da tutti, circondato dalla natura per riappropriarsi di un silenzio che anela fortemente. Una persona “anima”le, come lei stessa si definisce nella mail che ci ha scritto. «Amo le tranquille e poche ma buone compagnie, amo il silenzio, il contatto con la natura», racconta Silvia.

A 30 anni si sposa, ma il marito che aveva scelto in realtà nasconde un lato oscuro. Così scappa da quella casa, e dopo aver vissuto da sola nella tranquilla solitudine, con un lavoro a tempo indeterminato, a settembre 2017 subisce una grossa operazione alla schiena che la lascia a casa per sei mesi e in quel tempo scrive un libro, “Sono Farfalla e ho un viaggio da raccontarti”, una favola che parla di sentimenti che piace a grandi e piccini e che la rende molto felice. «Mentre scrivevo il libro – spiega Silvia – dentro di me saliva la voglia di mollare tutto: lavoro e casa, per poter dedicarmi alla scrittura di libri per ragazzini e così ho fatto. Ho mollato lavoro e casa».

silvia e la voglia di viver ein un eremo

Silvia la tua voglia di cambiamento e di solitudine inizia sei anni fa. A pochi mesi dal matrimonio capisci che l’uomo che hai sposato in realtà aveva un lato nascosto tanto da scappare via di casa. Ti va di parlarci di questa esperienza e che cosa intendi per lato oscuro?

«Più che voglia di cambiamento direi: bisogno di cambiamento e di solitudine. E non inizia 6 anni fa, ma 16 anni fa. A 20 anni mi ero sentita per la prima volta innamorata, ma la vita dopo appena 3 mesi dalla sua conoscenza, mi porta via quel ragazzo in un incidente stradale.

Da lì parte il mio bisogno di cambiamento e solitudine. Poi 6 anni fa un ragazzo riesce a vedere la sofferenza che mi portavo dentro, e mi conquista con le parole (sono un’inguaribile romantica) e ci siamo sposati. Il suo lato oscuro era il saper manovrare con le parole. Prima le aveva usate per colpirmi nei punti deboli; poi, una volta che mi aveva “messa in casa” ha iniziato ad usare quelle parole per distruggermi psicologicamente.

Era un bevitore che prometteva di smettere, ed era violento, non fisicamente, ma appunto, con le parole. Così ho preso su le mie forze e le mie debolezze e sono scappata di casa, dopo che per l’ultima volta gli avevo detto che non ne potevo più e lo avrei lasciato, e lui per tutta risposta mi ha detto che per la mia incolumità quella notte era meglio se andavo a dormire a casa dei miei genitori».

Libera da quello che fortunatamente per poco è stato tuo marito, riscopri il piacere della solitudine, le serate tranquille e la compagnia di poche ma buone persone. Perché ami così tanto la solitudine, che significato ha per te?

«La solitudine mi ha fatto trovare il contatto con me stessa, cioè, con la mia anima, ecco perché per me è così importante. Non ho mai perso tempo davanti allo specchio ad ammirarmi e rimirarmi, ma il contatto con il vero sé può avvenire solo nel silenzio, altrimenti penso ci si senta “anime perse” nella confusione».

Una solitudine che si ripresenta nel 2017, quando subisci un intervento alla schiena che ti lascia a casa diversi mesi durante i quali però scrivi “Sono Farfalla e ho un viaggio da raccontarti” che uscirà in questi giorni. Di che cosa parla il tuo romanzo?

«Il mio primo libro è una favola. E parla della vita con parole metaforiche. La leggerezza di una Farfalla incontra la profondità dei sentimenti, che vivono nel mare. Ho tante passioni: cucire, ricamare, nuotare, passeggiare, oziare e fantasticare; ma la scrittura è la mia più grande passione e spero diventi il mio lavoro».

Mentre lo scrivevi ti è venuta voglia di mollare tutto: lavoro e casa. E così hai fatto. Come era prima la tua vita, a tal punto da volerla completamente cambiare? Da che cosa vuoi fuggire?

«Ho voluto lasciare tutto perché la mia era una vita “ritirata”, ma costretta dalle restrizione dei soldi. Vivevo per lavorare e lavoravo per pagare l’affitto, le bollette e la spesa per mangiare. E non è vita, per me, è prigione. E così ho deciso di evadere da quella prigione».

Inizialmente il tuo progetto era condividere una casa con una persona della tua età, ma le cose non sono andate benissimo. Come mai?

«La voglia di condividere una casa con una mia coetanea era tanta, credevo di poter trovare una compagnia “giusta”. Purtroppo non conta l’età, ma il cervello. Questa persona si comportava come quando io avevo 20 anni, anzi, anche meno: circondata da dei casini in tutti i campi: amore, lavoro, famiglia… ma io sono abituata alla tranquillità! Certo, mi piace anche fare festa, ma le cose devono avere un minimo di senso e di contegno!».

Il tuo sogno adesso è vivere in un eremo. Perché e cosa pensi possa darti?

«Sono una persona con una grande immaginazione e forse questo si ripercuote nel mio bisogno di avere la libertà negli occhi, intendo dire: vedere un panorama fuori dalla finestra, e non i palazzi; e sento forte la nostra essenza animale e naturale. Adorerei anche vivere su una piccola isola, per essere certa che qualsiasi strada io prenda, mi porti al mare!».

In Italia ci sono molti eremi che ospitano turisti e pellegrini, ma stai avendo difficoltà a trovarne uno che possa affittarti una stanza per un paio di mesi. Come mai secondo te?

«Ammetto che non sono capace di fare ricerche su internet; gli eremi che ho contattato hanno funzione cattolica, cioè ospitano persone che vogliono approfondire la loro conoscenza religiosa, oppure altri eremi hanno prezzi da alberghi e la cosa mi lascia un po’ perplessa. L’eremo mi dà l’idea di poter vivere anche con del baratto, come ad esempio, in cambio di vitto e alloggio poter aiutare nei lavori che ci sono da fare».

Vuoi lanciare un appello ai nostri lettori affinché ti aiutino nella tua ricerca?

«Certo! Mi piacerebbe passare del tempo in mezzo alla natura, anche zappando la terra e raccogliendo le noci, ascoltando il canto degli uccellini e non quello dei motori delle macchine. Vorrei il posto giusto per scrivere il mio secondo libro, che è già tutto in testa. Diciamo che come il mio libro parla in metafora, anche l’eremo è una metafora per poter dire quale tipo di vita mi piacerebbe».

In che modo è cambiata la tua vita da quando hai preso la decisione di mollare tutto?

«Vorrei risponderti con una grassa risata! A parte gli intoppi imprevisti, sto bene e sono in pace, non rimpiango niente di quello che ho fatto e che ho lasciato».

vivere il cambio

Sei ancora molto giovane. Hai mai pensato che l’amore potrebbe bussare di nuovo alla tua porta e che forse la solitudine non è la strada giusta da percorrere?

«Certo che ci penso! Sono spaventosamente romantica, ma credo anche che è vivendo la vita che voglio vivere che possa incontrare una persona simile a me. La solitudine è la mia arma di difesa, ma se incontro una persona che davvero mi piace, mi sposo per la seconda volta!».

E faresti benissimo! Altri progetti per il futuro?

«Tanti: scrivere libri, fare volontariato, sposarmi e avere figli, avere una stanza tutta mia dove sfogare tutti i miei hobby, imparare nuove cose. Vediamo dove mi porterà la strada».

Per contattare Silvia questa la sua email: silviatornata@virgilio.it.

Perché tornata? A dirlo è lei stessa:«Tornata libera, tornata a casa, tornata da me stessa».