Viaggio in dirigibile

A cura di Gianluca Ricci

Accadde quasi un secolo fa: il dirigibile Italia, comandato da Umberto Nobile, si schiantò sui ghiacci dell’Artico dopo aver sorvolato il Polo Nord e avervi lasciato tracce inequivocabili del suo passaggio. Al momento di fare rientro alla base, qualcosa non funzionò a dovere e, complici le pessime condizioni atmosferiche, l’aerostato all’improvviso perse quota fino a impattare violentemente con i ghiacci perenni di quelle ostili regioni. Sette i morti, nove i superstiti, fra cui lo stesso comandante, rientrato in patria fra mille polemiche e le accuse di incapacità.

Un duro colpo comunque all’affidabilità di un mezzo, il dirigibile, sul quale molti avevano investito a quell’epoca, immaginando un radioso futuro. Non fu così, tanto che dopo una seconda, ancor più grave catastrofe, ovvero il tragico schianto dell’Hindenburg nel 1939, produzione e investimenti vennero interrotti, nonostante il rapporto fra chilometri percorsi e incidenti mortali fosse comunque bassissimo.

viaggiare in dirigibile

Ma l’idea del dirigibile non è mai stata accantonata davvero, al punto che non pochi sono stati gli annunci negli ultimi anni di futuribili evoluzioni dei prototipi dell’epoca d’oro, legate soprattutto al perfezionamento della tecnologia e del controllo dei gas necessari al loro sollevamento. Per i più accaniti sostenitori, un dirigibile realizzato con i moderni materiali e le sofisticate tecniche di progettazione di oggi sarebbe addirittura concorrenziale all’aereo. Non per nulla da tempo qualche lancio di agenzia fa capolino fra le notizie delle pagine interne dei giornali promettendo fantomatiche evoluzioni e progetti di riesumazione ancora non seguiti da conferme concrete.

E così, anche solo per cavarsi la voglia, non rimane che fare rotta per Friedrichshafen, ameno borgo sulla costa tedesca del lago di Costanza, e salire a bordo di uno degli ultimi nati della famiglia Zeppelin, probabilmente l’azienda più famosa del settore che ancora oggi tiene accesa la fiammella della speranza di riscoperta di un mezzo in cui non ha mai smesso di credere. Un’ora di volo costa 440 euro, ma chi è salito su quel “suppostone” racconta che ne vale davvero la pena.

Da Friedrichshafen è possibile volare verso Meersburg, Lindau, Mainau, Monaco o semplicemente bighellonare sopra il lago di Costanza. Il co-pilota accoglie a bordo i passeggeri, illustra loro brevemente le procedure di emergenza in caso di incidente, come accade sugli aerei di linea, e poi gli addetti a terra sciolgono i cavi d’acciaio che tengono ancorato al suolo quel siluro di 75 metri, pronto a spaziare nel cielo sorretto dal principio di Archimede e spinto da due motori ad elica rotanti, in modo da potersi muovere in alto e in basso, a sinistra e a destra, avanti e indietro, a seconda delle necessità, ad una velocità di crociera di 100 chilometri l’ora. Lento, ma non troppo, permette ai passeggeri di ammirare dal loro posto a sedere (sono 14 in tutto) un panorama davvero unico, che nessun altro mezzo è in grado di garantire con tale intensità.

L’altezza è limitata, ragion per cui, senza cadere preda di alcun senso di vertigine, ci si può beare dei più insignificanti particolari di ciò che a terra scorre sotto i propri occhi. La gondola che ospita equipaggio e passeggeri è realizzata secondo standard tipicamente aeronautici, ma la visibilità assicurata dalle ampie vetrate che ne costituiscono la caratteristica più significativa non ha nulla a che vedere con quella permessa dagli striminziti oblò dei jet che devono pensare più all’aerodinamica che all’estetica del paesaggio.

Non ci si sale per essere trasportati da un luogo all’altro, questo è chiaro; si tratta in definitiva di un meraviglioso, efficiente giocattolo tecnologico da provare magari una volta nella vita, per vedere un po’ l’effetto che fa, ma anche per regalarsi una ventata di romanticismo e immaginare come potrebbe essere un mondo in cui bellezza e lentezza, preso il sopravvento su velocità e bruttezza, la fanno da padrone: dura un’ora, è vero, ma sembra una vita.