Viaggi culturali alla scoperta della danza

A cura di Gianluca Ricci

 

L’odore di fake news è piuttosto forte, eppure nei cataloghi di molte agenzie turistiche, anche del nostro Paese, le proposte di viaggio all’insegna della danza sono presenti in consistente quantità. D’altronde quando la concorrenza si fa spietata, è quello il momento in cui bisogna osare e gettare… la valigia oltre l’ostacolo. Numerose le offerte per venire incontro alle esigenze degli adepti di Tersicore e per solleticare la loro curiosità: naturalmente è necessario rimbalzare in ogni angolo del pianeta, perché la danza è una delle espressioni artistiche più specifiche di ogni singola cultura e anche volendo evitare di indagare le nicchie più recondite ed elitarie rimangono a decine le espressioni degne dell’attenzione di un simpatizzante.

I viaggi meno impegnativi sono ovviamente quelli che consentono di esplorare le manifestazioni culturali della nostra terra, da sole sufficienti per riempire l’agenda di chiunque desideri entrare a contatto con le specificità italiane. Nessun timore di smentita se si afferma che ogni regione, se non ogni provincia o addirittura vallata, può fornire un valido apporto all’acquisizione di nuove tecniche o di coreografie sconosciute.

Liscio, quadriglia, saltarello, tarantella, giusto per citare le più note, sono espressioni popolari che comunicano agli amanti del genere sensazioni originali, degne di essere vissute nella loro pienezza: ecco perché vengono proposti itinerari che associano alla conoscenza delle tecniche di danza anche escursioni sul territorio che consentano di scoprire i loro motivi ispiratori, le filosofie di pensiero alla base delle espressioni corporee tout court, spesso dettate da contaminazioni geografiche o sociali altrimenti incomprensibili.

Viaggi culturali a tutto tondo, insomma, durante i quali poter entrare in contatto con i segni atavici del rapporto fra l’uomo e la natura circostante: non ci si può allora limitare a seguire qualche spettacolo o qualche lezione impartita alla bell’e meglio, ma bisogna scendere nel profondo del percorso di scoperta. Misterioso per esempio è lo spettacolo dei dervisci che, ruotando secondo coreografie fissate dalla tradizione in secoli e secoli di repliche, sostengono di raggiungere la consonanza con l’assoluto.

Ma se ci si limita a guardare senza avere una preparazione adeguata quei ragazzi in costume bianco che girano come trottole, si rischia di derubricare lo spettacolo a fenomeno da baraccone: bene dunque un viaggio a Konya, nel bel mezzo della Turchia, ma anche e soprattutto per entrare a contatto con quelle confraternite che nella danza turbinante cercano l’estasi che possa avvicinarli a Dio. E che dire del sirtaki? Se ci si limita alla conoscenza da comitiva tutto compreso, non si riesce nemmeno a scoprire che si tratta di un fenomeno artefatto, inesistente nella lunga tradizione culturale greca, una coreografia cinematografica inventata per rendere più accattivanti le scene di “Zorba il greco”. Il sirtaki non è mai esistito fino al 1964: è esistito invece l’hasapiko, fonte di ispirazione per Anthony Queen e i suoi colleghi attori, una danza nata nella corporazione dei macellai e per questo così denominata che affonda le sue radici nell’antichissima cultura greca.

danza dei dervishi

Per scoprirlo bisogna allora frequentare i posti giusti di Atene e non solo la Plaka coi suoi ristorantini a prezzo fisso, dove il sirtaki viene proposto ai gitanti in abbinamento ai souvlaki di dubbia qualità perché fa tanto Grecia; bisogna entrare in contatto con chi ha pazientemente coltivato un’espressione rimasta in ombra e oscurata da esigenze di carattere hollywoodiano che nulla hanno a che vedere con l’espressione originaria.

Se viaggiare significa conoscere, ebbene, il viaggio alla ricerca delle radici della danza può tranquillamente assolvere al suo compito. E il tango? Il flamenco? La trojka? Tutte manifestazioni artistico-culturali che possono rimanere a galleggiare in superficie, pronte per essere cotte, mangiate e subito digerite, o che invece possono essere avvicinate con curiosità e circospezione, come si farebbe con una vera opera d’arte. In questo caso, meglio in punta di piedi.