L’evoluzione del concetto di identità online dagli albori di internet ad oggi

Nel 1993 apparse sulla rivista The New Yorker una particolare vignetta, la quale raffigurava due cani. Uno diceva all’altro una frase che in seguito è diventata di culto: “Su internet, nessuno sa che sei un cane”. Questa battuta ha fatto il giro del mondo, non esclusivamente perché si trattava di una frase divertente, ma perché risultava già all’epoca veritiera, in quanto suggeriva come su internet (all’epoca agli albori) non esistessero discriminazioni e che ciascuno poteva presentarsi per quello che realmente era. Al contempo però ciascuno di noi poteva spacciarsi per una persona completamente diversa.

Parliamo dei tempi in cui le chat i e gruppi rappresentavano delle dimensioni a sé stanti rispetto alla vita quotidiana e l’interazione online avveniva quasi esclusivamente attraverso degli pseudonimi.

L’utilizzo di pseudonimi, avatar e altre identità su internet

In sostituzione del nome anagrafico assegnato per legge e quindi immodificabile, lo pseudonimo è frutto di un processo di costruzione sociale condotto collettivamente dal proprietario del nome e da chi lo circonda.

Un rapido sguardo agli pseudonimi usati nel mondo delle chat rivela la fantasia, la creatività e il simbolismo nascosti dietro la scelta attiva di un nome con cui essere chiamati. Spesso il proprio pseudonimo viene scelto in base a riferimenti culturali o al proprio immaginario di riferimento. Trovano quindi grande spazio personaggi di fumetti, gruppi musicali, divi del cinema e figure mitologiche.

In molti casi questa componente rivela qualcosa della propria personalità profonda; non si tratta quindi di un distacco dell’identità quotidiana, ma solo di un’elaborazione di una parte del proprio sé. Se esiste una modalità caratteristica dell’interazione in rete rispetto ai nomi e alle identità individuali, questa non è data dall’anonimato, ma dal pseudo-nimato.

Che cos’ è lo pseudo-nimato                                

Lo pseudo-nimato comporta un processo di costruzione di identità e un suo essere riconoscibili a livello sociale, capace di perdurare nel tempo ma anche mutevole e in continuo divenire. Ogni pseudonimo racconta qualcosa di chi lo porta e si carica di valori intrinsechi.

Ci sono casi in cui la libertà garantita da uno pseudonimo viene utilizzata per ragioni importanti, direttamente attinenti alla vita offline. Ci sono diverse categorie di persone che possono aver bisogno di una maschera al fine di evitare discriminazioni di vario genere, esponendo il proprio punto di vista senza uno pseudonimo. Ci sono poi casi in cui l’uso di uno pseudonimo non ha nobili ragioni, ma potrebbe essere legato a una dimensione ludico-ricreativa, come nel contesto del gambling digitale dove è possibile reperire attrattive come le roulette gratis o come in altri contesti sempre ludici come i giochi di ruolo e gli avatar presenti su piattaforme come Twitch.tv. In questi casi è costante la tendenza a non mutare facilmente, ma a conservare nel tempo il nome e lo pseudonimo con cui si è conosciuti in rete.

Come fa il social a sapere chi sono?

Tale rappresentazione dell’identità online appare adesso anacronistica, tanto che la vignetta del New Yorker di cui abbiamo parlato in precedenza è stata sostituita da una nuova che recita: “Come diavolo fa Facebook a sapere che sono un cane?”.

Come possiamo facilmente notare il cambio di prospettiva è radicale, e sono bastati meno di 30 anni perché ciò avvenisse. In principio possiamo vedere come la vita online viaggiasse su binari separati rispetto all’esperienza ordinaria del quotidiano, dove le identità personali venivano costruite e decostruite partendo da zero. Con l’avvento dei siti di social network si crea un’integrazione progressiva sempre più stretta e con una permeabilità sempre più marcata tra il concetto di online e quello di offline.

L’identificazione avviene con nome e cognome anagrafico

L’esempio più evidente oggi è dato da Facebook, per molti utenti il social network di riferimento, il quale chiede sempre più spesso che le identità vengano rappresentate attraverso foto, descrizioni, commenti che devono avere la stessa coerenza con il modo in cui ci presentiamo nella vita di tutti i giorni.

Se nel postmodernismo radicale degli anni Novanta l’identità in rete veniva vista come l’esito dell’assoluta libertà individuale di rappresentarsi come si vuole, con il nuovo millennio torna a essere un qualcosa che viene co-costruito insieme a tutti gli altri: siamo ciò che diciamo di essere, ma allo stesso tempo siamo anche ciò che gli altri dicono di noi. Pertanto oggi l’identità online, sia individuale che riferita a organizzazioni o aziende, è strettamente legata al concetto di reputazione e alla considerazione che gli altri hanno di noi.