È come essere nel mattino, nel momento del risveglio, quando il sogno è ancora lì, nella stanza, nelle lenzuola. Oppure sta uscendo indisturbato dalla porta semichiusa nel primo battito di due ciglia ancora pesanti. Suona la sveglia, oppure, più bucolicamente, canta il gallo. Meglio ancora: in un fresco mattino di primavera mi sveglia il languido appoggiarsi di un raggio di sole, non necessariamente primo. Un anno. L’ho vissuto in Australia, Nuova Zelanda e Malesia, lavorando, viaggiando e scoprendo territori e culture così lontane e nuove per me. Al ritorno in Italia mi ci è voluto molto tempo per digerire l’immensità dei cieli, gli oltre 16.000 chilometri viaggiati e l’intensità delle emozioni provate, così nuove e in qualche modo staccate dal resto della mia vita da farmi sospettare di essere qualcosa di diverso. Gli episodi e gli incontri mi hanno fatto capire che “..dovrei avere il coraggio di riprendermi tutti i posti in cui sono stato e rimetterli in quegli angoli del cuore che ho visitato per poter vivere il resto della mia vita in ogni battito totale, che piaccia o meno e chi non sa in che direzione scorre il mio sangue…”.

Tuttavia al mio rientro in Italia ho cercato di inserirmi nello schema sociale relegando le mie avventure ai ricordi di un gap year vissuto in un intervallo di sogno. Ho trovato un lavoro come designer degli interni, in linea con i miei studi universitari, e mi sono avviato verso una carriera lavorativa che nel competitivo panorama milanese si prospettava lunga e insidiosa; ma non ne ero spaventato, se non disturbato. I miei ideali, il mio senso sociale e i valori che cerco di considerare, non coincidevano con alcuni meccanismi con cui dovevo quotidianamente confrontarmi. Tuttavia la mia irrefrenabile passione per la scrittura mi aveva fatto riempire pagine di diari personali che uno strano gioco del destino mi ha portato a pubblicare in UN ANNO IN OTTO ORE (ed, Il Filo, 2006). Il libro raccoglie le impressioni dove uno scenario, un incontro, una musica diventano suggestioni estese, con il tentativo di condividere con altri la totalità delle sensazioni di un viaggio profondamente inserito negli usi e costumi. La lavorazione al libro e i successivi spettacoli per la promozione mi hanno aiutato a dilatare il tempo del sogno, fondendolo con la vita che stavo provando a vivere. Nel frattempo non mi sono fermato. Viaggi in camper per l’Europa e il Cammino di Santiago, completato in due tempi, hanno alimentato il travelling bug che ormai mi aveva contagiato.

La lentezza del viaggio a piedi e il desiderio di trasferire alla vita la dimensione calma che mi permette di assaporarla, mi hanno suggerito un nuovo tema per combinare le mie passioni, raccolte nel libro TEMPO LENTO (ed, Il Filo, 2008).

In una delle tappe (Immagimondo 2007) dell’arduo percorso che uno scrittore esordiente deve affrontare per farsi conoscere ed eventualmente apprezzare, ho incontrato Federica, che mi ha presentato Heraclitus.

Heraclitus

E la mia vita ha cominciato a prendere una nuova piega. Il Vascello di Ricerca Heraclitus e’ una Junka cinese di 25mt, in ferrocemento. Fu progettata e costruita dall’ Institute of Ecotechnics con l’ intento di realizzare un vascello di ricerca oceanico. Da quando fu varato nel 1975 ad Oakland, l’ imbarcazione ha navigato per piu’ di 250.000 miglia navali intraprendendo una serie di viaggi e spedizioni in alcune delle piu’ difficili e distanti acque del Globo, dalla ricchezza del Rio delle Amazzoni alle fredde acque dell’ Oceano Antartico. L’ Institute of Ecotechnics, e’ un istituto di beneficenza inglese specializzato in progettazione e realizzazione di progetti ecologici in diverse regioni-biomi in tutto il mondo. Il giorno dopo la chiusura del festival di viaggi Immagimondo, ho scritto al capo spedizione, manifestando il mio interesse al progetto. Qualche mese dopo avevo in mano un biglietto per Città del Capo, dove allora si trovava la barca.

16 Giugno 2008. Parto.

Mi sono licenziato dallo studio di Architettura dove lavoravo a Milano, ho chiuso il contratto d’affitto, ho fatto le valige ed ho raggiunto quel gruppo di marinai traformati in operai. L’Heraclitus era allora in bacino di carenaggio perche`ogni 3 o 4 anni il ferro all’interno del cemento arruginisce e e’ necessario eseguire le dovute riparazioni. Quello che mi sono trovato davanti era una sorta di pezzo di pietra che ricordava vagamente una barca e dava tutta l’impressione di essere stata masticata e risputata fuori da un mostro enorme che non la voleva nel mare. Eppure, giorno dopo giorno, merse dopo mese, con ore di duro lavoro nel clima non troppo favorevole di una città sudafricana al limite del mondo, la barca prendeva forma, ricostruita con nuovo cemento, colorata con nuovo nero e rosso. Gli alberi sono tornati in posizione, la taniche, gli arredi, i pavimenti in legno. E le vele. Durante i mesi di permaneza in Sud Africa, tuttavia, stavo maturando l’idea che quello che mi circondava non era Africa. E io l’Africa volevo almeno provare a capire cos’era. Nel periodo in cui ho conociuto Heraclitus stavo valutando la possibilità di fare un’esperienza di volontariato in un Paese del terzo mondo. Il fatto che l’Heraclitus fosse allora in Africa ha fatto coincidere un po’ di tasselli.

dario sorgato

Ho raccolto un po’ di cose e sono andato in Malawi. L’ho girato in lungo e in largo, salendo e scendendo dai rimorchi di carri e tra capre e patate per spostarmi poi a Quelimane, in Mozambico, dove ho lavorato per due settimane nell’orfanatrofio fondato dai Padri Cappuccini. Con le lacrime agli occhi ho salutato quel centinaio di bambini che avevo cominciato a sentire come la mia famiglia, per dirigermi a sud, percorre le coste e rietrare a Città del Capo. Un altro mese di lavoro e il 20 dicembre 2008 siamo partiti.

L’ultimo giorno di primavera. Il mare era calmo, E il vento ci aspettava più a nord.

E poi….

Poi.

Poi il mare. L’Oceano.

60 giorni di oceano e vento.

Sole, luna, stelle e pianeti.

E io.

Sovrastato da tutto quell’universo, affidato alle onde e alla direzione del vento. Sopra chilometri d’acqua, abissi e infinito. Piccolo al punto da dimenticarmi di avere una dimensione, per espandere ogni sensazione oltre quello che potevo vedere. Non erano nuvole di pioggia i miei pensieri. Solo cumuli bianchi di oceano e cielo, che osservavo. E osservavo. Erano gli unici attori delle mie canzoni. Ascoltate sottovoce. In una notte di luna piena, o sotto un cielo senza stelle, all’alba, al tramonto, nella accecante luce di un mezzogiorno d’acqua, ho scritto lettere consegnate alle onde. L’arrivo in Brasile è stato toccante. Noi, 14 marinai di tutto il mondo ce l’avevamo fatta. Avevamo rimesso in acqua un relitto di cemento e su quella cosa che era tornata ad essere Heraclitus abbiamo navigato tra due continenti, tra due culture, separate da più di 4000 miglia di acqua segnata da una cicatrice profonda che porta il nome di tutti gli schiavi che l’hanno percorsa. Nome di tutti e di nessuno. Paraty, isole, spiagge, mare, spettacoli teatrali provati durante la traversata, e poi, ancora una pausa. Qui. A Buenos Aires. Per conoscere anche questo pezzo di mondo, viverlo e poi, riaprtire. Tra qualche settimana torno a bordo. A Salvador de Bahia e il mio desiderio e’ quello di seguire il vento fino a Porto Rico e Cuba. La barca, poi, volgerà la prua verso oriente per riattraversare l’Atlantico, toccare le coste di Marcocco, Spagna, Italia, Grecia, Turchia e raggiungere il Mar Nero. Io, per ora, voglio vivere così.

In una dimensione di scoperta continua. Del mondo ma soprattutto di me.

E’ tutto possibile. E sento che quello che mi socrre dentro e’ libertà. A volte grande al punto da fare paura.

Hai mai avuto paura della libertà?

Io si.

L’ho vista.

E’ immensa.

E sapere di esservi dentro e’ più disorientante di un viaggio sull’oceano.

In barca ci sono la bussola, il sole, le stelle.

Nella libertà non c’e`niente.

E’ tutta da riempire.

E’ come un paesaggio nuovo che costruisci tu.

Ci puoi mettere città, montagne, oceani.

Oppure le tue scelte.

E godere nel contemplarle.

Dario Sorgato

mail@dariosorgato.it

Dario Sorgato aggiorna le sue storie e impressioni sul blog PAROLE IN CAMMINO

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