Manualità e risparmio: un cacciavite ci salverà

Noi siamo corpo e mente, che è come dire progettisti e realizzatori, ingegneri e carpentieri. Non lo dico io, siamo stati programmati così. L’Homo Faber ha usufruito del suo intelletto e della sua capacità realizzativa per arrivare fino ad oggi. Anzi, fino a ieri.

Da qualche tempo la post-modernità ha cambiato i pesi. Fino a qualche decennio fa era normale aggiustare quel che si rompeva. Era normale costruire, conservare oggetti che, alla bisogna, sarebbero diventati altro. Riciclare, con un’occhio al risparmio.

Farsi venire idee e realizzarle.

 

Non così oggi, dove ciò che si rompe si butta, dove non è neppure prevista l’ipotesi di costruire gli oggetti che ci servono e dove, per conseguenza, siamo diventati inetti, cioè non atti, inadatti a fare. Ignoranti realizzativi, analfabeti operativi.

Un giorno ho visto una lampada nell’immondizia, a Milano, via Legnano 28. Ho immediatamente pensato: “Si è staccato un filo e l’hanno buttata.”

Detto fatto. Apro la spina e vedo il filo penzolante. E’ bastato riattaccarlo, tra i due e i quattro minuti di lavoro, e la lampada ha ripreso a funzionare. E’ una bella lampada, sapete quelle con le molle, snodate, da architetto. Ora fa bella mostra di sé nella mia scala.

cambio vita

Se prendete un computer e gli impedite con qualche stratagemma di fare alcune operazioni a cui è abituato, di cui si serve, per le quali è stato programmato, quello prova e riprova, ma alla fine si arrende. Il suo malfunzionamento diventa cronico, fino a che si rompe, o comunque non esercita più la sua funzione egregiamente.

Lo stesso vale per noi. Siamo stati programmati per usare mani, braccia, gambe, corpo nel suo complesso. Non solo. Siamo stati organizzati per fare in modo che questi strumenti, queste attrezzature fisiche, di grande precisione, siano il terminale del pensiero, della mente che ha idee e che progetta come realizzarle.

C’è dunque sia un imprimatur originale del nostro microprocessore, sia un legame necessario tra mente e mani. In entrambi i casi, tuttavia, noi disattendiamo questa impostazione.

Ecco una delle origini basilari della nostra angoscia, dello sconcerto che ci prende improvvisamente, dell’ansia, del tedio, della depressione, delle malattie psicosomatiche. Il filosofo americano Sennet sostiene LA causa principale.

E aggiunge: “Un cacciavite ci salverà”, tentando così di indicare un percorso terapeutico.

Certo, volenti o nolenti, dobbiamo renderci conto che come abbiamo da tempo compreso il valore e il ruolo terapeutico dell’attività fisica (che svolgiamo ad hoc, cioè in palestra, dato che la nostra vita è organizzata in ogni modo per evitarci sforzi e movimenti), allo stesso modo dobbiamo rivoluzionare una parte della nostra vita per tornare ad essere falegnami, fabbri, zappatori, aggiustatori, costruttori, giardinieri etc.

Questo eravamo, anche, e questo dobbiamo tornare anche ad essere. Pena il fatto di continuare sulla via dell’eliminazione di una parte di noi, dunque dell’alienazione di una delle nostre tipologie, una propensione naturale, una natura.

Provate a chiedere a un gatto di non cacciare un topo. Provate a insegnare all’acqua di non scorrere sui piani inclinati. Provate a costringere il mare all’immobilità. Sarà uno sforzo vano. Ecco perché la natura non si sente mai alienata, se non quando l’uomo la aliena.

La gran parte delle cose che servono può dunque essere costruita, aggiustata, riciclata, modificata, ottenendo il duplice obiettivo di fare ciò che siamo nati per fare (dunque esprimendoci, realizzandoci come uomini d’ingegno e tekné, due componenti sostanziali del divertimento e della ricerca di riconoscimento con l’opera che sta alla base dell’equilibrio) e di risparmiare.

In un’epoca di consumismo sfrenato è sufficientemente rivoluzionario smettere di gettare via, smettere di comprare sempre e solo, cioè mescolare le nostre attività (ancora una volta) tra acquisto e realizzazione in proprio. Fare da sé quel che ci serve (un soppalco, un mobile, una sdraio, lavorando la ceramica, il legno, l’alluminio, la plastica…) è divertimento gratuito, efficace realizzazione di sé, orgoglio, ma è anche risparmio.

Tra comprare qualcosa fatto in modo industriale e costruire da sé lo stesso oggetto c’è oggi, mediamente, un delta del 60%. Un buon risparmio. Se lo applicate a un certo numero di questioni domestiche, può incidere per il 5-10% sul budget complessivo.

Inutile dire che i nostri oggetti saranno “chilometro zero”, dunque non avranno richiesto la combustione di gasolio in nave e su gomma per essere trasportati, non avranno necessitato materiali plastici d’imballaggio, dunque inquinamento, caos, rumore.

Il tutto, per finire, condito dall’abbattimento della noia, l’estinzione dell’ansia (quando si agisce si è presi, concentrati, si opera, il che distrae dall’ansia, la esorcizza, la annulla), il recupero del valore dell’esperienza, l’ascolto delle persone più anziane, che sanno fare, e l’incontro con altri esseri con cui condividiamo piaceri e attitudini.

Come dire: molti risultati mentre si risparmia. Una buona cura contro quello che siamo diventati e non vogliamo essere più.

Simone Perotti

www.simoneperotti.com