Sono una psicologa online e vivo gran parte dell’anno in viaggio

A cura di Maricla Pannocchia

Insieme al suo ragazzo Luca, Laura, psicologa e psicoterapeuta online, si divide fra la casa a Milano e i viaggi in luoghi come Cape Town, Bali o la Thailandia. “Lavorare online mi permette di avere questo stile di vita”, racconta la donna, “Anche se può non essere sempre semplice. Mi è capitato raramente di avere problemi al riguardo ma, con il mio lavoro, devo tener di conto non solo della velocità della connessione Internet ma anche della privacy.”

Durante il periodo trascorso in Thailandia, Laura ha avuto modo di entrare in contatto con la realtà del posto che, appena arrivata, l’ha travolta e stravolta. “Direi che ho vissuto un vero e proprio shock culturale” continua la donna, “Mi sono resa immediatamente conto che sarei stata io a dover venire a patti con le abitudini del posto e non il contrario. Per dirne qualcuna, in Thailandia, come in altri Paesi del sud-est asiatico, l’acqua non è potabile, in varie zone lo smog è qualcosa con cui convivere, e, spesso, lo sono anche gli insetti (ma non m’infastidiscono). Ho imparato a indossare la mascherina per le strade di Bangkok (e di Chiang Mai durante i giorni di burning season) e a fare amicizia con l’aria condizionata che in zone molto umide può essere l’unico sollievo anche per arieggiare la stanza.”

Per il futuro, Laura e il suo ragazzo non vogliono cambiare una virgola di questo loro stile di vita, che li vede ancora felicemente legati all’Italia, ma sempre con il passaporto pronto!

Laura Princivalli

Ciao Laura, raccontaci qualcosa di te. Chi sei, da dove vieni…

Ciao a tutti! Io sono Laura, una psicologa e psicoterapeuta online. Vivo (di base) a Milano ma sono originaria del Veneto, precisamente di Oderzo, dove sono nata e cresciuta, e di Padova, dove ho passato i dieci anni dall’inizio dell’università in poi, fino a trasferirmi nel capoluogo lombardo nel 2017. Da un paio d’anni passo circa la metà dell’anno all’estero, da nomade digitale, come si dice.

Di cosa ti occupi?

Come psicoterapeuta online accompagno le persone in percorsi individuali, di coppia o familiari riguardanti un ampio spettro di questioni che mi vengono di volta in volta presentate. Inoltre, offro supporto psicologico (e documentale) nell’ambito dei percorsi di riassegnazione di genere.

Quali sono le differenze tra il fare le sedute dal vivo oppure online?

Ho acquisito la maggior parte della mia esperienza professionale clinica online. Ho iniziato prima del Covid-19 e questo mi ha permesso di accumulare molte testimonianze di persone che hanno affrontato percorsi offline, online o entrambi. I feedback ricevuti sulla modalità online sono sempre stati positivi e le differenze rimangono su un piano logistico, non tanto di sostanza. Questo è confermato da vari studi sul tema e dall’enorme diffusione della pratica terapeutica online dopo il Covid-19, che non accenna a diminuire. Per fare un esempio, anche agli expats (ne seguo sempre più spesso) la psicoterapia online offre una grande opportunità, che è quella di portare avanti un percorso terapeutico con una persona che condivide la loro lingua e cultura d’origine indipendentemente da dove si trovino.

Che consigli daresti ad altri psicologi che vorrebbero diventare nomadi digitali?

Consiglierei di organizzarsi. Attualmente, non conosco alcun collega che lavori esclusivamente online e che abbia scelto questo stile di vita né l’ho incontrato finora in giro per il mondo. Credo dipenda dal fatto che la psicoterapia online è una pratica recente. Il nomadismo digitale continua a riguardare altri tipi di professioni, che possono essere svolte in spazi di coworking e caffetterie con WiFi e postazioni computer o spazi comuni in residence. È davvero difficile trovare un’offerta di luoghi che preveda le videochiamate come fulcro della giornata lavorativa, anche qualora questi esistano le Skype Room sono pensate per l’eventualità di una riunione sporadica. A uno psicoterapeuta online non serve molto più di una buona connessione, ma serve qualcosa che può non essere necessario in altre professioni: la garanzia di privacy. Il mio unico consiglio, quindi, è quello di organizzarsi, prendendo sul serio l’impegno di uno stile di vita che tenga sempre in considerazione l’aspetto lavorativo.

Adesso sei a Bali ma presto tornerai in Thailandia, dove sei già stata l’anno scorso. Come mai hai scelto queste mete?

Bali e la Thailandia sono due mete “facili” per chi inizia a fantasticare su una vita un po’ più nomade e lo sono per un sacco di motivi. Se all’inizio lo sono perché offrono paesaggi, stimoli e natura mozzafiato, oltre alla possibilità di conoscere e approfondire culture e abitudini molto diverse (rispetto a tutto un sistema culturale europeo/occidentale), entrando sempre più nella quotidianità di un’esperienza lunga di vita all’estero i motivi diventano anche molto più concreti. Bali e la Thailandia sono tra i posti più sicuri dove io abbia mai viaggiato, comprendendo vacanze più o meno lunghe, molto safe anche per una ragazza; hanno una lunga storia di turismo che rende buona parte dei territori ricca di servizi, e hanno una tradizione di nomadismo digitale consolidata, offrendo una copertura di rete eccezionale su quasi tutto il territorio e in quasi tutte le strutture. Tutti elementi che sono cruciali per il tipo di viaggio che affronto.

Dove hai vissuto, precisamente, in Thailandia?

A Bangkok, a Chiang Mai e a Phuket.

Come ti sei mossa per trovare un alloggio?

Sempre in anticipo partendo da Airbnb (anche per farmi una prima idea dei prezzi e delle zone) oppure contattando direttamente le strutture. Nel tempo Luca, il mio ragazzo nonché compagno di viaggi, ed io abbiamo capito il tipo di sistemazioni che preferiamo, come cercarle o che cosa chiedere per trovarle.

Quali sono i prezzi medi e le zone in cui consiglieresti per vivere bene spendendo il giusto?

Beh, per quanto riguarda la mia esperienza in Thailandia, la risposta è molto variegata e dipende a quali aree facciamo riferimento. La più economica tra quelle in cui abbiamo passato del tempo direi che è Chiang Mai, nel nord della Thailandia, dove si può trovare un appartamento (con una camera) a partire più o meno da 300 Euro il mese, riuscendo a stare nelle zone più consigliate per godersi la città, Old Town o Nimman. Noi stavamo in quest’ultima, che è ricca di localini (che sono tra i punti forti di tutta Chiang Mai). La città è a misura d’uomo e molto sicura, quindi è il luogo ideale per spendere poco e vivere bene.

Bangkok è tutta un’altra cosa, è una megalopoli, caotica, sviluppata su un ampissimo territorio, ma collegata da molti mezzi efficienti. Il prezzo dell’affitto non sale di molto e anche a Bangkok è possibile trovare soluzioni a partire dai 400 Euro (arrivando a molto, molto di più) all’interno dei famosi condo, grattacieli con una serie di servizi condivisi (piscina, palestra, spazio laundry e spesso coworking). Il prezzo sale avvicinandosi alle vie più famose. La città si presta a qualsiasi richiesta, si può vivere bene spendendo poco o spendere molto per esperienze di alto livello.

Per quanto riguarda Phuket i prezzi salgono. Un appartamento nelle zone lungo la costa ovest o a sud (ovvero l’area delle spiagge famose e servite) difficilmente parte da meno di 700 Euro per un mese. L’isola è considerata la prima meta turistica della Thailandia e, per anni, lo è stata di tutto il sud-est asiatico. Arrivando lì dopo aver attraversato altre aree dello Stato si nota immediatamente un livello molto più “turistico” di servizi e un’offerta molto più a misura di “occidentale” nelle strutture. Questo vale per Phuket, che è l’isola più grande e più famosa. Le altre isole seguono regole diverse per quanto comunque si faccia i conti con una maggiore idea di “vacanza”. A Koh Samui, dove passeremo due mesi da metà dicembre, abbiamo trovato soluzioni più economiche di Phuket, ma per quanto riguarda il costo della vita… vi terrò aggiornati! Koh Phangan, resa famosa per il Full Moon Party, alza notevolmente i prezzi delle strutture nei periodi della festa e prendere casa lì può essere molto costoso. Insomma, nelle isole thailandesi finora approcciate i prezzi sono un po’ più alti rispetto alla parte continentale, rimanendo comunque sempre molto convenienti se paragonati ai prezzi a cui siamo abituati in Italia.

Come funziona, dal punto di vista burocratico, per vivere e lavorare lì?

Lavorare in Thailandia è molto complesso, le regole sono rigide e ottenere un visto (un qualsiasi visto) non è così scontato come si può immaginare. Non saprei rispondere accuratamente perché non ho mai provato a fare domanda per un visto non turistico ma, ascoltando diverse testimonianze, so che ci sono varie voci da dimostrare.

Proprio in questi giorni stiamo attendendo l’approvazione della richiesta di visto turistico che ci permetta di stare nel Paese 60+30giorni. Persino per questo tipo di visto, come per il multi-entry (che è l’altra tipologia di visto turistico, che ti permette di entrare e uscire dal Paese per un totale di 6 mesi) l’esito non è scontato, sto sentendo qualcuno a cui è stato rifiutato. Dunque, ecco, le procedure di permanenza nel Paese per periodi lunghi sono un po’ macchinose. Attualmente, per i cittadini italiani, c’è la possibilità di un’entrata senza visto di 30 giorni, prorogabile di altri 30, che comunque per motivi turistici, appunto, non è male.

Come valuteresti servizi come la sanità, la burocrazia e i mezzi pubblici?

Per ora non sono dovuta ricorrere (per fortuna) alla sanità thailandese, che so avere una buona fama in tutto il mondo. Ho incrociato varie persone e letto testimonianze positive d’interventi e ricoveri. Ovviamente, da questa parte del mondo si deve fare sempre fare affidamento su una buona assicurazione medica privata.

La burocrazia, per il tipo di esperienza che ho avuto io, è efficiente ma rigida e infernale… come qualunque pratica burocratica ovunque! In Thailandia, però, sono sempre riuscita a risolvere velocemente estensioni di visto e richieste varie quando è stato necessario e, a paragone dell’esperienza in Indonesia, è davvero un punto a suo favore!

I mezzi pubblici, invece, per quello di cui ho avuto finora esperienza nel sud-est asiatico, non sono qualcosa su cui fare particolare affidamento. Direi che l’unica eccezione la fa Bangkok, per il resto si ricorre ai taxi o Grab, che è una risorsa ed è il corrispettivo di Uber. I prezzi sono davvero bassi e copre in modo più o meno capillare i vari posti che abbiamo attraversato. Abbiamo provato il treno notturno a lunga percorrenza che da Bangkok arriva a Chiang Mai ed è stata… un’esperienza!

Qual è il costo di beni e servizi di uso comune?

Il costo della vita, arrivando con una moneta come l’Euro, è basso. Come dicevo prima, dipende dalla zona e dall’esperienza che si vuole fare. A Bangkok si può cenare in un luogo come Jodd Fairs (posto che consiglio sempre a tutti), un night market dove assaggiare qualunque tipo di delizia del posto, in modalità e al costo locale (con un budget di 300bath a testa, ovvero 7/8 Euro) e anche in ristoranti stellati al 30esimo piano di un qualche grattacielo a prezzi che, sebbene siano più bassi dei corrispettivi in Italia, sono molto alti. Personalmente, io preferisco le esperienze più vicine alle abitudini locali e, anche quando non apprezzo sapori o cibi (e in Thailandia mi è capitato spesso), cerco un compromesso che non mi faccia perdere l’illusione di un minimo di tradizione.

La benzina ha un costo più basso rispetto a ciò a cui siamo abituati, circa 34bath al litro (meno di un Euro) e noleggiare uno scooter può costare tra i 250 e i 400bath al giorno (6-10 Euro).

Se si sceglie di fare la spesa al supermercato, il costo è più o meno quello dei supermercati in Italia e questo perché i supermarket sono luoghi che hanno gli occidentali come target principale e si può capire anche guardando il tipo di prodotti in vendita. Io non posso rinunciarvi ma, quando possibile, acquisto i prodotti di prima necessità nei mercati locali, che sono molto più convenienti.

Quali sono state le difficoltà più ardue da superare?

Ho messo piede in Asia per la prima volta per una permanenza di sei mesi. È stato uno shock culturale. Mi sono resa immediatamente conto che sarei stata io a dover venire a patti con le abitudini del posto e non il contrario. Era la prima volta in vita mia che succedeva davvero, abituata a viaggiare in zone del mondo in cui erano le mie regole a valere per tradizione o per un passato di prepotenza. È difficile descriverlo scorporandolo dalla visione d’insieme, va dalle abitudini culinarie, ai luoghi di ritrovo, all’utilizzo degli spazi. È una riflessione che fino a quel momento ho pensato valesse per ogni posto, ma che ho sperimentato per la prima volta qui. Per dirne qualcuna, in Thailandia, come in altri Paesi del sud-est asiatico, l’acqua non è potabile, in varie zone lo smog è qualcosa con cui convivere, e, spesso, lo sono anche gli insetti (ma non m’infastidiscono). Ho imparato a indossare la mascherina per le strade di Bangkok (e di Chiang Mai durante i giorni di burning season) e a fare amicizia con l’aria condizionata che, in zone molto umide, può essere l’unico sollievo anche per arieggiare la stanza. Ah, ho scoperto che non amo il vero Pad Thai, ma a questo non ho ancora trovato una soluzione!

E quali le gioie e le soddisfazioni?

Lo shock culturale che ho provato in Asia è una delle esperienze più rigenerative e di cambiamento che io abbia sperimentato nella vita. Ho scoperto cose di me a cui prima non avevo mai prestato attenzione, ho capito cosa significasse davvero uscire dalla mia zona di comfort e questo mi ha permesso di allargarla. Sto cercando di mettere insieme la mia passione per il viaggio e il mio privilegio nel poterla vivere, la voglia di vedere altro e la fortuna del passaporto che casualmente mi è capitato, la necessità che sento di aprirmi, scoprire, imparare e ascoltare. Posti come la Thailandia mi consentono di entrare molto nelle mie contraddizioni. Quello che sto vivendo qui è la possibilità di mixare il turismo alla tradizione, senza che uno annienti l’altro. È molto difficile, in luoghi con una storia di expat, di nomadi digitali, di backpackers e viaggiatori, tanto che si rischia di perdere l’arricchimento reciproco e di ragionare in ottica di domanda/offerta, dove la domanda, per quanto provi a essere etica, attenta e rispettosa, porta comunque con sé le proprie premesse ed esigenze. Scontrarmi con questo è stato un regalo.

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Ovviamente, se di gioie e soddisfazioni per gli occhi e il cuore vogliamo parlare, è qui che ho potuto ammirare tra i posti più belli che io abbia mai visto: il colore dell’acqua delle Phi Phi Islands, the White Temple a Chiang Rai, e tutta Bangkok perché l’ho adorata come pochi altri posti in cui sono stata.

Come sei stata accolta dalla gente del posto?

La Thailandia è un posto molto accogliente. Le persone incontrate sembravano abituate a scambi con viaggiatori provenienti da altri luoghi del mondo e ben volenterose di raccontarsi. Come in altri posti del sud-est asiatico, questa gentilezza e questa attenzione all’altro fanno sentire molto sicuri nel muoversi e nel chiedere in caso di bisogno. Girare per le strade della Thailandia è facile anche per una ragazza da sola, più facile che in Italia. Durante i mesi in Oriente riesco a disabituarmi al commento dei passanti e agli sguardi maschili invadenti. L’approccio è diverso anche da questo punto di vista, e permette di godersi l’attraversare una città nuova.

Come descriveresti le loro vite?

Questa domanda è difficile poiché difficile è entrare così in confidenza con la gente del posto, tanto da coglierne le sfumature di vita quotidiana. Quello che si percepisce è la comunità attorno alla quale si costruiscono le attività, la familiarità tra le persone che sembra fondare non solo il personale ma anche il lavorativo. È come se ogni banchetto dei mercati, ogni food truck, ogni negozio, alimentari o market, o tutto insieme, come spesso accade, fosse parte integrante della vita e si muovesse in sintonia con le altre dinamiche giornaliere, lontano da una forma di alienazione lavorativa. Questo chiaramente riguarda ciò che si vede, ovvero il settore meramente turistico dove, ad esempio, se ti rivolgi a un commerciante per un prodotto è possibile che questo vada nella bancarella dall’altra parte del mercato, o si rivolga agli altri commercianti, per fartelo avere, rimarcando l’armonia e non la concorrenza della compravendita.

Com’è una tua giornata tipo?

Se le 6 ore di fuso possono essere molto faticose per eventuali appuntamenti notturni, la mattina è invece un regalo e, anche per me che sono in fondo social addicted, è possibile staccare completamente. Luca ed io ci svegliamo con calma, facciamo colazione insieme e poi dedichiamo la maggior parte della mattina all’allenamento, quasi sempre in palestre diverse perché abbiamo schede e abitudini differenti, o dove, possibile, ci dedichiamo al surf o allo yoga. La mattina è, quindi, un momento tra me e me che, molto spesso, è seguito da un’ora di lettura prima di pranzo. Il resto dipende sempre dagli orari delle sedute, le primissime sono alle 7.00 di mattina ora italiana (che significa le 13.00 in Thailandia) ma capita raramente, solitamente fino alle 15.00 sono libera. Da quel momento in poi sono tendenzialmente dedicata al lavoro: sedute, scrittura articoli e reportistica. Capita anche che lavori fino alle 3.00 o 4.00 di notte poiché offro un’ampia disponibilità e flessibilità oraria, contemplando orari serali così da venire incontro a chi lavora durante il giorno o trova più comoda la fascia serale. Quando posso, nei periodi di oceano, faccio pausa tramonto per staccare rifacendomi gli occhi di fronte a uno spettacolo della natura. In generale, ho la fortuna di un lavoro che posso organizzare e che mi lascia molto tempo libero, che non è sulle classiche 8 ore e che posso incastrare su eventuali esigenze. Se organizziamo un’escursione, una visita, una cena, una gita fuori porta, due giorni di vacanza ecc. faccio in modo di tenermi libera. Con un po’ di organizzazione si può, letteralmente, girare il mondo!

Pensi che la Thailandia sia adatta a chi…

A tutti! Credo che la sua fama derivi proprio dalla varietà di possibilità che offre, arrivando così a un pubblico molto ampio. Che si cerchi un’esperienza esotica, una vacanza in riva a un mare da cartolina, un’avventura nella natura, un viaggio spirituale o un pazzo svago in una mega città, qui si può trovare. E in più, per tutto quello che ho raccontato fin qui, è godibile per un soggiorno breve ma è accessibile anche per permanenze più lunghe e ragionamenti in prospettiva.

Che suggerimenti hai per chi vorrebbe andarci in vacanza?

Ho detto molto fino a qui ma mi gioco una carta impopolare in questa risposta: non perdete Bangkok! Ha in sé tutti gli elementi per dare un assaggio di Thailandia e di Asia. È una città che arriva così dritta al cuore da lasciare sempre qualcosa, anche a chi mi ha sconsigliato di passarci troppo tempo.

Per il resto, tenete in borsa qualcosa che copra spalle e le ginocchia così da essere sempre pronti a entrare in un tempio, attraversate i mercati notturni, rallentate, non aspettate con fretta l’ordinazione, e passeggiate in ciabatte, pronti a levarle molto più spesso di quanto non immaginiate!

Questo stile di vita porta con sé delle incognite. Come lo vivi?

Lo vivo come un ottimo allenamento. Viaggiare in questo modo mi ha regalato la sensazione di fermarmi e stare nel momento presente. È molto faticoso fare i conti con delle incognite arrivando dal contesto milanese, in coda ad anni di lavoro in azienda, imbrigliata in meccanismi di carriera, con la necessità di organizzare il poco tempo libero per “farci stare tutto”. Le incognite e gli imprevisti diventavano insofferenza, fretta e distrazione. Sei sotto la Tour Eiffel e pensi a fare il check in online per guadagnare tempo in aeroporto il giorno dopo. Vivere con i miei ritmi e con la possibilità di autogestirmi nel tempo e nello spazio (per quanto possibile) mi ha donato la pienezza di emozionarmi nel mezzo di Maya Bay. Combatto ancora con le incognite, ovviamente, soprattutto a causa della mia voglia di anticipare, organizzare e controllare, ma ho più tempo e più calma per lottare.

Prima, hai vissuto in altri Paesi. Quali?

Oltre a Bali e alla Thailandia sono stata tre mesi a Cape Town in Sudafrica e in Vietnam, dove ho appena trascorso un mese tra Hanoi e Ho Chi Minh City, e dove tornerò nei prossimi mesi.

Quale, fra questi Paesi, ti ha lasciato qualcosa di speciale e perché?

A dire il vero tutti mi hanno lasciato qualcosa di speciale, è difficile che io passi molto tempo in un posto e non mi entusiasmi nel viverlo. Diciamo che Cape Town è stato un innamoramento folle, complice forse il fatto che fosse la prima esperienza così lunga all’estero e l’aver legato con tante persone bellissime, ma spiegato anche dall’avere in sé le due parti verso cui tendo: la grande città e l’oceano. L’Asia è un amore più delicato, più inaspettato, e, alla fine, più influente, che mi ha regalato e continua a regalarmi nuovi occhi e un nuovo cuore.

Hai mai avuto dei problemi sul lavoro per via di questioni logistiche in viaggio o nel Paese dove vivi/vivevi?

Che sia un trasferimento di mesi o un viaggio di qualche giorno o settimana, finisce che non sospendo mai del tutto il lavoro e quindi le prime cose che controllo sono la connessione Internet e gli spazi del luogo di destinazione. Nei trasferimenti lunghi non ho mai avuto problemi, la velocità di connessione era un criterio imprescindibile, insieme all’avere uno spazio privato dedicato, poiché per il tipo di lavoro che svolgo la privacy è un altro elemento da tenere in considerazione. Non posso lavorare in un coworking o in spazi condivisi, dunque, solitamente ricerchiamo soluzioni con una seconda stanza o ci assicuriamo che nel coworking sia presente una Skype Room. Per quanto riguarda viaggi più brevi mi è capitato, invece, di dovermi adattare. A Taghazout, un villaggio marocchino dove abbiamo passato una decina di giorni l’anno scorso, contare su un WifF per le videochiamate era impossibile. E così, munita di secondo telefono e sim locale, ho usato quelli come hotspot. Capita che ci siano dei posti dove la copertura di rete non è garantita, in quel caso mi organizzo per non fissare sedute nei giorni in cui attraverso tali luoghi. È davvero raro che io abbia avuto dei problemi, credo di poter fare solo tre esempi di periodi molto brevi: i tre giorni in Namibia, la notte ad Halong Bay, in Vietnam, e il weekend alle Phi Phi Islands in Thailandia.

Quando hai sentito il bisogno di lasciare l’Italia?

Non ho sentito questo bisogno e non lo sento tuttora, adoro l’Italia ed è un posto dove convintamente tengo la mia base, quindi non mi descriverei come una persona che lasciato il proprio Paese. Il bisogno che ho sempre sentito è quello di correre nel mondo, verso città diverse, sempre più grandi, di esplorare nuove possibilità e di scoprire realtà differenti. Credo sia un bisogno che sento da sempre e che ho realizzato andandomene per la prima volta dalla mia città natale per studiare fuori sede. È una spinta che vivo come naturale e credo che in questo ci sia lo zampino dei miei genitori, che mi hanno educata a una certa ricerca della libertà, qualunque cosa essa sia.

Come hanno reagito amici, parenti e conoscenti davanti alla tua scelta?

Come accennavo prima, la mia famiglia mi è sempre stata di supporto. I miei genitori sono abituati ad avermi lontana, anche se non così lontana, ma a sentirmi vicina e a spronarmi nello spiccare il volo. Le amiche e gli amici sono un pezzo significativo di me e della mia vita e il luogo fisico non è mai stato un limite poiché le persone più importanti non sono sempre state a portata di caffè. Queste persone sono state entusiaste della mia scelta, così come conoscenti e parenti a cui nel tempo l’ho raccontata. Non ho mai incontrato grande disappunto.

Come ti sei organizzata prima della partenza?

C’è una serie di cose che prendo in considerazione prima di partire, e, nel tempo, acquisiscono sempre più peso anche nella scelta delle mete e degli spostamenti: i visti in entrata, le patenti necessarie e la possibilità di spostarsi sul territorio. Non molti pianificano sei mesi in anticipo, noi per ora lo facciamo, e questo ci permette di trovare qualche occasione a livello di prezzi e di sentirci più tranquilli nell’organizzazione del lavoro appena arrivati.

Ci sono mai stati momenti in cui hai pensato di lasciar perdere e rimanere in Italia?

Nel nostro caso l’Italia rimane sempre un’opzione, il luogo in cui torniamo e passiamo circa metà dell’anno. Anche nei momenti più difficili o faticosi la risposta non è mai stata, finora, quella di tornare, o restare, in Italia. In generale, in questo momento non è in discussione questo stile di vita, che ci permette di vivere entrambe le esperienze, quella di nomadismo e quella stanziale, a casa a Milano.

Basandoti anche sulle tue competenze come psicologa, quali diresti che sono i principali problemi di chi lavora viaggiando?

Proprio perché il viaggio è organizzato sulla base delle possibilità di continuità lavorativa, le cose da tenere in considerazione che credo possano essere più critiche riguardano: l’assicurarsi, come dicevo, un’ottima connessione e uno spazio privato dove lavorare tutelando la propria privacy e quella dell’interlocutore, gestire la questione fuso orario, ovvero l’eventualità di alzatacce o nottate lunghe, e portare sempre con sé gli strumenti che si ritengono necessari (io, ad esempio, metto sempre in valigia il treppiede per il cellulare così da andare alla ricerca solo di una sedia e una presa elettrica, un adattatore universale, il tablet per prendere appunti e il computer portatile).

E quali quelli degli expats?

Se ho capito una cosa viaggiando è che è molto diverso viaggiare per vacanza, organizzare un trasferimento di qualche mese o uno definitivo e, non avendo mai affrontato l’ultimo, immagino ci sarebbero molti elementi che non ho mai preso in considerazione e che sorgerebbero a quel punto, dunque non saprei. Sicuramente credo che il primo ostacolo sia la questione burocratica legata al visto, che porta con sé ragionamenti molto complessi riguardanti gli aspetti economici, fiscali e quello sanitario, solo per fare qualche esempio. Personalmente, il mio principale ostacolo, ora come ora, sarebbe fare pace con il fatto di scegliere un posto e fermarmi.

Che consigli daresti ad altre persone che vorrebbero lasciarsi alle spalle le proprie abitudini?

A chiunque voglia lasciarsi alle spalle le proprie abitudini e i propri privilegi per un periodo abbastanza lungo, dico: lasciatevi sorprendere dalle meraviglie con cui venite a contatto e anche dai vostri abissi.

Progetti futuri?

Per ora questi. Continuare a svolgere il lavoro che amo viaggiando a questi ritmi e con queste regole finché mi/ci andrà. Diciamo che la pianificazione per ora è tutta sui prossimi viaggi e, in questo preciso momento, è in fase di contrattazione di mete tra me e Luca, visto che non sempre ci troviamo d’accordo. Attualmente ho ceduto su un mese alle Filippine in cambio di tre settimane in Giappone. Vi terrò aggiornati!

Per seguire e contattare Laura:

E-mail: laura.princivalli@gmail.com

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