Il controllo dei mezzi di informazione

A cura di Enza Petruzziello

Distrazione, sensibilità, senso di colpa, compiacersi della mediocrità. Ogni giorno siamo sottoposti a centinaia di stimoli esterni che inevitabilmente influenzano la nostra opinione. Anche la persona più obiettiva e imperturbabile inevitabilmente viene condizionata da qualcosa o qualcuno. Che sia la stampa, la televisione, il mare magnum di internet. Non più solo un quarto potere, ossia la capacità della stampa di orientare l’opinione pubblica, ma anche un quinto e un sesto potere. Basti pensare al ruolo ancora dominante del piccolo schermo e quello sempre più penetrante dei social network.

Tutto parte da una domanda: e se ciò che pensiamo in realtà derivasse da quello che gli altri – il potere in primis- vogliono farci credere? A questo interrogativo ha risposto Noam Chomsky, linguista, filosofo, teorico della comunicazione e anarchico statunitense. È lui a stilare le dieci regole per il controllo sociale, vale a dire le strategie utilizzate per la manipolazione del pubblico attraverso i mass media. Si inizia con la strategia della distrazione, messa in atto per sviare la nostra attenzione dai veri problemi e focalizzarla su quelli che hanno meno importanza. Segue la regola basata sulla creazione di un problema, come ad esempio una crisi economica o una minaccia terroristica, a cui si offre la soluzione.

Tutto questo deve però avvenire in maniera graduale per evitare traumi e sommosse. La decisione, poi, deve essere dolorosa e necessaria e la si dovrà spiegare alle persone come se fossero bambini, privi quindi di assoluta analisi critica facendo leva sulla emotività piuttosto che sulla riflessione. Alla base di tutto il mantenimento di un popolo mediocre e ignorante.

Noam Chomsky

D’altronde, come sostiene Chomsky i sistemi democratici, non essendo intenzionati a mantenere l’obbedienza con la forza, devono non solo controllare ciò che il popolo fa, ma anche quello che pensa. Ecco perché, il filosofo ha elaborato la lista delle dieci regole per il controllo sociale. La necessaria premessa è che i più grandi mezzi di comunicazione sono nelle mani dei grandi potentati economico-finanziari, interessati a filtrare solo determinati messaggi. Ma in che modo essi condizionano le nostre vite? Vediamo nel dettaglio il decalogo per il controllo sociale.

1. La strategia della distrazione.

Si tratta della prima, e più importante regola.  «Deviare l’attenzione del pubblico dai veri problemi sociali, tenerla imprigionata da temi senza vera importanza. Tenere il pubblico occupato, occupato, occupato, senza dargli il tempo di pensare, sempre di ritorno verso la fattoria come gli altri animali”. L’elemento primordiale del controllo sociale è dunque distrarre la massa, sviarla dai problemi importanti e dai cambiamenti decisi dalle élites politiche ed economiche, attraverso la tecnica del diluvio o inondazione di continue distrazioni e informazioni insignificanti. La strategia della distrazione è anche indispensabile per impedire al pubblico di interessarsi alle conoscenze essenziali nell’area della scienza, l’economia, la psicologia, la neurobiologia e la cibernetica. Mantenere insomma l’attenzione del pubblico imprigionata da temi senza vera importanza e deviandola dai veri problemi sociali.

2. Creare il problema e poi offrire la soluzione.

La seconda regola appare quanto mai attuale. Il metodo viene anche chiamato “problema – reazione – soluzione”. Si crea un problema, una “situazione” che produrrà una determinata reazione nel pubblico in modo che sia questa la ragione delle misure che si desiderano far accettare. Tanti sono gli esempi: lasciare che dilaghi o si intensifichi la violenza urbana, oppure organizzare attentati sanguinosi per fare in modo che sia il pubblico a pretendere le leggi sulla sicurezza e le politiche a discapito delle libertà. O anche: creare una crisi economica per far accettare come male necessario la diminuzione dei diritti sociali e lo smantellamento dei servizi pubblici.

3. La strategia della gradualità.

Per far accettare una misura inaccettabile, basta applicarla gradualmente, col contagocce, per un po’ di anni consecutivi. Questo è il modo in cui condizioni socioeconomiche radicalmente nuove (neoliberismo) furono imposte negli anni ‘80 e ‘90: uno Stato al minimo, privatizzazioni, precarietà, flessibilità, disoccupazione di massa, salari che non garantivano più redditi dignitosi, tanti cambiamenti che avrebbero provocato una rivoluzione se fossero stati applicati in una sola volta. Offrirle al “pubblico” poco alla volta, invece, consente al potere di far accettare tali condizioni in maniera meno traumatica e come inevitabili.

4. La strategia del differire.

Un altro modo per far accettare una decisione impopolare è di presentarla come “dolorosa e necessaria” guadagnando in quel momento il consenso della gente per un’applicazione futura. È più facile accettare un sacrificio futuro di quello immediato. Per prima cosa, perché lo sforzo non deve essere fatto immediatamente. E poi, perché la gente, la massa, ha sempre la tendenza a sperare ingenuamente che “tutto andrà meglio domani” e che il sacrificio richiesto potrebbe essere evitato. In questo modo si dà più tempo alla gente di abituarsi all’idea del cambiamento e di accettarlo con rassegnazione quando arriverà il momento.

5. Rivolgersi alla persone come a dei bambini.

La maggior parte della pubblicità diretta al grande pubblico usa discorsi, argomenti, personaggi e un’intonazione particolarmente infantile, spesso con voce flebile, come se lo spettatore fosse una creatura di pochi anni o un deficiente. Quanto più si cerca di ingannare lo spettatore, tanto più si tende a usare un tono infantile. Se qualcuno, infatti, si rivolge a una persona come se questa avesse 12 anni o meno, allora, a causa della suggestionabilità, questa probabilmente tenderà a una risposta o a una reazione priva di senso critico come quella di una persona di 12 anni o meno.

6. Usare l’aspetto emozionale molto più della riflessione.

Far leva sull’emotività è una tecnica classica per provocare un corto circuito dell’analisi razionale e, infine, del senso critico dell’individuo. Inoltre, l’uso del tono emotivo permette di aprire la porta verso l’inconscio per impiantare o iniettare idee, desideri, paure e timori, o per indurre comportamenti.

7. Mantenere la gente nell’ignoranza e nella mediocrità.

Fare in modo che la gente sia incapace di comprendere le tecniche e i metodi usati per il suo controllo e la sua schiavitù. “La qualità dell’educazione data alle classi sociali inferiori deve essere la più povera e mediocre possibile, in modo che la distanza creata dall’ignoranza tra le classi inferiori e le classi superiori sia e rimanga impossibile da colmare da parte delle inferiori”.

8. Stimolare il pubblico a essere favorevole alla mediocrità.

Spingere il pubblico a ritenere che sia di moda essere stupidi, volgari e ignoranti.

9. Rafforzare il senso di colpa.

Far credere all’individuo di essere esclusivamente lui il responsabile della proprie disgrazie a causa di insufficiente intelligenza, capacità o sforzo. In tal modo, anziché ribellarsi contro il sistema economico, l’individuo si auto svaluta e si sente in colpa, cosa che crea a sua volta uno stato di repressione di cui uno degli effetti è l’inibizione ad agire.

10. Conoscere la gente meglio di quanto essa si conosca.

Negli ultimi 50 anni, i rapidi progressi della scienza hanno creato un crescente divario tra le conoscenze della gente e quelle di cui dispongono e che utilizzano le élites dominanti. Grazie alla biologia, alla neurobiologia e alla psicologia applicata, il “sistema” ha potuto fruire di una conoscenza avanzata dell’essere umano, sia fisicamente che psichicamente. Il sistema è riuscito a conoscere l’individuo comune molto meglio di quanto egli conosca sé stesso. Ciò comporta che, nella maggior parte dei casi, il sistema esercita un più ampio controllo e un maggior potere sulla gente, ben maggiore di quello che la gente esercita su se stessa.

Si può sfuggire al controllo sociale? La risposta è si, abbattendo quelle stesse regole che vogliono ingabbiarci. Puntando al sapere e all’analisi, al confronto e alla pluralità delle opinioni, tornando a essere massa critica e non accettando aprioristicamente ciò che ci viene imposto. Scavando oltre la superficie. È questa la vera sfida che si presenta prepotente ancora oggi.

Alcuni libri di Noam Chomsky:

Democrazia e istruzione. Non c’è libertà senza l’educazione

Media e potere

Terrorismo occidentale

Anarchia. Idee per l’umanità liberata

Linguaggio e problemi della conoscenza