Italia, Austria, Libia: la storia di Andrea

”Il segreto per essere infelici è di avere il tempo di chiedersi continuamente se si è felici o no” George Bernard Shaw. Mi siedo al sole. Oggi, ultimo giorno dell’anno. Questo sole è caldo, niente a che vedere con gli sbiaditi pallori a cui sono abituato in Europa. Questo è sole d’Africa. Fine d’anno, tempo di bilanci e ricapitolazioni. Un buon modo è scrivere a “voglio vivere così”, magari la mia esperienza servirà a qualcuno per andare a cercare cosa c’è oltre la siepe. Sono Andrea, 34 anni, da 6 fuori dall’Italia. Laureato in Ingegneria Civile, in pochi mesi ho capito che la situazione in patria per gli ingegneri non era rosea come 40 anni fa.

Al recente congresso di Torino, la categoria si lamenta delle cambiate condizioni lavorative in Italia. Posso a ben ragione sorridere avendo sperimentato la situazione qualche anno fa, appena laureato. Ho iniziato la mia “carriera” con collaborazioni con un piccolo studio d’ingegneria. Salario: 7 euro l’ora lordi. Pochino, ma nel frattempo, nonostante la mancanza di una borsa di studio, ho portato avanti un dottorato lavorando anche nel fine settimana. Nonostante la passione per quello che facevo, mi sembrava, in un certo senso, di vedere il mondo tramite un filtro, senza poter veramente muovermi, senza poter vedere lontano.

Questi pensieri hanno covato in me e, complice anche un amico d’università con cui condividevo questi slanci, mi sono deciso a provare qualcosa d’altro. Un giorno ero seduto in ufficio, ho guardato fuori dalla finestra e ho saputo: devo andarmene.

Dopo diverse traversie, mi sono trovato un contratto all’università di Vienna (senza parlare una parola d tedesco, just do it!). Un’esplosione di vita: la nuova città, i contatti, le possibilità, il respiro di una capitale internazionale. Sono stati mesi importanti, di duro lavoro ma di vivissime esperienze, dal punto di vista personale e culturale.

Quel che più mi diverte ora, è che per me Vienna era soltanto un nome come tanti altri, e avrei accettato allo stesso modo di andare in qualsiasi altro posto.

La mia idea era comunque di rimanere per un periodo limitato di tempo, ma, durante i primi sei mesi, ho conosciuto uno dei soci di uno studio d’ingegneria che mi ha proposto di lavorare per loro per cinque ulteriori mesi. Senza pensarci molto ho accettato.

Terminato il dottorato con una parentesi di qualche mese in Italia, sono poi tornato a Vienna. Ho desiderato acquistare un appartamento, che, con molta fortuna, ho trovato poco dopo il mio arrivo. Inutile dire che dal punto di vista economico questo non sarebbe stato possibile in Italia.

Nel frattempo ho fatto il mio percorso lavorativo. Mi sono dato da fare e sono stato ripagato da fiducia: sono diventato dirigente di un gruppo di lavoro a cui sono affidati i calcoli per strutture speciali. Abbiamo partecipato progetti importanti, il nuovo ponte sul Corno d’Oro ad Istanbul, il nuovo stadio del Panathinaikos ad Atene e le due teleferiche per il ponte più alto del mondo in India.

Ma non solo lavoro, a Vienna. Sembra quasi una vergogna per un italiano, ma ho imparato sui laghi austriaci ad andare in barca a vela. E ho imparato a ballare sudamericano. E ho avuto amori. Amori e avventure.

E ho anche tracciato la via per altri: un professore della mia universitá italiana mi ha mandato a Vienna qualche mese fa uno studente per fare la tesi nel mio gruppo… proprio in questi giorni quello studente, completata la tesi, ha chiesto e ottenuto di rimanere in Austria…

Poi, qualche mese fa, ecco ancora, ancora quella estrema spinta, quello slancio al nuovo. Quello stimolo a muoversi, a conoscere, ad accettare nuove sfide. È arrivato per me di nuovo il momento di partire, non sembra scritto nel mio destino che io possa (e che io desideri) radicarmi in un luogo. La proposta di dirigere per il mio studio un progetto per una linea ferroviaria di 550km in Libia è caduta al momento giusto. Ho accettato.

Scrivo ora dal mezzo del deserto. Nuove situazioni, nuove responsabilità, nuove esperienze. Forse il segreto è rimanere assetato di vita.

E ancora, mi fermo qui? Giá si accalcano i pensieri per il futuro, la Libia sará soltanto una tappa del mio vivere…

Ci sono molti giovani che si lamentano delle condizioni lavorative in Italia. A tutti loro dico: ci sono migliori possibilità, ma hanno un prezzo. Se siete pronti a rischiare, a mettervi in gioco, a lasciare la vostra lingua e la vostra patria, è possibile ottenere molto di più.

Se invece per voi la vicinanza con la famiglia e gli amici, in una parola il vostro ambiente è più importante, non lamentatevi. Non si può avere tutto. E spesso le cose che più desideriamo sono lontano da noi.

Io credo di avere raggiunto traguardi, ma me li sono tutti sudati, prima studiando molto, poi buttandomi in due imprese (l’Austria e ora la Libia) come un salto nel vuoto, sempre con entusiasmo e partecipazione.

Sembra un vecchio disco rotto, ma tutto ha un prezzo nella vita. Chi non lo sa non ha vissuto ancora abbastanza. Ho pagato tutti i successi della mia vita, e il mio essere così indipendente. Ho pagato con la lontananza dalla mia famiglia, con la fine di amori, con la sensazione di non appartenere a nessun luogo e di non avere radici.

Ma ho anche avuto, ho raggiunto molto di quello che volevo e mi sento ancora in piena corsa per il futuro, sempre pensando a cosa verrà dopo. Ho accettato sfide, e le ho vinte. Ne cerco ancora.

Mi siedo al sole. Oggi, ultimo giorno dell’anno. Questo sole è caldo, niente a che vedere con gli sbiaditi pallori a cui sono abituato in Europa. Questo è sole d’Africa. E dove sarò domani?

Andrea Mordini