Il mondo non è piccolo

Di Gianluca Ricci

Ma chi ha detto che il mondo è piccolo? Lo è, certo, se è lo sguardo a rimpicciolirsi e a limitare dietro barriere più che altro psicologiche possibili vedute in grado di scardinare qualsiasi tabù. Se gli orizzonti sono limitati, ecco che il pianeta perde parte delle sue prospettive e prerogative per trasformarsi in un minuscolo villaggio globale dove ci si può permettere il lusso di avere già visto tutto senza nemmeno spostarsi dal divano.

Eppure basterebbe un minimo sforzo per ampliare la gittata della propria curiosità e regalarsi avventure al limite del letterario, come fanno già molti viaggiatori non più disposti a farsi dire anche dove devono andare nel loro tempo libero e come. Una tendenza di nicchia, ovviamente, tale comunque da avere già suscitato l’interesse di molte agenzie, oggi in grado di allestire pacchetti personalizzati per gli scontenti del tour globalizzato e gli amanti dell’adrenalina intellettuale. Le proposte, giusto per certificare quanto ci sia ancora nel pianeta da scoprire con le scarpe da trekking ai piedi, sono numerosissime e assolutamente originali.

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Perché allora non provare a sfidare le acque ghiacciate della Groenlandia nel corso di una crociera di due settimane in kayak, durante la quale svagarsi un po’ con la pesca al salmone o provare il brivido (è proprio il caso di dirlo) di dormire in tenda a venti gradi sotto lo zero? Oppure, sempre in Groenlandia, provare a perdersi sulla calotta polare armati solo di sci e slitte (e, ovviamente, un potentissimo navigatore satellitare!)? Gli amanti delle temperature rigide non potranno poi farsi sfuggire l’opportunità di navigare in canoa per un mese lungo il fiume Yukon, uno dei luoghi più leggendari (e inospitali) dell’Alaska, e di pernottare sotto le stelle ad ascoltare in lontananza (si spera!) l’ululato dei lupi dopo essersi raccontati le proprie avventure seduti intorno ad un bel falò.

Altrettanto emozionante si presuppone possa essere allora anche il lungo viaggio in jeep lungo quella che alcuni hanno definito “l’autostrada del Pamir”, in Tajikistan, la seconda strada più alta del mondo dopo quella del Karakorum, realizzata per collegare i principali centri nati sull’altopiano omonimo; nel corso del viaggio, dribblando le decine e decine di montagne le cui vette sovente superano i 7mila metri di altezza, è possibile approfittare della presenza di alcune colonie di nomadi locali raccolti intorno alle loro yurte, tende movibili dotate però di ogni comfort (anche se, in effetti, tutto è relativo), per scambiare quattro chiacchiere con i più intraprendenti di loro.

Esperienze insolite, dure, poco adatte a quanti in ferie cercano pace e tranquillità a qualsiasi prezzo. Trascorrere un paio di notti in yurta può rivelarsi in effetti un’esperienza in grado di modificare la propria percezione di sé e dell’altro da sé, immersi in una dimensione apparentemente irreale. Come un’esperienza unica può rivelarsi anche l’attraversata in cammello del deserto del Taklimakan, uno dei più vasti deserti sabbiosi del mondo (330mila chilometri quadrati), collocato nella Cina nord-occidentale e frequentato solo da nomadi e petrolieri, oltre che da viaggiatori a caccia di sensazioni irripetibili: lì le dune sono particolarmente alte e quindi pericolose, altro motivo per aumentare l’acquolina in bocca ai più dubbiosi.

Altra meta di grande fascino è l’Uganda, che col magnetico panorama del Rwenzori, esplorato all’inizio del Novecento dal Duca d’Abruzzi, può invitare alla partenza quanti sono alla ricerca delle proprie origini e, insieme ad esse, di quelle del genere umano tutto: c’è chi da quelle parti ci va a fare trekking nelle foreste a caccia di rarità etnografiche o zoologiche, visto che si trovano lì alcune delle più folte colonie di gorilla del pianeta.

Non c’è che l’imbarazzo della scelta, insomma, non fosse che, una volta effettuata, la scelta finisce per creare imbarazzo. Ma è uno stato d’animo che dura poco, pochissimo, giusto il tempo di montare la tenda o assemblare il kayak…