Fabio, il manager scultore

Negli ultimi anni della mia vita, un po’ per decisione conscia e un po’ come conseguenza diretta di alcune mie scelte, ho avuto ed ho continuamente la possibilità di incontrare e frequentare molte persone, di imbattermi in sconosciuti che vedo magari una sola volta e mai più.

Un momento particolare mi colpisce spesso e mi porta a riflettere, quello della stretta di mano e delle presentazioni.Sono moltissime le situazioni in cui le persone che incontro esordiscono dicendo “Piacere Aldo, sono ingegnere e mi occupo di…” o “Piacere Carla, sono laureata in nanotecnologie e…”.

Le presentazioni assomigliano sempre di più alla stesura di un curriculum lavorativo, dove il primo messaggio che sembra importante comunicare all’altra persona sia la propria occupazione, il grado di scolarizzazione e il livello raggiunto all’interno della società.

Personalmente, non mi pare un inizio straordinario, ma ognuno è libero di esordire nel modo che ritiene più opportuno.

L’aspetto che invece mi colpisce sempre è il modo in cui queste persone si esprimono, le parole che usano. Spesso queste persone utilizzano il verbo essere per descrivere la propria professione. “Sono ingegnere”, “Sono architetto”, “Sono un consulente”.

Dal punto di vista teorico sarebbe davvero bello se veramente coloro che dicono di essere qualcosa lo fossero veramente. Invece spesso mi accorgo parlando con loro, di avere di fronte persone che non sono quello che dicono, ma che fanno l’architetto, fanno l’ingegnere, fanno l’impiegata etc.

Fabio Parietti per Voglio Vivere Così manager

La differenza secondo me è sostanziale, rivelatrice del fatto che siamo ormai abituati a essere riconosciuti ed individuati per quello che siamo nel mondo del lavoro, per la nostra capacità di contribuire alla ricchezza e allo sviluppo di una florida economia.

Non mi stupisce, quindi, il sempre crescente smarrimento che rilevo nelle persone che scelgono di lavorare con me, all’inizio in difficoltà nel dare di sé una “definizione” che esca dallo status professionale e si cali in quello più attinente alla propria sfera personale, fatta di valori, ideali, bisogni che solo raramente sono soddisfatti dal loro lavoro quotidiano.

Non è sempre così, ci sono donne che si presentano dicendo “Ciao, io sono una mamma e lavoro come…”, splendido ed eloquente esempio, se ce ne fosse bisogno, di quanto una gravidanza e il crescere dei figli modifichi le percezioni che le donne hanno di se stesse.

Da donna, moglie, lavoratrice a mamma. Semplicemente mamma, esisto, prima di tutto, perché esistono i miei figli. Questo non mi capita mai con gli uomini.

Non ho mai conosciuto nessuno che si sia presentato come “un papà”, eppure tutti i bambini che vedo circolare fuori degli asili e delle scuole devono pure avere un padre, no?

L’esempio delle madri ci aiuta a riflettere su quanto sia importante “vivere” per le cose che per noi sono fondamentali, iniziare dunque a sentirci qualcosa, ad essere quello che vogliamo essere.

La situazione ideale sarebbe quella di riuscire a cambiare, progressivamente, tutti gli aspetti della nostra vita in cui non ci sentiamo realizzati, togliendoci di dosso i panni in cui stiamo più scomodi.

Può essere un lavoro che non ci piace, ma che ormai ci ha assorbito fino a darci l’illusione (e la delusione) di essere ciò che facciamo: qualcosa che non riusciamo ad abbandonare perché magari ci sentiamo responsabili verso qualcuno, o abbiamo paura dell’ignoto e di perdere qualcosa che abbiamo faticosamente ottenuto con tenacia e determinazione, ma senza l’entusiasmo che deriva dal fare qualcosa in cui si crede davvero.

Le persone che sono davvero felici, non sono quelle che hanno molto dalla vita…magari sì, ma solo come conseguenza di un percorso che li porta a fare ciò che sono.

cambio vita

Chi ha la fortuna (la chiamo così, anche se la fortuna va aiutata) di fare per lavoro ciò che piace, è più produttivo, entusiasta, motivato, sviluppa senza accorgersi il proprio potenziale.

E raggiunge risultati eccellenti quasi come una conseguenza naturale di ciò.

Questo lo possiamo vivere quotidianamente quando ci cimentiamo in attività che ci piacciono, che ci gratificano, in cui siamo efficaci, ad esempio cucinare, ballare, il fai da te, lo sport, etc.

Quando ci cimentiamo in ciò che davvero ci entusiasmo a ci motiva, ci stupiamo dei miglioramenti che riusciamo ad ottenere in tempi rapidissimi.

Ho visto un ex dirigente d’azienda in pensione diventare un apprezzato scultore del legno in poco più di tre anni dalla sua prima approssimativa (ed onestamente bruttina) opera.

Senza aver mai maneggiato un attrezzo da incisione prima di aver chiuso la sua carriera aziendale, è ora in grado di produrre davvero lavori suggestivi, curati, di gusto, forse non opere d’arte in senso assoluto, ma pezzi che la gente vuole acquistare (e che lui non vende volentieri, non ne ha bisogno).

Fabio Parietti manager

Ripeto, questo solo in tre anni di attività da “pensionato”. Cosa sarebbe successo se trent’anni fa avesse deciso (o avuto il coraggio) di essere un apprezzato scultore del legno anziché di fare il dirigente d’azienda? Che livelli avrebbe raggiunto? Come sarebbe vissuto?

Essere ciò che vogliamo non è un percorso breve e soprattutto richiede una chiarezza circa i propri obiettivi e bisogni che solo poche persone hanno sviluppato.

Ma l’aspetto che personalmente credo sia quello che frena di più le persone sia la mancanza di visione. La chiamo mancanza di visione, ma si scrive mancanza di pazienza.

Mi spiego: pensando alla nostra vita, a quanto ci resta da vivere, al tempo che ci è concesso su questa terra, comunque la pensiamo, rischiamo di rimanere intrappolati in un paradosso.

C’è chi pensa che la vita sia lunga, che abbiamo (salvo imprevisti) una disponibilità di tempo quasi illimitata per fare tutto ciò che vogliamo prima di morire.

E spesso, nascondendoci dietro questa illusione, tendiamo a rimandare decisioni importanti per cambiare noi stessi, cullandoci nell’illusione che quella decisione che “da tempo sto rimandando, potrà essere comodamente presa in un altro momento, uno più opportuno, quando sarò meno stressato, quando le condizioni saranno quelle giuste, quando questa crisi sarà finita, quando qualcuno mi darà una mano, quando sarò economicamente più stabile, quando, quando…”

Ma anche coloro che, al contrario, pensano che la nostra esistenza terrena sia un lampo o uno spazio temporale troppo limitato rispetto ai nostri bisogni, possono cadere nella trappola dell’immobilismo. “Ho già quarant’anni, non ho più abbastanza tempo per costruire ciò che voglio essere”.

Ripeto, ancora, una cosa in cui credo. Quando ci dedichiamo con impegno a qualcosa che ci piace davvero, otteniamo risultati strabilianti in tempi relativamente rapidi, certamente più velocemente rispetto al trascinarci qualcosa che facciamo, ma in cui non crediamo fino in fondo.

Se l’esempio del dirigente scultore non vi ha ancora persuaso del fatto di poter diventare “esperti” di ciò che volete essere in tempi relativamente brevi, allora sono costretto, controvoglia, ad unirmi al coro delle persone che in queste settimane hanno citato, evocato, incensato Steve Jobs.

Solo un flash veloce, concedetemelo, per sottolineare il fatto che lui abbia raggiunto risultati straordinari in ciò in cui che credeva, vivendo molti meno anni rispetto l’aspettativa di vita media delle società occidentali: comunque meno del sessantaduenne manager scultore e forse di alcuni di voi che stanno leggendo.

Mi permetto, in conclusione, di lasciare una domanda spero non sospesa nel nulla.

Come sarebbe la vostra vita, tra cinque anni, se iniziaste da oggi a costruire ciò che volete essere, abbandonando, poco alla volta tutto ciò che vi tiene incastrati in ciò che fate senza crederci?

Cosa vi serve per iniziare?

E, dimenticavo, la prossima volta che ci presentiamo a qualcuno, proviamo ad esprimere noi stessi, la nostra speciale individualità, prima di appiattirci sul nostro curriculum.

Sara più facile incontrare persone come noi, con gli stessi nostri interessi e generare, così, opportunità concrete per iniziare il nostro percorso di cambiamento!

Fabio Parietti

www.fabioparietti.it

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