Ho imparato a calmare le tempeste

Da Marina Carta riceviamo e volentieri pubblichiamo la sua storia.

Quando mia madre mi disse singhiozzando al telefono che era successa una tragedia, pensai che mio nonno a 96 anni aveva deciso di lasciarci.

Ma non era il nonno ad essersene andato. Nè mio padre. Nel pianto straziato cercavo nella mia mente il protagonista che arrecava tanta disperazione, e quando mia madre pronunciò il nome del mio unico fratello sentii un vuoto partire dai polmoni e perdersi sotto i miei piedi all’infinito.

Ero in Spagna. Madrid. Città splendida che mi ospitava ormai da otto mesi. Ero una dei tanti studenti Erasmus; tanti sogni nel cassetto che si sarebbero realizzati a breve almeno in parte; lunghe mattinate passate all’Università a seguire i corsi della Facoltà di Architettura, pomeriggi tra casa e un impiego presso una multinazionale, serate di movida alle quali partecipavo con trasporto ed energia, un’energia che mi era totalmente sconosciuta prima del mio arrivo in terra ispanica; un ragazzo che aspettava il mio ritorno in Italia, al termine della borsa di studio, con il quale c’era il progetto di una convivenza che sarebbe iniziata con il mio ritorno.

 

Quella telefonata fu un colpo di vento ghiacciato che gelò tutto: progetti, sogni, aspettative, quotidianità.

Rientrata in Italia passai un lungo periodo vestale dei miei genitori, con il terrore costante che tanto dolore potesse sgretolare inesorabilmente non solo le loro anime ma anche le loro vite. Finchè un giorno non mi sono ripresa la mia.

Priorità su tutto: il tempo. Perchè prima di allora, prima di quel vento freddo, io la “dinamica tempo” non l’avevo mai valutata.

cambiare vita

Lascio la Facoltà di Architettura, con la consapevolezza che, anche se laureata, difficilmente avrei potuto esercitare la professione di architetto. Ma non tralascio i miei interessi per l’arte e mi iscrivo alla Facoltà di Lettere con indirizzo storia dell’Arte.

Trovo anche il tempo di studiare per altro e partecipo ad un concorso pubblico il cui buon esito mi da l’opportunità di rendermi indipendente dai miei.

Corro su tutto. Dal risveglio fino a sera. Programmo su tutto. Dalla gestione della casa a quella del lavoro d’ufficio. Niente lasciato al caso, nessuna sorpresa. Come se non volessi farmi “fregare” di nuovo dal destino.

Poi una mattina si risveglia un desiderio lasciato al buio in un angolo per anni: percorrere il Cammino di Santiago. Era come un non risolto, qualcosa lasciato in sospeso con il mio soggiorno spagnolo, che sentivo di riprendermi.

I miei piedi hanno percorso 750 km in poco meno di un mese. Ho camminato con il sole e con il vento, con la pioggia e con il caldo. Sentieri di solitudine dove solo non sei mai. Ho imparato che c’è un tempo per correre e uno per aspettare.

Ho imparato che si può ascoltare anche se intorno a te regna il silenzio. Ho imparato che  il tempo è una convenzione che si nutre dei nostri sogni e delle nostre aspettative, siamo noi a regolarlo senza che ne conosciamo i meccanismi. Ho imparato a calmare le mie tempeste, a placare i miei uragani, ad addolcire i miei pensieri.

Sono tornata alla mia quotidianeità con uno zaino leggero.

Marina Carta tempeste

In pochi mesi è nato il mio primo figlio, mi sono laureata, sono stata investita di un ruolo nell’ente in cui opero, che mi soddisfa e mi gratifica. Ho cambito l’ordine nella mia scala di valori. Cosa che molti credevano improbabile per me.

Stacanovista sfegatata, mi sono congedata temporaneamente dal mio lavoro e ora mi godo i miei gnomi totalmente. Non ci credo neanche io!

Marina Carta nata a Roma il 7/10/1971, funzionario in aspettativa, attualmente vivo a Berna, in Svizzera.