Convivere con la fibromialgia, la storia di Pietrina Oggianu

A cura di Enza Petruzziello

Sta combattendo una doppia battaglia. La prima contro la sua malattia, la fibromialgia, la seconda per ottenerne il riconoscimento da parte dello Stato. Lei è Pietrina Oggianu, scrittrice e poetessa sarda, che da anni convive con quella che per molti è considerata una malattia invisibile. Non si vede, eppure c’è.

Un male che non è riconoscibile dall’esterno ma che distrugge e deteriora. «Ho lasciato la mia Sardegna dopo la morte di mia madre, il primo di tanti traumi che la vita mi ha presentato, anche a causa di una società a volte crudele con chi è solo – ci dice Pietrina -. Ed io sola lo sono sempre stata, tuttavia grazie al mio carattere forte e tenace, ho sempre portato nel cuore quei valori e principi biblici che negli anni mi hanno aiutato a superare qualsiasi prova. Non mi sono mai arresa neanche quando, come tante donne, sono stata vittima di violenze sia fisiche che psicologiche a causa di un uomo sbagliato».

Purtroppo però arriva un giorno in cui la vita inevitabilmente ti fa pagare il conto, e il suo corpo già devastato dagli eventi cede. Nel 2016 la diagnosi di Fibromialgia post trauma, chiamata anche “sindrome da dolore cronico diffuso”, una malattia fortemente invalidante che in Italia, nonostante ne soffrano in tre milioni di persone, non è riconosciuta dallo Stato.

Per questo motivo Pietrina ha voluto scrivere il suo nuovo romanzo “Avrei Voluto Urlare“, Edizioni del Faro, che racconta cosa significhi vivere con una malattia cronica.

«Ho voluto soprattutto raccontare il coraggio e il sorriso di tutte quelle persone malate che la società chiama “malati invisibili”, dando voce al loro dolore», continua la Oggianu. E sono davvero tante le malattie considerate invisibili che appartengono al mondo femminile, come anche l’endometriosi, la vulvodinia, la neuropatia del pudendo solo per citarne alcune.

Oggi Pietrina è mamma single di una meravigliosa ragazza che sta crescendo da sola, e nonostante le varie difficoltà nel convivere con il dolore h24, perché ad oggi non ci sono purtroppo cure ma solo terapie palliative, sta portando ovunque la sua storia attraverso il suo romanzo.

«Il mio obiettivo è sensibilizzare il più possibile, non solo le istituzioni ma anche una società che ci definisce malati immaginari. Vivere con la Fibromialgia è come essere prigionieri di se stessi, è come essere stati chiusi in una gabbia, viviamo in un corpo ferito che però non sanguina e questo inevitabilmente crea pregiudizio e non veniamo creduti. È davvero difficile spiegare come si vive in un corpo ferito che non sanguina e non presenta segni evidenti sulla pelle».

Per scrivere la sua nuova fatica letteraria Pietrina ha utilizzato lo smartphone dal momento che non è più in grado di stare al pc per via del dolore cronico. «Credo che la miglior medicina quando ci si ammala, sia quella di donarsi agli altri e non arrendersi mai alla malattia. Se hai conosciuto la sofferenza e non la usi per aiutare il prossimo allora vuol dire che l’hai sprecata, non è una mia frase ma l’ho fatta mia».

Come la battaglia di sensibilizzazione che sta portando avanti grazie anche ai giornali e a chiunque voglia darle una mano.

Pietrina Oggianu

Pietrina, chi è fibromialgico non combatte solo col dolore fisico ma anche e soprattutto quello emotivo. Come ci si sente ad essere fibromialgici?

«È come se fossimo prigionieri di noi stessi, già dal mattino ci si alza pesanti e dolenti con dei dolori atroci ovunque. La sensazione è quella di non essere mai andati a dormire, di non aver mai riposato. È come se durante la notte, qualcuno abbia preso a mazzate ogni parte del nostro corpo. È così che si sveglia chi soffre di fibromialgia, sempre con dolori…sempre stanco, senza forze, nemmeno per compiere la più semplice delle azioni. Avete presente Pinocchio? Ecco! Noi fibromialgici sopratutto al risveglio, siamo talmente rigidi che sembriamo un pezzo di legno. La fibromialgia è devastante, in tutti i sensi, sia fisicamente, che psicologicamente, soprattutto quando dobbiamo giustificarci in continuazione per non essere riusciti a rispettare un impegno…la maggior parte delle volte, non veniamo creduti. La società purtroppo non vuole capirci, non vuole crederci. Si preferisce minimizzare la nostra condizione di malati cronici, siamo dei malati invisibili insomma!».

Quali sono le difficoltà pratiche che devi affrontare ogni giorno?

«Come dicevo prima, sicuramente l’inizio della giornata, per me è terribile, mi alzo praticamente distrutta, mi ci vogliono almeno un paio d’ore prima che i miei muscoli comincino a lavorare. Delle volte non riesco a vestirmi, a piegarmi per legare le scarpe, diventa tutto una fatica enorme. Solo dopo una doccia bollente e tutta una serie di massaggi alle gambe, i miei muscoli riprendono pian piano ad esistere, il tutto condito con una terapia antidolorifica a base di morfina, o non riuscirei a gestire le mie giornate. Fare la spesa, pulire casa, cucinare, è tutto molto faticoso per me. Il nostro corpo è paragonabile alla batteria di un cellulare che però si scarica subito. Ogni azione che compiamo, ci porta via tutta l’energia che abbiamo, per questo abbiamo bisogno molto spesso di recuperare sdraiandoci. E per questo motivo, purtroppo, non sono più in grado di lavorare».

Non esistono purtroppo cure, ma solo terapie palliative. Come riesci a lenire il dolore costante che provi?

«Quando nel 2016 per la prima volta dopo anni mi hanno diagnosticato la fibromialgia, riuscivo ancora a gestire il dolore con antidolorifici comuni. Poi a causa di altre 6 patologie croniche associate alla malattia, il dolore è diventato troppo forte da sopportare, così oggi prendo la morfina, mattina e sera più altri medicinali utili nella totalità delle mie diverse patologie. Non esistono cure come giustamente dici. Ad oggi gli unici medicinali che si prescrivono per gestire la fibromialgia, che sono quelli risultati efficaci, sono gli antidepressivi e antiepilettici, ovviamente sarà premura degli specialisti dare una terapia personale al paziente in base alla propria storia clinica. Io faccio circa 5 docce bollenti al giorno, ma proprio bollenti, quando ho dolori fortissimi trovo ristoro solo nel calore. Poi quando posso faccio agopuntura, fisioterapia, o ozonoterapia. Insomma cerco qualsiasi cosa mi possa aiutare a convivere con la bestia, come la chiamo io».

Ma come si fa a spiegare agli increduli, a coloro che ti stanno intorno, ai colleghi, qualcosa che non vedi?

«La “Sindrome da dolore cronico diffuso” non si può spiegare, per quanto ci abbia provato più volte, anche a chi ti sta più vicino, risulta impossibile farci capire. E francamente non lo faccio più, spiegarlo intendo! Il dolore lo si comprende solo quando lo si vive sulla propria pelle, altrimenti quello degli altri dà fastidio. Viviamo in una società che non accetta la sofferenza, si preferisce mettere la testa sotto la sabbia, così per egoismo non ti devono aiutare. È triste a dirsi ma è così, ho dovuto allontanare parecchie persone che invece di aiutarmi, mi facevano addirittura sentire in colpa dei miei limiti. Vorrei che ci fosse più empatia per chi combatte a causa di una qualsiasi malattia, per questo oggi sono sempre in prima linea per aiutare il prossimo…e come insegna Gesù, “C’è molta più gioia nel dare che nel ricevere”».

Autrice e poetessa, hai scritto “Avrei voluto urlare” in un momento di forte depressione per dare voce al tuo dolore. Che cosa è per te la scrittura?

«La scrittura per me è tutto, scrivo da sempre da quando ero bambina. Quando scrivo rinasco in tutti i sensi, mi dimentico persino di essere malata. Io scrivo da sempre solo di notte, mi metto gli auricolari a palla e dal letto col cellulare, scrivo. La musica mi aiuta a distrarmi dai dolori, sembra strano ma è come se riuscisse ad annullare i miei pensieri confusi a causa della fibro-fog. Poi si sa la musica è vita, e mi accompagna nella scrittura, che, oltre a essere la mia passione, è anche terapeutica. Sto già lavorando ad un altro romanzo, mai fermarsi altrimenti la fibromialgia ti risucchia nel vortice della depressione, anche questa compagna dei nostri periodi bui e difficili».

Pietrina Oggianu avrei voluto urlare

Oltre al tuo romanzo, in che modo stai portando avanti la tua battaglia per il riconoscimento della tua malattia? C’è un’associazione che ti aiuta?

«No! Solitamente preferisco operare da sola. Porto avanti la mia battaglia facendo conoscere appunto la patologia attraverso la mia testimonianza. Biblioteche, librerie, radio tv, qualsiasi contesto possa fare e dare informazione. Poi certo, se capita o reputo un evento fattibile anche con associazioni, collaboro tranquillamente con tutti. E ho collaborato occasionalmente anche con Aisf “Associazione Italiana Sindrome Fibromialgica”. L’anno scorso è capitato anche con il CFU, associazione “Comitato fibromialgici uniti”. Abbiamo iniziato un tour con il mio romanzo facendo un convegno a Forlì, e-book city ma ripeto è stato solo un rapporto occasionale di scambio. Devo dire che alle associazioni di fibromialgia, e sono tante… va il merito di una vera e propria guerra fredda con le istituzioni per il riconoscimento della patologia».

Perché secondo te lo Stato italiano fa così fatica a riconoscere la fibromialgia e le altre malattie cosiddette invisibili?

«Bella domanda! A mio parere strettamente personale, per quanto riguarda la fibromialgia credo che ci siano voluti degli anni prima che si trovassero medici capaci con la volontà di aiutare le associazioni. In secondo luogo diciamo che la politica italiana non ha aiutato, sono caduti diversi governi buttando giù un grande lavoro svolto da queste, sia nel produrre la documentazione richiesta necessaria alle varie figure istituzionali, sia nella difficoltà di creare ogni volta nuovi rapporti con il governo entrante etc etc. Non dimentichiamoci inoltre, che le malattie cosiddette “invisibili ” sono quelle malattie prettamente femminili a cui solo da pochi anni si è cominciato a dare voce. Se pensiamo che ancora oggi, nonostante siano malattie molto comuni – come l’endometriosi, la vulvodinia, la neuropatia del pudendo -, ci sono medici che non sanno cosa siano, questo ci fa capire che spesso vengono considerate malattie di serie B. Non c’è da stupirsi dunque se bisogna lottare affinché vengano riconosciute».

Molti tuoi amici ti definiscono un’eroina di questi tempi ma tu non pensi di esserlo. Per quale motivo?

«Sì, tanti mi definiscono un’eroina, io non credo di fare nulla di eccezionale, penso di essere stata privilegiata nell’aver conosciuto e studiato la Bibbia fin da piccola. Mia madre mi parlava di Dio spesso, di quegli anni, ricordo sempre un episodio in particolare. Una sera entrai in camera sua e vidi che stava piangendo, avevo 8 anni, alla mia domanda nel chiederle perché, mi attirò a sè e mi abbracciò forte forte, con amore, quell’amore che solo le mamme sanno dare. Mi disse: “Perché la vita a volte è tanto dura, ma tu qualsiasi cosa accada, non smettere mai di credere in Dio”. Non credo di aver capito bene cosa volesse dire non perdere la fede, vista l’età, ma certo ero cresciuta camminando con Dio nel cuore. Poi crescendo attraverso uno studio personale ho imparato a chiamarlo per nome, Geova! Come compariva nei testi originali della Bibbia, circa 7000 volte. Poi nel 2019 mi sono battezzata come testimone di Geova e da lui traggo la mia forza. La Bibbia è un vero manuale di sopravvivenza, mi ha fortificata e resa la persona che sono, quando si cammina mettendo in pratica i suoi principi , si riesce ad affrontare qualsiasi prova, per quanto dura possa essere. No, non sono un’eroina. Chiunque debba combattere con una qualsiasi malattia, diventa inevitabilmente un guerriero, bisogna esserlo non solo per se stessi, ma soprattutto per le persone che amiamo, e un genitore che vive con la fibromialgia o qualunque patologia cronica lo sa bene».

Come è la Pietrina di oggi rispetto a quella di 6 anni fa?

«Oggi sono una donna matura in tutti i sensi, una madre single, innamorata pazza di sua figlia. Sono una donna vissuta, consapevole e determinata nel vivere il presente, e affrontare qualsiasi problema mi si ponga davanti. Ma sono anche una donna ferita e devastata dagli eventi, e questi purtroppo non chiedono mai il permesso quando arrivano, arrivano e basta. Spesso passo le notti a piangere guardando il cielo, e prego, prego tanto Geova, pensando a quella Pietrina che ha combattuto mille battaglie, e conto tutte le mie cadute, sono state davvero tante. Allora faccio i conti con la Pietrina di oggi accettando la mia fragilità, perché è nel dolore del mio corpo, di tutte le ferite subite che mi ricordo chi sono. E in questa Pitty così fragile e dolente che sono potente, e ho imparato ad amarmi così, anche nei miei limiti e nel mio dolore».

Hai sogni e progetti per il futuro?

«Si! Sogno di migliorare sempre di più nella scrittura e diventare una grande scrittrice, e di riuscire a scrivere ancora tantissimi libri nonostante la fibromialgia. Per quanto riguarda progetti per futuro, mi piacerebbe condurre un programma radiofonico, sto lavorando ad un progetto che spero col tempo possa realizzarsi. Auguro a tutte le persone che soffrono di fibromialgia, di trovare sempre la forza per gestire il dolore, a loro dedico questo mio successo “Avrei voluto urlare” e a mia figlia, Luna, che possa sempre camminare nel bene, consapevole che la vita è un meraviglioso dono da vivere fino in fondo».

Per contattare Pietrina Oggianu ecco i suoi recapiti:

Mail: oggianupietrina@gmail.com

Sito web: https://sites.google.com/view/pietrinaoggianu/home?pli=1

Facebook: https://www.facebook.com/maripitty

Instagram: https://www.instagram.com/instapitty_72/