Downshifting e simple living

Trasformare la vita in una specie di rasatura pelo per pelo. O di sesso tantrico, sul modello Sting. E’ il fenomeno del downshifting, incluso nel più ampio concetto di simple living, vivere in semplicità, che sta contagiando anche il Belpaese e che a noi italiani piace tradurre con l’espressione “semplicità volontaria”.

Una pratica non proprio recente. Negli anni Settanta filosofi come Jean Baudrillard (La società dei consumi, 1970) e André Gorz (Ecologia e politica, 1975) teorizzavano la necessità di décroissance, decrescita, che si basa sulla presa di coscienza dell’insostenibilità, a livello individuale e globale, di ritmi di sviluppo troppo veloci.

Oggi, come trent’ anni fa, i partigiani della lentezza ritengono che si debba fare tutto il meglio possibile e non il più velocemente possibile. Ma chi sono i sostenitori dell’andare lento? Soprattutto professionisti con un ottimo lavoro, laurea, specializzazioni varie.

Che possono scegliere. Hanno questo privilegio. E lo fanno, optando per uno stile di vita a misura d´uomo, quasi”ecologico”.

Si tratta di persone che hanno deciso di rinunciare a maratone lavorative stressanti per avere più tempo libero da dedicare alla famiglia, ai propri hobby, agli amici. Uomini e donne che, di fronte ad una crisi economica mondiale, all’esaurimento delle ricchezze del pianeta e all’inaridimento della propria esistenza, cominciano a reimpostare il proprio stile di vita. A dargli un’impronta più “orientale”, frugale, meno determinata dall’impulso, a volte maniacale, al consumo. E meno “connessa”.

cambio vita

Downshifter

Il downshifter è colui che recupera la propria sfera emotiva, privandosi di chances di carriera, successo e denaro. E’ colui che investe sul concetto di felicità, in attesa che scelte individuali diventino moda, capaci di trasformare la nostra società e la nostra rigida divisione del lavoro.

Beh, un esempio ci viene dal fenomeno che, per errore, molti sociologi indicano col termine “mammi”. In realtà sono dei padri che stanno recuperando la loro dimensione emotiva, negata per troppo tempo. Cosa fanno? Accorciano il proprio orario di lavoro per stare con i figli, al posto delle loro compagne.

Come prendersela slow?

Certo, un traguardo ambizioso, quello di rivedere le basi della propria vita. Non è per niente facile smettere di “gonfiare” di lavoro le giornate, dare più spazio alla sfera affettiva e recuperare una dimensione più ‘ecocompatibile’.

Ma si può tentare. E la parola d’ordine deve cominciare ad essere per tutti: lavorare meno, spendere meno, consumare meno, per avere più tempo per se stessi. Per oziare. E magari per essere più creativi. Ci si dovrebbe trasformare in artigiani che operano in modo lento, ma con cura e passione.

Stop: allo shopping inutile, che spesso diventa una seconda professione, alla corsa che ci inganna, perché ci fa sentire vivi, in quanto produttivi. Bando ad ogni illusione. Poche cose per assaporarne meglio il piacere. Non a caso uno degli interessi dei downshifters è l’alimentazione. Abbasso i fast food e i surgelati. M

eglio mangiare pietanze preparate con le proprie mani e in modo più genuino. Così ci si gratifica e si risparmia di piu. In questo senso sta aumentando il numero dei cosiddetti buongustai nell’era di Internet. Si tratta dei foodies che una ricerca della Negroni ha stimato in più di 4 milioni di italiani. Sono gli amanti del buon cibo che, curiosi di cogliere gli umori dei luoghi, vanno a fare la spesa in ogni angolo della Penisola.

E cercano rarità. E’ una nuova mania: non più viaggiare per comprare, ma approfittare del viaggio per riempire la dispensa di specialità locali.

Esempi dall’Oriente

Se risparmiare, vivere meglio e in modo più sano, rispettando se stessi e l’ambente, sembra complicato, potremmo guardare alle donne cinesi e ad alcune sane abitudini che conservano ancora. Sì, proprio il gentil sesso di quella potenza economica che va veloce, ma senza avere fretta, può essere un buon modello.

Lì le donne non buttano l’acqua con cui fanno bollire il riso. La riutilizzano, anche perché ricca di amido, innaffiando le piante. I residui di saponetta che usano per farsi il bagno vengono amalgamati e trasformati in detergenti per i pavimenti.

E poi, per umidificare gli ambienti in Cina le donne mettono il pane bagnato sui termosifoni. Un po’ come si faceva da noi una ventina d’anni fa. Sono esempi che cita il giornalista Federico Rampini nel suo ultimo libro.

Cos’è? E’ la slow economy, il capitalismo con la coscienza, a cui le potenze occidentali dovrebbero guardare, forse, con più attenzione. Non si tratta di tornare indietro ma, per esempio, di rivedere i nostri indicatori di ricchezza dei Paesi.

Quando i Governi occidentali useranno il Fil, il tasso di felicità interna lorda, per misurare la crescita di un Paese? Il Butan lo ha introdotto da tempo.

Allora proviamo ad uscire dalla modalità fast-forward, riprendiamo fiato. E reimpostiamo la nostra vita su un altro registro.

Basta, quindi, con le agende fitte fino allo spasimo. Basta smanie irrefrenabili di carriera e stress da superlavoro.

asta sms scritti al volo risparmiando sulle vocali e sulla punteggiatura. E basta pure con le corse all’ultimo gadget tecnologico, o all’ennesimo paio di scarpe. Per poi tornare a casa e scoprire che lo shopping non dà la felicità. Forse farà ridere, ma in alcuni grandi centri commerciali giapponesi, ora esiste la figura delle signore che ti danno il benvenuto. La chiamano fratellanza. Era di moda nel 1789. E ora?

Il termine slow, sinonimo di equilibrio, in Italia comincia a diffondersi dagli uffici al marketing, alle camere da letto, dalle fabbriche, fino alle gallerie d’arte. Si parla di Slow Food e Slow Research, Slow Management e persino Slow Sex.

La stessa associazione fondata da Carlo Petrini nell’86 a Bra, appunto Slow Food, è diventata tre anni dopo associazione internazionale. Oggi conta 100.000 iscritti. Ed è stata di grande impulso alla vita più sana.

Cinzia Ficco