Il Cono de Arita

Di Gianluca Ricci

Ciò che convince di meno, nei dépliant turistici che ne descrivono la straordinarietà e l’incredibile fascino, è che la si finisce per definire “modellata dall’uomo”, come se la natura da sola non fosse capace di meraviglie ben superiori rispetto a quelle che gli esseri umani hanno faticosamente realizzato nelle frazioni di ere durante le quali hanno avuto la possibilità di svilupparsi sul pianeta.

Invece il Cono de Arita è un monumento naturale vicino alla perfezione a cui la mano dell’uomo non ha contribuito per nulla: sono stati la terra e il tempo a levigarlo fino a fargli raggiungere le forme per le quali è oggi conosciuto.

Si tratta di una sorta di piramide conica di origine vulcanica che si innalza improvvisamente per 122 metri sul panorama brullo e piatto di uno dei deserti di sale più grandi del mondo, quello del Salar de Arizaro, nel nord dell’Argentina ai confini con il Cile.

cono di arita

Una visione che non si faticherebbe a definire surreale. Su una enorme piana sassosa circondata da ogni lato da imponenti vette si stacca a spezzare la monotonia dell’insieme un enorme cono marrone sulla cui natura gli indigeni si sono inutilmente interrogati per anni.

La fantasia popolare non ha trovato di meglio che battezzarlo “tagliente”, in riferimento probabilmente al fatto che con il suo profilo ha finito per tagliare lo skyline del paesaggio. Si narra che le popolazioni che vivevano da quelle parti prima dell’arrivo degli Inca lo utilizzassero come centro cerimoniale.

D’altronde quell’enorme piramide scura in mezzo allo scintillante biancore del sale circostante poteva suggerire origini divine che invece divine non sono per nulla. Ma di conoscenze scientifiche sofisticate quei popoli non ne avevano, e non hanno potuto trovare di meglio che considerarlo una sorta di trampolino di lancio per le preghiere verso le divinità.

La scienza ha successivamente provato a spiegare il motivo per cui quella curiosa conformazione rocciosa si trova lì e proprio in quella forma: si tratterebbe, secondo i geologi, di un vulcano, ma piccolo piccolo, al punto che non era in grado, a causa della sua struttura gracile, di emergere dal suolo e di accrescere la sua grandezza attraverso la fuoriuscita di materiale incandescente dalle sue viscere.

Così, sbuffo dopo sbuffo, ha finito per sopraelevarsi di qualche decina di metri per poi concludere in quel modo il suo processo di crescita.

Il tempo ha poi fatto il resto, riempiendone la bocca e contribuendo a costruire, con l’azione erosiva degli agenti atmosferici, quella forma distinguibile a chilometri di distanza.

Arrivare a vederne di persona il profilo non è semplice, ma come ogni cosa bella richiede un po’ di pazienza e di spirito di avventura. L’attraversamento del deserto di sale non è agevole, come non è agevole percorrere la strada che porta fin lassù.

Tuttavia, una volta compiuto lo sforzo, lo spettacolo è così entusiasmante da giustificare la fatica fatta per raggiungere quella landa desolata.

Anche perché si tratta di un’attrazione unica al mondo, e dunque per forza di cose esclusiva. Di quelle che nobilitano il palma res del vero viaggiatore.