Vivere e lavorare a Madrid

Di Enza Petruzziello

Arrivederci Italia. In quanti lo hanno detto negli ultimi anni? Tanti, troppi. Si calcola, infatti, che dal 2006 al 2017 siano stati in 5 milioni a fare le valigie e trasferirsi all’estero. Di questi la maggior parte sono giovani tra i 18 e i 34 anni, alla ricerca di opportunità lavorative e di crescita professionale. Tra loro c’è Mauro Agatone, ventinovenne pugliese che ha dovuto andar via da Taranto, sua città di origine. Come tanti suoi coetanei, una volta terminati gli studi superiori è stato infatti costretto a cercare fortuna altrove, prima a Roma e poi all’estero, più precisamente a Madrid.

Nella capitale spagnola ha trascorso diversi mesi partecipando al programma Erasmus, ma una volta rientrato tutto gli è apparso diverso, come lui stesso ci racconta: «La fine degli studi, l’inizio dei primi stage e quindi i seguenti lavori sfruttati, sottopagati. Ho resistito due anni e poi ho deciso di lasciare l’Italia iniziando a spedire curriculum in inglese e in spagnolo in tutta Europa».

Il cuore però era rimasto in Spagna e il destino ha voluto che Mauro ci tornasse, questa volta per rimanerci. Da due anni ormai vive e lavora a Madrid curando – tra le altre cose – “Arrivederci Italia”, blog in cui racconta le storie dei tanti expat italiani.

Mauro quando e in cosa ti sei laureato?

«Mi sono laureato quattro anni fa – ormai quasi cinque, ahimè – in Editoria e Scrittura presso la facoltà di Lettere e Filosofia de La Sapienza».

Durante il tuo percorso di studi hai avuto la fortuna e la possibilità di partecipare all’Erasmus, soggiornando per diversi mesi a Madrid. Che tipo di esperienza è stata?

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«Sperando di non sfociare nel più ricorrente dei luoghi comuni direi, semplicemente, la migliore che si possa fare nella vita. L’Erasmus è un’esperienza totale che permette di ampliare i propri orizzonti a 360 gradi. A me personalmente ha donato l’opportunità non solo di approcciarmi a un’altra cultura con i suoi usi e costumi ma anche, soprattutto, la possibilità di relazionarmi con persone provenienti da ogni parte del pianeta con le quali ho condiviso il mio cammino».

mauro agatone

Tornato in Italia, come tu stesso racconti nel tuo blog, la grande depressione tra stage e lavori sottopagati. Cosa ti ha spinto a trasferirti definitivamente in Spagna?

«Come molti miei colleghi, una volta terminati gli studi è iniziato un percorso costellato di proposte lavorative indegne di tal nome, stage a ripetizione e amenità d’ogni tipo. Va detto: per un periodo sono arrivato anche a svolgere il lavoro che avevo sempre sognato ma, in quel momento, non mi offriva nessuna garanzia o stabilità. Così ho deciso di cominciare a inviare curriculum in tutta Europa, per cose che mi sarebbe piaciuto fare. Onestamente, sarei stato disposto ad andare ovunque pur di cambiare un po’ aria. In questo ha delle chiare colpe l’Erasmus, perché la verità è che una volta rientrato da Madrid mi sono spesso sentito un pesce fuor d’acqua, in Italia».

Avevi già trovato un lavoro o sei partito all’avventura?

«Ho premuto fortemente per tornare a Madrid indirizzando parecchi dei miei CV lì e ho avuto la fortuna di poter scegliere tra due aziende che, dopo una iniziale fase di selezione, avevano deciso di puntare su di me. Una volta optata per quella che ritenevo la scelta migliore, sono partito con il primo volo disponibile».

Di che cosa ti occupi oggi a Madrid?

«Attualmente sono passato al lato freelance della forza, collaborando con aziende e privati in ambito digital come copywriter e social media manager. Al contempo porto avanti un po’ di progetti personali sperando di trovare la svolta».

Come si vive nella capitale spagnola? Penso al costo e alla qualità della vita.

«Per quanto concerne la vivibilità Madrid è una gioia: i trasporti sono tra i migliori d’Europa, servizi e burocrazia (forse anche per via della mia provenienza) mi sembrano accessibili, la gente tende a essere abbastanza calorosa e disponibile nei confronti di noi italiani e – last but not least – il costo della vita è decisamente inferiore rispetto a Roma e ad altre capitali europee in cui mi è capitato di passare. Quando non c’è bisogno di aprire un mutuo per uscire la sera o andare a fare un aperitivo, siamo tutti più contenti».

Le principali differenze con l’Italia?

«Prima di trasferirmi a Madrid ho vissuto per quasi 10 anni a Roma. Che dire, le differenze sono soprattutto nelle piccole cose quotidiane: nella metro che passa più spesso, nel trovare le strade pulite al mattino, nella grandissima varietà di eventi – culturali e non – che la capitale iberica mette a disposizione. E poi c’è il teatro: Madrid è piena di teatri! Peccato solo che il cibo non sia come il nostro e che per mangiare una pizza margherita degna di tal nome occorra spendere un po’».

Tra le altre cose hai aperto e curi “Arrivederci Italia”, in cui racconti le storie degli expat italiani. Parlaci del tuo blog.

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«Arrivederci Italia è uno spazio web dedicato a chi, come me, ha deciso di lasciare per un po’ l’Italia per provare a vivere una diversa esperienza all’estero. Si tratta di un blog che è attento soprattutto a chi, tuttavia, crede che questa fase di allontanamento sia momentanea: c’è una sezione, tornare in Italia, nella quale mi capita di raccontare sovente le vicissitudini di ragazzi che hanno optato per vivere un ristretto lasso di tempo lontano dall’Italia per poterci poi tornare, con più testa e più forza. È inoltre – dato non da poco – un diario di bordo di tutti quei piccoli aneddoti divertenti che possono capitare ogni giorno vivendo all’estero e per i quali credo sia giusto dare uno sbocco di fruibilità sul web».

Che cosa ti ha colpito di più delle tante storie degli italiani all’estero di cui parli sul tuo blog?

«Quel mix di rabbia e nostalgia che in fondo attanaglia tutti. Molti di noi avrebbero preferito provare a rendersi utili al proprio Paese ma, spesso, è decisamente complesso trovare nella nostra bistrattata Italia qualcosa all’altezza delle reali ambizioni dei giovani d’oggi. Credo sia il dato sul quale si dovrebbe maggiormente ragionare: là fuori c’è un esercito di cervelli che avrebbe decisamente piacere a invertire la rotta della cosiddetta fuga per poter tornare a casa. C’è, però, un piano per garantire questo rimpatrio? Si sta studiando qualcosa all’altezza delle aspettative di queste menti? Esiste una reale voglia di riaverci in Italia o siamo soltanto un peso?».

Ci sono molti italiani attualmente nella capitale spagnola?

«Come spesso avviene, siamo una delle comunità più presenti. Vuoi per questioni climatiche, linguistiche e alimentari che ci rendono parecchio simili, trovare un italiano a Madrid è assai semplice. Ai tempi dell’Erasmus ricordo che il gruppo italofono era ampiamente maggioritario sul resto».

A Madrid e in generale in Spagna ci sono opportunità lavorative per i giovani che come te vogliono trasferirsi all’estero? E se sì, quali?

«Vi sono diverse aziende spagnole che cooperano con enti italiani o cercano, più semplicemente, di ampliare il proprio raggio d’azione guardando al Belpaese. La maggior parte delle opportunità lavorative per noi viene garantita proprio da ciò: la conoscenza della nostra lingua madre, unita allo spagnolo e un po’ di inglese – che non guasta mai – fornisce una buona base per poter trovare qualcosa. Per chi lavora nella ristorazione, inoltre, penso sia ancora più semplice dato l’alto numero di pizzerie, trattorie, bar e ristoranti italiani presenti».

La Spagna negli ultimi mesi ha vissuto dei periodi difficili, primo fra tutti la dichiarazione di indipendenza dalla Catalogna, dichiarata illegittima. Come hai vissuto questi momenti, che aria tirava a Madrid?

«Il tema catalano è stato – ed è tuttora – il più discusso in ogni angolo della Spagna. Madrid nello specifico è una città “unionista” ed è stata invasa da bandiere spagnole che campeggiano da ormai un paio di mesi su diversi balconi, quasi come fosse un mondiale di calcio. Chiaramente tutta la situazione ha creato un particolare stato di tensione che non accenna a diminuire anche in vista delle prossime elezioni del Parlament (21 dicembre, ndr). In tutto ciò, l’immagine che la Spagna ha fornito nel suo complesso non è stata positiva e la preoccupazione maggiore percepita è che, alla lunga, questo stato di cose possa danneggiare tutto il Paese».

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Come è invece cambiata la tua vita da quando sei in Spagna?

«Personalmente ho avuto un’ulteriore chance di ampliare gli orizzonti lavorativi, venendo a contatto con realtà che in Italia avrei potuto conoscere solo tramite un master a pagamento o sedicenti stage formativi. Questo mi ha fornito certezze personali, oltre che professionali, che mi danno la forza di mettermi in gioco costantemente. E poi ho imparato che se hai voglia di un buon caffè espresso come quello italiano, andarlo a chiedere in un bar che non conosci non è sempre una buona idea».

Quali consigli daresti a chi come te sta pensando di trasferirsi all’estero per motivi di studio, lavoro ma anche semplicemente per cambiare la propria vita?

«Semplicemente di farlo! Il mondo è pieno di opportunità che vanno colte, anche solo per non pentirsi di non averlo fatto. Credo che al giorno d’oggi, in cui siamo tutti costantemente connessi, non ci sia niente di meglio che uscire un attimo dalla propria zona di comfort per poter vivere esperienze diverse dal normale. E aggiungerei che nessuna scelta è irreversibile: chi decide di andare per un po’ fuori non è detto che ci debba rimanere per sempre».

Tu quindi tornerai in Italia?

«Spero di sì, tornare è assolutamente il mio obiettivo. Amo il mio Paese e vorrei vedermi come parte integrante dello stesso. Esattamente come esprimo attraverso il nome del mio blog, il mio lasciare l’Italia non è stato un addio ma un arrivederci, con la speranza che nel momento in cui tornerò le cose andranno meglio».

Trovate Mauro anche sui principali canali social: Facebook, Twitter e Instagram, mentre questo è l’indirizzo del suo blog “Arrivederci Italia”:

www.arrivederciitalia.it/.