«Ricomincio dall’agricoltura», Francesco Gioffreda lascia tutto per “tuffarsi” nel vino

Da fund manager in Russia a imprenditore agricolo nella valle del Chianti, Francesco ci parla dell’agriturismo “Borgo Casa al Vento” e dei suoi famosi bagni al vino.

A volte tornano. Ed è questo forse il cambiamento più grande. Perché scegliere di rimettersi in gioco nel proprio Paese, lasciando una carriera sicura e gratificante all’estero, rappresenta una sfida ancor più coraggiosa. Lo sa bene Francesco Gioffreda, imprenditore agricolo originario di Brindisi, ma cresciuto a Milano. Laureato in Economia e Commercio alla Bocconi, inizia a lavorare da giovanissimo in Deloitte&Touche, prima in Italia – a Firenze – e poi a Mosca. In Russia, dove rimane per quasi 7 anni, diventa fund manager presso un fondo di investimento della Banca Europea di Ricostruzione e Sviluppo nella piccola città di Novgorod e a San Pietroburgo. Lavorare con i numeri però non gli basta più, e così decide di rientrare in Italia per dedicarsi a una piccola realtà agricola che ruota intorno all’uva e ai suoi derivati, dal vino ai cosmetici. Siamo a Gaiole in Chianti, in provincia di Siena. È qui che sorge “Borgo Casa al Vento”, un tempo dimora di mezzadri, e oggi tra i più apprezzati agriturismi in Italia. La struttura è il frutto di un sapiente restauro a opera della famiglia Gioffreda che nei primi anni ’90 ridà lustro a questo meraviglioso gioiello di architettura rurale. Nel cuore della più autentica campagna ci sono le case del Borgo rigorosamente in pietra, le travi a vista, i camini e il cotto. Un forte richiamo alla tradizione architettonica locale. Non un semplice posto dove mangiare e dormire, ma un percorso di piacere e benessere che inizia dalla terra e prosegue nei famosi bagni al vino, intima esperienza sensoriale in grado di rigenerale il corpo e la mente. Qualcosa di unico che Francesco Gioffreda ha reso ancora più speciale con la vinoterapia. Insomma un vero “tuffo” nel vino il suo, iniziato nel 2000 e che prosegue con successo.

Francesco Gioffreda

Francesco, quando e perché ha deciso di mollare il suo lavoro in Russia per avventurarsi in questo progetto?

«Durante i miei sette anni in Russia ho imparato tanto, ma allo stesso tempo ho maturato una serie di pensieri che mi hanno portato a riflettere sulla mia vita, su ciò che stavo facendo. Ho capito che al di là della gratificazione di essere all’estero, non mi piaceva assolutamente la professione che svolgevo. Approfittando del fatto che in famiglia avevo una piccola realtà in Toscana che ai tempi non era né agricola né turistica, ho valutato l’opportunità di svilupparla e trasformarla in un’attività. Così, insieme a mia moglie, nel rientrare in Italia ci siamo lanciati in questa nuova avventura. Avventura iniziata molto gradualmente, dal principio intorno alla parte turistica che poteva garantire una sostenibilità economica in termini più immediati. Pian piano, poi, si è sviluppata anche sull’aspetto agricolo, in particolare su quello legato al vino. Ed è lì che ho ritrovato un’altra dimensione, molto più terrena e di grande soddisfazione, grazie al contatto continuo con gli ospiti, in un contesto naturale come quello del Chianti che facilita moltissimo il rapporto umano. Poi ho trovato il vino. Ho imparato a conoscere un prodotto vivo. Ho scoperto il viaggio che affronta per entrare sulle nostre tavole, nei vari ristoranti in tutto il mondo: dall’uva alla sua trasformazione in vino. Cosa che tuttora continuo a seguire. Non solo un percorso ideale, ma anche effettivo: viaggi insieme al tuo vino e fai in modo che esso ti rappresenti in tutto il mondo».

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Cosa non le piaceva della sua “vecchia” vita?

«Lavoravo solo sui numeri e non c’è nulla di più arido. La mia è stata una svolta graduale che mi ha totalmente e radicalmente portato da un mondo sì, sicuramente di grandissime prospettive perché non nego di aver fatto davvero tanto in pochi anni, a un altro più tranquillo. Quando ho deciso di rientrare in Italia, inoltre, erano appena nati i miei due figli e volevo dar loro una prospettiva di vita diversa rispetto a quella che mi avrebbe probabilmente mantenuto in Russia ma a della condizioni di vita totalmente opposte. Forse economicamente migliori, ma da un punto di vista della qualità della vita peggiorative. Parliamo della fine degli anni ’90, un periodo molto diverso da quello attuale».

Ha incontrato difficoltà? Immagino che molti le abbiano detto di essere un folle a lasciare un lavoro sicuro per questa nuova impresa.

«Si, certo. Anche perché ho lasciato qualcosa di certo e gratificante, con tanti vizi che mi venivano garantiti, per fare un salto nel buio. L’attività agricola è infatti molto complessa. Non sappiamo mai come sarà la prossima stagione, dipendiamo dalle condizioni meteorologiche e da tanti altri fattori. Per molti era una follia anche perché, purtroppo, nella produzione agricola a trarre il maggior beneficio sono i distributori piuttosto che il produttore e il coltivatore diretto. Se ad esempio vendo una bottiglia del mio vino base, il Chianti classico, a 6 euro e poi vado a Mosca dove la vendono a 120 euro, capisco che ci sono tante persone che stanno guadagnando molto di più rispetto a quello che posso guadagnare io».

In un periodo in cui sempre più italiani fuggono all’estero alla ricerca di un futuro e una vita migliore, possiamo dire che lei in qualche modo rappresenta un’eccezione?

«Assolutamente. Ho viaggiato molto e tuttora lo faccio. Sono rientrato adesso da un viaggio in Florida. Molti fuggono e ne sono consapevole. Ho una figlia che è scappata a Londra in questo momento, però sono anche tempi diversi. Ho vissuto in Russia in anni particolarmente difficili nonostante siano stati anni di grandissimi cambiamenti. Quando sono rientrato in Italia c’erano ancora spiragli. In generale credo che la separazione di un italiano dal proprio Paese sia particolarmente difficile. Se al contrario si riesce a lavorare e valorizzare le cose più importanti che l’Italia offre, allora ci rendiamo conto che andar via è un po’ scappare. E scappare non è mai la soluzione».

Insomma il vero cambiamento è stato rientrare?

«Esatto. Rientrare sapendo su cosa lavorare per apportare un valore. Abbiamo un territorio che probabilmente è il migliore in assoluto al mondo. Vantiamo un prodotto enogastronomico eccellente. La cucina italiana è il prodotto più esportato al mondo. Se si impara a valorizzare questo cominciando dal nostro interno per poi condurlo all’estero, allora il partire rappresenta una scelta vincente. Attenzione però non deve essere una fuga, bensì un portare con orgoglio la propria esperienza e la propria artigianalità oltre i confini».

Un po’ come ha fatto lei, valorizzando un territorio e ridando lustro a questo meraviglioso gioiello di architettura rurale situato nel territorio di Gaiole in Chianti. Quanto tempo ha impiegato per veder realizzato il suo sogno?

«I lavori di ristrutturazione e manutenzione non finiscono mai, anche sulla scorta di quanto suggerito dai nostri ospiti. Ancora adesso stiamo rivedendo alcune situazioni e camere da migliorare. Il Borgo ha avuto una prima ristrutturazione all’inizio degli anni ’90 quando i miei genitori decisero di acquistarlo. La conversione verso un’attività turistica è stata fatta in due stagioni invernali diverse: la prima nel 2000 e la seconda nel 2001. Da lì in poi, tutti gli interventi sono stati di miglioramento e funzionali all’agriturismo. Abbiamo aperto prima un’attività di ristorazione, migliorato la cucina in modo da avere uno spazio adeguato per fare dei corsi, abbiamo aggiunto e sostituito una camera facendola diventare la stanza dedicata al bagno al vino in cui gli ospiti entrano solo per la vinoterapia. Un concetto di benessere esclusivo dove a entrare è solo la coppia».

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Ecco, “Casa Borgo al Vento” è conosciuta proprio per i suoi famosi bagni al vino. Come è nata l’idea?

«Risale a qualche anno fa. Cercavamo un modo per valorizzare quanto di meglio il nostro territorio potesse offrire interpretando in forme diverse lo stesso prodotto. Il mosto d’uva sangiovese, con le sue bucce e i vinaccioli, costituisce l’ingrediente base per trattamenti stimolanti, energizzanti e antistress, straordinariamente efficaci e emozionanti. Tanto per lui che per lei, il percorso Bacco di coppia è un rito di massaggi che si conclude con un bagno idromassaggio alle essenze fruttate dell’uva rossa».

bagni nel vino

Il Chianti è una regione ricca di vini noti in tutto il mondo. Ai vostri ospiti offrite anche dei percorsi che iniziano dalle vigne, dalla terra, e proseguono nelle cantine. In cosa consistono?

«Abbiamo a cuore tutto ciò che riguarda il vino, per questo offriamo dei tour esclusivi che partono dalla vigna e arrivano fino alla degustazione in cantina. Che sia io oppure l’enologo, accompagniamo l’ospite nella nostra vigna, gli spieghiamo il processo di produzione. Insieme arriviamo nella cantina per osservare i vini appena fermentati, in fermentazione, in stoccaggio o in affinamento nelle barrique fino a poi fare la degustazione vera e propria di tutti i nostri vini. È un percorso di cui vado particolarmente orgoglioso. Ho viaggiato molto e ho notato che spesso si riduce il momento della degustazione al versare in un calice un vino e raccontarlo, ma non è mai sufficiente. Ritengo che il vino vada raccontato dalla pianta fino all’imbottigliamento. Solo così si può capire davvero quanto lavoro ci sia dietro a quel calice».

Non solo vino, ma anche tanto altro. Come si compone la struttura e quali sono i servizi che offrite ai vostri ospiti?

«Nasciamo come agriturismo, offrendo quindi ospitalità in camere, appartamenti e due ville. Le camere sono tutte distribuite all’interno del Borgo, ognuna ha un ingresso indipendente e un bagno proprio. Gli appartamenti sono tutti grandi e con un piccolo spazio esterno dove gli ospiti possono anche beneficiare di un barbecue ed essere così completamente indipendenti e vivere la loro realtà in campagna. Le ville, molto esclusive e particolari, hanno ognuna una piscina privata. Si tratta di abitazioni con 8 posti letto e un grande giardino. A questo, poi, si aggiungono tutti i servizi che vanno dalla ristorazione – aperta per colazioni, pranzi e cene – al centro benessere fino ai tour del vino, matrimoni e tanto altro. La nostra offerta gastronomica è semplice e personalizzata: abbiamo un cuoco che non offre il menù tipico di un ristorante. Cerchiamo di basare la cucina sui nostri prodotti e su quelli del nostro territorio. Non si troveranno mai più di due antipasti, primi e secondi. È un menù intenzionalmente ristretto perché vogliamo cercare di indirizzare l’ospite su quella che riteniamo sia la freschezza dei nostri prodotti. E poi ci sono i corsi di cucina dedicati soprattutto agli ospiti stranieri che vogliono imparare i segreti della nostra arte culinaria. Più che corsi di cucina, mi piace chiamarli come usano fare gli americani: “hands-on cooking”, mettiamo le mani sui fornelli, cuciniamo insieme. In questo modo il turista che sia russo o americano, giapponese o cinese, può entrare in contatto con quella che è la semplice realtà. La cosa più bella, infatti, è far vedere quanto sia semplice la nostra cucina, gli ingredienti, i piatti. Molto spesso ci limitiamo a insegnare pietanze molto facili come la pasta fatta a mano o il tiramisù che sono però i cibi principali che lo straniero apprezza e che vorrebbe riproporre a casa propria».

Dagli stranieri agli italiani, dunque. C’è un periodo dell’anno più o meno frequentato?

«La mezza stagione e il weekend è il periodo preferito dagli italiani. Durante la stagione più tradizionale, che va da maggio a ottobre, c’è più richiesta da parte degli stranieri, americani soprattutto. Anche se devo dire che gli italiani stanno tornando a riscoprire questo tipo di vacanza. Una vacanza che è un arricchimento culturale perché ti consente di conoscere il mondo del vino, di entrare in contatto con una realtà territoriale, la zona del Chianti classico, che credo sia una delle più straordinarie che abbiamo in Italia e dove noi produciamo».

A proposito di vino, durante l’anno appena trascorso l’Italia si è aggiudicata il primato mondiale della produzione enologica con gli acquisti che crescono all’estero, soprattutto in Francia, negli Stati Uniti e in Spagna. Qual è, secondo lei, il successo del vino italiano?

«L’Italia è un territorio che produce vino dalla punta meridionale della Sicilia a quella settentrionale della Valle D’Aosta in modo molto diverso. Credo che il segreto del suo successo sia in assoluto la qualità. È grazie alla sua semplicità se il vino italiano ha saputo imporsi su tutti i mercati. Semplicità unita alla capacità di abbinare il vino al cibo, di farli diventare due elementi legati in modo che uno riesca sempre a valorizzare l’altro. Un buon piatto si valorizza quando bevuto con un buon bicchiere di vino, e viceversa un buon bicchiere di vino si riesce ad apprezzare meglio quando abbiamo un buon piatto».

Molti come lei hanno trasformato la passione per il vino in una professione. Anche Nicolò Tita che ha incontrato a Miami è diventato uno dei maggiori importatori di vino all’estero. Ci parli di questo incontro.

«Ho conosciuto Nicolò nel 2009 quando per la prima volta andai a Miami per una fiera, e ci rincontreremo a febbraio quando lui verrà a Firenze. Nicolò Tita è un esempio di capacità imprenditoriale che proviene da un settore completamente diverso e che dimostra quanto l’amore per il prodotto e per le proprie origini possa davvero essere messo a disposizione di un Paese straniero creando valore. Non solo in termini economici dell’attività imprenditoriale, ma anche valore economico a favore del Paese da dove provieni. Perché alla fine quando portiamo all’estero i nostri prodotti non facciamo altro che valorizzare la nostra stessa origine, la nostra terra».

Quali consigli sente di dare a chi sta pensando di lasciarsi tutto alle spalle e buttarsi in una nuova impresa, che sia di vita o lavorativa?

«Un solo verbo: crederci. Se ci credi arrivi ovunque, però devi volerlo. Devi creare un progetto e conoscerne i limiti. Non si possono realizzare dei sogni se non sono basati su delle fondamenta esistenti. In questo senso, devo riconoscerlo, sono stato fortunato. Non ho dovuto comprare un’azienda perché questo sarebbe stato un salto molto più pericoloso. Sono dunque partito da una situazione privilegiata in cui ho però dovuto sviluppare un’idea imprenditoriale e fare di tutto per portarla avanti. Il mio consiglio è quindi di sognare certo, ma con i piedi saldamente per terra. Cerchiamo di fare le cose che possono essere fatte in base alle effettive possibilità che abbiamo».

Tornerebbe indietro?

«Assolutamente no. Torno a viaggiare e ritengo che viaggiare sia l’elemento di maggiore cultura, l’unico modo per avere la più opportuna integrazione tra popoli e religioni. Ritengo di aver fatto la scelta giusta tornando in un territorio che ormai sento mio e di cui vado orgoglioso. Le mie origini italiane mi hanno portato in Italia, ma è la Toscana ad avermi davvero offerto quanto più di gratificante ci possa essere per l’attività che ho intrapreso».

Per contattare Francesco Gioffreda questi i suoi riferimenti: info@borgocasaalvento.com, tel. 0577749068

Questo, invece, il sito del suo agriturismo: www.borgocasaalvento.com.

Di Enza Petruzziello