Noemi, un’italiana ad Elche (Spagna)

A cura di Enza Petruzziello per Voglio Vivere Così Magazine

Pino Cacucci ha scritto: “Le radici sono importanti nella vita di un uomo, ma noi uomini abbiamo le gambe, non le radici, e le gambe sono fatte per andare altrove”. Noemi Vilotta, giovane 26enne siciliana, ha fatto sua questa frase. Per lei, quell’altrove si chiama Spagna, il Paese che ormai considera la sua seconda casa. La valigia sempre pronta, tanti progetti per il futuro, Noemi fa parte di quella generazione di giovani che si è trasferita oltreconfine per approfondire i suoi studi accademici trovando nuove e interessanti opportunità.

Laureata a Palermo in “Psicologia sociale, del lavoro e delle Organizzazioni”, grazie ad un programma “PIS doppio titolo”, Noemi arriva ad Elche (vicino Alicante) nel febbraio 2017. Qui consegue un Master in Risorse Umane e, attualmente, sta seguendo un Dottorato di Ricerca in Psicologia della Salute. Il suo campo d’azione riguarda le risorse umane in generale, ambito a cui si dedica non solo dal punto di vista della ricerca. Ha fondato, infatti, un’associazione con un gruppo di colleghe psicologhe per supportare le persone in procinto di trasferirsi in Spagna e per quelle che già vivono nel territorio. Supporto psicologico ma anche pratico. In Spagna dedica buona parte del suo tempo libero ad attività di volontariato, al momento con ex alcolisti e dipendenti in genere. Se c’è una cosa a cui crede fedelmente è il valore della diversità, qualunque essa sia. Per questo ciò che l’appassiona maggiormente è viaggiare, scoprire cose nuove lasciandosi sorprendere dalla cultura del luogo.

Noemi Vilotta

Noemi, come è maturata in te la decisione di partire e cambiare addirittura Paese? Che cosa non ti piaceva più dell’Italia?  

«Sono partita per la Spagna da studentessa con un programma universitario. Vivevo bene in Italia, avevo scelto di rimanere in Sicilia durante gli anni della formazione universitaria quindi, in realtà, più che bene.  Però cosciente dell’importanza che oggi riveste l’esperienza all’estero, sapevo che prima o poi avrei lasciato l’Italia anche solo per un periodo di formazione e, da cittadina europea, non potevo fermarmi ad una sola realtà accademica. Ad oggi, a distanza di tempo, oltre ad essere soddisfatta della mia scelta ho delle consapevolezze nuove. Ahimè in Italia siamo fin troppo teorici. Non che la teoria non sia importante, ma la formazione personale e accademica non può limitarsi solo a quella».

Conoscevi già la Spagna, o sei partita all’avventura?  

«Ero stata in Spagna soltanto in vacanza, non avevo idea del tenore di vita iberico e non parlavo lo spagnolo. Certo, avevo seguito uno di quei corsi universitari obbligatori prima di partire ma utile solo alla sopravvivenza dei primi giorni. Poi in realtà anche io credevo nel “vabbé che vuoi che sia, lo spagnolo si capisce!”. Una trappola insomma. Più che capire, direi che si intuisce, ma l’intuizione è un conto ed esprimersi è un altro paio di maniche».

Anche se in un posto meraviglioso come Elche, non deve essere stato semplice trasferirsi lasciando amici e famiglia. Come sono stati gli inizi? C’è stato qualcuno che ti ha aiutato o hai fatto tutto da sola?

«Ah gli inizi… qualcosa di tragicomico! Sono una chiacchierona e non poter esprimermi a dovere era frustrante, specie le prime settimane. Sono partita con un gruppo di colleghi universitari quindi, durante il primo periodo, era un po’ come avere l’Italia in Spagna. Frequentavo un master e seguivo le lezioni solo il fine settimana, non c’erano molte occasioni per frequentare colleghi spagnoli. In quel periodo mi sono ambientata alla nuova realtà. Quando sono rientrata in Spagna sola, lì sì che realmente è iniziata la mia esperienza. È stata quella la vera scelta, non tanto quando sono partita la prima volta. Nel giro di un mese ho imparato a parlare più di quanto avessi fatto nei primi sei mesi. Ero sola e soprattutto le mie esigenze e necessità erano cambiate. Mentre prima la parola chiave era temporaneità, quindi l’idea di base era che tutto terminasse nel giro di poco e per questo pensavo “non ha senso richiedere i documenti spagnoli, il medico, l’assicurazione (ma perché pagare questi soldi?!) tanto torno a casa”, poi inevitabilmente ho dovuto “incontrare” la burocrazia spagnola tante e tante volte».

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C’è stato un episodio in cui hai sentito davvero la mancanza di casa?

«Ricordo di una fortissima otite, andai in ospedale e volevo essere in Italia, parlare l’italiano o avere qualcuno che mi riaccompagnasse a casa. Anche se da quando avevo 19 anni vivo lontano dalla mia famiglia, gli affetti mancano sempre ovunque ti trovi. Faccio i salti mortali per riuscire a stare con i miei cari non appena rientro in Italia. Sfortunatamente vivono tutti in luoghi diversi, quindi è sempre su e giù per l’Italia. I miei nonni mi mancano quotidianamente, chissà forse perché sento di perdere occasioni importanti per stare insieme a loro. Gli amici, anche con loro ero abituata a vederci quando e dove possibile. Si cresce e si cerca di mantenere ogni relazione importante in un modo o nell’altro».

Sei laureata in psicologia. Attualmente, stai seguendo un Dottorato di Ricerca in Psicologia della Salute. Oltre ai tuoi impegni accademici hai fondato il sito “Trasferirsi in Spagna con Famiglia e Figli”, in cui fornisci informazioni importanti soprattutto per gli italiani che intendano trasferirsi nella penisola iberica e per coloro che ci vivono già. Insieme con te ci sono anche altre psicologhe. Di che cosa vi occupate precisamente?

«Il sito è il canale attraverso cui “mostriamo” il lavoro della nostra associazione. Condividiamo informazioni, raccogliamo testimonianze, cercando di rispondere alle esigenze dei nostri lettori. L’idea di creare l’associazione “Casa Italia” nasce dalla voglia di offrire una sorta di “casa” a chi arriva, ovviamente non in senso fisico. Il nostro obiettivo è di supportate gli italiani nei loro progetti expat ancora in essere o già realizzati. Spesso e volentieri le persone pianificano il trasferimento un po’ a cuor leggero, non considerando molti aspetti. Siamo certi invece che un trasferimento informato consenta di ridurre rischi, delusioni e le conseguenti sofferenze che un cambio radicale di vita può portare con sé! Inoltre anche l’integrazione e l’adattamento alla nuova realtà richiedono impegno e per certi versi un grande sforzo, occorre ristrutturare la propria vita da cima a fondo.

Il nostro lavoro riguarda più aspetti. L’imprescindibile piano informativo. A tal proposito abbiamo creato un eBook gratuito sui primi passi da affrontare, specie a livello burocratico, non appena arrivati in Spagna. Anzi il mio consiglio è proprio quello di compierli prima ancora di arrivare questi passi! L’eBook si può scaricare qui. L’essenziale aspetto psicologico che accompagna ogni fase del trasferimento. In questo caso abbiamo pensato ad attività ed incontri di gruppo, basate su esigenze comuni, ma anche a consulenze per casi specifici. Siamo un team variegato, ognuno di noi ha esperienze e percorsi formativi differenti quindi anche le nostre aree di competenze sono molto diversificate. Lavoriamo anche a livello sociale per favorire la costruzione di una rete sociale d’appoggio e la piena integrazione nella nuova realtà. Chi ne ha voglia potrà seguire il nostro calendario di eventi, pubblicizzato anche nel nostro gruppo Facebook! Con noi collaborano anche varie figure professionali, come avvocati, commercialisti etc. Crediamo molto nel lavoro di rete e sappiamo per esperienze personali che, una volta arrivati in un nuovo Paese, anche la ricerca di un consulente può diventare un’impresa ardua».

Tra le altre cose dedichi buona parte del tuo tempo libero ad attività di volontariato, al momento con ex alcolisti e dipendenti in genere. Parlaci di questa esperienza.

«APAEX, l’associazione in cui faccio volontariato, è una seconda casa. Ognuna delle persone che la frequenta fa parte di me e ogni momento passato qui  mi arricchisce non solo a livello professionale ma anche personale. Per me il volontariato è qualcosa di molto importante. Non appena mi sono trasferita in Spagna ho conosciuto casualmente questa associazione iniziando questa nuova avventura. Che dire… emotivamente parlando è un’esperienza a tratti vertiginosa e probabilmente anche per questo, una delle esperienze migliori della mia vita! Loro sono grati ad ognuno dei volontari presenti in associazione, con me particolarmente perché pensano che mi sforzi molto per stare dietro le loro parole. Si fermano, mi guardano e cercano di capire se ho ben inteso i loro modi di dire. Alle volte mi perdo facilmente, specie con i “dialetti”. In realtà devo essere io grata a loro per farmi ritrovare la fiducia nel genere umano. Ogni persona che decide di rialzarsi ha una forza dentro sé quasi inspiegabile ed è disposta a spendersi per gli altri, crede che il proprio cambiamento può essere fonte d’ispirazione per gli altri. Insomma l’aiuto reciproco a cui oggi non siamo abituati, il donarsi senza aspettarsi nulla in cambio».

Come riesci a conciliare tutto?

«Direi buona volontà ed organizzazione forse, non so. Sono così abituata a fare sempre mille cose che suppongo una vita meno frenetica mi annoierebbe. In Spagna i miei amici mi chiamano la “abuelita” ovvero nonnina.. credo immaginiate il perché! Alla notte de fiesta del sabato sera rinuncio quasi sempre e dedico il fine settimana al relax e allo studio. E poi cerco di organizzarmi sempre al meglio riuscendo a concedermi weekend in cui stacco la spina completamente, né telefono né e-mail né agenda».

Elche è una bellissima città della Comunità Autonoma Valenciana. A soli 20 km da Alicante, è conosciuta soprattutto come destinazione turistica grazie al suo mare, alle sue splendide spiagge e alla vita rilassata tanto da attirare ogni anno moltissimi viaggiatori. Molti anche gli stranieri che decidono di trasferirsi qui, magari in pensione. Ma come è vivere, studiare e lavorare qui?

«Ad Elche non c’è una grande comunità italiana, sono poche le famiglie e i giovani che arrivano lo fanno per Erasmus. Una volta terminato il periodo Erasmus vanno via quasi subito. In base allo stile di vita che si predilige Elche può starti stretta dopo poco, non c’è una gran movida notturna e sebbene abbia delle spiagge la città non si affaccia sul mare.  Penso sia una cittadina per famiglie, la qualità della vita è alta a mio avviso ed è anche ben servita. Personalmente vivo bene e sono soddisfatta. Mi basta andare a lavoro in bici per ritrovarmi dentro un bosco. Elche ha il palmeto più grande d’Europa, uno tra i patrimoni dell’umanità che vantano gli elicitani, e in ogni angolo ci sono palme e verde.

Dove vivi e in generale in Spagna ci sono opportunità lavorative per i giovani che come te vogliono trasferirsi all’estero? E se sì, quali?

«A livello lavorativo Elche conta di una grande area industriale, ci sono infatti molte aziende. Tutto dipende da cosa si cerca, quali sono le aspettative e le esigenze del caso specifico. Molti azzardano il trasferimento pensando di far fortuna e la scelta ricade sulla Spagna, suppongo per il clima e lo stile di vita, senza conoscere ciò che il mercato del lavoro offre. Ad esempio basta andare in una qualsiasi cittadina per trovare centinaia di ristoratori italiani. A me personalmente fa piacere, un po’ di cibo nostrano non fa mai male, però qualcuno ha mai pensato che la cultura è diversa dalla nostra? La Spagna è la terra delle tapas, che sarebbero un po’ i nostri aperitivi, si stuzzica in gruppo dallo stesso piatto e via. Difficilmente ci si siede al ristorante ordinando un piatto per persona».

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Quali consigli, dunque, daresti a chi come te sta pensando di trasferirsi all’estero per motivi di studio, lavoro ma anche semplicemente per cambiare la propria vita?

«Innanzitutto di informarsi, di capire bene cosa il territorio offre. Consideriamo che per ottenere un buon lavoro in Catalogna è quasi imprescindibile conoscere il catalano. Adesso mi chiedo: vale la pena investire risorse per imparare castigliano e catalano per poi guadagnare 900/1000 euro? È questa la media degli stipendi in Spagna nelle regioni più attrattive per gli stranieri. Al di là di queste considerazioni, penso che per i giovani inseriti in programmi universitari sia molto più semplice che in Italia trovare lavoro. Quando sei uno studente hai la possibilità di fare stage mentre in Italia queste possibilità si “aprono” dopo la laurea».

Per quanto riguarda il costo e la qualità della vita hai notato differenze con l’Italia?    

«In Italia vivevo a Palermo, una grande città e rispetto ad Elche una metropoli. Sicuramente la vita è meno cara nel caso specifico. Per il resto non saprei. Generalmente non noto grandi differenze però è chiaro che se il paragone è tra la Lombardia (giusto per citare una regione del nord italia) e la Comunità Valenciana, quest’ultima per tutta la vita! Ognuno di noi ha abitudini e stili di vita diversi. Per me il freddo e la neve sono un disagio. Comunque in generale penso che la qualità della vita sia migliore in Spagna».

Che cosa ti piace di più di Elche e quali sono i luoghi che consiglieresti di visitare?

«Elche mi piace innanzitutto per i tramonti mozzafiato che mi regala. Consiglio di fare una passeggiata per il Casco Antiguo, visitare la Basilica, perdersi nelle stradine del centro. Poi sicuramente una passeggiata per il Palmeral e vedere la Palma Bianca».

Ormai abiti qui da un po’ di tempo, vuol dire che hai trovato, forse, il tuo posto nel mondo. Come è cambiata la tua vita da quando vivi in Spagna?

«Nessun grande cambiamento in realtà. Vivevo già sola, quindi fondamentalmente ho riadattato il mio stile di vita in un’altra nazione. Certamente sono cambiate molte delle mie abitudini, ho dovuto ambientarmi in un nuovo posto e imparato a sentirmi a casa anche in Spagna. Resta il fatto che il mio posto nel mondo è la mia Sicilia e lo sarà sempre. Ho trovato un buon posto dove vivere, in cui mi piacerebbe rimanere anche se non penso di fermarmi qui per sempre. Credo che la vita debba ancora offrirmi treni che passano solo una volta e su cui salirò».

Studio e lavoro, e l’amore?

«Sull’amore ho le idee abbastanza chiare. Deve arricchirti e non toglierti nulla, qualunque sia il “viaggio” che si affronta. In fondo l’importante è affrontarlo insieme. Di una cosa sono certa, ho trovato la mia persona! L’amore supera e vince anche le distanze».

Ti manca l’Italia e ci torneresti?

«Non escludo la possibilità di tornare a vivere in Italia, dipenderà dal lavoro mio e del mio compagno. Mi manca l’Italia a volte più a volte meno, più che altro mi manca chi ho lasciato in Italia. E in tutta sincerità, da buona forchetta quale sono, mi manca la cucina italiana! Certamente ci sono molte altre cose che non mi mancano affatto, giusto per citarne una: la confusione nelle stazioni dei treni. Qui è tutto ben organizzato».

Sei molto giovane, ma hai già fatto tante esperienze. Come immagini il tuo futuro e che progetti hai?

«Ad essere sincera non riesco ad immaginare il mio futuro, il mood attuale è “vedremo come vanno le cose”. Spero soltanto sia ricco e soddisfacente. Progetto principale: diventare milionaria e perdermi per il mondo! Realisticamente parlando progredire nella mia carriera lavorativa, riuscire a ribaltare la medaglia: stare fuori per lavoro 3 mesi all’anno e il resto del tempo poter condividere la quotidianità con il mio compagno. Infine, non mettere mai la valigia in cantina, continuare a scoprire cosa c’è anche più in là di “dietro l’angolo”».

Per contattare Noemi Vilotta potete scriverle una e-mail a:

noemivilotta@gmail.com.

Questo, invece, il gruppo Facebook di “Trasferirsi in Spagna con Famiglia”:

www.facebook.com/groups/expatspagna/.