Giuseppe: la passione per la scrittura mi ha portato in Olanda
A cura di Maricla Pannocchia
Quando ha deciso di partire per l’Olanda, Paese in cui Giuseppe – siciliano – aveva già conosciuto per via di un’esperienza Erasmus, l’uomo si è reso conto di aver bisogno solo del computer per intensificare le collaborazioni nel mondo della scrittura.
Adesso, Giuseppe abita a Groningen e insegna Giornalismo e Teoria dei Media in un’università, ma è anche uno scrittore. “Quando presento i miei libri, ci sono sempre tanti italiani che vivono qui che vengono ad ascoltarmi e poi si fermano per chiacchierare, come fra vecchi amici – racconta Giuseppe – gli olandesi sono brave persone ma sono molto chiuse. Inoltre, qui si pianifica tutto e le uscite con gli amici, per esempio, possono diventare qualcosa di poco spontaneo”.
L’Olanda è un Paese caro – “direi che vivere qui, in termini di costi, equivale a vivere a Milano” – che offre molto ma chiede altrettanto, “non è per chi cerca relax e meditazione”. Ciò che Giuseppe ha imparato vivendo lì è che è possibile vedere i propri diritti riconosciuti e avere delle possibilità anche se non si hanno le amicizie “giuste”, inoltre lo Stato si occupa delle persone in difficoltà.
Ciao Giuseppe, raccontaci qualcosa di te. Chi sei, da dove vieni…
Lo dico subito e con orgoglio: vengo da una città antichissima, fondata 27 secoli fa, una terra del mito e della tradizione, dalla cultura plurimillenaria, una terra magica e misteriosa, definita da Cicerone “la più bella tra le città greche”. Sto parlando di Siracusa, patria di Archimede, Aretusa e Santa Lucia. Lì ho vissuto i miei primi diciotto anni, muovendo i primi passi nel mondo del giornalismo, poi sono andato a studiare a Siena e, dopo una breve parentesi siracusana, mi sono trasferito definitivamente in Olanda, dove lavoro come professore di comunicazione e giornalismo in una’università di scienze applicate. Negli ultimi anni ho affiancato alla docenza l’attività di scrittore, pubblicando alcuni romanzi.
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Quando e perché hai deciso di lasciare l’Italia?
Non è stata una scelta facile, specialmente per un siciliano come me. Tutti i siciliani hanno un rapporto viscerale con la loro isola. Giustamente una volta Camilleri ebbe a dire: la Sicilia è stupenda, peccato che ci abitino i siciliani. Ecco, la Sicilia – e l’Italia in genere – è una madre soffocante e prevaricatrice, che non permette ai propri figli di vivere il sogno e il desiderio che abita in ciascuno di loro. In Italia, la gente sprovvista di protezioni soccombe mentre hanno una vita agiata solo i raccomandati e i mafiosi. Non parlo solo di criminalità organizzata, è piuttosto una questione di mentalità mafiosa: si aiuta solo l’amico che può ricambiare il favore, si cura meglio il paziente illustre, si favorisce qualcuno per tornaconto, si ostacola chi ha troppo entusiasmo perché è una minaccia alla tranquillità, non si dona gratuitamente a chi ha talento. E così, dopo qualche vano tentativo di trovare uno sbocco professionale adeguato alla mia preparazione, nel 2006 ho deciso di andare all’estero.
Adesso vivi in Olanda. Come mai hai scelto proprio quel Paese?
Avevo visitato l’Olanda già nel 2001 grazie a una borsa di studio. Immagino che ormai tutti sappiano cosa sia il progetto Erasmus. L’Olanda è un Paese molto diverso dall’Italia, agli antipodi della Sicilia: si respira un senso di libertà ma anche di responsabilità che coesistono grazie a un solido equilibrio. Intendo dire che libertà, qui, non è sinonimo di anarchia. Già nel 2001 incontrai la ragazza che poi sarebbe diventata mia moglie, quindi, al momento di espatriare, cinque anni dopo, ebbi un motivo in più per scegliere i Paesi Bassi (altro nome per chiamare l’Olanda). Io vengo dalla terra della bellezza, del sogno e del mito, l’ho già detto, e sono approdato nella terra della concretezza, della libertà e delle opportunità. Sì, l’Olanda è un luogo dove a chiunque viene fornita la possibilità di mostrare ciò che vale, a prescindere dalle amicizie e dal lignaggio.
Dove abiti precisamente e di cosa ti occupi?
Abito a Groningen, nella provincia più settentrionale, dove insegno Giornalismo e Teoria dei Media presso la Hanze University of Applied Sciences. È un corso di laurea internazionale offerto completamente in lingua inglese e ho studenti da tutto il mondo. Scrivo anche romanzi che, per tematiche, riflettono la mia condizione di narratore immerso in un contesto multiculturale, attorniato da gente che ha viaggiato molto. Per esempio il mio ultimo libro, che si intitola Quintetto d’estate, è la storia di un lungo viaggio in camper che ha per protagonisti un insegnante di conservatorio e cinque ex allievi. Si parte proprio da Siracusa, col suo carico di tradizione classica, e si arriva fino in Lettonia attraversando il cuore dell’Europa. Ecco, per me raccontare storie che travalicano i confini nazionali e si contaminano con le usanze di altri popoli è la cosa più normale al mondo. Anche il libro precedente, Stelle di un cielo diviso, presentava elementi di confronto culturale. In quel caso avevo preso spunto da un viaggio a Cipro, dove mi ero recato per intervenire a una conferenza universitaria: il conflitto tra greci e turchi presenti sull’isola, insieme alle sensazioni di familiarità che il Mediterraneo aveva risvegliato in me, m’ispirarono quel romanzo, che ha per protagonista una giovane e ambiziosa donna inglese, sempre in viaggio tra Londra e Cipro passando per Parigi e le Isole Frisone, quelle meravigliose isole a Nord dell’Olanda fatte di dune, spiagge sterminate e villaggi deliziosi.
Come ti sei organizzato prima della partenza?
Tutto ciò di cui avevo veramente bisogno per scrivere, intensificare la collaborazione con giornali e riviste, creare una rete professionale e cercare lavoro era un computer. Quindi, pochi giorni prima della partenza, ho comprato un laptop robusto e affidabile nel quale riporre tutti i miei sogni.
Quali erano le tue paure più grandi e si sono rivelate fondate o meno?
Paure non direi. Preoccupazioni, semmai. La lontananza, lo spauracchio della nostalgia. Ma quella si cura tornando in vacanza nei luoghi che si sono amati da giovane. Non bisogna farsi limitare dalla nostalgia e vivere intrappolati nel passato. Non ha senso, basta un po’ di ragionevolezza per rendersene conto.
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Come hanno reagito amici, parenti e conoscenti davanti alla tua scelta?
Sono sempre stato in viaggio, nessuno si è meravigliato. Tutti sanno che le opportunità in Italia sono poche. I miei genitori hanno fatto quello che qualunque bravo genitore dovrebbe sempre fare: rispettare i progetti dei propri figli senza interferire.
È facile trovare un alloggio lì? Quali sono i costi medi?
Ultimamente gli alloggi scarseggiano ma il piano è quello di costruire più case. I costi sono generalmente alti perché riflettono l’alto tenore di vita di cui godono gli olandesi e la crescente scarsità di case disponibili. Non conosco i numeri esatti ma probabilmente siamo a livelli paragonabili a una città cara come Milano.
Come valuteresti la sanità, la burocrazia e i mezzi pubblici?
La sanità funziona bene ed è efficiente. Prima del Covid-19, la classifica dell’Euro Health Consumer Index dava il sistema sanitario olandese al secondo posto in Europa, preceduto solo dalla Svizzera. Il medico di famiglia è la porta d’accesso obbligatoria a tutti i servizi specialistici, che non sono mai privati, nel senso che i medici non speculano sulle spalle dei malati tramite costosissime visite private, lavorando come liberi professionisti. Quello che c’è da sapere è che qui bisogna stipulare obbligatoriamente un’assicurazione medica che copre quasi tutte le spese, di certo quelle fondamentali. Siamo a livelli che sfiorano tranquillamente i 200 Euro al mese a persona, ma chi ha un reddito sotto i 30.000 Euro riceve degli aiuti statali per pagarsela, quindi nessuno è escluso e tutti possono permettersela (al contrario dell’America, per intenderci).
È facile, per un italiano, avviare un’impresa o trovare lavoro lì?
In principio trovare lavoro è facile per chiunque. Dipende anche da cosa si cerca. Se per iniziare ci si accontenta di qualche lavoretto più umile, qualcosa si trova subito. In quel caso, l’unico ostacolo è l’altissimo costo della vita. Per avviare un’impresa è certamente più facile che in Italia, la burocrazia è più snella.
Come funziona, dal punto di vista burocratico, per vivere e lavorare in Olanda?
Per prima cosa, bisogna ottenere il BSN, che sarebbe l’equivalente del codice fiscale italiano. Lo rilascia il comune di residenza. Questo vuol dire che, prima di poter lavorare, è necessario avere una residenza. Con il BSN si può aprire un conto bancario, stipulare un contratto di lavoro, ricevere sussidi, pagare le tasse e scegliere – obbligatoriamente – un’assicurazione per le spese sanitarie.
È necessario saper parlare l’olandese?
Non è necessario solo per i lavori più qualificati e per quelli meno qualificati. Faccio un esempio: in Olanda ci sono molte aziende multinazionali e altamente specializzate che operano nel campo della tecnologia, della finanza e dell’energia. Spesso si avvalgono di professionisti di alto profilo, che reclutano in tutto il mondo. Di solito in queste aziende basta parlare inglese. Allo stesso modo, se una persona è in cerca di lavori come lavapiatti, aiuto cuoco, fattorino per le consegne, addetto alle pulizie o cameriere, di solito non ci sono problemi se non si conosce l’olandese. Se qualcuno decidesse di venire dall’Italia per lavorare come istruttore di nuoto, fisioterapista, psicologo, meccanico, eccetera, allora bisogna per forza che sappia parlare la lingua locale.
Come sei stato accolto dalla gente del posto?
Gli olandesi sono molto amichevoli ma altrettanto individualisti. Sono gentili e sorridenti, sempre pronti a scherzare o a condividere momenti spensierati. Detto questo, sanno essere molto chiusi nella propria sfera privata. In sedici anni che abito in Olanda, gli olandesi che mi hanno invitato a cena a casa loro si contano sulle dita di una mano. Preferiscono uscire, mangiare fuori, passeggiare, incontrarsi per attività sportive e culturali, ma l’accoglienza italiana, e in particolare siciliana, non sanno nemmeno lontanamente cosa sia.
C’è una comunità d’italiani? Ne fai parte?
Gli italiani sono dappertutto, specialmente nel settore della ristorazione, tra gli studenti e perfino come docenti in svariate facoltà universitarie, dove non di rado primeggiano grazie all’eccellente preparazione offerta dal sistema d’istruzione italiano. Peccato che l’Italia poi se li lasci sfuggire. Quando organizzo le presentazioni dei miei libri, trovo in quasi ogni città olandese un gruppo di italiani pronto a partecipare come pubblico e a restare a lungo per una chiacchierata come tra vecchi amici.
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Com’è la questione clima?
Un disastro. Non è quasi mai soleggiato e si hanno inverni bui seguiti da lunghissime giornate estive. Le minime non vanno molto sotto lo zero. È molto, molto piovoso. Bisogna sviluppare gli anticorpi contro la depressione da meteoropatia.
Quali sono, secondo te, i pro e i contro del vivere in Olanda?
A favore c’è la flessibilità della gente e delle istituzioni, la qualità della vita, la garanzia di vedersi riconosciuti i propri diritti. Di contro c’è la meteorologia avversa, che è il primo impatto, e l’estrema organizzazione di qualsiasi attività, che potrebbe creare stress e inficiare la spontaneità delle relazioni, perché qui è tutto un incastro assurdo di scadenze, programmazioni, doveri, regole e ottimizzazioni dell’agenda. Anche per organizzare una birra al pub, certi amici tirano fuori lo smartphone e pianificano l’incontro con settimane – a volte mesi – di anticipo, cosa che mi sembra un po’ vergognosa e alquanto artificiale.
Che consigli daresti a chi sta pianificando un primo viaggio nel Paese?
In Olanda vanno forti i musei, gli spettacoli, i concerti e la vita nei locali notturni. Ci si sposta con estrema facilità grazie a una fitta rete d’infrastrutture, per cui la si può girare agevolmente. Il consiglio è quello di non restare solo ad Amsterdam: ci sono gioielli come Leiden, Delft, Utrecht e Groningen che vanno visitati, per non parlare delle isole dell’arcipelago (consiglio Ameland e Schiermonnikoog).
E quali a chi, invece, vorrebbe trasferirsi lì?
Bisogna prepararsi all’idea che l’Olanda offre tanto ma chiede anche tanto. Si riesce anche a trovare il tempo per il riposo ma non è la meta adatta per chi ha voglia di relax e meditazione.
Una lezione che hai imparato finora vivendo in Olanda…
L’inclusione. Si pensa agli svantaggiati e li si aiuta concretamente. Lo Stato, e la società in genere, se ne fa carico.
Progetti per il futuro?
C’è un nuovo romanzo in cantiere, già in fase avanzata di lavorazione, e dei corsi online di editoria che rivolgerò ad aspiranti scrittori, con particolare attenzione ai racconti di viaggio.
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