La storia di Francesco, in viaggio da 1 anno per il Sudamerica

Di Enza Petruzziello

Ristoratore di Catania, Francesco un anno fa molla tutto per inseguire il suo sogno. Vende ciò che può e con un biglietto di sola andata parte per l’America. A Miami compra un van che camperizza. Questo gli permette di viaggiare e spendere davvero poco. Messico, Belize, Honduras, El Salvador, Costa Rica e Nicaragua: tanti i Paesi che visita. Come è cambiata la sua vita? «Non mi interessa più apparire in un certo modo, avere la macchina più bella o l’appartamento più figo. Se ci penso mi sento uno stupido ad aver sprecato tempo e soldi per cose che oggi reputo banali e che lasciano solo una felicità apparente. Ho imparato che tutto è possibile, basta solo volerlo davvero, che bisogna aiutare il prossimo e non essere indifferenti, che essere umili è un bene prezioso e che le cose davvero importanti non sono cose».

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«Quante cose sono cambiate, ma soprattutto quante cose sono cambiate in me. Non avrei mai pensato che viaggiare potesse cambiarmi nel profondo, che avrebbe toccato le corde della mia anima». A parlare è Francesco Rizzo, quarantenne di Catania, che più di un anno fa molla tutto per viaggiare.

Francesco trasforma in realtà quello che è stato per molto tempo soltanto un bel sogno. Prende in mano la sua vita, seguendo il suo istinto. Vende tutto ciò che è in suo possesso in cambio di un sogno e con un biglietto di sola andata nell’ottobre del 2021 parte per l’America, senza più voltarsi indietro.

A Miami compra un van che camperizza con le sue mani, lavorando per strada sotto il sole. Lo fa come meglio può, con i pochi attrezzi a sua disposizione. In 3 settimane riesce a trasformarlo in quella che adesso chiama casa. Del viaggiare in van ama soprattutto la libertà e l’indipendenza. Attraversa la Florida, l’Alabama, la Louisiana e il Texas per dare inizio alla sua avventura in Messico, terra straordinaria e sorprendente con una cultura ben radicata. Ci rimane per ben 5 mesi. Tra una sosta e l’altra, infatti, conosce una donna strepitosa, Jocy, che diventa la sua inseparabile compagna di viaggio.

Oltre al Messico visita il Guatemala, il Belize, l’Honduras, El Salvador, una parte del Costa Rica e il Nicaragua. Dove si trova adesso? Ad Ometepe, l’isola più grande al mondo su un lago di acqua dolce. Lo abbiamo incontrato mentre col suo van percorreva le strade del Nicaragua. Ecco cosa ci ha raccontato.

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Francesco, da dove nasce la tua voglia di libertà e di indipendenza?

«Sin da giovanissimo desideravo essere indipendente, avere i miei soldi e non chiedere niente a nessuno. Proprio per questo nella stagione estiva, già all’età di 15 anni cercavo sempre un lavoretto che potesse farmi guadagnare qualcosa: fattorino, cameriere, lavorare da mio padre come aiuto fabbro. A quei tempi la leva era ancora obbligatoria ed avevo già effettuato diversi rinvii, quindi decisi di ritirarmi dagli studi e partire volontario. Poco dopo m’imbarcai su una nave militare, ad Augusta precisamente, che dista solo 40 km da Catania. Pensai di essere stato molto fortunato ad essere così vicino casa, ignaro che questa benedetta nave faceva una miriade di missioni in mare aperto, soprattutto vigilanza pesca (praticamente si controllava che i pescatori italiani non andassero in territori africani e viceversa) e anti immigrazione. Mi ritrovai rinchiuso per 1 anno su questa nave, con soli 50 membri di equipaggio, isolato dal mondo ed in più ero l’ultimo arrivato. Non posso dire che a bordo c’erano chissà quali pratiche di nonnismo, però, se c’era qualcosa di scocciante da fare ovviamente toccava a me! Oggi questa esperienza la ricordo come qualcosa di molto costruttivo, che in parte mi ha formato e mi ha fatto anche capire che nella mia vita non avrei mai voluto sottostare o sottomettermi a determinati meccanismi. All’epoca invece l’ho vissuta quasi come un castigo. Beh tante cose si comprendono solo col passare del tempo!».

Di cosa ti occupavi a Catania?

«Da circa vent’anni ho un ristorante. Poco prima del congedo, infatti, mi arrivò la proposta da parte di quello che era il fidanzato di mia sorella, fortunatamente tutt’oggi cognato, che mi chiese di gestire insieme a lui e un mio cugino un ristorante molto carino al centro di Catania! Avevo solo 19 anni, quindi la prima cosa che feci fu chiedere consiglio a mio padre, che già aveva una sua piccola impresa che ci faceva vivere dignitosamente. La sua risposta fu: “Se ti piace l’idea fallo, non voglio e non pretendo che tu segua le mie orme. Wowww non ci pensai neanche e da lì cominciò la mia esperienza lavorativa nell’ambito della ristorazione!».

Che cosa ti ha spinto, un anno fa, a metterti in viaggio?

«Tutto nasce da molto prima. Avevo una fidanzata, una viaggiatrice incallita. Ascoltare i suoi racconti mi ha aiutato ad aprire la mente. Insieme abbiamo viaggiato in Argentina, suo Paese d’origine, e questo mi è servito tantissimo. Il Covid è stata la ciliegina sulla torta. Lavorare nella ristorazione è complesso. È una vita totalmente sacrificante. Bella e ricca di soddisfazioni, sicuramente, ma che comporta tanti sacrifici che ho dovuto affrontare fin da giovane. Durante il Covid il ristorante andava malissimo. Siamo stati chiusi per mesi con tutte le difficoltà economiche che ben conosciamo. Questo mi ha spinto a rivedere la mia vita e a prendere la decisione di partire. Un giorno, di fronte all’ennesima bolletta, mi girai verso la mia ragazza (oggi ex), e le dissi: “Beh perché non molliamo tutto e partiamo?”».

Così hai venduto tutto, lasciato i tuoi cari che ti mancano tantissimo, e senza pensarci sei partito. Raccontaci gli inizi del tuo viaggio.

«Sì, dopo pochi mesi, il tempo di organizzarmi, siamo partiti arrivando in Messico. L’idea, infatti, era di rimanere qui un mese, per poi entrare negli Stati Uniti che all’epoca avevano adottato tutta una serie di restrizioni per chi veniva dall’Europa. Il nostro rapporto, già in crisi, ne ha risentito e dopo due settimane e mezzo in Messico ci siamo lasciati. È stato in quel momento che sono uscito totalmente dalla mia comfort zone. Non parlavo né inglese né spagnolo. Mi sono ritrovato dall’altra parte del mondo solo. Ma in questo momento ho riscoperto un nuovo me. Quando non si hanno altri appigli, ci si arrangia. Ho cominciato a studiare come un pazzo lo spagnolo, parlando tantissimo con le altre persone. A questo punto sono andato a Miami, una scelta mirata perché qui ho la fortuna di avere un’amica che mi ha ospitato giusto il tempo di cercare il van e ristrutturarlo».

Come mai la scelta di camperizzare un van e in che modo l’hai trasformato?

«Credo di aver comprato, se non il van più vecchio della Florida, sicuramente il meno caro e in un mese sono riuscito a sistemarlo e renderlo abitabile. Mio padre è fabbro e quindi ho abbastanza dimestichezza con tutti gli arnesi. Così a metà dicembre è iniziato il mio viaggio, attraversando tutti gli Stati che dalla Florida separano il Messico: l’Alabama, la Louisiana e il Texas».

Un viaggio nel viaggio verso quella che è stata la prima tappa: il Messico. Qui sei rimasto ben 5 mesi e hai conosciuto quella che definisci una donna strepitosa, Jocy, diventata anche la tua compagna di viaggio. Ti va di parlarci del tuo soggiorno in Messico?

«Sono arrivato in Messico a ridosso del Natale, ho avuto la fortuna di conoscere una famiglia che mi ha ospitato per tutte le feste natalizie trattandomi come uno di loro. È stata un’esperienza fantastica e davvero molto bella. Dopo questi dieci giorni è ricominciato il mio viaggio. Ho visitato varie località del Messico e per purissimo caso ho conosciuto Jocy a Puebla. Anche lei viaggiava sola. Così per scherzo le chiesi di provare a viaggiare con me in van. Lei aveva già il biglietto di ritorno per l’Italia. Dovevano essere solo pochi giorni, e alla fine non ci siamo più separati. Il Messico è bellissimo, ha una ricca cultura e le persone sono molto disponibili. Hanno un cuore enorme. Ho avuto problemi con il van in strada e in tantissimi si sono fermati per aiutarmi. Ho avuto anche esperienze toste: ho incontrato bambini armati di mitragliatrici, ci è stato puntato un mitra contro. In Chiapas ho temuto quando in una comunità, dove la polizia non ha alcun potere, mi ha chiamato il capo villaggio chiudendomi in casa sua con altri 6 uomini perché voleva essere pagato. Fortunatamente riesco a gestire con eleganza tutte le situazioni».

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Oltre al Messico avete visitato il Guatemala, il Belize, l’Honduras, El Salvador, una parte del Costa Rica e il Nicaragua. Che esperienze sono state?

«Il Belize è in assoluto il Paese che ci è piaciuto di meno e infatti ci siamo rimasti solo due settimane e mezzo. C’è una povertà indescrivibile, per strada vedi tanta gente ubriaca e drogata. È un paese molto pericoloso e sicuramente non pronto al turismo. Allo stesso tempo è davvero caro. Pensa che 4 pomodori costano 5 euro. Il Guatemala, invece, è stata una grandissima scoperta. È una terra fantastica sia dal punto di vista paesaggistico che culturale. Qui siamo rimasti più di due mesi. Poi è stata la volta dell’Honduras e, come il Belize, non ci ha entusiasmato. Le strade sono distrutte ed è pericolosissimo guidare qui. Non c’è nulla. Siamo rimasti un mese perché abbiamo deciso di spostarci a Roatán, un’isola meravigliosa con la seconda barriera corallina più grande del mondo. Abbiamo trovato tanti amici, anche italiani. El Salvador è stato una sorpresa, nonostante sia considerato uno dei paesi più pericolosi. In realtà, grazie alla nuova politica adottata dal governo, abbiamo trovato un territorio super sicuro e un’accoglienza incredibile da parte della gente del posto».

Dei tanti luoghi visitati, qual è il posto che ti è rimasto più nel cuore e perché?

«Sono innamorato di due Paesi: il Messico per la sua cultura, la gente meravigliosa e l’accoglienza, e poi il Costa Rica per la sua natura incredibile. Purtroppo quest’ultimo ha perso quell’identità culturale tipica degli altri paesi che ho visitato. È diventato molto simile all’Occidente, totalmente orientato al turismo. Non ho sentito la magia che invece ho trovato altrove. È pieno di americani, resort, hotel e ristoranti. Avendolo visitato 12 anni fa, l’ho trovato completamente cambiato. A livello di paesaggi e di natura, però, è assolutamente al primo posto».

Dove vi trovate adesso? E che cosa state facendo?

«Siamo quasi da due mesi in Nicaragua. Anche qui c’è gente speciale e meravigliosa. La cultura nicaraguense non ci affascina molto perché è basata soprattutto sulla guerriglia. Nell’ultimo mese abbiamo cambiato il nostro modo di viaggiare. Lo facciamo di meno, imbattendoci in paesini sperduti dove la povertà è davvero dilagante. Cerchiamo di aiutare le persone, cucinando per loro e dandoci da fare. Quando si può fare qualcosa, lo facciamo con immenso piacere. Nel van abbiamo sempre del cibo per i gatti e i cani. In Nicaragua ce ne sono tantissimi denutriti e quando li vediamo per strada ci fermiamo dandogli da mangiare. Abbiamo sempre biscotti e dolciumi per i bimbi che sono felicissimi quando ci vedono arrivare. Facciamo piccole beneficenze ed è una cosa che ci arricchisce immensamente e che consiglio a tutti di provare. Ci fa stare bene e vedere le loro facce felici e grate è davvero impagabile».

Com’è viaggiare in un van camperizzato?

«Per molti versi è una gran figata. Hai libertà assoluta, viaggi quando vuoi, ti fermi quando vuoi, e sei totalmente indipendente. Immaginavo potesse essere bello, ma non così tanto. I contro, soprattutto per chi non è abituato, sono tantissimi. Sicuramente non è una vita che possono fare tutti per così tanto tempo. Gli spazi sono ristretti, la doccia è solo esterna, non hai la climatizzazione e anche cucinare diventa un problema. Per non parlare degli insetti. Siamo quasi sempre in mezzo alla giungla e nonostante abbiamo le zanzariere, ci tormentano. Abbiamo dormito con gli scorpioni, ragni, invasioni di formiche, blatte, cavallette ecc. I morsi di zanzare sono per me la cosa peggiore in assoluto. Viaggiare in van mi è servito tantissimo per conoscere Jocy. Due persone che si sono appena incontrate e che cominciano a vivere a stretto contatto può essere una prova molto dura. Noi siamo sempre insieme 24 ore su 24. Molti ci chiedono: “Ma come fate a sopportarvi?” Beh, semplicemente non lo facciamo. Abbiamo la fortuna di esserci trovati e di andare molto d’accordo. Se non si ha la persona giusta accanto non è un’esperienza che si può fare, diventa una guerra».

Viaggiare per un anno non deve essere facile nemmeno da sostenere economicamente. Il tuo segreto è farlo con pochi soldi. Come ci riesci? E in che modo ti mantieni?

«Questa esperienza è stata studiata perché riesco a vivere con l’affitto del ristorante che divido con gli altri 3 soci. Dopo la pandemia, infatti, abbiamo deciso di affittarlo. Probabilmente in Italia questi soldi non sarebbero bastati, ma qui riesco a gestirmi. Da quando ho conosciuto Jocy siamo in due e le spese si dividono e ammortizzano. C’è da dire che facciamo una vita molto spartana e senza lussi. Le uniche spese che abbiamo sono la benzina, il cibo e l’ingresso in qualche parco. Non ci accampiamo mai nei campeggi. Siamo sempre in libera e abbiamo avuto sempre la fortuna di trovare famiglie che ci hanno accolto e ci hanno aperto le loro porte. Tante persone pensano che per fare un viaggio del genere si debba essere ricchi: non sono assolutamente ricco e si può benissimo viaggiare spendendo poco. Basta organizzarsi bene».

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Consigli per chi sta pensando di fare un viaggio così?

«Bisogna fidarsi del proprio istinto e ascoltare l’Universo. Sembrano frasi fatte, ma io quasi sempre ho seguito l’istinto e colto i segnali dell’Universo. Arrivano, sono veri. Non c’entra nulla la vita che si fa in un van rispetto alle foto che si vedono su Instagram. Non è tutto “wow”. Ci sono tanti aspetti belli ma anche altri che non è facile vivere e sopportare. Ci vuole un grandissimo spirito di adattamento. Ovviamente sono disponibile per qualsiasi informazione».

Come è cambiata la tua vita da quando sei in viaggio?

«È cambiato tutto. A partire dalle cose più banali come l’abbigliamento: ormai uso solo le infradito, i pantaloncini e t-shirt. Jeans, camice, scarpe chiuse sono un lontano ricordo. È tutto un altro stile di vita. Ho scoperto di avere tantissimi capelli! È la prima volta in vita mia che li faccio crescere, sarà più di un anno che non li taglio. È sicuramente cambiato il modo di vedere la vita, non mi interessa più apparire in un certo modo, avere la macchina più bella o l’appartamento più figo. Se ci penso mi sento uno stupido ad aver sprecato tempo e soldi per cose che oggi reputo banali e che lasciano solo una felicità apparente. Quello che desidero dal futuro è lavorare il giusto e godermi il mio tempo libero. In Sudamerica la vita è diversa e si riesce a vivere con poco. Ho imparato che tutto è possibile, basta solo volerlo davvero, che bisogna rispettare e aiutare il prossimo e non essere indifferenti, che essere umili è un bene prezioso e che le cose davvero importanti non sono cose. Ho dato tanto, ma ho anche ricevuto tantissimo da persone sconosciute e questo mi riempie l’anima e il cuore».

Progetti per il futuro? Tornerai in Italia?

«Sì, la vera avventura è che rientreremo in Italia per salutare i nostri cari e i nostri amici. Penso che lo shock sarà impressionante. Dopo un mese ritorneremo nuovamente in Costa Rica e da lì spero che abbia inizio la creazione del mio progetto lavorativo. Mi piacerebbe aprire un’attività e stabilirmi definitivamente in Sudamerica».

Per contattare Francesco ecco i suoi recapiti:

Instagram: https://www.instagram.com/goditilviaggio/

Facebook: Goditilviaggio

Facebook personale: https://www.facebook.com/francesco.rizzo.712