Francesca: la mia vita in Tanzania

A cura di Nicole Cascione

Francesca nel 2008 si laurea in Filosofia – indirizzo economico a Milano e a settembre parte per la Tanzania con il servizio civile, per un progetto educativo a Ilunda (regione di Njombe). Un anno interessante che le permette di conoscere la cultura del posto e le offre la possibilità di fare esperienza sul campo nella gestione di progetti.

Dopo il servizio civile Francesca rientra in Italia, dove lavora per qualche mese in una biblioteca come archivista per poi ritornare in Tanzania nel 2010 e fermarsi fino ad oggi. Cosa l’ha spinta a tornare in Tanzania? Ce lo racconta lei stessa…

Tornata in Tanzania ho trovato lavoro presso WHY onlus, una piccola ong che aveva diversi progetti educativi nel sud dell’isola di Zanzibar. Ho lavorato per: migliorare l’insegnamento nelle scuole elementari, ristrutturazione e dove necessario costruzione di nuovi asili. Mi occupavo della gestione del progetto e li aiutavo nell’accoglienza di volontari e turisti che alloggiavano nella guest house avviata dalla stessa ong (turismo responsabile).

Era un’ottima opportunità per fare più esperienza nella gestione di progetti in paesi in via di sviluppo. Ho imparato molto sia per quel che riguarda la gestione finanziaria che del personale locale.

Al termine di questa esperienza sono partita per Arusha dove ho lavorato per una compagnia di safari per circa 5 anni. Prima esperienza nel profit al 100%!

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Mi é servito molto per imparare tecniche di marketing e per conoscere un altro aspetto del paese, dalla parte del business: cosa significa aprire un’attività in Tanzania, le potenzialità del paese, le sfide, i limiti e anche per entrare in contatto con un’altra fascia della popolazione (lavoratrice, formata all’università, intraprendente).

La Tanzania ha grandi potenzialità nel settore del turismo. Si possono fare safari meravigliosi e parecchio gratificanti in termini di avvistamenti, per non dimenticare la possibilità di scalare il monte Kilimanjaro, la vetta più alta d’Africa! Un altro settore importante è l’agricoltura, la Tanzania ha circa 40 milioni di ettari coltivabili di cui solo circa il 30% è utilizzato.

francesca tanzania

Le potenzialità sono quindi enormi e possono contribuire alla crescita del paese.Un limite, a mio parere, è il livello ancora troppo basso dell’educazione. Gestendo una casa famiglia ho modo di conoscere dal di dentro il sistema scolastico dall’asilo all’università. Nelle scuole governative ad esempio gli insegnanti sono troppo pochi in relazione al numero di studenti, in alcune scuole rurali si possono avere circa 600 studenti ed un solo professore di fisica.

Avendo pochi insegnanti e risorse, diventa davvero difficile poter insegnare al meglio e formare i futuri cittadini.Tornando alla mia storia personale, in questi anni ho conosciuto quello che è diventato successivamente mio marito, con cui ho avuto due bimbe di 7 e 2 anni.

Cosa significa crescere dei figli in Tanzania?

E’ una bella sfida! Negli anni dell’infanzia credo sia un posto meraviglioso dove i bambini sono a contatto con la natura, grandi spazi dove giocare, possibilità di interagire con bambini da diverse parti del mondo e in generale i bambini possono sviluppare al massimo le competenze motorie, sociali e cognitive. Durante l’adolescenza gli stimoli sono pochi e non si ha molta scelta di attività extrascolastiche/gruppi a meno che non si frequenti una scuola internazionale che offre più o meno quello che si può trovare in una scuola europea.Nel mio caso è anche una doppia sfida perchè si tratta di combinare due culture diverse, ma i bambini sono i migliori mediatori e riescono a rendere tutto semplice e naturale.

Come ho accennato precedentemente, gestisco una casa famiglia. Il padre di mio marito nel 2003 aveva avviato un orfanotrofio ma non aveva più energie e, credo, voglia di proseguire, così nel 2016 ho deciso di unirmi a loro e aiutarli nella gestione.Ho trasformato l’orfanotrofio in una piccola casa famiglia che accoglie ragazzi problematici per poco tempo con l’obiettivo di reinserirli il prima possibile in un’altra famiglia. Lo scopo é “un bambino una famiglia”.

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Dal punto di vista economico sto cercando di rendere il centro autosostenibile. Abbiamo una piccola farm: orto, mucca (latte), galline (uova), maiali (vendiamo i piccoli ad altri allevatori e gli adulti alle macellerie), pesci.Da due anni faccio consegne di pasta fatta in casa e cibi pronti italiani surgelati (lasagna, parmigiana, ravioli, gnocchi …). Partito un po’ per gioco si sta trasformando in un vero business e in questi mesi di Pandemia le entrate ci hanno aiutato a sostenere le piccole spese quotidiane.

Per cucinare uso i prodotti della nostra farm e coinvolgo i nostri ragazzi del centro che così imparano sia la parte cucina che il packaging e vendita (i più grandi mi accompagnano al farmers market).

Vivere qui ovviamente comporta delle difficoltà per lo più culturali e per quanto tu possa vivere qui da tanto tempo resti sempre bianca. La cosa che mi piace di più é l’umanità che ancora c’è in questo paese, dove le relazioni vengono prima del lavoro. Lo stare insieme, il condividere e l’aiutarsi. Il contesto internazionale (europei, americani, indiani …) il poter interagire e imparare da persone diverse dalla tua cultura credo sia molto bello. L’Italia manca, in particolare la famiglia che non vedo da quasi 3 anni, la possibilità di stare insieme.

Per fortuna internet aiuta a mantenere i contatti, inviare video/foto e in qualche modo accorcia le distanze! Se ancora sono qui é perché credo in questo progetto e che posso fare la differenza per i ragazzi che aiutiamo.

A chi consiglierei la Tanzania?

Per vacanza la consiglierei a chiunque! E’ un paese sicuro, la gente accogliente e ovviamente posti stupendi da visitare: savana, mare e montagna!Per viverci la consiglierei a chi ama la natura, i ritmi lenti e a chi possiede  spirito imprenditoriale ed è creativo abbastanza da potersi adattare a un nuovo ambiente e cultura.

Le potenzialità come scrivevo sono enormi ma bisogna sapersi muovere all’interno di leggi, usi e costumi diverse dal mondo Occidentale. La sconsiglierei a chi vuole avere tutto sotto controllo ed elevati livelli di comfort nella quotidianità.

italiani in tanzania

Cosa vedo nel mio futuro?

Come famiglia di essere sempre più uniti, in salute e che le bimbe crescano serene e ben educate così che possano un giorno essere libere di fare le loro scelte.

Come associazione di poter aiutare sempre più famiglie nella nostra comunità, la classe disabili nella scuola del paese e di trasformare la casa famiglia in posto di recupero/emergenza per bambini/giovani/donne in pericolo. Una sistemazione temporanea che li aiuti ad alzarsi e proseguire le loro vite in modo autonomo.

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Penso soprattutto ai bambini, in Tanzania nessun bambino è solo, si dice “kila mtu ni ndugu”, in senso lato significa che tutti siamo fratelli. In collaborazione con altre associazioni locali stiamo avviando un progetto di reintegrazione di più bambini possibili, al momento residenti negli orfanotrofi, nelle loro famiglie di origine o in famiglie adottive.

La legislazione locale punta in questa direzione ma avendo poche risorse i servizi sociali devono ancora rifarsi agli orfanotrofi per aiutare i bambini in difficoltà. Siamo ancora alla fase iniziale di progettazione e creazione network tra fondazioni locali e internazionali ma, entro fine anno, fondi permettendo, l’obiettivo è di avere un gruppo di lavoro, sensibilizzato la comunità locale sull’argomento, creato un gruppo di famiglie adottive e naturalmente reinserito nelle loro famiglie allargate tutti i bambini che pur avendo un parente disposto a stare con loro erano in un orfanotrofio

.Infine c’è “Mama Sofia’s” l’attività che in questo anno pandemico ci sta aiutando a coprire i costi di gestione della casa famiglia. Vendiamo pasta fresca fatta in casa e altri prodotti tipici italiani come lasagna, gnocchi, ravioli e tanto altro! Il punto forte è che sono tutti prodotti fatti a mano, di qualità e con ingredienti per lo più a km zero.

Il sogno è quello di poter rifornire i supermercati di Arusha e di altre città della Tanzania (Dar, Mwanza, Dodoma) e perchè no, esportare in East Africa!

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