Vivere in contesti urbani fa male alla salute

A cura di Enza Petruzziello per Voglio Vivere Così Magazine

Vivere in città fa male. La colpa? È degli stili di vita scorretti legati all’urbanizzazione. Sono proprio loro, infatti, tra i principali responsabili dei due terzi delle malattie che si registrano nelle città. A dirlo è l’11th Italian Diabetes & Obesity Barometer Forum promosso dall’Health City Institute insieme con Italian Barometer Diabetes Observatory (IBDO) Foundation, l’Università di Roma Tor Vergata, Osservatorio sulla salute nelle Regioni italiane, I-Com e Cities Changing Diabetes.

Inquinamento atmosferico, inattività fisica, comportamenti individuali poco salutari stanno lentamente mettendo a rischio la salute delle persone che abitano in contesti urbani. A rappresentare la principale causa di morte – secondo gli esperti – sono le malattie cardiovascolari che assieme a tumori, diabete e disturbi respiratori cronici costituiscono oggi il principale rischio per la salute e lo sviluppo umano.

«L’ambiente creato dall’urbanizzazione ha un forte impatto sulla salute dei cittadini», spiega Andrea Lenzi, presidente del Comitato di Biosicurezza, Biotecnologie e Scienze della Vita della presidenza del Consiglio dei ministri e presidente dell’Health City Institute. «I dati che abbiamo a disposizione indicano però – aggiunge – che solo un terzo del problema sia legato all’inquinamento atmosferico; ben i due terzi è correlato a comportamenti individuali che spesso lo stile di vita cittadino porta ad adottare e che mettono in serio pericolo la salute».

Sul banco degli imputati c’è soprattutto l’inattività fisica, colpevole di 3,2 milioni di morti ogni anno. Seguono l’ipertensione con 0,4 milioni, l’obesità responsabile di 4,4 milioni di morti annui e l’inquinamento di 3,7 milioni. Non solo. Da un’analisi dell’impatto sui sistemi sanitari in termini economici è emerso che la mancanza di sport e uno stile di vita sedentario sono costati oltre 37 milioni di dollari nel 2013, tra spese sanitarie e perdita di produttività, il diabete è stato responsabile di un aumento della spesa sanitaria da 612 a oltre 1.000 miliardi di dollari negli ultimi 10 anni e l’inquinamento atmosferico ha avuto un impatto sulla spesa sanitaria di 21 miliardi di dollari nel 2015.

«Malattie come il diabete e l’obesità, responsabili anche di un aumento del rischio cardiovascolare, costituiscono un serio problema per le città», dice Francesco Purrello, Presidente Società Italiana di Diabetologia (SID). «Basti pensare al fatto che il 65% delle persone con diabete vive in ambiente urbano e ben il 44% di tutti i casi di diabete tipo 2 è attribuibile proprio all’obesità e al sovrappeso, malattie legate soprattutto agli stili di vita scorretti.

Questi dati sono ancora più preoccupanti se si considera che il rischio complessivo di morte prematura raddoppia ogni 5 punti di crescita dell’indice di massa corporea: una persona con diabete e sovrappeso ha quindi un rischio raddoppiato di morire entro 10 anni, rispetto a una persona con diabete di peso normale, e una persona con diabete e obesa addirittura un rischio quadruplicato. Per non parlare poi del fatto che quella che viene definita ‘diabesità’ è strettamente legata alla principale causa di morte in assoluto: le malattie cardiovascolari. Infatti, la prevalenza delle malattie cardiovascolari nel diabete, ossia il numero di persone con diabete che vanno incontro nella loro vita ad almeno un evento cardiovascolare, è del 23,2 per cento: in pratica una su 4».

«Il problema non può più essere sottovalutato, tanto più considerando la crescita costante della popolazione urbana mondiale, che ogni anno aumenta di circa 60 milioni di persone», afferma Domenico Mannino, Presidente Associazione Medici Diabetologi (AMD).

E le cose in futuro non andranno meglio. Secondo l’International Diabetes Federation nei prossimi 25 anni 3 persone con diabete su 4 vivranno nelle città. È tempo quindi sia di pensare diversamente la nostra vita e di cambiare i nostri comportamenti come cittadini ma anche fare in modo che i centri urbani siano più salutari. D’altronde non è la prima volta che viene posto l’accento sulla correlazione tra ambiente e malattia e sul ruolo fondamentale che il clima ha per la salute umana e anche sull’umore. Posti caldi, dove il clima è mite e la vita scorre tranquilla, in cui è possibile passeggiare all’aria aperta e praticare attività, infatti, rappresentano quell’elisir di lunga vita che in città è difficile trovare.

Chi non può trasferirsi o spostarsi è dunque spacciato? No. A patto, però, che si inizi ad invertire la rotta. «Gli amministratori della città – sostiene Mannino – saranno sempre più in prima linea, nel collaborare con i medici, per contrastare questo fenomeno. Importante può essere quindi la sinergia tra Amministrazione Cittadina, Università, Enti di Ricerca e Imprenditoria privata». Solo così chi vive in città può sperare in un futuro migliore per sé e i suoi figli.