Remote workers e digital nomads

La pandemia da Covid-19 ha avuto un forte impatto sulle nostre vite e anche sul mondo del lavoro. Durante i vari lockdown, infatti, sempre più persone sono state costrette a lavorare da casa e, adesso che la pandemia è ormai alle nostre spalle, molti freelance e tante aziende hanno deciso di optare per il lavoro da remoto per sé stessi o per i loro dipendenti.

Spesso, confondiamo il termine “lavoratore da remoto” con “nomade digitale”. Andiamo a vedere le differenze fra le due tipologie di lavoratori:

  • Lavoratori da remoto (remote workers). Il lavoratore da remoto è dipendente di un’azienda e, come tale, deve sottostare alla sua policy. Egli lavora in una città diversa da quella in cui ha la residenza, e può andare anche all’estero, ma in generale lo fa soltanto per qualche mese l’anno. Molti remote workers, sperimentata in prima persona la libertà che si prova nel lavorare da remoto, diventano poi nomadi digitali.
  • Nomadi digitali (digital nomads). Questo tipo di lavoratore è impiegato nel mondo del digitale e non ha una base fissa. Egli lavora viaggiando oppure si ferma per un certo arco di tempo in uno o più Paesi, ma poi riparte. Il nomade digitale può essere un freelance ma anche un imprenditore o il dipendente di un’azienda che gli offre una grande flessibilità. Spesso, i nomadi digitali sono minimalisti e quindi hanno pochissimi possedimenti fra cui il laptop, il passaporto e, ovviamente, un bagaglio (di solito, uno zaino) che si caricano sulle spalle mentre viaggiano da un Paese all’altro.

La carica dei lavoratori da remoto in Europa

Se, prima della pandemia da Covid-19, ci avessero detto di quante persone avrebbero cominciato a lavorare da remoto in quel periodo, non ci avremmo creduto. La transizione dal lavoro tradizionale a quello da remoto – per quei mestieri in cui è possibile farla, e sono tanti – è cominciata come una sorta di obbligo per rispondere alle esigenze date dai vari lockdown e dalle misure anti-Covid.

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Era necessario stare a casa e quindi, per esempio, un grafico pubblicitario ha ottenuto dall’azienda il permesso di lavorare da remoto, senza doversi più recare in ufficio ogni giorno.

Molte aziende e molti freelance si sono resi conto che il lavoro da remoto migliora la produttività della persona, il suo management e il bilancio fra lavoro e vita personale.

Prima e dopo il Covid-19

Gli studi ci informano che, prima della pandemia da Covid-19, soltanto il 5.4% dei lavoratori svolgeva il proprio impiego da remoto e solo il 36% dei lavoratori autonomi lavorava da casa. Secondo le statistiche dell’ILO, solo il 7% della popolazione mondiale lavorava da remoto. Le aziende, dal canto loro, avevano fra i punti di focus quello del creare e mantenere i rapporti fra i dipendenti, puntando molto sul team-building. Per fare tutto ciò, era necessario che i lavoratori andassero regolarmente in ufficio.

Lavoratori da remoto

Ora la situazione è cambiata. Come abbiamo accennato, il periodo della pandemia da Covid-19 ci ha costretti a modificare il nostro stile di vita e, per rispondere all’emergenza dei vari lockdown, è stato necessario, per tante persone, iniziare a lavorare da casa. Anche le aziende hanno dovuto cambiare o ampliare il proprio mindset, rendendosi conto che, al momento, non c’erano soluzioni se non quella di permettere ai loro dipendenti di lavorare da remoto.

Si stima che durante il periodo del Covid-19 il 70% dei lavoratori abbia lavorato proprio da remoto. Upwork ha condotto uno studio che rivela come il 61.9% delle aziende abbia poi deciso di pianificare più lavoro da remoto negli anni successivi alla pandemia.

Gli studi rivelano inoltre che, nel 2022, il 16% delle aziende a livello mondiale operava completamente in smart-working.

Niente più tragitto casa-lavoro

Chiedendo ai lavoratori che ancora si recano in ufficio qual è uno degli aspetti più negativi di questa situazione, in molti risponderebbero il tragitto casa-lavoro e viceversa che, specialmente nelle grandi città, a volte li costringe a ricoprire grandi distanze e ad affidarsi ai mezzi pubblici oppure a dover combattere contro il traffico.

Chi lavora da remoto, ovviamente, non deve mettere in conto ore imbottigliato nel traffico, ritardi o scioperi dei mezzi pubblici e non deve affrontare il maltempo o il caldo eccessivo durante il tragitto casa-lavoro o al rientro. Questo permette ai lavoratori da remoto di risparmiare tempo e di arrivare davanti al computer freschi e lucidi, invece che già stanchi e arrabbiati.

Ciò valorizza anche il loro tempo qualitativo. Invece che passare un’ora nel traffico, possono trascorrerla con i propri cari oppure a studiare.

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Cosa ne pensano i lavoratori

Gli studi hanno rivelato come i lavoratori non pensino che lavorare da casa li renda meno produttivi, anzi, il 90% dei lavoratori da remoto ha dichiarato di essere tanto produttivo quanto lo era quando andava in ufficio.

L’84% dei lavoratori si è trovato così bene a lavorare da remoto durante il periodo del Covid-19 che, quando gli è stato chiesto se, una volta finita la pandemia, avrebbe voluto continuare a lavorare da remoto, la risposta è stata sì, dicendo di essere disponibili anche a essere pagati un po’ meno pur di mantenere lo status di lavoratore da remoto.

Possiamo dire, quindi, che i lavoratori da remoto sono generalmente più felici nel loro impiego e questo li porta a lavorare in quel settore o nella stessa azienda per periodi generalmente più lunghi rispetto a quelli dei lavoratori tradizionali.

Lavorare da remoto fa sì che i lavoratori siano meno stressati, abbiano più tempo per la vita privata e per i rapporti interpersonali e molti hanno delle ore di lavoro flessibili. Ciò fa sì che essi possano gestire al meglio la propria vita e non sentirsi intrappolati in una routine sempre uguale.

Gli effetti del lavoro da remoto sulle aziende

Molte aziende, visti i benefici dati dal lavoro da remoto, hanno deciso di continuare a mantenere tutti o alcuni dipendenti in questa modalità anche una volta finita l’emergenza da Covid-19. Alcune aziende hanno optato per un formato ibrido, nel quale i dipendenti lavorano alcuni giorni da remoto mentre altri giorni devono recarsi in ufficio.

L’84% dei manager aziendali vede come una priorità il benessere dei suoi dipendenti ed è evidente come lavorare da remoto, come abbiamo già accennato, porti diversi benefici per il lavoratore, come avere meno stress, non dover fare il viaggio casa-lavoro e avere più tempo per sé e per la famiglia.

I Paesi europei con il maggior numero di lavoratori da remoto

Uno studio ha rivelato come, a marzo 2022, il principale Paese europeo per numero di lavoratori da remoto fosse la Germania.

Tuttavia, quando è cominciata la pandemia da Covid-19, la Spagna è stata il Paese con il maggior numero di aumenti nelle visualizzazioni delle offerte di lavoro per lavori da remoto su LinkedIn. In Spagna, infatti, il 169% dei lavoratori che si candidava per un lavoro, sceglieva un annuncio per una posizione da remoto.

I principali settori che, in Europa, permettono di lavorare da remoto sono:

  • Tecnologie dell’informazione
  • Marketing digitale
  • Servizio clienti
  • Costruzione

Queste, secondo Job Flare, un’agenzia di collocamento, sono le migliori aree lavorative in cui fare domanda per un lavoro da remoto.

Per quanto riguarda le dimensioni delle aziende, gli studi hanno rivelato che quelle più flessibili in termini di lavoro da remoto sono le aziende che contano fra i 1001-5000 e i 500-200 dipendenti.

Perché il lavoro da remoto continuerà anche nel futuro

In molti si sono chiesti se, una volta finita la pandemia da Covid-19, quello che sembrava solo un trend momentaneo – ovvero, quello del lavoro da remoto – sarebbero continuato o meno, e la risposta è davanti ai nostri occhi.

Gli studi rivelano chiaramente come la maggior parte dei lavoratori voglia lavorare da remoto, anche solo per alcuni giorni la settimana. I benefici sono quelli che abbiamo riportato in precedenza, una miglior qualità della vita e un maggior controllo sulle proprie ore di lavoro.

La Spagna è fra i Paesi che, anche a una certa distanza dal clou dell’emergenza Covid-19, continua a vedere un grande afflusso di lavoratori da remoto (gli altri sono la Germania e la Finlandia).

In numerosi settori, tanti lavoratori sono impiegati, almeno parzialmente, da remoto. I lavori da remoto non spariranno nel niente, anzi, diventeranno parte sempre più integrante di un nuovo modo d’intendere il lavoro in Europa, una realtà che già si sta consolidando davanti ai nostri occhi.

E i nomadi digitali?

Quando pensiamo al lavoro da remoto, non possiamo lasciare da parte i nomadi digitali.

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L’Europa è un continente conscio del valore di queste figure lavorative, con numerosi Paesi che mettono a disposizione dei visti appositamente per i nomadi digitali. Fra questi Paesi troviamo il Portogallo, la Croazia, la Repubblica Ceca, la Germania, l’Estonia, l’Ungheria, la Grecia, l’Islanda, l’Italia, Malta, la Romania e la Norvegia. Anche la Spagna ha lanciato un visto per i nomadi digitali, che attira nelle sue città e nelle sue isole tantissime persone alla ricerca di un connubio fra lavoro e qualità della vita.

nomadi digitali

Gli studi rivelano che in Europa ci sono 1.2 milioni di nomadi digitali e che Lisbona e Barcellona sono le città che attirano il maggior numero di persone con questo stile di vita.

Essere un nomade digitale non significa solo lavorare da remoto, ma abbracciare uno stile di vita che, per molti aspetti, è ancora considerato “diverso dalla massa”. Il nomade digitale vuole uscire dalla propria zona di comfort e non vuole sentirsi legato dall’appartenenza a un unico luogo. Ecco perché spesso i nomadi digitali si spostano con poco preavviso, per un viaggio o perché si sono annoiati del vivere in un determinato posto. Se pensiamo, per esempio, ai numerosi nomadi digitali che si trovano a Barcellona, questi potrebbero decidere da un giorno all’altro di esplorare isole come Minorca.

I nomadi digitali hanno una flessibilità maggiore rispetto ai lavoratori da remoto. Inoltre, le persone con un passaporto europeo possono vivere da nomadi digitali in giro per l’Europa senza doversi preoccupare dell’ottenimento dell’apposito visto.

Quello dei nomadi digitali è un trend in costante crescita, perché offre un alto livello di libertà, l’opportunità di cambiare spesso posto in cui vivere, di sperimentare tante cose diverse e di conoscere persone provenienti da altri Paesi. Tutto ciò fa gola al lavoratore che, oltre a lavorare da remoto, vuole arricchire la propria vita dal punto di vista dei rapporti interpersonali, della scoperta e della crescita personale.

Perché proporre alloggi ai lavoratori da remoto e ai nomadi digitali è la mossa giusta 

Come abbiamo visto, i lavoratori da remoto trascorrono alcuni periodi dell’anno in una città che non è quella dove hanno la residenza abituale e, spesso, vanno all’estero. I nomadi digitali, che sono sempre in viaggio, hanno ancora più necessità di trovare, a volte con poco preavviso, stanze, appartamenti e case in cui alloggiare per periodi di tempo variabili. Offrire delle opportunità di alloggio ai lavoratori da remoto e ai nomadi digitali significa cavalcare l’onda di un fenomeno che non è più tale, ma che sta diventando – o forse già lo è – parte della nostra vita quotidiana.

Per rispondere alle necessità di queste due categorie di persone, è importante comunicare con loro nei posti che preferiscono, ovvero online, per esempio tramite un gruppo Facebook appositamente realizzato, contenente annunci di stanze, appartamenti e case a disposizione per chi lavora da remoto e per i nomadi digitali.

Gli studi hanno rivelato che una delle preoccupazioni principali dei nomadi digitali in particolare è proprio quella di trovare un alloggio. Sia i nomadi digitali sia i lavoratori da remoto, infatti, non possono accontentarsi del primo alloggio che capita loro sottomano, perché la loro produttività lavorativa potrebbe risentirne.

Fattori come avere un’ottima connessione Internet, il silenzio o dei luoghi appositi in cui lavorare, per esempio per fare le videochiamate, sono fondamentali nella scelta di un alloggio da parte del lavoratore da remoto o del nomade digitale.

Minorca per i nomadi digitali e i lavoratori da remoto

Spesso, in particolar modo quando parliamo di nomadi digitali, ci viene in mente l’immagine di una persona che lavora dal proprio laptop davanti a una bellissima spiaggia. Magari, dentro di noi, sappiamo che quella foto non rappresenta proprio la realtà, però desideriamo vivere una vita così.

Ecco che tanti nomadi digitali danno una grande importanza alla location e allo scegliere, quindi, un alloggio che sia ubicato in un luogo bello dal punto di vista paesaggistico, dove poter fare un tuffo in mare o concedersi una passeggiata nella natura una volta finito di lavorare.

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Vivere a Minorca

La comunità internazionale sull’isola è in costante crescita e la capitale si sta adattando per rispondere alle necessità dei lavoratori da remoto e dei nomadi digitali. Molti lavoratori, soprattutto quelli che decidono di diventare nomadi digitali, si sentono soffocare a vivere nelle città, in quella che spesso chiamano la “ruota del criceto” e vanno alla ricerca non solo di maggior autonomia e libertà dal punto di vista lavorativo, ma anche, in generale, per la propria vita. Ecco perché molti sono attratti da isole come Minorca che promettono relax, clima piacevole e panorami da sogno.

Conclusioni

Quella che è cominciata come una necessità in risposta alle varie crisi portate dalla pandemia da Covid-19 nelle nostre vite, adesso si sta rivelando come una vera e propria ondata che sta già cambiando il modo di lavorare in Europa. Numerosi Paesi europei, come abbiamo visto, si sono accorti di questo trend in aumento, destinato a diventare una regolare costante delle nostre vite lavorative, e si sono mossi lanciando i visti appositamente per i nomadi digitali.

Proporre servizi come quelli abitativi, un qualcosa di cui sia i lavoratori da remoto sia i nomadi digitali hanno e avranno bisogno ogni volta in cui cambieranno posto da cui lavorare, significa essere pienamente consapevoli della piega che ha preso il mondo lavorativo europeo in numerosi settori, abbracciare e anche anticipare i trends momentanei e quelli del futuro.

Sempre più persone si licenziano dai lavori tradizionali o si mettono in proprio abbracciando lo stile di vita del nomade digitale. Chi è in grado di rispondere alle loro esigenze, offrendo stanze, appartamenti e case in cui lavorare e vivere in maniera ottimale, in un’isola come Minorca che già fa gola ai lavoratori di tutta Europa, è in grado di fare un passo consapevole verso l’accoglienza di un numero sempre crescente di persone che sceglie di lavorare da remoto o di vivere da nomade digitale.

Fonti