Giuseppe: a Londra sto vivendo il mio sogno

A cura di Maricla Pannocchia

Giuseppe era solo un ragazzino quando ha scoperto la propria passione per la musica. Un giorno, guardando la televisione insieme al fratello, il ragazzo si è imbattuto in un documentario su Freddie Mercury, che parlava anche di Londra. Ecco che Giuseppe ha capito che, un domani, sarebbe dovuto andare a vivere lì. Conclusi i suoi doveri nel paesino, Giuseppe è partito alla volta della capitale inglese, “tuttavia, non ho lavorato subito nella musica. Dapprima, ho lavorato come lavapiatti, ho fatto i caffè e poi ho lavorato in un negozio di mobili e accessori per la casa”.

Giuseppe non era soddisfatto della sua vita, perchè non aveva tempo da dedicare alla musica, così i genitori si sono trasferiti a loro volta a Londra e hanno aperto un servizio di catering che poi Giuseppe stesso ha proposto di ampliare. “Cucinavamo in casa, rigorosamente piatti italiani, cercavamo clienti e consegnavamo il cibo con i carrelli della spesa”, ricorda l’uomo e aggiunge che, in quel modo, aveva più tempo per la musica. Oggi Giuseppe lavora come pianista in diversi luoghi prestigiosi e dice, “I miei non erano nelle condizioni economiche per aiutarmi, ma mi hanno supportato in altro modo. Non dimenticheò mai l’espressione di mia madre quando sono entrato in cucina, come sempre, ma le ho detto che avrei lasciato il catering per lavorare nella musica.”

Giuseppe: a Londra sto vivendo il mio sogno, anche grazie al supporto morale dei miei genitori

Ciao Giuseppe, raccontaci qualcosa di te. Chi sei, da dove vieni…

Mi chiamo Giuseppe, ho 42 anni e sono nato a Napoli. I miei primi 23 anni di vita li ho vissuti a Marano di Napoli. Vengo da una famiglia che economicamente non ha potuto aiutarmi ma ha fatto molto di più e tuttora la ringrazio profondamente. Ho studiato all’istituto per geometri Giovanni Porzio, nel quale mi sono anche diplomato. All’età di 11 anni, la vita aveva altri programmi per me, il magico mondo della musica. Tutto è iniziato grazie a un mio amico, Antonio, il quale mi ha portato una tastiera giocattolo. In un secondo momento mia madre capì che io avevo quest’innata passione per la musica e un giorno mi sorprese regalandomi la mia prima tastiera. Non lo dimenticherò mai! A soli 14 anni ho iniziato a suonare in una band africana, andando in giro per tutta Italia, ciò in seguito mi ha portato a unirmi ad altri progetti musicali

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Quando e perché hai deciso di lasciare l’Italia?

La mia decisione di lasciare l’Italia è stata all’età di 13 anni. Mio fratello Biagio ed io vedemmo alla television un documentario su Freddie Mercury e i Queen. Ovviamente si parlava anche di Londra, dato che la band si era formata lí. Questo segnò il mio percorso futuro. È stato allora che ho deciso che, una volta compiuti tutti i doveri al paesino, sarei andato proprio a Londra.

E così è stato… Come sei arrivato a trasferirti lì?

Il primo input fu dato dal documentario su Freddie Mercury. In seguito, crescendo, ho capito che Londra avrebbe potuto darmi molte opportunità nel mio campo. Inoltre, questa città ha sempre avuto un fascino particolare.

Ricordi i giorni a ridosso del trasferimento? Che cosa provavi? Avevi delle paure?

Certamente. Sono stati giorni molto confusi. Per anni avevo avuto questo sogno nella testa e finalmente stava cominciando a diventare realtà. Come si dice, però, “tra il dire e il fare, c’è di mezzo il mare!”. Mio fratello ed io comprammo il biglietto per Londra il 5 maggio del 2003 e quel giorno ho cominciato ad avere le prime, vere paure. Quando sono partito non conoscevo l’inglese e quella era la mia prima volta fuori dall’Italia. Avevamo qualche risparmio, ma non eravamo certo ricchi, e questo portava non poche preoccupazioni. Ero assalito dai dubbi e con tanti pensieri per la testa.

Come hanno reagito amici, parenti e cognoscenti davanti alla tua scelta?

I miei genitori erano più che d’accordo, anzi, erano i primi a supportare la nostra idea. Come ho detto, le circostanze non erano favorevoli. Mia madre lavorava duramente e mio padre era malato. Alcuni parenti, forse, non supportavano poi molto la nostra idea e tanti conoscenti pensavano che la nostra fosse una scelta azzardata. Ricordo che qualcuno la definì una “fantasia da bambini”.

Di cosa ti occupi?

Suono regolarmente il piano in diversi locali. Al momento sono tre volte a settimana agli Harrods, tre volte al Lansdowne Club (club per membri) e una volta a settimana al Beaumont Hotel. Il mio repertorio è molto vasto, va dalla musica classica alla musica pop, pezzi italiani, francesi, giapponesi, jazz e tanto altro. Oltre a questi lavori, spesso vengo chiamato per eventi. Negli scorsi anni ho suonato in altri posti prestigiosi e ho anche avuto il piacere di suonare a eventi importanti, tipo la London Fashion Week, dove c’era Zandra Rhodes, stilista di Freddie Mercury. In più ho anche lavorato come compositore e arrangiatore e ho collaborato con altri artisti. Ovviamente, invito tutti i lettori a venire ad ascoltarmi suonare dal vivo!

Sicuramente non dev’essere stato facile raggiungere il livello in cui ti trovi adesso. Vuoi condividere con noi i punti più salienti della tua carriera?

Ovviamente non lo è stato. Inoltre c’è da sottolineare che sono autodidatta. Gli elementi sono stati e sono i soliti, un’infinita passione, tantissimo duro lavoro, studio, persistenza e tanta creatività. Inoltre penso che, quando si vuole veramente qualcosa, la vita faccia la sua parte. Vorrei raccontarvi questo episodio. Qui a Londra c’è un’agenzia per artisti che ha contatti con i migliori locali della città. Uno dei miei obiettivi era lavorare con loro. Quando ho cominciato a lavorare in questo settore, ho iniziato a contattarli ma ho sempre ricevuto risposte negative. Un giorno, li ho contattati per l’ennesima volta, mandando una mail il cui oggetto era “I am still alive”, che in italiano vuol dire “sono ancora vivo”. Mi hanno risposto dicendo che sarebbero venuti a sentirmi suonare di lì a breve ma che avrei dovuto essere paziente. A quel tempo suonavo in un ristorante francese e, durante la pausa, sono stato avvicinato dal manager del ristorante che mi ha ditto che una persona a uno dei tavoli aveva chiesto il mio nome. Tornato a casa, ho controllato la casella di posta elettronica e vi ho trovato una mail da parte dell’agenzia. Ecco chi era la persona al tavolo che aveva chiesto il mio nome! Nella mail c’era scritto che gli era piaciuto molto come avevo suonato e mi hanno fissato un appuntamento nel loro ufficio e, come si dice, il resto è storia. Più avanti mi avrebbero detto che quella sera quella persona dell’agenzia era in quell locale per caso e non sapeva che vi avrei suonato io.

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Cosa puoi raccontarci di quando i tuoi genitori sono venuti a Londra e, insieme, avete fondato un’attività di catering?

A maggio di quest’anno saranno esattamente 20 anni che mi trovo qui. La mia carriera musicale non è iniziata subito quando sono arrivato a Londra. Ho cominciato lavorando come lavapiatti e poi sono passato a fare caffè e, in seguito, a lavorare a Habitat, in un negozio di mobili e accessory per la casa. Mi sentivo intrappolato in quella vita e avevo l’impressione che il mio sogno si allontanasse sempre di più. Ormai la mia tastiera era abbandonata in un angolo.

I miei hanno deciso di trasferirsi qui due anni dopo di me. Dopo altri due anni, mia madre ebbe l’idea di avviare un’attività di catering, che abbiamo chiamato “Mamma Paola”. Lei è molto brava in cucina, cucinava da casa e preparava piatti italiani. Lei e mio padre vivevano in un monolocale e portavano il cibo ai client con uno dei carrelli della spesa. I miei ebbero quest’idea per aiutarmi a uscire dalla trappola in cui sentivo di essere finito, quella di una vita che non mi soddisfaceva. Ho colto la palla al balzo e ho proposto ai miei di vivere tutti assieme e di fare catering. In questo modo, avevo più tempo da dedicare alla musica. La mattina cucinavamo e il mio ruolo era di lavare pentole e preparare insalate e per le 10.30 eravamo fuori con questi carrelli pieni di cibo a effettuare le consegne. Dovevamo occuparci anche di trovare i clienti. Era un business indubbiamente particolare. Una mattina mi recai in cucina come sempre, ma annunciai ai miei che avrei lasciato il catering per dedicarmi alla musica. Ero così orgoglioso! Non dimenticherò mai lo sguardo di mia madre, che diceva come “missione compiuta”.

Giuseppe Mauriello Londra

Che consiglidaresti a chi potrebbe essere interessato a fare la stessa esperienza?

Avere le idee chiare, fiducia in sé stessi, il coraggio di fare le cose e tanta grinta.

Come valuteresti il rapport costo/qualità della vita?

Io direi, dipende. Indubbiamente i costi non sono bassi ma c’è poi da tener conto di altre cose. Il lavoro che fai, quanto gudagni, che tipo di persona sei e altri fattori. Per il mio stile di vita, non posso lamentarmi.

Che cosa offre Londra in termini di divertimento, cultura e arte?

Penso ci sia qualcosa per tutti i gusti. Musei bellissimi e gratis, teatri, locali, ristoranti di ogni genere, parchi bellissimi, pubs, concerti di ogni tipo e molto di più. Ad esempio, qui ho imparato ad apprezzare molto i musicals. Consiglierei a tutti di andare a vederli almeno una volta. Sono fatti benissimo e sono davvero travolgenti. Io ero uno di quelli che non ne era particolarmente appassionato, anzi. Il mio preferito è “The Phantom of the Opera” ma ovviamente ce ne sono anche altri.

Che consigli daresti a chi sogna di trasferirsi nella capitale inglese?

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Gli suggerirei di conoscere almeno un po’ l’inglese e di avere le idee chiare su cosa vuole fare qui. Penso che sia necessaria una buona dose di spirito di sacrificio e bisogna essere pronti a sopportare momenti duri che, però, non dureranno per sempre. Bisogna avere tanta buona volontà e guardare sempre avanti. Penso anche che sia importante avere una mente aperta.

Tuttavia, per via della Brexit, adesso non è più così facile andare a vivere a Londra. Che suggerimenti daresti agli italiani che ancora sperano di farlo?

È vero, non è facile come un tempo. È necessario informarsi su tutte le regole. Purtroppo, non saprei consigliare altro.

Quali sono, secondo te, i pro e i contro del vivere a Londra?

Personalmente non ho riscontrato nessun “contro”, forse dovuto anche a come sono fatto io. Sono molto grato per ciò che ho ottenuto in questa città.

Come sei stato accolto dai londinesi?

Londra, com’è risaputo, è una città multi-etnica, quindi ci sono immigrati e figli di immigrati. Per questo motivo, non mi sono mai sentito come uno straniero. Non ho mai avuto alcun problema con la gente del posto, anzi. Molto dipende, ovviamente, anche dal modo in cui tu ti poni che, second me, fa la differenza. Tutti gli inglesi che ho conosciuto sono sempre stati molto gentili con me.

Cos’hai imparato, finora, vivendo a Londra?

Wow! Ho imparato tante cose e molte ne sto ancora imparando. Qui c’è gente che proviene da ogni parte del mondo e da ogni percorso di vita. È facile incontrare persone provenienti da culture completamente diverse dalla nostra, e questo mi ha arricchisce molto.

Se potessi tornare indietro, faresti qualcosa diversamente?

No, se ci penso e guardo al passato, direi che sono contento di come sono andate le cose. Ogni esperienza, inclusi gli errori, i cambi di rotta e le incertezze, mi è servita per arrivare dove sono oggi.

Progetti per il futuro?

Continuare il mio percorso come musicista e, ovviamente, espandermi. Vorrei comporre più musica mia e continuare a toccare l’anima delle persone.

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