Fatima: vi racconto il Vietnam, il Paese del mio cuore

Fatima è tornata in Vietnam per il matrimonio di un’amica, “ma in realtà sapevo che, prima o poi, ci sarei tornata comunque.” Dopo aver lavorato per l’Unione Europea e per le Nazioni Unite nel campo dell’immigrazione, Fatima è partita seguendo un po’ quello che è sempre stato il suo modo di essere, ovvero il viaggiare e lo scoprire sé stessa, gli altri e il mondo.

Ad Ha Long Bay ha fatto volontariato per 10 giorni e, a chi vuole viaggiare aiutando gli altri e spendendo poco o niente, Fatima suggerisce di utilizzare la piattaforma Workaway, che mette in contatto hosts (persone disposte a ospitare) e volontari. Il consiglio di Fatima, però, è di “muoversi con anticipo. Io ho cercato degli hosts in loco solo per scoprire che, spesso, si erano già accordati da mesi con altri volontari.”

Ciao Fatima, raccontaci qualcosa di te. Chi sei, da dove vieni…

Ciao, sono Edith Fatoumata Maiga, sono italo-ivoriana, cresciuta nella ridente Reggio nell’Emilia, che ho abbandonato subito dopo le superiori. Ho vissuto a Torino, Roma e ora, dal 2018, la mia base è Napoli. Nel mezzo, ho viaggiato in quasi tutta l’Europa e vissuto in Grecia per 1 anno, dove ho iniziato per caso la mia “carriera” nel mondo dell’immigrazione, lavorando prima con l’Unione Europea e, poi, con le Nazioni Unite.

Al momento ti trovi in Vietnam. Cosa ti ha spinta ad andare proprio lì?

Attualmente sono in Thailandia dopo un mese di Vietnam, Paese in cui sono tornata per la seconda volta su invito di una mia cara amica vietnamita che si è sposata. Ne ho approfittato per farmi un giro in qualche Paese limitrofo.

Perché hai sentito il bisogno di allontanarti dall’Italia?

Sento sempre il bisogno di “allontanarmi” dall’Italia, di solito dico che è per imparare ad apprezzarla di più. Anche se solitamente non è l’Italia a mancarmi ma sono gli affetti, il cibo e la natura.

Come hanno reagito amici, parenti e conoscenti davanti alla tua scelta?

Loro ormai sono abituati a queste mie scelte, perché viaggiare è una delle mie cure preferite da tempi immemori, quindi l’hanno presa come il solito, ovvero senza stupore.

Come ti sei organizzata prima della partenza?

Non mi organizzo, o meglio, dico sempre che il miglior piano è non averne, anche perché, il più delle volte, viaggiando s’impara che quasi niente di ciò che si programma poi va come lo immaginiamo.

Avevi dei dubbi o delle paure? Si sono rivelati fondati?

Avevo paura del caldo. Prima della mia partenza ho scoperto che questo è l’anno più caldo mai vissuto dal Vietnam da tempo. Inoltre, avevo paura di non trovare belle spiagge o luoghi dove rinfrescarmi. In parte la mia paura si è rivelata essere fondata, ma mi sono adattata.

Durante il tuo viaggio, offri il tuo aiuto come volontaria in cambio di vitto e alloggio. Puoi parlarci meglio delle esperienze che hai fatto finora?

Finora ho potuto farlo per un totale di 10 giorni quando ero ad Ha Long Bay, nel Nord del Vietnam. È stata una bella esperienza. Sono entrata in contatto con il mio host tramite la piattaforma Workaway. Tra le mie mansioni c’era il dare supporto linguistico per la traduzione dei pacchetti/servizi offerti dall’agenzia di viaggi per la quale ho prestato servizio e ho aiutato durante i tours, agevolando il lavoro delle guide turistiche e, di conseguenza, anche la partecipazione dei beneficiari alle attività previste.

Che consigli daresti a chi vorrebbe fare volontariato all’estero?

Se volete usare Workaway, consiglio d’iniziare a cercare con largo anticipo gli hosts. Ho notato, infatti, che molte realtà che ho contattato, pensando che fosse meglio farlo una volta in loco, avevano già preso accordi da mesi con i volontari. Penso che questo possa agevolare anche nell’organizzazione generale del viaggio.

Come sei stata accolta dalla gente del posto?

In Vietnam, le persone rimanevano affascinate nel vedermi. Un po’ dovunque mi chiedevano da dove venissi ed erano molto incuriosite dalle mie trecce. In Thailandia già è diverso, almeno a Bangkok. Penso sia dovuto al fatto che qui è una meta più turistica e, di conseguenza, i locals sono abituati alla diversità, più di quanto non lo siano i vietnamiti.

Hai dovuto affrontare delle difficoltà? Come le hai superate?

La mia seconda tappa doveva essere la Cambogia poi, da lì, avevo pianificato di proseguire per la Thailandia. Tuttavia, una volta raggiunta la frontiera tra Vietnam e Cambogia, la polizia di confine mi ha fatto rendere conto del fatto che avevo confuso le date del mio visto vietnamita, che era scaduto il giorno prima rispetto al giorno in cui mi sono presentata alla frontiera. Avrei potuto proseguire il viaggio se avessi accettato di pagare 100$ alla polizia. Facendomi due calcoli, mi sono resa conto che sarebbe costato di meno tornare a Ho Chi Minh, pagare la multa per il ritardo e prendere un volo per la Thailandia. E così ho fatto.

Fatima Edith Maiga

Immagino che tu abbia incontrato anche altri viaggiatori… fra questi, ci sono stati degli incontri che ti sono rimasti particolarmente nel cuore?

Gabriel e Teresa. Il primo un ragazzo canadese e la seconda una ragazza tedesca. Con il primo, abbiamo legato molto, anche alla luce del fatto che l’ho ospitato per un paio di giorni nel mio homestay perché aveva perso il portafogli e, prima di riuscire a farsi mandare dei soldi dalla propria famiglia, diciamo che l’ho aiutato. Con la seconda, invece, abbiamo condiviso i 10 giorni di volontariato ad Ha Long.

È stato facile adattarsi alla vita in Vietnam?

Sì. Io amo il Vietnam, ci sono tornata per il matrimonio della mia amica ma era una cosa che mi ero ripromessa di fare in ogni caso. E sento che ci ritornerò.

Pensi che ci siano dei punti in comune fra lo stile di vita italiano e quello vietnamita?

La passione per il cibo e l’attaccamento alla famiglia tradizionale.

Ci sono delle differenze fra la Fatima che sta in Vietnam e quella che vive in Italia?

C’è sempre una differenza tra chi siamo e il contesto in cui ci troviamo e che cosa facciamo. Con questo intendo dire che anche in Italia, a seconda di dove mi trovo e di cosa sto facendo, metto in campo le competenze richieste da quel dato contesto e da quella data situazione.

Che consigli daresti a chi vorrebbe lasciare l’Italia, anche solo per un po’, ma non sa come muoversi?

Più che un consiglio, chiederei: “cosa aspetti?” Credo che si potrebbero dare 2618199101consigli,ma la prima cosa da fare è partire, per poi ricevere tutti i consigli del mondo. Se non si parte, i consigli non servono a niente.

Sei una donna che viaggia in solitaria. Cosa puoi dirci al riguardo?

Per viaggiare da sole bisogna essere grandi osservatrici e avere spirito di adattamento ma, più di ogni altra cosa, non bisogna farsi fermare dall’idea di non potercela fare per il semplice fatto di avere una vagina. Sono lo spirito, la mente e il cervello che fanno le persone e non il genere assegnatoci alla nascita.

Che suggerimenti hai per le donne che vorrebbero partire da sole ma, magari, hanno dei dubbi o delle paure?

Partite. Partite. In questo modo, anche le paure passeranno.

Cos’hai imparato, finora, dalle tue esperienze all’estero?

Ho imparato che il mondo è un grande Paese. Nulla di più e niente di meno.

Progetti futuri?

Tanti e nessuno. Intanto proseguo il cammino.

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E-mail: maigafat91@hotmail.com