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Il mio espatrio? È solo un punto di inizio Chiara, biologa a Parigi

Chiara, biologa a Parigi

Non mi piace considerami un “cervello in fuga”. Ho deciso di vivere all’estero per scelta personale, spinta dalla voglia di mettermi in gioco e scoprire nuove realtà. Meditavo su questa decisione da tanto, sin dal liceo. Se qualcuno dovesse considerarmi la “solita italiana all’estero”, gli risponderei che in fondo la mia strada può seguirla chiunque, con un po’ di spirito di iniziativa, sacrificio e buona volontà.

Di Enza Petruzziello

Biologa con la passione per i viaggi. Chiara, classe 1989 nata e cresciuta a Caserta, è l’esempio di come vivere all’estero può cambiarti la vita inaspettatamente.

A circa un anno dalla laurea magistrale, dopo qualche esperienza come stagista, arriva nella splendida Parigi grazie al programma Erasmus+, allora chiamato progetto Leonardo. È il primo ottobre del 2013. Parte sola, inizialmente con l’obiettivo di fermarsi solo 6 mesi, forse un anno. È uno dei tanti “cervelli in fuga” che sogna l’estero nella speranza di un futuro e di una carriera migliore. Anche se questa definizione non le piace. «La mia – spiega Chiara – è stata una scelta personale, spinta dalla voglia di mettersi in gioco».

Parigi le è poi entrata nel cuore, talmente tanto che ha deciso di stabilirsi definitivamente. Sono trascorsi 9 anni da quel tiepido giorno di ottobre e la capitale francese è ormai diventata la sua casa. Oggi lavora come biologa e appena può viaggia visitando l’Europa in lungo e largo.

«Vivere all’estero mi ha insegnato e mi insegna tanto. Sognavo una vita movimentata, in giro per il mondo, lavorando come esploratrice o come scienziata. In qualche modo, adesso sono diventata l’uno e l’altro», dice Chiara. Di sicuro ora vede l’espatrio con occhi diversi rispetto a quando è partita. Doveva essere un trasferimento economico, un’opportunità professionale, una nuova esperienza: è diventato per lei uno stile di vita.

Chiara, non sei tra coloro che hanno “mollato tutto”, come un lavoro a tempo indeterminato. Possiamo dire, però, che fai parte di quella schiera di cervelli in fuga che ha scelto di fare ricerca altrove costruendosi una carriera fuori dall’Italia. Secondo alcuni sei la “solita italiana all’estero”. Cosa ne pensi?

«Esatto, in Italia non avevo nessuna situazione stabile, nessun posto fisso da “mollare” per partire all’avventura. Sinceramente non mi piace neppure considerami un “cervello in fuga”. Ho deciso di vivere all’estero per scelta personale, spinta dalla voglia di mettermi in gioco e scoprire nuove realtà. Meditavo su questa decisione da tanto, sin dal liceo. Se qualcuno dovesse considerarmi la “solita italiana all’estero”, gli risponderei che in fondo la mia strada può seguirla chiunque, con un po’ di spirito di iniziativa, sacrificio e buona volontà. Non ho fatto mai nulla di speciale e non mi considero affatto speciale!».

Nel 2013, a soli 24 anni, sei partita sola per Parigi dopo aver vinto una borsa di studio Erasmus+. Come mai la scelta di andare all’estero e perché proprio Parigi?

«L’Erasmus+ è stata una prima esperienza lavorativa, dopo aver concluso il mio percorso di laurea magistrale in Italia, nel 2012. Tra le varie opzioni possibili ho scelto Parigi perché me ne innamorai nel 2011, dopo un breve viaggio di pochi giorni. Dopo quel soggiorno dissi a me stessa: “Mi ci vedo a vivere qui per un po’ di tempo. Non mi dispiacerebbe fare un’esperienza a Parigi. Informandomi, ho poi capito che a Parigi avrei avuto ottime opportunità in campo scientifico ed il resto è venuto da sé».

Doveva essere solo un’esperienza di 6 mesi e alla fine sono trascorsi 9 anni. Che cosa è successo e cosa ti ha conquistato della capitale francese a tal punto da rimanerci?

«Essendo cresciuta in una piccola città del Sud Italia, sentivo il forte desiderio di vivere un’esperienza in una capitale dinamica e multiculturale. Parigi riuscì a darmi tutto ciò che in quel momento desideravo, al punto che conclusi il mio progetto Erasmus+ senza nessun desiderio di lasciare la Ville Lumière. Non riuscivo ad immaginarmi altrove, volevo restare a Parigi. L’esperienza lavorativa, inoltre, è stata assolutamente positiva. Ho iniziato a cercare lavoro, ho rapidamente ottenuto dei contratti ed è così che ho costruito, passo dopo passo, la mia carriera nella capitale francese».

Da Caserta a Parigi, una bella differenza. Come sono stati gli inizi in Francia? Penso alla ricerca di una casa, all’accoglienza dei parigini, all’adattamento ad nuova vita lontano dalla tua famiglia. C’è stato qualcuno che ti ha aiutato o hai fatto tutto da sola?

«Gli inizi sono stati ottimi perché, ripeto, a Parigi avevo trovato ciò che cercavo: adoravo fare nuove esperienze, parlare lingue straniere, incontrare persone molto diverse da me per cultura e vissuto. Di sicuro mi sono dovuta abituare presto ai ritmi frenetici della capitale, alla burocrazia spesso molto lenta e al fatto di doversela cavare da soli in ogni situazione. Per fortuna ho potuto contare sull’appoggio “virtuale” della mia famiglia e di tanti altri espatriati compagni di avventura. Fondamentale è stato poi il supporto dei colleghi, che fin dal primo giorno sono stati disponibili, accoglienti e gentilissimi».

Quali passaggi burocratici hai dovuto affrontare per studiare, lavorare e vivere qui? Quali sono i certificati e i documenti necessari da presentare?

«Avendo documenti europei, non ho mai avuto bisogno di permessi particolari per vivere e lavorare qui. Per varie procedure come la ricerca di un appartamento, la firma di un contratto di lavoro oppure l’apertura di un conto in banca, è bene ricordare che può essere necessaria una lunga lista di documenti, fotocopie e scansioni. In generale, consiglio sempre di munirsi di tessera sanitaria europea, estratto di nascita multilingue, certificati vaccinali, dichiarazioni dei redditi e ovviamente passaporto e carta d’identità. Per comprendere al meglio le procedure e il linguaggio tecnico, è inoltre fondamentale conoscere il francese almeno a livello intermedio».

A Parigi lavori come biologa, nel settore ricerca e sviluppo in campo biomedico. Ti va di parlarci di quello che fai?

«A Parigi ho una posizione di ricerca chiamata ingénieur d’études, a metà strada tra il tecnico ed il ricercatore. Passo gran parte della mia giornata in laboratorio, eseguendo esperimenti di biologia molecolare e cellulare, test biochimici, osservazioni al microscopio etc., il resto del tempo lo dedico all’analisi dei dati e all’ottimizzazione dei protocolli scientifici, in modo da renderli più facilmente tracciabili e attendibili. Buona parte del mio lavoro è dedicato quindi allo studio, al ragionamento e alla redazione. Sono a tutti gli effetti un “ingegnere” del mio esperimento: devo organizzarlo, ottimizzarlo e infine testarlo per verificare la sua fattibilità».

Da un punto di vista lavorativo e di opportunità, ma anche di percorso di studi, hai notato differenze con l’Italia?

«Ho notato che in Francia i percorsi di studio sono oggi molto più diversificati e specifici rispetto all’Italia. Per intenderci, ho avuto difficoltà nel trovare un titolo equivalente alla generica “laurea magistrale in Biologia”. Inoltre, in Francia si tende a dare molto più spazio alla pratica che alla teoria ed un periodo di studio all’estero è quasi sempre la normalità. Le opportunità lavorative ci sono e posizioni come la mia, in particolare, sono molte richieste sia in accademia che nelle aziende.

Occorre però sapere che, nel settore accademico, per ottenere il posto fisso bisogna superare dei concorsi molto difficili e competitivi. Il lavoro non manca di certo, ma occorre spesso andare incontro a molti anni di gavetta se si vuole intraprendere questa carriera. Personalmente per me non è mai stato un problema: ho avuto vari contratti a tempo determinato, ma non sono mai rimasta senza lavoro per più di 2-3 mesi».

Parigi non ha bisogno di presentazione, la città della Ville Lumière ti incanta e ti conquista. Ma come si vive qui?

«La vita parigina è tipicamente una vita da metropoli: caotica, “veloce” e senza un attimo di tregua. Se non si ama la vita da grande città, è meglio non trasferirsi a Parigi. In compenso ha molto da offrire, soprattutto ai giovani: i musei per gli under 26 sono quasi tutti gratuiti e gli studenti hanno molte agevolazioni, primo fra tutti l’aide personnalisée au logement (APL), ovvero il rimborso di una parte dell’affitto.

Per quanto riguarda divertimenti e attività culturali, a Parigi non ci si annoia mai: la città pullula di cinema, sale concerti, teatri, musei e ristoranti. Io che adoro concerti e festival di musica, qui a Parigi trovo pane per i miei denti. Il costo della vita è senz’altro alto, ma con qualche accorgimento si impara presto quali quartieri evitare, dove fare la spesa e dove uscire nel weekend. A molte cose inoltre ci si abitua: con il tempo impari che 500 euro di affitto per una stanza e 9 euro per una pizza Margherita sono “prezzi ottimi”».

Qual è l’aspetto più bello di vivere e lavorare a Parigi e viceversa quello che ti piace di meno?

«Di Parigi amo la sua vitalità e le sue attività culturali. I suoi tre aeroporti e le sue 7 stazioni ferroviarie sono facilmente accessibili, e per me che amo viaggiare questo è perfetto. A lavoro ho orari flessibili, diritto alla disoccupazione e soprattutto almeno 5 settimane di ferie. Con alcuni contratti ho avuto addirittura 50 giorni di ferie l’anno! Non mi piace, invece, il fatto che ci sia sempre traffico e confusione ovunque, soprattutto sui mezzi pubblici che sono costantemente saturi. In alcuni quartieri inoltre c’è molta sporcizia, e questo è un vero peccato. Pur non essendo una città “pericolosissima”, a Parigi mi è capitato abbastanza spesso di non sentirmi al sicuro. Se un domani questi difetti dovessero diventare ingestibili, ovviamente non esiterei a trasferirmi altrove».

Gli italiani, lo sappiamo, sono un po’ ovunque nel mondo. Ce ne sono a Parigi? E che rapporto hai con loro?

«Come ci aspetta, Parigi è piena di italiani. Ne ho conosciuti molti in questi 9 anni e con alcuni di loro ho un bel rapporto».

Oltre al tuo lavoro da biologa hai creato anche il blog “Chiara in Progress”. Che cosa racconti nel tuo spazio virtuale?

«Ho deciso di aprire questo blog, con annessi canali social, durante l’estate 2020. Già mi piaceva scrivere sul web per blog corali, ma dopo lunghi mesi d’isolamento ho sentito il bisogno di creare un progetto tutto mio, in cui condividere la mia quotidianità ma soprattutto informazioni utili sulla vita all’estero, su Parigi e sulla Francia in generale. È un hobby impegnativo ma che mi sta dando anche grandi soddisfazioni».

Se dovessi scegliere una parola per definirti sarebbe “work in progress”. Perché?

«Perché mi considero una persona in continuo mutamento, sempre pronta a scoprire nuove cose ed intraprendere nuovi percorsi. Non ho mai considerato il mio espatrio come un punto di arrivo, bensì come un punto di inizio verso nuove avventure ed esperienza. Il destino e le circostanze hanno voluto che restassi a Parigi per molti anni, ma domani chissà! Nella vita non si può mai sapere cosa accade!».

In questi anni hai viaggiato tanto, visitando prima il Belgio e l’Olanda, poi la Germania, la Spagna, l’Islanda… che cosa significa per te il viaggio?

«Il viaggio rappresenta per me la più grande tra le passioni. Avendo molti giorni di ferie e facile accesso agli aeroporti, da quando vivo a Parigi viaggio ogni volta che posso. Ovviamente mi mancano ancora tantissime destinazioni e molte non sono ancora alla mia portata, ma prima o poi sono convinta che riuscirò a compiere il “giro del mondo” a tappe!».

Hai mai avuto voglia di tornare in Italia? Hai provato a cercare lavoro qui?

«Credo di averci provato un paio di volte ma con scarsi risultati, più che altro per curiosità, per vedere se avessero considerato il mio curriculum dopo tanti anni all’estero. Al momento sto bene dove sono e l’idea di tornare in Italia non mi sfiora».

Che consigli daresti a chi volesse seguire una strada simile alla tua all’estero?

Tre consigli principalmente:

  1. Studiare le lingue straniere, soprattutto l’inglese;
  2. Non dare ascolto a chi cerca di scoraggiarci ad ogni costo;
  3. Non esitare a chiedere consigli a chi un’esperienza all’estero l’ha già fatta, soprattutto nel paese “target”.

E se nonostante tutto non ci si dovesse sentire pronti a vivere all’estero, non è la fine del mondo. Espatriare è un percorso difficile, pieno di mancanze e sacrifici, quindi è normalissimo che non tutti siano pronti a intraprenderlo. L’importante è ragionare con la propria testa e soprattutto vivere soddisfatti e senza rimpianti, che sia in Italia o altrove».

In che modo è cambiata la tua vita, e come sei cambiata tu, da quando sei andata via dall’Italia?

«Sono di sicuro una persona molto diversa: in Italia ero abbastanza introversa ed insicura e avevo spesso paura di fare scelte sbagliate. Da quando vivo all’estero sono molto più disposta a correre rischi ed accettare sfide, senza necessariamente l’intento di vincerle. Ho imparato che tutto diventa qualcosa di cui fare tesoro, anche e soprattutto le esperienze negative. All’estero ho perfezionato la conoscenza del francese e dell’inglese, ho imparato lo spagnolo e al momento sto studiando il tedesco. Praticare tante lingue straniere è difficile e faticoso, ma apre la mente come non mai».

Sogni o progetti per il futuro?

«Mi piacerebbe continuare a lavorare in campo scientifico e perfezionare le mie competenze nel digitale e nella scrittura sul web, in modo da trasformare il mio hobby, perché no, in un secondo lavoro. Non mi dispiacerebbe vivere e lavorare altrove per qualche anno, per esempio in Svizzera, Germania o Danimarca. A Parigi ho un compagno ed entrambi lavoriamo stabilmente, ma questo non rappresenta un limite per noi!».

Per contattare Chiara ecco i suoi recapiti:

Mail: chiarainprogress@gmail.com

Facebook: https://www.facebook.com/chiarainprogress

Instagram: https://www.instagram.com/chiara_in_progress/

Sito internet: https://chiarainprogress.com

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