Antonina Carollo, detta La Tonà. Un’anima libera a Siviglia

A cura di Maricla Pannocchia

Antonina, detta La Tonà, ha sempre provato un’attrazione quasi inspiegabile per la danza e per la città di Siviglia. Quando l’ha visitata con i genitori, ad appena 6 anni, Antonina si è innamorata del flamenco per poi tornare, una volta adulta, in quelle stesse strade, ballando sotto un soffitto di nuvole e stelle. Sì, perché Antonina è un’artista di strada, “molte persone pensano che gli artisti di strada siano degli sprovveduti, ma non è così. Tutti amiamo la nostra arte e continuiamo a formarci. Amiamo la libertà ma ci sono delle regole di rispetto”.

Con una storia difficile alle spalle, Antonina ha trovato fede in Dio e nella chiesa ed è stato proprio dormendo in una stanza in una chiesa di Siviglia che la ragazza ha mosso i primi passi nella città. “Di giorno, andavo nelle zone meno abbienti ad aiutare le persone con poca disponibilità economica, che purtroppo devono lottare per sopravvivere”.

Molto qualificata, Antonina racconta che Siviglia non offre le stesse opportunità di Madrid o di Barcellona quando si tratta di trovare lavoro. “Mi hanno spesso detto che ero troppo qualificata per l’impiego, tanto che a un certo punto andavo in giro con 3 versioni diverse del curriculum. In una avevo scritto di aver frequentato la scuola solo fino alla quinta elementare”.

Dopo una piacevolissima esperienza in un programma televisivo condotto da Nek e dedicato agli artisti di strada, Antonina sogna di tornare nella sua Siviglia, magari definitivamente, d’insegnare, fare impresa e, ovviamente, continuare a ballare!

Antonina Carollo, detta La Tonà

Ciao Antonina, raccontaci qualcosa di te. Chi sei, da dove vieni…

Sono Antonina Carollo, adesso conosciuta come La Tonà. Sono nata a Palermo e, sin da piccola, nutro forti passioni per la danza, le lingue straniere e l’economia.

All’età di 4 anni mia mamma m’iscrisse a un corso di danza classica, nonostante l’età minima per accedervi fosse 6 anni. Io, tuttavia, ero molto dinamica e vispa così alla prima prova sono stata inserita e subito catapultata nel mio primo spettacolo teatrale in assoluto, “la morte del cigno”. Ho continuato la mia formazione classica fino a quando, a causa di un incidente domestico, non mi sono rotta un braccio ma, dopo un periodo di pausa, ho ripreso le lezioni.

Il tuo primo amore è stata la Spagna…

Quando avevo circa 6 anni, la mia famiglia ed io abbiamo fatto un viaggio in Spagna. È stato allora che mi sono innamorata del flamenco ma, non essendoci tali realtà a Palermo, capii che era solo un sogno, anche se dentro di me la passione cresceva ogni giorno di più,  fino a quando non ho imparato a parlare spagnolo all’età di 5/6anni, leggendo un dizionario che i miei genitori mi avevano regalato, proprio in seguito a quel viaggio.

Hai avuto un percorso di vita piuttosto sofferto. Te la senti di raccontare qualcosa di quel periodo?

All’ età di 14 anni ero iscritta al primo anno di superiori all’ ITC , istituto tecnico commerciale. In quel periodo c’era bisogno di aiuto in un punto vendita di famiglia così iniziai ad alternarmi tra scuola e lavoro e l’ anno successivo decisi d’iscrivermi alla scuola serale. Io avevo poco più di 15 anni e mi ritrovai con compagni di classe dell’età dei miei genitori o dei miei nonni. È stato allora che ho cominciato a crescere in fretta perché non avevo più una vita da adolescente, ma da vera e propria manager. Mi era basato poco per amare ciò che facevo ma non mi rendevo conto che stavo bruciando le tappe. Ho trascorso diversi anni vivendo in questo modo, poi decisi d’iscrivermi all’università ma durante quel periodo la vita mi presentò il conto.

Ero una stacanovista, vivevo per il lavoro, non dovevo avere un attimo libero. La mattina la sveglia suonava alle 6, studiavo per le sessioni di esami, alle 8.30 aprivo il negozio, alle 13.30 lo chiudevo, alle 15.00 andavo a lezione di canto, alle 16 aprivo di nuovo il negozio e, a chiusura, frequentavo la palestra o le lezioni di danza per poi concludere la serata nuovamente sui libri. Questo stile di vita mi ha portata, nel giro di pochi anni, a soffrire di DCA, disturbo del comportamento alimentare.Pesavo 37 kg, di me si vedevano solo le ossa, ma ho sempre avuto le forme, quindi vestita non si vedevano le ossa, ma un corpo curato. Da lì iniziai a soffrire d’insonnia, non sono riuscita a dormire per 3 mesi a causa di una forte ansia e depressione, trovavo pace solo dormendo fuori, sul balcone, e amavo vedere l’alba. Quello era l’unico momento in cui l ‘ansia mi lasciava in pace, ma al sorgere del sole cominciavano i battiti cardiaci accelerati, la confusione mentale, il panico e i vari momenti brutti. Un giorno il medico mi mise alle strette: avrei dovuto prendere farmaci per dormire e per alimentarmi altrimenti mi avrebbero dovuto mettere il sondino e la mia vita era già a rischio… io sono sempre stata contraria ai farmaci, amo le cose naturali e quando quel giorno mia madre venne con gli ansiolitici presi quella confezione, la gettai per terra e la calpestai con tutte le mie forze (ancora piango ricordando quella scena). Urlai: “Non mi avrete mai! Dio mi ha creata senza bisogno di prendere pastiglie per dormire o mangiare…”. Da quel momento a poco a poco presi coscienza della mia vita e iniziai a darmi forza per cambiare. Adesso sono qui a raccontarlo! È una grande vittoria!

Antonina Carollo, detta La Tonà

Cosa ti ha spinta a lasciare l’Italia?

Dopo la laurea in economia, scelsi di trasferirmi a Milano per conseguire un master full time in imprenditorialità e strategia aziendale alla Bocconi.

Ho sempre amato la formazione, ho sete di conoscenza e tutto quello che é mio potere fare io lo faccio!

I ritmi alla Bocconi erano incredibili ma non mi facevano paura perché ero già abituata a quello stile di vita, con la mia esistenza fatta solo di doveri e mai di piaceri.Sono sempre stata credente, anche a Palermo seguivo una chiesa locale, e ne trovai una anche a Milano.

Ero sempre pronta a servire nella comunità e, dopo aver preso il mio diploma di master, decisi di rimanere a Milano. Cominciarono ad arrivare proposte di lavoro dalle più grandi multinazionali come Bayer e Falconeri.

Nel frattempo la chiesa che seguivo stava organizzando un viaggio missionario, un giro per l’Italia e l’Albania, in autobus e dormendo nelle tende o nelle varie combinazioni di alloggi che avremmo trovato nel corso del cammino.

Come sei arrivata ad aprire la missione a Siviglia?

Inizialmente dormivo nella stanza riservata ai missionari in una chiesa di Siviglia, dove ho trascorso circa 4 /5 mesi. La chiesa era molto grande, la mia stanza era all’ultimo piano. Non è stato facile, a volte avevo pure un po’ di paura la sera, ma pregavo e cercavo di dormire subito per non pensare. Il giorno andavo in giro per le strade di Siviglia e se c’era da aiutare qualcuno ero sempre a disposizione, andavo nelle zone meno abbienti dove purtroppo c’erano persone con poca disponibilità economica che cercavano di sopravvivere e gli parlavo di Dio, cercando d’infondere fede e fiducia, già che la vita che vivi ti porta a perderla .

Sono arrivata ad avere un edificio che mi è stato gentilmente donato senza scopo di lucro, nel quale avvenivano i nostri incontri di preghiera, di condivisione, di richieste di aiuto sia materiale sia non.

Quando i fondi minacciavano di finire, ti sei messa a ballare in strada, rendendoti conto di poter sempre fare affidamento sulla tua arte. Cosa ci racconti di quel periodo?

Quei pochi risparmi che avevo ormai stavano finendo, avevo pur sempre una laurea e un master alla Bocconi, ma Siviglia, un po’ come ogni parte del Sud, non dava molte prospettive di lavoro. In quel periodo giravo con 3 tipi di curricula: uno in cui avevo solo la 5° elementare, un altro con il diploma e uno completo con tutte le lingue e il master.

Questo perché, ogni volta che mi presentavo, mi dicevano che ero troppo qualificata per la mansione. Basta pensare che mi dissero che non andavo bene neanche per lavorare in un bar, perché volevano esperienza per servire cocktail o ai tavoli.

Capivo che se le porte erano chiuse era perché c’è ne era un’altra pronta ad aprirsi.Mi misi a pregare e chiesi a Dio cosa non stesse andando per il verso giusto, a un tratto ebbi come un’illuminazione e mi dissi, “balli flamenco e sei nella patria di questo tipo di danza, vai in piazza e diffondi il vangelo attraverso la tua arte”. Mi sono procurata un pezzo di legno su cui ballare, una cassa per diffondere la musica e la mia buona volontà per iniziare. Il primo giorno avevo un’ansia che non si può capire, mi vergognavo, ballare per strada non faceva parte della mia cultura e modus operandi, era tutto completamente nuovo. Mi ricordo che, quando iniziai a ballare, non c’era neanche un passante. Mi sentivo una fuori di testa. A un certo punto però sono arrivati i passanti, che hanno iniziato a fermarsi e a farmi i complimenti, e lì è cominciata tutta un’altra storia.

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Antonina Carollo, detta La Tonà

Che consigli daresti a chi vorrebbe diventare un artista di strada?

Ballare per strada non significa che non sai fare nulla e vai lì per provare a vivere. In strada trovi tantissimi artisti di qualità, gente che continua sempre a studiare e a formarsi, non trovi sprovveduti. Devi cercare sempre di garantire un buon spettacolo per rispetto di te stesso e poi per il decoro dell’immagine che dai nel luogo in cui ti esibisci! Devi arricchire la bellezza di ciò che ti circonda e non renderla ridicola.

Poi deve avere molto coraggio, devi saper sopportare il fatto che a volte si fermerà poca gente, che un giorno puoi permetterti di comprarti il pasto e il giorno dopo forse ti potrai pagare solo un panino.E, soprattutto, devi rispettare gli altri artisti che sono già in strada. Chi fa questo lavoro vuole essere libero, è vero, ma nelle regole dell’educazione.

Cosa ti piace particolarmente di Siviglia?

Tutto. Amo Siviglia con tutta me stessa. Questa città è la mia oasi di felicità, sicuramente ci sono cose che non vanno, ma come ogni innamorata che guarda il proprio uomo con gli occhi dell’amore e non vede alcun difetto, allo stesso modo io guardo Siviglia.

La gente è allegra e cordiale, molto sicura di sé malgrado i problemi che affronta. Le persone vivono con il sorriso, hanno sempre un’ occasione per fare festa, la sanità è eccellente (almeno per la mia esperienza) e la burocrazia è snella ma soprattutto Siviglia è una città che incentiva le tue idee.

Antonina Carollo, detta La Tonà

A chi pensi che sia adatta questa città?

A chi riesce a vivere alla giornata senza per forza dover programmare tutto, a chi riesce ad accontentarsi e a chi veramente ama questo popolo.

Pensi che sia facile, per un italiano, trovarvi lavoro?

No, non lo è. Per la mia esperienza, malgrado i mille titoli di cui sono in possesso, Siviglia è un po’ indietro nell’ambito lavoro. Se mi fossi trasferita a Madrid o a Barcellona avrei fatto un altro genere di vita.

Come valuteresti il rapporto costo/qualità della vita?

È tutto proporzionato, inoltre i locali offrono le Tapas, ossia le piccole porzioni di cibo che costano veramente poco e per me quello già era un pasto completo. A volte conviene più mangiare fuori che cucinare a casa, la birra costa meno dell’acqua, gli affitti adesso sono un po’ aumentati. Dopo il Covid qualcosa è cambiato, ma si vive comunque bene .

Dopo un po’, sei dovuta tornare a Palermo…

Dopo 14 anni vissuti fuori da Palermo, nel 2018 ero tornata per festeggiare il capodanno con la mia famiglia. Finite le feste sono stata contattata dal mio Apostolo della chiesa che frequentavo a Palermo e mi è stato proposto di continuare i miei studi di scuola biblica per poter prendere un diploma e imparare sempre di più sulla Bibbia. Questo era un mio sogno, tant’è che volevo trasferirmi a Cordoba, in una delle scuole di teologia migliori della Spagna, così pregai nuovamente. Non sarei mai voluta tornare in Italia, perché sapevo che sarebbe stato deleterio e che, a livello artistico, sarei potuta morire…

La scuola sarebbe iniziata a ottobre, così ebbi circa un anno per capire cosa fare.Non nego che quel periodo fu molto travagliato perché sapevo già cosa avrei dovuto fare ma il cuore non lo accettava. Piangevo, e vivevo ogni giorno come se fosse l’ ultimo, assaporandolo ancora di più di quanto già non facessi.

Ad agosto dovevo ancora fare il trasloco e trovare i biglietti per tornare ma non avevo abbastanza soldi per il trasloco e avevano tolto il diretto Siviglia – Palermo e i biglietti che trovavo erano costosissimi.Così pregai nuovamente e dissi: “Dio, io non ho nessuna intenzione di tornare, ma se pensi che il mio tempo qui sia finito allora fammi trovare le condizioni per permettermelo”.Una notte mi sono svegliata alle 4 con l’impeto di cercare i biglietti e li ho trovati subito alla prima ricerca. Il Siviglia – Trapani era stato messo da poco, a un prezzo di 80 euro! Ho capito che la preghiera aveva già trovato la sua risposta, e non solo, ho contattato la ditta di trasporti, io avevo un budget, il loro preventivo sforava di circa 150€ , mi hanno fatto pagare ciò che potevo e inoltre sono venuti loro a ritirare a casa tutta la merce senza costo aggiuntivo.

Ed ecco che sono tornata a Palermo. Dopo pochi mesi è scoppiata la pandemia da Covid. Dopo tanti pianti, ho ringraziato Dio perché mi ha preservata da due anni di solitudine e di non so cosa, ho la cittadinanza a Siviglia e di certo non sarei potuto tornare in Italia, Dio vede dove tu non vedi!

In Italia vieni notata per il tuo talento nella danza, tanto da arrivare a ballare sulla RAI. Eppure, tu sognavi ancora la Spagna…

Sono state tante le testate giornalistiche che si sono interessate al mio caso un po’ fuori dal comune, fino ad essere stata contattata per un nuovo format in RAI, condotto da Nek, che parlava proprio degli artisti di strada. È stata un’ esperienza meravigliosa, mi ha fatta conoscere a un’altra fetta di pubblico ma questo non ha tolto dal mio cuore la felicità che provo quando sono a Siviglia, perché in Italia posso vivere l’eccezione del fenomeno, ma dopo passa, nessuno investe realmente su qualcosa di nuovo, a meno che non sia tu a portare già un seguito di persone.In Spagna mi apprezzano perché, pur essendo italiana, adoro e rispetto la loro terra più di tanti locali.

Cos’è, per te, il flamenco?

Il flamenco è il mio respiro, mi ha fatta uscire da periodi di depressione, mi ha fatto trovare il canale tramite il quale dar sfogo alle mie emozioni, tra cui anche la rabbia e la tristezza. Il flamenco per me è cultura, non è un ballo. Ho vissuto con i gitani e ne ho respirato l’essenza, forse non potrò mai essere come loro, ma dentro di me mi sento proprio così! Sono solo nata in un’ altra terra, ma il mio spirito appartiene a quel popolo e a quella cultura.

Che consigli daresti agli artisti o aspiranti tali, che magari in Italia riscontrano delle difficoltà ad affermarsi?

Se non lotti non vivi, nessuno crederà mai in te e a volte anche tu dubiterai del tuo potenziale, ad ogni porta chiusa – e ne troverai parecchie – ricordati sempre delle emozioni che provi nel fare ciò che fai! Non scendere a compromessi, hai solo una vita e devi essere felice. Sarà difficile, ma cerca di essere sapiente nel poterti muovere con intelligenza, lavorando sodo per quello che ami fare, non disdegnando magari qualche lavoro che ti permette di vivere, senza mai farti assorbire troppo e trovando il tempo di non trascurare la tua arte perché un giorno, altrimenti, potresti pentirtene.

Se dovessi descrivere Siviglia in 3 parole…

Benessere, solarità e spensieratezza.

Progetti per il futuro?

Dopo aver preso la seconda laurea vorrei tornare a Siviglia per qualche mese e, chissà, magari poi tornare a Palermo per studiare per il TFA, che mi permetterebbe d’insegnare così, in un prossimo trasferimento definitivo in Spagna, potrò avere una competenza in più per far coincidere tutto ciò che amo. Vorrei insegnare, continuare a ballare e fare impresa.

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