Veronica: un viaggio in Nepal mi ha cambiato la vita

Ciao, sono Veronica, ho 29 anni e mi piacerebbe raccontarvi la mia storia.

Iniziamo dicendo che per motivi lavorativi dei miei genitori, non ho mai avuto una vita stabile. Ho vissuto in provincia di Roma, in Sicilia e al secondo anno di università mi sono trasferita a Varese, vicino l’aeroporto di Malpensa, perchè lì avevo trovato il lavoro perfetto per me che desideravo girare il mondo: fare l’assistente di volo.

Ho lavorato per questa compagnia aerea per tre anni con un contratto a tempo indeterminato.

Ho visto la vecchia Cuba, le spiagge bianche della Repubblica Dominicana, le rovine dei Maya in Messico, la povertà del Kenya, la ricchezza faunistica del Madagascar, la maestosità dei templi in Thailandia, ecc…

Purtroppo però, svolgere questo lavoro implica il dover rinunciare ad una vita privata e fino a quel punto ero disposta a farlo. Poi un giorno mi sono guardata allo specchio e mi sono chiesta: “Fino a quando mi basterà stare a casa solo 8 giorni al mese?

A 65 anni starò ancora qui, in divisa, a sorridere ai passeggeri?”. Complice anche un viaggio di volontariato in Nepal che mi ha cambiato la vita, dove ho dormito un mese in un orfanotrofio, al mio ritorno in Italia ho avuto il bisogno di liberarmi da tutte le cose materiali. Da quell’esperienza è nato il libro “Erano Solo Bolle di Sapone.

Un tuffo in Nepal”. Non che fosse il mio obiettivo, ma le persone intorno a me hanno insistito affinché pubblicassi il mio diario di viaggio che è anche un punto d’incontro tra occidente e oriente.

Ho deciso di pubblicarlo perchè lo trovo un buon modo per continuare a inviare dei soldi ai bambini. Non prendo un centesimo dal ricavato e sulla pagina facebook si possono vedere le foto dei progetti realizzati con quei soldi.

Al ritorno dal Nepal ho venduto la macchina (che comunque non usavo molto, dato che stavo sempre fuori), ho lasciato il lavoro (che mi stipendiava solo 8 mesi l’anno e non mi permetteva di mettere qualcosa da parte) e sono partita per l’Australia con il mio ragazzo, lasciandomi alle spalle una vecchia Italia che non funziona per i giovani, un lavoro che avevo sfruttato al massimo e che non mi dava più stimoli, compreso colleghi frustrati che si lamentavano in continuazione.

veronica malta

Le condizioni alle quali dovevo sottostare qui in Italia non mi andavano bene. Essere schiava del lavoro per guadagnare soldi destinati solo in affitto, bollette, benzina e cibo…

Diciamo che non era il massimo per me. Per queste motivazioni ho lasciato il mio lavoro a tempo indeterminato. Questa è stata una decisione difficile e coraggiosa e ne vado fiera.

Mai pentita. Anche perchè nella mia testa giravano le frasi di denuncia di Silvano Agosti, i flussi di coscienza di Kerouac, gli spunti di riflessione di documentari come “Zeitgeist” o “the Corporation”.

In Australia ho scoperto un nuovo mondo. Tralascio la descrizione di questo magnifico e variegato territorio, sul quale ho percorso 20 mila km, per parlare della scoperta di una nuova società, diversa dalla mia.

Una società, un Paese che si preoccupa dei propri lavoratori, che ringrazia per il buon lavoro svolto, che paga il lavoro fatto 4,5,6 volte in più rispetto al salario italiano. Giusto per fare un esempio, il primo lavoro che ho svolto è stata la cameriera.

L’agenzia del lavoro alla quale ci eravamo affidati io e il mio ragazzo, ci ha chiamati dopo una settimana dall’iscrizione e visto che parlavamo inglese, ci hanno subito trovato lavoro in un resort, su un’isola. Io facevo la cameriera per 18 dollari l’ora.

Il mio ragazzo faceva il cuoco. Lavorando 3 mesi abbiamo messo da parte dei soldi e questo è ciò che siamo riusciti a fare:

-comprare un van

-andare in Giappone per 15 gg

-10 mila km di viaggio in Australia

Ve la faccio io una domanda adesso: quanto tempo bisogna lavorare in Italia per poter fare quello che abbiamo fatto noi? Ci sono persone che si sacrificano tutto l’anno per potersi permettere 15 giorni di vacanza in Sardegna o in Sicilia e mentre ero in Giappone, ho pensato a queste persone.

Vedere realtà diverse, non solo accresce la nostra conoscenza e la nostra anima, ma accende delle speranze. Ci fa pensare che, forse, qualcosa di migliore c’è in questo mondo.

Sarei rimasta volentieri in Australia, ma il nostro visto era scaduto ed è molto difficile poter trovare uno sponsor che ti permetta di prendere un visto permanente.

Inoltre l’Australia è molto lontana e in Italia ho la mia famiglia. Un po’ forzati da queste situazioni, siamo tornati in patria. Positivi. L’esperienza all’estero mi ha dato la giusta carica per poter ricominciare nella mia terra. Con un piede diverso. Ma mai rassegnato.

cambiare vita veronica

A gennaio dell’anno scorso la novità era l’expo. Quale migliore occasione per lavorare? Delle decine di domande inviate, solo due mi hanno permesso di fare il passo successivo: un test online impossibile!

Capisco che bisogna fare una scrematura. Selezionare. Ma per una posizione come “hostess accoglienza” o “cameriera”, non penso ci sia bisogno di essere laureati in scienze nucleari!

E non penso nemmeno che un laureato in scienze nucleari, superato il test, possa fare il cameriere come lo faccio io da 10 anni. Comunque superato uno dei due test, sono arrivata quasi al colloquio face to face. Nell’attesa ho trovato un lavoro come venditrice (solo una dispendiosa perdita di tempo e denaro).

Quando ho cominciato a lavorare per una nota azienda di autonoleggio in aeroporto, ecco che si fa vivo l’expo. Naturalmente non ero disposta a lavorare 8 ore al giorno per 800 euro soprattutto in quel momento che avevo trovato una buona posizione. Così ho rifiutato l’offerta e ho continuato a lavorare nell’azienda di autonoleggio.

Sei mesi di contratto durante i quali sono stata formata per fare la venditrice, ho raggiunto i miei obiettivi ed ero soddisfatta anche del mio posto in classifica per la percentuale di vendite effettuate, inoltre era un ambiente lavorativo positivo. Dopo sei mesi però, con una stretta di mano e un sorriso mi hanno mandata a casa.

Non capisco perchè adesso stiano facendo nuovi corsi per formare nuova gente. “Hey! Signori! Sono qui! Vi ricordate di me?”.Forse si son dimenticati. E allora gente, questa è la situazione in Italia. Dopo quel contratto sono ripartita sempre in compagnia del mio ragazzo per un viaggio in Asia tra Cambogia, Vietnam e Laos.

Adesso che siamo nuovamente in Italia, siamo proiettati verso Malta. Sembra un buon compromesso: fuori dall’Italia ma molto vicina. Non so cosa andrò a fare. Probabilmente all’inizio mi accontenterò di ciò che troverò (cameriera, barista, ecc.), poi magari troverò qualcos’altro che mi stimolerà di più.

Purtroppo sono ormai entrata nella mentalità che non è importante cosa fai ma come lo fai. Non ho mai avuto il sogno nel cassetto di un lavoro perchè se ci pensi, il lavoro è solo un mezzo per vivere, non è la meta della nostra vita. Il mio è un problema generazionale.

Il mio come quello di tutte le fantastiche persone che ho incontrato in giro per il mondo.

Cosa consiglio ai giovani? Siate curiosi, ascoltate la vostra anima, seguite i vostri sogni e un giorno, quando sarete vecchi e stanchi forse vi ritroverete con pochi soldi o forse sarete anche ricchi.

Ma non sarà quello l’importante, la cosa importante è che abbiate vissuto pienamente la vostra vita. Uscite dagli schemi, informatevi, non abbiate paura di essere voi stessi. Questa è la chiave del successo.

Un successo che forse la comunità, la società, i datori di lavoro e gli insegnanti non festeggeranno con voi. Ma sarete voi stessi a festeggiare, soli con il vostro io.

Ecco, non che io ormai sia vecchia e stanca, ma adesso che ho fatto il mio percorso, potrei anche pensare di fermarmi e arrendermi a questa società. Lavorare 8 ore al giorno e portare a casa uno stipendio fisso. Ma cavolo ragazzi, prima di tutto questo: quanta vita ho vissuto!

I miei sogni nel cassetto?

Posso dire di averne realizzati tanti di sogni. Mi sento soddisfatta. Ora mi stabilirò a Malta, ma durante le ferie continuerò a viaggiare. Voglio andare in India e in Bhutan e in Tibet e tornare anche in Nepal a trovare i miei bimbi.

Il sogno finale, il più grande e anche il più difficile, che mi piacerebbe realizzare dopo aver vissuto tutte le mie esperienze, è il seguente: Costruire una grande fattoria in mezzo al verde, con tanti animali dei quali mi prenderò cura.

Aprire un ristorante e anche un B&B, dove gli ospiti arrivino a dimenticarsi della città. Stabilirmi in questo posto e portare il Mondo a casa mia, accogliendo ragazzi/e da tutti gli Stati, che lavoreranno poche ore per me in cambio di vitto e alloggio.

Questo è il mio sogno nel cassetto.

Nell’attesa continuerò a dipingere, suonare e leggere.

Veronica Benardinelli

E mailveronicabenardinelli@yahoo.it

Link del libro

www.lulu.com/shop/veronica-benardinelli/erano-solo-bolle-di-sapone-un-tuffo-in-nepal/paperback/product-21098424.html