Serena da Melbourne alla Scozia

Di Enza Petruzziello

Da Roma a Melbourne per arrivare in Scozia. “Facendo come le pare”. Serena, capelli rosa e 35anni per sempre («altrimenti non reggerei») inizia il suo viaggio in giro per il mondo nel 2014, alla ricerca di un posto da chiamare casa. Attivissima su Facebook e Instagram, “faccio come mi pare” è ormai il suo stile di vita. O quasi.

Dopo una serie di calci nel sedere, immaginati, percepiti e ricevuti in quella che era casa sua, l’Italia, decide di mollare tutto: un contratto a tempo indeterminato che diventa carta straccia appena tornata dal viaggio di nozze; un concorso pubblico praticamente vinto e che viene bloccato; una battaglia legale interminabile; una laurea lasciata marcire nel cassetto.

Problemi e ancora problemi come lei stessa racconta nel suo blog Facciocomemipare.com: «Tre disgrazie una dietro all’altra: essere donna, avere 30 anni compiuti ed essere sposata – scrive Serena -. Ritrovarsi per questi motivi tagliata fuori del mondo del lavoro, ripudiata e messa da parte. Tanta frustrazione, la sensazione di avere sempre la testa sotto l’acqua e di non poter respirare se non per brevi momenti».

Così a prendere il sopravvento è la voglia di cambiamento, un cambiamento che il 2 luglio 2014 la porta a Melbourne, dall’altra parte del mondo.

Basta schiaffi in faccia e addio Italia, ora “faccio come mi pare”: Serena da Melbourne alla Scozia

Serena ricordi che emozioni hai provato la prima volta che sei arrivata a Melbourne?

«In un certo senso mi sembra ieri, ricordo di aver provato a fare un discorso prima di chiudere per sempre il nostro appartamento romano e di aver sentito solo lacrime in bocca. E vino. Sapevo che non sarei mai tornata in Italia a vivere. Arrivata a Melbourne però cantavamo “Everything is awesome”, la canzone del film Lego che ci aveva fatto compagnia lungo quel volo di 23 ore. Melbourne era buia, non ci funzionava la carta di credito, faceva un freddo che non mi aspettavo (era luglio, il loro inverno) e vedendola passare dal taxi mi stupii di scoprirla così: normale. Chissà cosa mi aspettavo dall’altra parte del mondo, forse il futuro! Quella notte non riuscivo a non ridere, mi sembrò di aver fatto bingo e persino la prima casa condivisa, dove vivemmo per un paio di settimane e che aveva un bagno letamaio, mi sembrava una possibilità bellissima e una fortuna».

Perché a un certo punto hai deciso di mollare tutto? Da dove è nata la tua voglia di cambiamento e che cosa non ti piaceva più dell’Italia?

«In Italia l’anno prima della partenza ho preso 2-3 schiaffi di fila, avevo perso il lavoro a tempo indeterminato e mi sembrava che improvvisamente non mi prendessero più in considerazione per nulla di serio, malgrado il curriculum buono. Mi dicevo che potesse essere perché ora ero sposata e quindi, nella mente di un possibile datore di lavoro, in qualche modo a rischio gravidanza (!). Avevo avuto un problema legale molto grave e non avevo avuto alcun sostegno da parte delle istituzioni malgrado le leggi fossero dalla mia, e la cosa mi aveva cambiata profondamente. Mi sembrava che in Italia avrebbero sempre vinto i più squallidi, i più meschini, i violenti e gli arroganti, quelli che possono farla franca sempre, grazie ad un certo lassismo. In ultimo avevamo comprato la nostra bellissima casa ed eravamo orgogliosi di pagare mutuo e bollette, ma pensammo che la vita non potesse essere solo pagar la casa per quarant’anni».

Così insieme a tuo marito nel 2014 siete partiti per l’Australia. Come vi siete preparati al trasferimento? Avevate già un lavoro?

«No, nessun lavoro ma diamine se ci preparammo. Per un anno intero frequentammo un corso di lingua inglese che ci fu fondamentale per ricominciare in un paese anglofono, ci diede una sicurezza maggiore. Mio marito, che nella vita faceva ben altro, si iscrisse ad un corso per pizzaioli ed imparò a fare una pizza molto buona che gli aprì le porte dei ristoranti australiani. Ma no, non avevamo un lavoro. Lo trovammo però, lui la prima settimana ed io poco dopo. In Australia ci sembrò molto facile inserirci nel mondo lavoro ma – lo anticipo a chi volesse prendere un working holiday visa (il visto per vivere e lavorare per un anno in Australia ) e partire – facemmo anche i conti con i limiti del nostro visto. Trovammo lavoro sì, ma la maggior parte degli impieghi non venivano dati a chi aveva il Working Holiday Visa, che ha il vincolo di non poter lavorare per la stessa azienda per più di sei mesi. In ogni caso, iniziammo a lavorare da subito e la vita andava molto bene, potendoci permettere tanti sfizi, mettere da parte qualche cosa e vivere in centro, in uno studio minuscolo che ci sembrava una reggia».

Come sono stati gli inizi qui? C’è qualcuno che via ha aiutato o avete fatto tutto da soli?

«Siamo partiti da soli e non conoscevamo nessuno. L’essere in coppia è stata la nostra forza. I primi mesi eravamo veramente soli, ma Melbourne riempiva quel vuoto con la sua bellezza e poi è successo, sono arrivati gli amici, quelli belli per davvero e sembrava il Paradiso».

Melbourne è una delle città più vivibili al mondo. Sempre ai primi posti delle classifiche per la sua qualità della vita. Ma come è vivere qui? Penso al costo e alla qualità della vita, ai servizi, la sanità, le infrastrutture ecc

«Abbiamo avuto la fortuna di poter vivere il centro di Melbourne e questo ha fatto la differenza, non so se sarei stata così entusiasta se avessi vissuto per un anno nelle zone residenziali con solo 5 negozietti tutti uguali. Ma per il centro Melbourne è stato un amore folle e travolgente e sono sicura della sua vivibilità. Il costo della vita è alto, i prezzi delle case insani ma gli stipendi sono alti. Per noi che eravamo un cuoco ed una cameriera era possibile mettere da parte, tanto. La sanità è buona per i residenti, gli altri hanno sei mesi di copertura e poi devono avere una assicurazione. Mi sono rotta una gamba mentre vivevo a Melbourne e ho avuto molta paura per noi, ma per fortuna è finito tutto bene».

Come hai detto in Australia vigono leggi molto ferree per i nuovi ingressi. A voi dopo il Working Holiday Visa come è andata?

«Allo scadere del WHV avevamo firmato per rimanere in Australia con un visto studenti. Il piano era di studiar qualcosa di abbastanza buono per poter rimanere down under. Ecco, lo studiar “qualcosa” per rimanere in Australia voleva dire “qualcosa che ci potessimo permettere”, il che limitava la scelta ad un corso di cucina e noi non avevamo passione per quel lavoro. Era il lavoro che ci aveva permesso di mantenerci ma non sentivamo le farfalle nello stomaco per il mondo della ristorazione. Lo avremmo fatto solo per cercare di rimanere. Nello stesso periodo arrivò la conferma di esser stati presi all’Università scozzese, dove mio marito aveva mandato una candidatura pensando di non passare mai le selezioni. Ironia della sorte, presero lui e presero me. Per studiare gratis in Scozia e prenderci una laurea che a differenza di quelle conseguite in Italia, potesse essere spendibile all’estero. Scegliemmo l’IT, la nostra passione vera».

Dopo un anno nella “terra dei canguri” ricominci di nuovo, questa volta nella più vicina Scozia per studiare informatica. Perché hai lasciato l’Australia e perché proprio la Scozia?

«In Australia abbiamo visto che le competenze potevano venir pagate e pagate bene, se vali lo stipendio ti viene alzato con più facilità. Interrogandoci lungamente però volevamo un lavoro che potesse essere rilevante al punto da garantirci un visto e così decidemmo di buttarci sull’informatica, nostra passione. Non eravamo sicuri di farcela (matematica per noi che avevamo avuto una formazione umanistica? In inglese? Argh!) e invece siamo stati tra i migliori della nostra classe. Non è stato facile, abbiamo rinunciato alla spensieratezza, alle uscite, all’uovo oggi… ma penso ne sia valsa tanto la pena: quest’anno ci laureiamo e già da 2 anni lavoro nel mio settore part-time».

Di cosa ti occupi precisamente?

«Sono una grafica, web & content editor per una società di Edimburgo e di recente ho iniziato a lavorare anche freelance. Da pochi mesi mi occupo anche di marketing per la mia società, spingendo l’asticella sempre più in alto: non avrei mai pensato di poter scrivere in inglese per conto di una compagnia!».

Vivi ad Aberdeen, la terza città scozzese. Come è la vita qui?

«Non sono una fan di Aberdeen, la trovo spenta e con poca immaginazione, non rimpiango però l’esser venuta qui visto come son andate le cose. L’Università è il luogo al quale devo di più e poi comunque ce l’ho messa davvero tutta. Aberdeen è attualmente in crisi poiché come città era diventata ricca grazie al petrolio e ora purtroppo le cose son cambiate. Vedremo il futuro. Per darvi una idea della crisi, segnalo che la nostra casa, un grazioso bilocale, costava 575 pound al mese quando arrivammo e solo 450 oggi, segno che tutto è cambiato, da queste parti».

Inevitabile un confronto tra l’Italia, l’Australia e la Scozia. Che differenze ci sono tra i tre Paesi?

«Enormi, quando ero in Australia mi dicevo spesso che quello era un paese per giovani, si respirava entusiasmo e c’erano tante possibilità. L’Italia è frenata e frena i nostri giovani, cancellando i sogni di intere generazioni. È possibile vivere bene in Italia? Certo che sì! Dipende sempre da quello che uno vuole e sicuramente dall’impegno, scommetto poi che molte persone non durerebbero un giorno in Australia perché troppo innamorate della propria città natale. Ci sta e va bene così! La Scozia è particolare invece, trovo che il governo scozzese sia molto vicino alla sua gente e lo dimostra l’attenzione verso le categorie più deboli. Agiscono molto, non parlano solamente. Il clima non mi piacerà mai, fa buio molto presto durante l’inverno e il fatto di vivere in una città molto tranquilla non aiuta di certo. Ma qui ho trovato la mia strada e sono grata alla Scozia, che mi ha accolta come una cittadina, dandomi modo di studiare ed accedere alla sanità gratuitamente. Qui ho trovato il mio futuro e non lo dimenticherò».

☞ Leggi la nostra Guida Completa per trasferirsi a vivere in Australia

Tra il tuo lavoro e gli studi in informatica hai creato anche un blog “Faccio Come Mi Pare”. Che cosa racconti nel tuo sito?

«Il blog nasce come opportunità di dare qualcosa indietro, ricevo infatti spesso richieste di aiuto da parte di persone che vorrebbero ricominciare all’estero e non considero stupida nessuna domanda. Sul blog racconto della mia vita, che mentre vivevo all’estero ha smesso di essere quella vita fatta di batticuori di chi è appena espatriato ed è diventata una routine».

Quali consigli daresti a chi come te sta pensando di trasferirsi all’estero per motivi di studio, lavoro ma anche semplicemente per cambiare la propria vita?

«Di valutare bene, di non forzarsi in nessun modo. Conosco persone che partendo hanno avuto seri problemi psicologici e sono tornati indietro, l’estero non è per tutti e non bisogna forzarsi a fare qualcosa che non è nelle nostre corde. Ma se parti perché davvero lo vuoi, all’estero ti scoprirai tanto più forte ed io ti auguro che quel coraggio possa essere ripagato».

Come è invece cambiata la tua di vita da quando sei partita da Roma?

«In meglio, ho detto addio a tante cose che pensavo di volere ma che forse non voglio più e soprattutto sono diventata la persona che volevo, quella che agisce e fa, senza perdersi d’animo. In questo la vita all’estero mi ha aiutata molto, quando non hai piani B devi rimboccarti le maniche o finisci in mezzo ad una strada. Abbiamo lavorato per mesi anche 60 ore alla settimana ed io fortunatamente ora mi sento di aver fatto tanto e di potermi godere qualche frutto».

Come immagini il tuo futuro e che progetti hai?

«Presto mi trasferirò di nuovo, sempre in UK credo. Non so se è ad Edimburgo che voglio vivere, non per sempre almeno, il clima gentile mi manca e con la Brexit ho notato cose spiacevoli che mi hanno fatta molto pensare. Vedremo, il mondo è grande!».

Per contattare Serena questo il suo account Instagram:

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Qui la sua pagina Facebook:

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Mentre questo è il suo

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