Antonella e Stefano, una vita in barca. Quando e come è iniziata quest’avventura?

E’ iniziata con la barca, che è la protagonista di questa scelta. La barca a vela è di per sé il simbolo della libertà. Chiunque vi abbia fatto un giro si sente libero, perché essa trasmette il senso del tempo naturale, con ritmi lenti, completamente immersi nella natura. All’inizio andavamo spesso nel weekend in barca e visto che ci piaceva moltissimo l’abbiamo fatto diventare uno stile di vita. Così, abbiamo venduto casa e abbiamo deciso di provarci.

Di cosa vi occupavate prima di questo cambiamento così radicale?

Stefano lavorava nel settore vendite di una multinazionale. Io sono tuttora insegnante di scuola elementare. Ho preso un anno sabbatico prima e un anno di aspettativa adesso; questi due anni ci servono per capire se questo progetto può effettivamente proseguire.

Qual è stata la molla del cambiamento?

La situazione in cui eravamo. Ti spiego meglio. Nostra figlia, subito dopo aver terminato il liceo, ha iniziato a viaggiare mantenendosi da sola, ha vissuto in Cina e in Australia. Lei ci ha dato la spinta: a soli 24 anni, è riuscita a vivere il suo sogno. Perché non avremmo dovuto provarci anche noi? Saremmo dovuti partire quest’anno, ma volevamo aspettare che nostra figlia di 18 anni, terminasse il liceo, ma lei ascoltando i nostri progetti e le nostre idee, sentiva di voler vivere questa esperienza. Così siamo partiti con lei e siamo arrivati a Trapani, dove si è diplomata.

In che modo riuscite a sostenere le spese?

Dalla vendita della casa siamo riusciti ad ottenere un grande budget che ci permetterà di vivere di rendita per un paio d’anni. Per il momento è un cuscinetto, in attesa della pensione. Entrambi abbiamo iniziato a lavorare giovanissimi, io ho vinto un concorso a 18 anni e sono diventata insegnante di ruolo già all’età di 19 anni. Anche mio marito ha iniziato a lavorare sin da giovanissimo, quindi non dovremmo attendere ancora per molto. Dopo anni di lavoro, abbiamo deciso di vendere il frutto del nostro lavoro, la nostra casa, per regalarci un po’ di tempo.

Una famiglia in barca

Dove siete stati fino ad ora?

Siamo rimasti in Italia. Abbiamo viaggiato in modo itinerante nel Mediterraneo; abbiamo visitato la Croazia e poi siamo giunti a Trapani, dove nostra figlia ha terminato l’ultimo anno di liceo. Poi a settembre abbiamo visitato il Sud della Sicilia ed ora siamo fermi nel porto di Marina di Ragusa. Noi sembriamo quasi un ‘eccezione per gli italiani. In realtà nel porto di Marina di Ragusa ci sono circa 200 imbarcazioni, di queste 150 sono di persone che vivono in barca. Principalmente sono stranieri: tedeschi, olandesi, australiani, inglesi, canadesi, giapponesi, svizzeri. C’è un clima splendido, internazionale, ricco di persone per lo più in pensione. Questa è diventata ormai una piccola comunità.

Com’è stata accolta questa vostra decisione dalle persone che vi sono accanto?

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Le nostre figlie ci hanno appoggiate completamente. Silvia, la più grande tra le due, ama scrivere e dopo aver pubblicato due romanzi “Come un pesce fuor d’acqua” e “Sognando Venere”, sta per pubblicare un terzo libro “Una famiglia da mare” che parlerà di noi, un libro in cui verrà spiegato dal suo punto di vista questo nostro viaggio. Tra gli amici c’era qualcuno un po’ scettico, ma tutti ci hanno appoggiato. La reazione più strana è venuta dagli estranei. Ho creato un blog in cui raccontare le nostre esperienze. Siamo stati contattati da tantissima gente curiosa di questa nostra scelta che, successivamente, abbiamo conosciuto personalmente.

Quali sono stati i cambiamenti maggiori che avete subito dentro e fuori?

Sicuramente i tempi, nel senso che alla fine le giornate non sono poi tanto diverse da quelle di due pensionati che vivono in una casa in città. Con l’unica differenza che, in barca, ci sono molti lavori di manutenzione da svolgere quotidianamente. Però i ritmi sono diversi, sono più lenti. Non abbiamo la macchina, perciò ci spostiamo in bici o a piedi. Quindi mi capita di arrivare a fine giornata e di non aver fatto qualcosa che avevo previsto. E’ cambiato anche il rapporto con la gente, abbiamo conosciuto tantissime persone e le abbiamo conosciute in modo più profondo, perché abbiamo più tempo da dedicare alla gente. Un altro cambiamento è legato proprio alla percezione della Natura, semplicemente ci siamo ricordati che esiste. Ad esempio, quando c’è cattivo tempo abbiamo un’attenzione maggiore verso ciò che ci circonda, un’attenzione più viva.

Quali sono i pro e i contro del vivere in barca?

Al momento siamo ancora sull’onda dell’entusiasmo, quindi per noi è difficile trovare dei contro. Magari, se avessi avuto dei figli piccoli non l’avrei mai fatto. Tra i pro c’è la possibilità di dedicarti più a te stesso, di essere più aperti a nuove esperienze. Ad esempio, in questo luogo dove ci troviamo adesso, ci sono molti stranieri che desiderano conoscere la lingua italiana ed io mi sono offerta di aiutarli. Sicuramente si è più aperti verso nuove opportunità.

In base alla vostra esperienza, quali consigli sentite di poter dare?

I primi consigli sarebbero di carattere tecnico: prendere una barca comoda, di facile manutenzione e gestione. Dal punto di vista emotivo: non prendere una decisione del genere solo perché non si è contenti della vita che si vive. Le scelte vanno fatte perché si deve aver voglia di mettersi alla prova; bisogna fare qualcosa sapendo che può renderci felici e non farlo come via di fuga. Perché in quel caso difficilmente andrà bene. In ultimo, ma non per ultimo, bisogna imparare ad amare la vita un po’ spartana.

Quali sono i vostri progetti futuri?

Per il momento passeremo l’inverno qui. L’idea comunque è quella di spostarci dalla primavera in poi. Viaggiando sempre all’interno del Mediterraneo, culla di luoghi meravigliosi.

cautha16.wordpress.com