Cristina e la sua famiglia un po’ particolare

Sono nata in una famiglia un po’ particolare. Mio padre aveva deciso di lavorare all’estero, un po’ perché gli piaceva, un po’ per ragioni economiche. Mia madre era in Sud America quando si sono conosciuti. Io sono nata in Italia ma qualche mese dopo ci siamo trasferiti a Caracas e poi a Lima. Prima dell’inizio dell’età scolare di mio fratello più grande i miei hanno deciso di stabilirsi definitivamente in Italia e mio padre ha cambiato lavoro.

La nostra taverna era piena di cimeli provenienti da tutto il mondo, Europa, Africa, America del Nord e del Sud, l’Asia era coperta dai viaggi di mia zia. Insomma, negli anni Ottanta, in un piccolo paesino del Nord dove la maggior parte dei miei amichetti era già tanto fossero andati al mare e in montagna, io mi sentivo un pesce fuor d’acqua, erede di una tradizione che non sapevo bene volessi o meno. Mio fratello l’ha rifiutata tanto che piccolino, di fronte alla richiesta di mio padre di andare a vivere ancora una volta in un’altra parte del mondo, lui rispose che sarebbe rimasto nel paesino con la nonna, che non si dovevano preoccupare, che lui stava bene lì dov’era. E così è stato; mio fratello non ha mai più vissuto lontano dai suoi amici e dalle persone a lui più care.

A casa mia si parlava spagnolo, italiano e dialetto e avevamo spesso ospiti da diversi paesi anche per lunghi periodi. Al liceo ho studiato lingue straniere, sembra che per i bilingui sia più naturale imparare le lingue, per me perlomeno lo è stato anche se non mi piaceva tanto. All’università infatti ho studiato qualcosa di più tecnico e scientifico. Tuttavia le lingue mi hanno sempre aperto nuove dimensioni. Con i progetti di scambio all’estero ho vissuto, studiato e lavorato per più di un anno prima a Berlino, poi a Berkeley. Nel frattempo ho fatto un tirocinio a Città del Messico e un periodo di ricerca per la mia tesi a Lima.

Cristina una famiglia particolare

Vivere in tutti questi paesi è stato sicuramente molto interessante, soprattutto perché quando vivevo lì diventavo una di loro, a modo mio sono stata tedesca, americana, messicana e peruviana. Non sentivo un’identità netta e definita, forse perché avevo due culture nel mio sangue e conoscenze di diverse culture dal mio passato, mi sentivo un po’ un blob indefinito di cose. Il che non era bello, almeno per me. Quando alcuni dei miei conoscenti mi guardavano con un pizzico d’invidia dopo i racconti delle mie esperienze mi sentivo come tradita, come se loro non capissero come mi sentissi in realtà, mi sentivo come “obbligata” a fare tutte queste esperienze, non ne traevo particolare piacere. I miei dal lato loro sono sempre stati un po’ insofferenti nei confronti dell’Italia, mio padre perché a mio avviso aderiva alla tradizione Italiana di lamentarsi del governo bypassando l’opzione di agire per cambiarlo, mia madre, latino americana che aveva vissuto a Boston nei suoi giovani anni, perché inconsciamente avrebbe voluto continuare a vivere negli Stati Uniti e non accettava l’immobilismo italiano in materia di carriera e diritti per la donna. Ora sono sei anni che mi sono laureata e per lavoro ho vissuto a New York e a Londra, dove sono tornata da qualche mese perché il mio ragazzo vuole vivere là. In realtà io vorrei vivere in Italia, precisamente nella mia piccola città di nascita dove ho la mia famiglia ed amici. Forse per le stesse ragioni di mio fratello. Londra per viverci mi piace di più di NY, la trovo più verde, pulita e forse più vicina alla mia mentalità, le persone sono interessate alla carriera e al successo ma non vivono principalmente per quello, forse è la mentalità europea, alla ricerca del “giusto equilibrio”.

Di Londra e di tutti i paesi in cui ho vissuto potrei dire tante cose ma non volevo necessariamente descrivere le mie esperienze, tra l’altro già meravigliosamente descritte da tanti altri lettori/autori del sito, piuttosto mi piaceva l’idea di condividere coi lettori di Voglio vivere così, una riflessione sulla vastità delle ragioni e del vissuto personale sulla base dei quali si decide di vivere in altri paesi/contesti e di cosa poi ne traiamo veramente. Una ricerca personale, imparare una lingua e cultura nuova, reinventarsi in forme diverse, ragioni economiche e politiche, carriera e successo, amore e anche odio, sfida… Insomma, non è sicuramente solo un “cambiare cielo”, trovo che le motivazioni che ogni persona ha per lasciare il proprio mondo siano la chiave per capire noi stessi e le nostre scelte e magari affrontarle in maniera più decisa e responsabile perché quando si esce dalla propria “comfort zone” come dicono gli inglesi ci sono anche tante difficoltà ma anche tanta crescita. Possiamo restare o tornare ma come un poeta greco scrisse: “Itaca ti ha dato il bel viaggio, senza di lei mai saresti partito [….] Con tutta la tua esperienza addosso gia’ tu avrai capito cio’ che Itaca vuole significare” Un caro saluto e in bocca al lupo a tutti!!!!

Cristina

criarenas@yahoo.it