Simona, traduttrice di Manga a Tokyo

Leggere manga gratis prima di tutti gli altri e addirittura essere pagati per farlo. Questo il lato positivo del lavoro svolto da Simona Stanzani, traduttrice di manga a Tokyo. La professione ideale per lei, amante della lingua giapponese, dei fumetti e degli ideogrammi. Simona si è trasferita nella capitale del Giappone da quasi 10 anni e nella seguente intervista ci racconta come vive la quotidianità giapponese.

Simona, quando e in che modo ha avuto inizio la tua vita professionale in Giappone?

Ho iniziato a tradurre manga mentre vivevo ancora a Bologna nel 1992 e non ho praticamente mai smesso; mi sono trasferita a Tokyo il 31/3/2007, ma avevo già iniziato a soggiornare lì per qualche mese alla volta, da quando vivevo a Los Angeles, nel 1994.

TRADURRE MANGA

Qual è l’aspetto più bello del tuo lavoro? E lati negativi ce ne sono?

Beh, leggere manga gratis prima di tutti gli altri e addirittura essere pagata per questo! Questa è la risposta del mio lato otaku (appassionata/o di fumetti/cartoni animati giapponesi). La risposta da un punto di vista professionale, invece, è che adoro le lingue, il giapponese, l’inglese e ovviamente l’italiano, gli ideogrammi, i fumetti (scusate se mi ripeto, ma come dicono in Giappone: “È una cosa importante quindi la ripeto due volte”), quindi quella del traduttore di manga è per me la professione ideale. I lati negativi sono principalmente economici, al giorno d’oggi purtroppo un traduttore dal giapponese all’italiano di manga o anime (cartoni animati giapponesi) lavora per cifre misere, mentre i nostri colleghi d’oltralpe (Francia, Germania) guadagnano almeno il triplo di noi. E il trend al ribasso continua imperterrito, nonostante la domanda non sia certo in calo, anzi il mercato grazie a internet si sta anche espandendo, a dispetto della crisi generale. Purtroppo la qualità e l’esperienza contano poco di fronte all’atteggiamento al ribasso della maggior parte delle aziende, anche se alcune (pochissime) tengono ancora in considerazione, almeno un minimo, la serietà professionale e la qualità del lavoro dei traduttori. Da questo punto di vista posso ritenermi fortunata e non ho nessuna lamentela nei confronti dei miei clienti, anzi. Il mio è un discorso sulla situazione in generale.

simona stanzani manga tokyo

Ci racconti qualche curiosità sulla quotidianità giapponese?

La cosa che adoro di più della vita quotidiana qui è che se ti viene fame alle 4 del mattino, puoi andare al convenience store (abbreviato in conbini) più vicino e prenderti un gelato o anche qualcosa di caldo o più sostanzioso, oppure una bibita (sia calda che fredda) da uno dei distributori automatici onnipresenti. Probabilmente in Europa verrebbero vandalizzati dopo poche ore dall’installazione.

Quali sono state le difficoltà che hai dovuto affrontare entrando in contatto con una cultura così lontana da quella italiana?

Secondo me una delle difficoltà maggiori per un italiano è la “distanza” tra le persone. Qui ci sono distanze molto più ampie tra una persona e l’altra, sia in senso lato che fisico, un po’ come in Gran Bretagna, e non c’è praticamente contatto fisico; strette di mano (a parte quelle con business partner stranieri, che sono comunque rare), abbracci, baci tra amici sono proprio inesistenti, quindi ci si sente un po’ abbandonati o messi in disparte. Soprattutto le donne hanno più difficoltà a interagire con gli uomini a livello privato, perché qui il rapporto tra i sessi è rimasto più o meno agli anni ’50, un gender gap enorme, e al contrario delle donne giapponesi, che sono più spigliate e comunicative, gli uomini hanno difficoltà a socializzare con la scioltezza tipica dell’italiano. Diciamo che la rigidità giapponese si fa sentire parecchio. Gli uomini stranieri che conosco invece hanno molti meno problemi a interagire sia con donne che con uomini del luogo.

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Nell’apprendimento della lingua invece, hai riscontrato difficoltà?

Il giapponese è estremamente diverso dall’italiano, quindi è necessaria una buona dose di determinazione e motivazione e più predisposizione hai meglio è.

Quali sono gli aspetti positivi e quali quelli negativi del vivere a Tokyo?

È una città ricca di possibilità e attrattive, se uno ha abbastanza entusiasmo ed energia per acchiapparle al volo. Ovviamente caotica, ma molto meno di quanto si possa pensare.

Quali sono le bellezze del Giappone?

Trovo molto affascinante la capacità di armonizzare elementi apparentemente opposti in modo molto organico, infatti ho anche scritto la tesi del master a riguardo: “Reconciliation of Binary Opposites in Japanese Manga and Anime”, dove analizzo la coesistenza pacifica di vari concetti opposti, come sogno e realtà, spirito e materia, Oriente e Occidente, uomo e macchina, passato e futuro, tradizione e modernità, ecc. Qui Yin e Yang si abbracciano con risultati a volte sorprendenti.

Professionalmente parlando, pensi che allo stato attuale possa offrire maggiori possibilità ad un italiano in cerca di lavoro?

Assolutamente. Anche se il campo della traduzione ormai non ha più confini, dato che si può lavorare a distanza ovunque ti trovi, basta una connessione internet. La conoscenza della lingua è pressoché indispensabile, ma c’è lavoro un po’ in tutti i campi e qui le aziende generalmente pagano e sono anche molto puntuali.

Come si svolge una tua giornata tipo?

Mi alzo generalmente intorno a mezzogiorno (anche dopo se ho lavorato fino a tardi), faccio colazione, esco a fare la spesa e inizio a lavorare davanti al Mac nel pomeriggio, generalmente fino a mattina. Una o due volte a settimana vado a mangiare al ristorante di sushi del vicinato o a quello italiano, mi faccio un cappuccino al Bar Del Sole (piccola catena giapponese che però non ti fa mancare per nulla l’Italia, ottima pizza e scelta di vini) con qualche amica o mentre parlo di lavoro con qualche cliente e ogni tanto vado al cinema a guardare un film di animazione. Ovviamente leggo manga e guardo anime regolarmente, anche per tenermi aggiornata a livello professionale (svolgo anche attività di manga scouting per gli editori italiani, scrivendo recensioni e suggerendo serie nuove da pubblicare). Vita da otaku, insomma!

Quali sono i tuoi sogni ancora chiusi nel cassetto?

Quando avevo 14 anni volevo diventare fumettista, invece ora, sebbene con gioia, traduco i fumetti degli altri; è un sogno che ho messo nel cassetto, ma non ho buttato via. Però devo ammettere che, vedendo quanto impegno sia fisico che emotivo che finanziario implichi la professione di mangaka, la vedo dura buttarmi in una nuova avventura ora che purtroppo non ho più l’ardente passione per il disegno che avevo da piccola. Sono anche parecchi anni che non disegno regolarmente, quindi dovrei riprendere la mano (è un po’ come andare in bicicletta, non disimpari ma ovviamente ti arrugginisci). Probabilmente mi concentrerò sullo scrivere, invece, sia fiction che non-fiction. Un obiettivo professionale, inoltre, sarebbe quello di diventare una specialista di anime/manga conosciuta a livello mediatico (fare reportage e partecipare a dibattiti in TV), cosa che sto iniziando a fare poco a poco, ma è difficile farsi vedere in giro se me ne sto sempre in casa rintanata a lavorare. Trovare l’equilibrio giusto tra il mio spirito yin-introverso otaku e yang-estroverso party girl è tuttora la sfida numero uno per me.

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VIVERE A TOKYO SIMONA STANZANI

A cura di Nicole Cascione