Irina: a Bali vivo il mio sogno

A cura di Maricla Pannocchia

“Respiro nomade”, così s’intitola il libro di Irina Pampararo (appena uscito) e non c’è da stupirsene. Questa donna, infatti, respira il viaggio e la vita a pieni polmoni. Dopo aver lasciato casa, in Italia, a soli 18 anni per andare a studiare in Francia (quando ancora il programma Erasmus non esisteva), Irina ha viaggiato per il mondo, lavorando in ambienti internazionali e stimolanti, sino a fermarsi, con la famiglia, a Bali. Lì la vita non è scandita dalla frenesia tipica dell’Italia ma dai suoni della natura, dal gracidare delle rane e dal meraviglioso spettacolo del sole che nasce e muore ogni giorno. Il progetto d’Irina è rimanere a Bali ancora per un po’ ma poi rimetterà mano alla sua valigia e, con il marito Beppe, partirà ancora una volta all’avventura…

Ciao Irina, raccontaci qualcosa di te. Chi sei, da dove vieni…

Ciao a tutti e grazie per questa opportunità. Comincerei con il dire che sono una persona curiosa e allegra, che ama condividere i suoi momenti liberi con gli amici. Sono nata ad Asmara, città storicamente contesa tra due stati africani, l’Eritrea e l’Etiopia. Per via della guerra tra questi due Stati, sono dovuta fuggire ancora bambina e ho raggiunto l’Italia, Paese di origine dei miei genitori. Appena ho potuto sono ripartita, spostandomi varie volte. Da 8 anni mi sono stabilita a Bali, in Indonesia.

Irina Pampanaro

Cosa ti ha spinto a scegliere di frequentare l’università in Francia piuttosto che in Italia?

Adoravo la lingua francese e volevo studiare Commercio Internazionale. A Chambéry ho trovato quest’opportunità tramite una convenzione franco-italiana. Partire a 18 anni è stata una scelta importante, non esisteva ancora il progetto Erasmus e la facoltà era frequentata solo da studenti francesi. Di certo, l’aver vissuto un’infanzia cosmopolita mi ha portata ad andare in quella direzione.

Hai visitato 5 continenti e più di 50 Paesi. Cosa puoi raccontarci di queste esperienze? Cosa ti ha spinto a volerle vivere?

Le molle sono state il mio animo vagabondo, la curiosità e l’amore per l’avventura. Ogni viaggio è stata un’esperienza diversa, ogni Paese visitato fonte d’ispirazione. All’inizio ho viaggiato per studiare le lingue, poi a lungo per lavoro. Appena potevo, inoltre, prendevo lo zaino e partivo all’avventura, bazzicando per le strade del mondo. Viaggiando, mi sentivo libera: traversavo deserti e foreste tropicali, entravo nei musei o contemplavo le piazze delle grandi capitali con ugual piacere, cercando le sorprese dietro l’angolo. E poi, ogni viaggio è costellato dagli incontri, il sale della mia vita.

Hai vissuto per molto tempo nel sud-est asiatico, che ricordi hai di quel periodo?

Ho lavorato per molti anni nel settore della calzatura leggera, trascorrevo circa 6 mesi all’anno nelle aree di mia competenza: l’Indonesia, la Thailandia e il Vietnam, con alcune puntate in altri Paesi dei quell’area. Sviluppavo collezioni e realizzavo campionari, discutevo i prezzi, piazzavo ordini, controllavo la qualità e cercavo nuovi fornitori. Ero sempre su un aereo, a guardare le nuvole, dove si riflettevano i miei sogni. La vita in movimento mi si confaceva. Credo, inoltre, che il lavoro approfondisca la percezione del luogo dove ci troviamo e ci consenta di osservarlo da una nuova prospettiva.

Adesso sei a Ubud, Bali. Come mai hai scelto di stabilirti proprio lì?

Bali era la meta dei miei weekend quando mi trovavo a Giacarta per lavoro e l’avevo puntata da tempo… Ci è voluto un bel po’, però, prima che diventasse casa. Era parte di un sogno da trasformare in progetto e “stava” dentro una scatola. Aveva la forma di un post-it arancione con scarabocchiato B&B: una B stava per Bali e l’altra per Barcellona. Mi sono trasferita prima in Spagna, ma al momento giusto sono venuta qui, insieme alla mia famiglia.Abbiamo scelto Ubud, il cuore culturale dell’isola, perché ci fa sentire a Bali, al contrario di alcune zone dell’isola che hanno perso il loro legame con le tradizioni. Appena dietro casa si stagliano paesaggi incredibili, risaie e foreste, e ne approfittiamo per goderceli. Essendo all’interno manca un elemento, il mare, ma lo raggiungiamo in moto quasi ogni fine settimana!

Irina Pampanaro

Sei appassionata d’immersioni subacquee. Cosa puoi raccontarci in merito?

È stato un colpo di fulmine: ho fatto la prima immersione in Australia, il primo corso PADI in Messico e l’Advanced in Honduras. A quel punto, ho intrapreso un percorso con il gruppo Rari Sub di Torino, per diventare Operatore Ambientale Subacqueo CMAS. La subacquea è un’attività avventurosa ed emotiva, in cui condividi emozioni piacevoli ma anche difficoltà e pericoli. Tra le bolle, sento il suono del mio respiro e m’immergo nella pace totale. Fluttuando tra ventagli trasparenti, cupole di madreperla, nudibranchi dai colori vivaci, sono felice. Osservando pesci, tartarughe e mante, mi sento appagata. Vivendo da queste parti, riesco a immergermi durante il fine settimana, raggiungendo luoghi, come Amed e Tulamben, dove la barriera offre splendidi fondali. Sono stata da poco a Flores, nel Parco Naturale di Komodo: è stato incredibile.

Come hai fatto a mantenerti mentre viaggiavi per il mondo?

Per mia fortuna, ho sempre trovato da lavorare. Dopo una prima esperienza nel settore turistico, in Grecia, ho lavorato anni e anni nelle calzature, girando il mondo per lavoro e anche per vacanza. Da otto anni lavoro come Sales and Marketing Manager per Gaya Ceramic. È uno studio di design che crea e produce oggetti e installazioni d’arte in ceramica, interamente fatti a mano. Lavoriamo su progetti esclusivi per hotel e ristoranti di lusso di ogni luogo, ma abbiamo anche un negozio al dettaglio, con il nostro marchio. Ora apriremo due nuovi punti vendita, uno qui a Bali e uno a Giacarta.

Che consigli daresti a chi sogna di fare lo stesso?

Ai giovani di studiare, a meno che non abbiano un’innata capacità in un campo specifico o siano artisti (non è il mio caso). Bisogna crearsi delle competenze, essere credibili, per poter trovare lavoro in giro per il mondo. Occorre sapere l’inglese in modo decente e possibilmente un po’ di qualche altra lingua, nonché avere voglia d’imparare la lingua del luogo in cui si vive. Trasferirsi presuppone spirito d’iniziativa, capacità di negoziare e flessibilità. Vuol dire cambiare direzione, improvvisare, occorre adattarsi, avere un carattere aperto e voglia di rimettersi in gioco. Consiglio anche di sognare con razionalità, non illudersi, altrimenti si rischia di fare una bella esperienza ma di tornare a casa quando i soldi sono finiti. Viaggiare o trasferirsi per alcuni mesi all’estero vale comunque la pena, a patto che si rientri a casa senza frustrazioni.

E quali suggerimenti hai, invece, per chi desidera visitare Bali?

Bali non è il paradiso a tutto tondo che viene descritto, ma vale la pena di visitarla; è adatta a tutti i gusti e a vari portafogli. Si può spendere poco (non nulla) ma anche tantissimo, poiché offre hotel e beach club molto glamour. Sconsiglio la stagione delle piogge, da novembre a marzo. È un luogo unico al mondo, anche se stravolta dal turismo nasconde ancora meraviglie e riesce a sorprendere. Se qualcuno vuole organizzare un viaggio “fai da te da te” può dare un’occhiata al mio blog www.apomondoindonesia.com.

È un blog amatoriale e senza pretese, (sono una nomade poco digitale), dove ho condiviso le mie impressioni e conoscenze su alcuni Paesi del sud-est asiatico.

Qual è la normativa burocratica per uno straniero che vuole vivere e lavorare a Bali?

Una normativa complicata, purtroppo. Le leggi cambiano in modo costante e, quindi, consiglio di rivolgersi a siti dedicati all’argomento o pagine FB tipo “Law and Regulations in Indonesia”. In genere si predilige il lavoro autoctono, vengono rilasciati visti di lavoro solo a chi ha competenze manageriali. Diverso è se si è nomadi digitali (parlano da tempo di un visto, ma ad oggi non è ancora stato ufficializzato) o se si lavora nel settore dell’ospitalità (come manager o chef negli hotel o ristoranti). L’alternativa è avere dei soldi da investire, anche se oramai qui c’è di tutto e di più, forse andrei a esplorare altre isole… Nel mio caso la parte burocratica è stata gestita dall’azienda, sia per me sia per i miei famigliari.

Hai appena pubblicato il tuo romanzo autobiografico, “Respiro Nomade”. Che cosa ti ha spinta a scriverlo?

Ho voluto lasciare una traccia per mio figlio adolescente, raccontandogli qualcosa di me. Gli ho letto un capitolo alla volta, a cena, man mano che scrivevo. Con soddisfazione ho visto che, oltre a mio marito, anche lui era in ascolto. Spero che possa invitarlo a vivere la vita in modo responsabile, ispirarlo e spronarlo a considerarla un’avventura senza fine. L’ho scritto anche per ringraziare i miei genitori, ormai novantenni. Mi hanno lasciato fare il mio primo viaggio all’estero a 12 anni. Da allora ho preso il volo e loro non mi hanno mai impedito di farlo. Scriverlo è stato un viaggio emozionante: man mano che i ricordi fluivano, diventavo consapevole di quanto la memoria contenga energia e dia forza. Quando l’ho terminato, ho realizzato che sto vivendo la vita che sognavo.

Cosa speri che i lettori portino con sé dopo averlo letto?Leggerezza. Emozioni. Determinazione a perseguire i propri sogni, trasformandoli in progetti. I piani e i programmi sono il giusto modo di realizzare i propri desideri, senza buttarsi nell’ignoto. Il messaggio di fondo è che siamo noi gli artefici del nostro destino, noi che decidiamo di seguire la direzione del vento, oppure no. Premetto che questa è la mia storia, ognuno di noi ha la sua. Di certo potrebbe ispirare i lettori che sentono un irrefrenabile desiderio di partire, o una sana voglia di scoprire come si vive in un altro Paese.

Come sei stata accolta dai balinesi?

Bene. Sono un popolo tollerante e sorridente, il fatto di parlare l’indonesiano mi ha permesso di entrare in contatto con loro. Il gap culturale è notevole, ma ho alcuni amici balinesi che frequento e con cui mi confronto. Inoltre, con i miei 80 colleghi balinesi, posso vivere relazioni non viziate dal rapporto locale/turista o datore di lavoro/impiegato. Essere una semplice collega rende tutto più facile: partecipo ai loro matrimoni e alle varie cerimonie.

Com’è la tua vita quotidiana a Bali?

Mi sveglio all’alba con l’odore del caffè preparato da Beppe, mio marito, e con i suoni della natura prorompente. Facciamo colazione nel living all’aperto, vedendo il buio trasformarsi in luce, circondati da gechi, ranette, uccellini e scoiattoli. Due gatti vengono a trovarci ogni mattino per avere il loro pasto. Alle 8 sono in ufficio ed entro in un turbine: e-mail, meeting con i clienti o con i colleghi. Risolvo i problemi quotidiani, che non sono pochi, e mi godo le soddisfazioni, come tutti. Lavorare in un ambiente creativo e stimolante, con clienti da ogni parte del mondo, mi consente di andare al lavoro con entusiasmo. La sera ci ritroviamo spesso a cena con gli amici, a casa o fuori. Il costo dei ristoranti locali ci consente di cenare spesso fuori. Andiamo a letto presto, io scrivo, leggo un libro o guardo qualche programma su Rai Play, come gli emigrati che si rispettano. I weekend saltiamo sulla moto e ci mettiamo in modalità avventura, andando a cercare luoghi che ancora non conosciamo, e ce ne sono tanti.

Irina Pampanaro

Com’è lo stile di vita lì?

Semplice e naturale, senza sovrastrutture. Non si corre. È facile frequentarsi, si trascorrono i fine settimana con gli amici all’aria aperta, condividendo passeggiate tra le risaie, bagni in mare, giri in moto e chiacchiere, tante chiacchiere…

Cosa consigli a chi sogna di cambiare vita ma non sa da che parte cominciare?

Sii ricettivo al massimo, leggi e informati, guardati intorno. Parti dal principio e avanza a piccoli passi: decidi dove andare, comincia a informarti su qualità di vita, clima, sicurezza e sanità del Paese che hai scelto. Poi, fai qualche blitz esplorativo per vedere il luogo da varie angolazioni, in varie zone e diversi periodi dell’anno. A questo punto, immagina come potrebbe essere il tuo quotidiano e, se puoi, cerca di studiare la lingua locale. Oggi sapere l’inglese non basta più se si vuole trovare lavoro.

Fai una prima valutazione del costo della vita e cerca di capire che lavoro potresti fare, secondo le tue competenze. Rivedi il tuo CV mettendo a fuoco i tuoi punti forti, traducilo in inglese o nella lingua più opportuna per il tuo progetto.  Poi entra nei dettagli operativi: documenti, visti, permessi di soggiorno, certificati vari. Trasferirsi è un lavoro, nessuno ci regala nulla e quindi dobbiamo essere motivati e determinati.

Viaggiare per te è…

Esperienza, Avventura, Incontri, Scoperte, Rispetto.

Le esperienze di viaggio ci consentono di crescere, forgiano il carattere, delineano la personalità, ci aiutano a vivere in modo intenso. L’avventura è una maniera di percepire gli avvenimenti, non un’impresa ardita. Il rispetto per le altre culture è una conditio sine qua non per muoversi agevolmente.

Viaggiare è sentire la vibrazione del mio cuore e il suo battito profondo: quando il battito sale, sono pronta ad assecondarlo… E preparo la valigia.

Progetti per il futuro?

Rimanere qui ancora a Bali per qualche anno, concentrandomi sui nuovi progetti e sul riciclo della ceramica. Stiamo trasformando gli oggetti in sculture e opere d’arte, per evitare sprechi ed essere sostenibili. Nel frattempo, continuerò a scrivere di viaggi e di espatrio, e a divertirmi… Poi, mi piacerebbe ritornare ad alimentare il mio respiro nomade, alla ricerca di nuove avventure, insieme a Beppe, mio marito. E a quel punto chissà, un altro libro?

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