Gaetano Zambito

Dalla guerra in Sicilia, quella degli anni ’90 e delle stragi mafiose, alla guerra tra Russia e Ucraina. Gaetano Zambito è andato via da Bagheria negli anni più difficili per ricostruirsi una vita, prima nel nord Italia e poi a Chelyabinsk dove, da ormai 8 anni, vive con sua moglie e suo figlio.

Qui ha aperto la sua trattoria-pizzeria di cucina tipica italiana “Mozzarella”. La cosa che non rimpiange dell’Italia? Sicuramente la ricerca di un lavoro. «Ho cercato lavori di vario tipo, ma trovavo sempre dei muri incredibili perché assumendomi le ditte non potevano avere sgravi fiscali. Questo mi ha fatto male, scoprire una realtà dove non conta chi sei e cosa sai fare, ma solo quanti anni hai».

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Di Enza Petruzziello

Andare via dalla Sicilia negli anni più difficili, quelli delle stragi mafiose, degli attentati a Falcone e Borsellino, della paura. Non per vigliaccheria, ma per cercare una vita migliore. Siamo negli anni ’90 e Gaetano Zambito, all’epoca ventottenne, lascia per sempre la sua amata Bagheria, a Palermo, senza più voltarsi indietro.

Per 9 anni lavora nelle cucine di hotel e ristoranti del Friuli, poi si trasferisce in Emilia Romagna dove vivono sua sorella e suo fratello minore. Qui rimane fino ai suoi 48 anni, ed è qui che conosce sua moglie Daria, russa di Chelyabinsk, che lo rende padre del suo bellissimo figlio Marco, nato a Rimini.

Per colpa della crisi economica, che colpisce anche l’Italia, Gaetano perde il lavoro, ma non la voglia di mettersi in gioco. Così fa le valigie e dopo una parentesi, prima in Spagna e poi in Germania, e nel 2015 si trasferisce definitivamente in Russia.

Ha appena compiuto 58 anni e oggi è uno chef affermato a Chelyabinsk, cittadina degli Urali del sud a tre ore di volo da Mosca. La sua trattoria-pizzeria “Mozzarella” va alla grande e i russi impazziscono per le ricette italiane. Membro dell’International Professional Culinary Alliance Russia, dallo scorso anno è ambasciatore del gusto.

Gaetano perché ad un certo punto della tua vita decidi di guardare oltre confine? Che cosa non ti soddisfaceva dell’Italia?

«A 28 anni ho deciso che era ora di andare via dalla mia amata Sicilia, erano gli anni “90”, difficili in Sicilia per i motivi che tutti sappiamo. Ma ero abituato a viaggiare: avevo già visitato Stati Uniti, Brasile e tante nazioni estere. Forse questo andare e tornare mi faceva fare dei paragoni e quindi la decisione di trasferirmi è venuta in maniera naturale. A Rimini si viveva tranquilli e si lavorava, ma dopo la crisi bancaria americana, che ha coinvolto qualche tempo dopo anche il nostro paese, purtroppo ho perso il lavoro. Non vivendo da solo come prima, ma avendo la responsabilità di mia moglie e mio figlio, e non riuscendo a trovare lavoro in Italia, grazie ad un amico ho iniziato a lavorare in Spagna prima e Germania dopo. Ho fatto tornare mia moglie nel suo paese natio, con mio figlio che aveva appena 2 anni e pochi mesi. Da lì la decisone di mollare Italia ed Europa e raggiungere la mia famiglia in Russia. Una decisione forte soprattutto perché non avevo più vent’anni ma ben 48. Ho scelto la famiglia al mio Paese, perché credo che se stai bene con te stesso qualsiasi angolo del mondo va bene».

Hai provato a cercare lavoro in Italia?

«Ovviamente sì. Ma purtroppo per molte aziende o ero troppo “grande” o troppo “piccolo”. Eppure ho cercato lavori di vario tipo, ma puntualmente trovavo sempre dei muri incredibili perché assumendomi le ditte non potevano avere sgravi fiscali. Questo mi ha fatto male, scoprire una realtà dove non conta chi sei e cosa sai fare, ma solo quanti anni hai…».

Così ti trasferisci definitivamente in Russia, non prima però di aver fatto altre esperienze lavorative all’estero.

«Esatto. Nel 2015 sono arrivato in Russia in pianta stabile. Ho vissuto per lavoro in varie nazioni ma non per grandi periodi: andavo per contratti di lavoro e dopo rientravo. Spagna, Francia, Germania, Turchia, Iran e altri paesi che mi hanno fatto crescere e non soffrire la lontananza della mia amata, in ogni caso, Italia».

Una nuova lingua, una nuova cultura, nuove usanze. Come sono stati gli inizi in Russia?

«La difficoltà con la nuova lingua c’è stata solo agli inizi perché essendo Chef le mie mani hanno sempre parlato per me, per fortuna. La loro cultura e le loro usanze, devo dire, mi hanno sorpreso perché sono molto simili a quelle della Sicilia. I russi amano molto essere ospitali, quando vai nelle loro case non sanno cosa offrirti prima, adorano divertirsi tanto, fanno spesso feste, e in tanti cercano di lavorare poco e magari quel poco farlo fare agli altri….come noi in Sicilia! Sto scherzando ovviamente, ma il loro modo di vivere la vita è molto simile al nostro. Devo dire che ho iniziato a lavorare dopo 1 settimana dal mio arrivo: ho scelto fra 3 proposte di lavoro, la fortuna è che qui amano tutto ciò che è italiano. Per la casa e documenti ho avuto un aiuto importante da mia moglie, essendo originaria di Chelyabinsk».

Chelyabinsk, negli Urali del Sud, è la capitale dell’omonima oblast’ (regione) russa e conta una popolazione di 1 milione e 200mila abitanti. Com’è vivere qui?

«Vivere qui non è male, la città si trova nella regione dei laghi. Ci sono più di 1500 laghi, la natura è bellissima anche se purtroppo è un po’ inquinata, il costo della vita non è molto alto come in altre città russe, ad esempio Mosca o San Pietroburgo, anche se in questo ultimo anno è aumentato. I servizi, anche senza metropolitana, sono abbastanza buoni, ci si sposta molto velocemente in taxi o con i mezzi pubblici. La sanità funziona bene, così come in Iran e Germania dove ho dovuto usufruirne, e anche qui con ricoveri ed operazioni devo dire che il livello della medicina è molto alto. Per i divertimenti la città offre molto alla cittadinanza ed è in continua evoluzione con persone facoltose che investono, creando oltre ai posti di lavoro anche la possibilità di svago e divertimento per i cittadini».

Per quanto riguarda, invece, i permessi di soggiorno, i visti, l’ottenimento della residenza, quali sono i passaggi da compiere per vivere nel Paese?

«Come padre di un cittadino russo e anche marito non ho avuto grossi problemi ad ottenerli. In generale chi vuole entrare qui deve avere un contratto di lavoro per poter lavorare altrimenti la strada è quella dello studio. Fino a poco tempo fa con questo visto non potevi lavorare, adesso le regole sono cambiate ed è l’università a compilare una richiesta presentandola all’ufficio immigrazione per poter anche lavorare, ma sei obbligato a frequentare e superare gli esami altrimenti ti viene revocato tutto».

In Russia hai aperto una trattoria – pizzeria “Mozzarella”. Come nasce la passione per la pizza?

«Sì, ho aperto la classica trattoria italiana dove facciamo anche la pizza, in contemporanea insegnavo cucina italiana in una università della città, il MIDS. La cucina Italiana è, infatti, famosa e richiesta in tutto il mondo. Dopo ho dovuto scegliere perché conciliare le due cose era molto faticoso. La pizza per noi italiani è amore e passione. Credo che insieme alla pasta sia il piatto più conosciuto nel mondo. Io la facevo alla maniera di uno chef, che non è la stessa cosa che farla da pizzaiolo. Incontrando un mio amico e collega, campione europeo e del mondo, oggi maestro pizzaiolo, ho imparato moltissimi segreti per la riuscita di una pizza perfetta la cui lievitazione è un mix anche di chimica e fisica. Insomma mi si è aperto un mondo che non conoscevo. Da lì in poi ho sviluppato il mio impasto che prevede 3 giorni di lievitazione controllata ad altissima idratazione, questo processo dà alla pizza un’alta digeribilità e leggerezza».

È stato difficile aprire una tua attività in Russia dal punto di vista economico e burocratico?

«Non è stato molto difficile per me in quanto la parte burocratica della documentazione è merito di mia moglie che oggi insieme a me, con compiti diversi, gestisce la nostra attività. Diciamo che in una settimana riesci a fare tutte le documentazioni consegnandole ai vari enti preposti, e quindi materialmente puoi aprire. A livello economico aprire una società di capitale, tipo srl italiana, costa circa 150 euro compreso il notaio, in Italia credo che i tempi e sopratutto i costi siano ben altri».

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Parlaci del tuo locale: come si compone, quanti dipendenti ci sono, quali sono i piatti che proponi ai clienti e che tipo di clientela si rivolge a te ecc

«Il mio locale è la classica trattoria italiana a gestione familiare non troppo grande dove abbiamo cercato e cerchiamo di dare una anima italiana a partire dalla musica. Ho sviluppato una cucina Gourmet e tutto viene realizzato in maniera artigianale: la preparazione dei vari sughi, l’impasto della pizza, la pasta fatta in casa, dolci ed altro. In più dopo il periodo del Covid ci siamo organizzati in maniera più capillare, aprendo un altro locale, in un’altra zona della città, dove facciamo solo il Delivery. Stiamo lavorando molto a questo progetto per sviluppare una rete più ampia. Ad oggi abbiamo parecchi collaboratori che non sono tutti russi, ma alcuni provenienti da paesi asiatici, egiziani etc. Nel nostro menù proponiamo piatti di varie regioni della nostra Italia: dalla piadina alla pizza, dalla pasta alla parmigiana, secondi di carne e pesce oltre ai dolci tipici italiani e con tecnica rigorosamente made in Italy».

I russi apprezzano molto la cucina italiana, in primis la pizza. Qual è il vostro piatto forte e come vanno gli affari?

«Dopo la pizza che grazie al Delivery è molto venduta, i piatti più richiesti sono la pasta e la piadina che piace tantissimo, oltre ai dolci come il cannolo siciliano, la panna cotta e il tiramisù. Gli affari vanno bene e siamo molto in crescita rispetto anche al 2021».

Inevitabile una domanda sulla guerra tra Russia e Ucraina. Cosa ne pensi di quello che sta succedendo tra i due Paesi e della politica adottata da Putin?

«Purtroppo non riesco a spiegarmelo perché erano due paesi fratelli con molte famiglie miste. Credo che paesi terzi abbiano creato la situazione che oggi viviamo, ma è un mio pensiero. Già dal 2014 era in atto una guerra dove si cercava e si stava facendo una pulizia etnica in alcune aree dell’Ucraina. Eppure tutti sembravano non vedere. Poi qualcosa è cambiato, come dicono alcuni illustri anche in Italia, avere i missili a 300 Km dalla tua capitale penso non sia bello da digerire, perché questo era obiettivo degli USA, facendo entrare Ucraina nella Nato.

Purtroppo stanno morendo e continueranno a morire tante persone e questo mi fa male. Credo che molte notizie in Europa siano state modificate per giustificare il tutto, fatto sta che nessuno sta cercando (e non solo adesso ma anche prima) di sedersi e cercare una soluzione pacifica a questo conflitto. Infine i continui attacchi alla Russia hanno contribuito a creare un forte attaccamento alla madre patria e al suo presidente Putin che qui è molto amato e che io personalmente stimo molto».

Il peso delle sanzioni si sta facendo sentire ?

«Non appena sono state adottate, ho subito pensato che le sanzioni sarebbero state un boomerang per l’Europa. Oggi in Russia, rispetto a molti anni fa, si produce quasi tutto: dai formaggi al vestiario ai salumi e tanto altro. La recessione non si sente, anzi ha reso possibile una crescita dell’industria del turismo perché tanti russi che periodicamente soggiornavano soprattutto in Italia, oggi si recano in altre regioni russe alla scoperta della loro nazione oppure in paesi cosiddetti “amici” come Egitto, Thailandia, Emirati Arabi, Turchia etc. Il discorso cambia nel mio caso. Lavorando principalmente con materie prime italiane, rispetto a prima abbiamo delle difficoltà nel realizzare ed offrire un piatto totalmente made in Italy».

A livello personale cosa provi nel vedere in guerra il Paese che può considerarsi la tua casa?

«Ripeto, non è mai bello vedere due paesi in guerra. Tutto questo mi riporta indietro negli anni Ottanta e Novanta quando nella mia Sicilia morivano tre persone al giorno, e se tu per caso ti trovavi al bar a bere un caffè e quello accanto a te doveva morire, rischiavi la vita anche tu. Anche quella era guerra. E lo Stato chiudeva gli occhi. Anche noi abbiamo partecipato a bombardare la Serbia, mio fratello minore è stato in guerra in Somalia. Insomma con la vecchia scusa di esportare la democrazia, anche noi abbiamo fatto delle guerre. Non fa mai bene a nessuno. Personalmente la vivo come ho vissuto le altre: andando avanti».

Durante il Covid sei stato al fianco delle famiglie bisognose russe. Ogni settimana hai donato una trentina di pizze a famiglie che vivono nei pressi del tuo ristorante. Un gesto di grande solidarietà. Che ricordi hai di quei momenti e qual è stata l’emozione più forte che hai provato?

«Abbiamo fatto tutto questo in collaborazione con il Governo della città. Ogni settimana consegnavo le pizze a queste famiglie bisognose ed anche agli orfanotrofi. Ho vissuto momenti che porto ancora dentro e che mi hanno fatto capire che non si deve essere egoisti. Bisogna cercare, se si riesce oppure per quello che si può, di donare qualcosa e dare così un sorriso a chi è meno fortunato. Fra i tanti, mi ha colpito molto una mamma con 8 figli che mi ha abbracciato e confidato che i loro figli non avevano mai mangiato una pizza. Aveva le lacrime di gioia. Lì mi sono sentito piccolo ed egoista, ho ricordato quando facevo i capricci col cibo che non mi piaceva. Oggi la nostra trattoria continua a fare beneficenza perché è giusto farla. Il sorriso di queste persone non ha prezzo ti donano una serenità e felicità indescrivibile».

Da Bagheria, in Sicilia, ai freddi inverni russi. Ti sei mai pentito di esserti trasferito a Chelyabinsk?

«Devo dire che sono due estremi, dal caldo africano che ti toglie il respiro al freddo che arriva dalla Siberia e se non sei coperto bene soffri da morire. Non mi sono pentito perché qui vivo con la mia famiglia, mi sono integrato bene con tanti amici russi che frequento quotidianamente. Amo questa città perché mi ha adottato…»

Ci sono opportunità lavorative dove vivi, nel tuo ristorante e in generale in Russia per quanti stanno pensando come te di trasferirsi?

«Sì, ci sono molte opportunità di lavoro. Nel mio locale, come del resto anche in altri ristoranti, abbiamo un po’ sofferto la mancanza di cuochi e camerieri in maniera particolare, anche perché inizialmente sono tutti abbagliati dalla tv e credono sia un lavoro facile, quando scoprono che alla mia età continuo a studiare, provare, sperimentare e nel contempo lavorare 16 ore al giorno rimangono sbalorditi, in tanti rinunciano e cambiano lavoro. Qualcuno, desideroso di lavorare all’estero, mi ha contattato per la verità, ma qui viene solo chi vuole cambiare davvero vita. Non è il paese che ti permette di diventare milionario e portare i soldi in Italia. Chi abita qui è consapevole del cambio moneta, ma si vive bene e riusciamo a guadagnare per vivere una vita buona».

A proposito di questo, in che modo è cambiata la tua vita da quando vivi in Russia?

«Devo dire che non è molto cambiata, in fondo il mio lavoro è uguale in tutto il mondo. I ritmi sono quelli, le festività non ci sono mai. Basti pensare che ogni anno festeggio il mio compleanno lavorando. L’unica cosa che ho realizzato in Russia è il mio sogno di avere un locale mio, che non è poco e molti non riescono a farlo».

Altri sogni per il futuro?

«Di avere tanta serenità e salute per me e la mia famiglia, visto cosa accade nel mondo credo sia la cosa più importante oggi».

Per contattare Gaetano Zambito ecco i suoi recapiti:

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