Elena: la mia vita a Bangkok

A cura di Maricla Pannocchia

Elena, che ha lasciato l’Italia quando aveva appena 17 anni, è una donna molto impegnata. Lavora per l’UNICEF, si occupa della sua associazione culturale Bimbi Italiani – il cui focus è principalmente sulle famiglie con bambini italiani che vivono all’estero – ed è mamma di una bambina di quasi 5 anni, in procinto di mettere al mondo un altro figlio!

La sua casa è Bangkok, una città frenetica, “se si hanno figli, è importante valutare la distanza fra casa e scuola perché gli spostamenti qui possono essere lunghi e complicati” ma anche interessante, ricca di esperienze da vivere e abitata da una popolazione sorridente.

“Qui in Thailandia ho imparato a vivere in maniera più rilassata”, racconta Elena, “Noi italiani spesso alziamo la voce per parlare, abbiamo poca pazienza e suoniamo il clacson per niente, mentre i thai sono più pazienti e sorridenti”.

Anche se Elena non esclude di tornare in Italia, quando sarà in pensione, se pensa al futuro prossimo non riesce a vedersi altrove e pensa proprio di rimanere nella sua amata Bangkok. “Sto progettando il mio futuro a breve termine qui”, dice Elena, “questa città è ottimale sotto molti punti di vista e la reputo ideale per crescervi dei bambini!

Elena, “La mia vita a Bangkok fra frenesia e spiritualità”

Ciao Elena, raccontaci qualcosa di te. Chi sei, da dove vieni…

Ciao, mi chiamo Elena, vengo dalla provincia di Milano e ho lasciato l’Italia nel 2003, quindi 20 anni fa.

Cosa ti ha spinta a lasciare l’Italia?

All’inizio ho lasciato l’Italia per motivi di studio perché ho finito le scuole superiori in Inghilterra, dove poi ho frequentato l’università. Non sono più tornata in Italia e ho iniziato la mia carriera lavorando nel settore umanitario, principalmente in situazioni di emergenza in Nepal, Uganda e Sud Sudan, per poi spostarmi nel Medio Oriente per coprire la crisi della Siria e dell’Iraq, occupandomi anche di coprire Stati come il Libano, la Giordania e la Turchia. Ho lavorato anche in Grecia, per la crisi del Mediterraneo, e al momento vivo in Thailandia. Sono qui dal 2018 insieme con mio marito, Andy, che è americano, e nostra figlia Giulia Sophie, di 4 anni e mezzo. In Thailandia lavoro ufficialmente per l’UNICEF, nell’ufficio regionale per il Pacifico e l’Asia orientale e, dal 2019, ho anche fondato Bimbi Italiani. Sono inoltre in attesa di un secondo bambino, che sta per nascere proprio in questi giorni!

Come sei stata accolta dai locali?

Sono stata accolta benissimo. Una cosa che mi è piaciuta particolarmente è che i thailandesi sono rispettosi dei bambini. Poter portare in giro mia figlia in un ambiente in cui tutti le sorridono secondo me è una cosa bellissima. La Thailandia è anche molto sicura, quindi mi sono sempre sentita a mio agio e a casa. L’unica cosa che reputo un po’ difficile è che la cultura è definita dalle comunità locali che stanno molto tra di loro quindi l’integrazione fra lo straniero (in questo caso, un’italiana) e i locali può non essere così facile. In Bimbi Italiani, però, abbiamo anche molte famiglie miste, d’italiani sposati con thailandesi, e questo è molto bello perché il progetto permette anche di realizzare uno scambio fra noi italiani/stranieri che viviamo in Thailandia e la comunità locale.

Che consiglio daresti a chi vorrebbe venire in Thailandia per aprire un’organizzazione o un’impresa?

Penso che molto dipenda da quello che vuoi fare. All’inizio può essere difficile creare qualcosa di associazionistico perché non c’è lo spirito del settore del no-profit quindi è molto più facile aprire un’impresa rispetto all’aprire un’associazione. È importante affidarsi a gente locale che conosce il sistema burocratico e può agevolarti per tutto quello che riguarda la documentazione. Per questo, è consigliabile avere un commercialista locale che si occupa delle parti fiscali necessarie per gli adempimenti. È anche fondamentale essere sicuri di voler fare qualcosa in Thailandia perché questo, comunque, ha un certo costo. Aprire un’impresa, infatti, può rivelarsi dispendioso. Un’associazione o un’impresa aperta qui dev’essere sempre a maggioranza thailandese, ovvero al 51% per i thai e non più del 49% della proprietà dell’organizzazione o dell’impresa a uno straniero.

ELENA DEL FABBRO BANGKOK

Come valuteresti il rapporto costo/qualità della vita?

Parlando del rapporto costo/qualità della vita a Bangkok lo reputo fantastico, se comparato allo stile di vita italiano. Gli affitti sono buoni per l’offerta che viene data. Gli appartamenti sono grandi, sicuri e attrezzati con piscine e palestre. Il cibo non costa molto, se si opta per quello locale. Se una persona, invece, vuole la cucina internazionale, i prezzi naturalmente salgono, anche se rimangono in linea con quelli dei ristoranti italiani. I servizi ospedalieri per bambini sono molto buoni ma è necessario avere un’assicurazione. La parte più costosa è quella che riguarda le scuole. Se il bambino non viene da una famiglia mista italiana/thai, per la quale c’è un incentivo per frequentare la scuola locale thai, bisogna optare per una scuola internazionale, i cui costi sono molto elevati. Non tutte le compagnie assicurative coprono i costi dell’istruzione.

Com’è la tua vita quotidiana?

Vivere a Bangkok è stata una scelta perché sia io sia mio marito abbiamo sempre amato il sud-est asiatico, specialmente questa città. Lo stile di vita di qui rispecchia i nostri interessi. Nel 2018 cercavamo un posto un po’ più stabile per nostra figlia. All’inizio ho fatto varie consulenze, coprendo anche la Birmania, per poi lavorare con UNICEF. La mia vita quotidiana è sempre piena, quindi è una combinazione tra il mio lavoro con l’UNICEF, l’occuparmi delle varie attività di Bimbi Italiani e il prendermi cura di nostra figlia. La vado a prendere a scuola, la porto a giocare con gli amici, eccetera. Sia io sia mio marito continuiamo ad amare questa città, quindi ogni giorno facciamo delle passeggiate, gustiamo il cibo per strada e viviamo quella che ormai è la nostra realtà. Ogni tanto vado anche al tempio, che è vicino a dove abitiamo, perché mi piace questo concetto asiatico di spiritualità.

Raccontaci di più di Bimbi Italiani…

All’inizio (nel 2019) Bimbi Italiani era una comunità informale con base in Thailandia poi, quando è scoppiata la pandemia da Covid, si è espansa a livello globale per soddisfare le esigenze delle famiglie con bambini italiani che vivono all’estero. Essa è stata registrata ufficialmente come associazione culturale/ente del terzo settore con headquarter in Italia nel giugno del 2022 ed è anche riconosciuta come ente di promozione culturale, registrata anche in Thailandia. Bimbi Italiani si occupa di promuovere la cultura, la tradizione e la lingua del nostro Paese, specialmente tra le famiglie con bambini italiani – che possono essere multilingue/bilingue – che vivono all’estero, creando un ponte fra l’Italia e gli altri Paesi. Essa promuove questi aspetti dell’Italia anche fra le persone di seconda o terza generazione nonché fra coloro che, pur non avendo alcun legame diretto con l’Italia, ne sono interessati. In Thailandia, Bimbi Italiani conta oltre 226 famiglie mentre, nella parte globale, essa è un network mondiale di oltre 1.500 famiglie. Queste sono ovunque nel mondo, dall’America all’Australia. I progetti sono numerosi come i corsi per imparare l’italiano, quelli creativi e culturali e il primo corso di cucina per studenti non italiani dentro le scuole internazionali, in collaborazione con uno chef italiano, e conta anche numerosi progetti di eventi a cadenza mensile per le famiglie. A livello globale, Bimbi Italiani ha il progetto di Nonnolandia, quello di fiabe e racconti e quello degli amici di penna, che permette ai bambini di tutto il mondo di scriversi a vicenda. Abbiamo anche laboratori culturali di creo online, focalizzati sull’arte e sul design, a cura di Tommaso Maggio.

Avresti voluto ricevere qualche consiglio prima di partire?

In realtà, non ne avevamo bisogno perché ero venuta con mio marito qui a Bangkok quando ero ancora incinta per vedere i vari quartieri. Se si hanno bambini bisogna valutare la vicinanza della scuola alla casa. Bangkok è una città enorme e gli spostamenti possono essere molto lunghi a livello logistico.

Cos’hai imparato in questi anni di vita in Thailandia?

Credo di aver imparato a vivere con più calma, perché i thailandesi sono molto calmi e rilassati. Qui le persone locali sorridono sempre e sono molto più quiete rispetto a noi italiani, che spesso urliamo per parlare. I thailandesi sono anche molto più pazienti. Noi italiani siamo caotici e rumorosi, in macchina suoniamo il clacson per un nonnulla. Qui, invece, c’è uno stile di vita più calmo e rispettoso e ho imparato a farlo diventare sempre più mio.

Hai visitato altre zone del Paese?

Sì. Sono innamorata della Thailandia e ci sono venuta varie volte in vacanza. Il Paese è molto vasto e offre di tutto, dalle isole alle aree del Nord o, ancora, alle zone di confine con la Birmania.

Progetti per il futuro?

Al momento, non vedo un altro posto dove vorrei essere. Progetto la mia vita per il futuro prossimo qua. Fra 5 anni penso che sarò ancora qui in Thailandia perché lo reputo un posto fantastico in cui vivere e ottimale per crescere dei bambini. Se, invece, penso a quando sarò in pensione, mi vedo in Italia, perché l’ho lasciata quando ero una ragazzina di 17 anni, però, chi lo sa? Al momento, sto bene qua e sono molto felice!

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