Chiara: “Così sono riuscita a realizzare il mio sogno” (in Italia)

Coraggio, determinazione e un sorriso contagioso. Chiara Bertaiola, chef gourmet di Valeggio, in provincia di Verona, non si è mai arresa e nonostante i tanti “no” ricevuti ha perseguito il suo sogno. Dopo diverse esperienze in cucine stellate a Parigi e Lussemburgo, nel 2016 insieme alla sua compagna apre 616n Drink & Food, food truck di cucina itinerante. Per avviare la sua attività investe tutti i suoi risparmi, rimanendo con soli 7 euro sul conto. Che cosa ama di più del suo lavoro? «L’amore che ricevo ogni giorno dai miei clienti e soprattutto sapergli stuzzicare il palato».

Di Enza Petruzziello

«Davanti al no, io ho sempre creduto al sì». Chiara Bertaiola, chef gourmet di Valeggio in provincia di Verona, ne ha fatta di strada da quando nel 2016 – nonostante i tanti “no” – ha deciso di realizzare i suoi sogni aprendo il suo food truck “616n Drink & Food”. Un camioncino azzurro, diventato la sua cucina itinerante.

Trentatré anni, buona parte dei quali passati accanto al cibo, Chiara è cresciuta a pane e fornelli. Quando aveva 7 anni, in estate andava ogni giorno nel negozio di generi alimentari che c’era in paese. Inizia con il mettere in ordine il pane, poi impara a fare i tortellini, piatto simbolo di Valeggio. È così che nasce la sua passione per il cibo.

Alle medie le suggeriscono di fare il liceo artistico perché è brava a disegnare. Ma lei amava cucinare e così sceglie l’alberghiero. Da ragazzina le diagnosticano il morbo di Crohn, incompatibile con il lavoro di chef.

I “no” a quel punto per lei diventano delle sfide, non la spaventano. Oggi quella bimba, è la ragazza con il furgone azzurro, un Fiat 616 N artigianale dove – insieme alla sua compagna Alberta Perinelli – prepara pranzi e cene che i clienti possono consumare sul prato, su tavoli improvvisati oppure a casa scegliendo l’ opzione d’asporto. Semplicità e ricercatezza: gli ingredienti del suo successo.

Chiara, la tua passione per la cucina nasce quando sei ancora una bambina. A 7 anni andavi ogni giorno nel negozio di alimentari del paese. Che cosa ti attraeva di quel posto? E che cosa ti ha conquistato a tal punto da decidere che la gastronomia sarebbe stata il tuo futuro?

«In quel posto chiamato “Bottega alimentare le Norme” per me era un gioco. Mettevo i prezzi sugli alimenti con questa macchina che faceva fuoriuscire il prezzo! Vedere quando la Luciana Cressoni, che ora ha 92 anni, tagliava i salumi per me era una magia. Le davo una mano a fare i tortellini, insieme facevamo le luganeghe, esponevamo le verdure e coi clienti ci sapeva fare. Dentro di me capii che potevo arrivare a fare la cuoca».

Da ragazzina ti diagnosticano il morbo di Crohn, incompatibile con il lavoro di chef. Ricordi come reagisti a quella diagnosi? Ti va di parlarci della tua malattia e di come riesci a conviverci?

«Io risi e mia madre pianse, ma ora però ho altre malattie: l’artrite, la psoriasi e comunque rido lo stesso. Mi sto curando da anni e fortunatamente vivo in Italia dove la sanità dal mio punto di vista è la migliore per chi come me ha bisogno di cure. Vivo la vita giorno per giorno col sorriso e cerco di donarlo sempre».

Col passare degli anni ti diplomi e inizi la tua più grande avventura. Ti licenzi da un posto fisso, e voli all’estero per formarti in alcune brigate di cucine stellate, come quella a Lussemburgo e di hotel a 5 stelle a Parigi. Che esperienze sono state, cosa ti hanno ti lasciato e che cosa hai imparato?

«Queste esperienze a livelli alti ti insegnano molto, anzi moltissimo. Sono meglio di una scuola! Esiste, come si vede anche nei film, dire: “Sì chef”, perché è importante aver capito! Finché non sente la tua voce lo chef ripete la comanda per esempio. La gerarchia, il lavoro di squadra: tutto deve essere in sincronia. È una cucina espressa significa che ogni singolo piatto è fatto al momento, dove la qualità della materia prima è di ottimo livello e il piatto che esce deve essere sempre perfetto!».

Com’è stato vivere all’estero, lontano da tutto e tutti?

«Nella vita bisogna saper morire e rinascere più volte, lo ammetto non è stato semplice perché non sapevo la lingua, non ho mai usato mezzi di trasporto e non conoscevo nessuno. Mi sentivo come un pesce fuor d’acqua però la voglia di imparare e vivere era grande e superava tutte queste paure».

Licenziarsi da un posto fisso non è mai una decisione semplice. C’è stato qualcuno che ha pensato tu fossi “pazza”?. E al contrario chi ti ha sostenuta?

«Licenziarsi dal mio punto di vista non è stata una cosa difficile, ma da parte della mia famiglia ovviamente sì. Loro sono cresciuti in un’epoca differente e nel mio lavoro è importante capire cosa vuoi diventare e che cucina ti rispecchia. Le amicizie e la mia compagna Alberta Perinelli, che mi sostiene da 8 anni, al contrario mi hanno sempre appoggiata».

Hai avuto modo di lavorare anche ad Amalfi, Venezia e Verona. Come sono stati quegli anni?

«Quegli anni dove continuavo a girare l’Italia da nord a sud sono stati stupendi perché ho avuto modo di conoscere persone meravigliose, gustare e lavorare prodotti della mia terra e respirare aria di casa».

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Hai sempre avuto un obiettivo: aprire entro i 33 anni la tua attività. Ce l’hai fatta molto prima. Investi tutti i tuoi risparmi in un furgone e il 16 giugno 2016 insieme alla tua compagna Alberta apri la tua più bella realtà: 616n DRINK & FOOD. Che sensazioni hai provato?

«Il 16 giugno 2016 ho aperto il mio primo street food di colore rosso. Era vintage e piccolino. Ebbi una paura enorme perché era tutto nuovo per me e avevo investito tutti i miei risparmi. Quando lo stavo progettando in quei mesi feci un sacco di lavoretti come aiutare un mio amico fiorista, fare cene private, pulizie domestiche, tappezzeria ecc… ero stanchissima, ma avevo solo un obiettivo: non indebitarmi. Due anni fa, nel momento del Covid, io e la mia compagnia abbiamo fatto una scelta, vendere il furgoncino rosso e creare questo azzurro molto più grande che ci permette di spostarci ovunque. Questa volta mi indebitai restando solo con 7,46 € sul conto e risi. Feci una festa per ringraziare i miei clienti con il nuovo slogan SOY FAN DE TI. Io e Alberta siamo fan dei nostri clienti perché è merito loro se siamo riuscite a poter ingrandire la nostra attività».

Perché proprio un food truck? Da dove nasce l’idea?

«Non volevo un ristorante, volevo creare per il mio paese qualcosa di unico nel parco giochi dove ero cresciuta. Una cosa che mi rispecchiasse, un po’ vagabonda come il mio vissuto, un po’ pazza com’è la vita ed elegante come la purezza del cibo. 616n DRINK & FOOD è uno street food gourmet dove i clienti con la loro copertina si mettono a mangiare e chiacchierare proprio come un pic-nic. Non c’è musica, non c’è la TV, ma c’è il dialogo, la natura che parla, il bambino che ride, la madre che racconta una fiaba. Quando parlai alla mia famiglia di questa idea mi dissero come tutte le volte che ero pazza! Ebbene sì, lo sono! Perché credo in me, credo nell’amore a 360°. Certo non è stato tutto facile, ho incontrato tanti NO ma ho sempre continuato a credere nei miei sogni e non ho mai mollato».

Quali sono le specialità gastronomiche che offri ai clienti?

«Il tipo di cibo che serviamo è vasto, solitamente abbiamo una ventina di piatti di ogni genere dal baccalà alla vicentina al gua bao con lingua salmistrata e salsa verde. Ogni giorno il nostro menù varia per poter accontentare ogni richiesta ed esigenza dei clienti perché la nostra filosofia è NESSUNO ESCLUSO».

Nel vostro furgoncino azzurro accogliete ogni giorno tantissimi clienti Quali sono i piatti che i clienti apprezzano maggiormente? E che rapporto c’è con chi viene a mangiare i vostri piatti?

«Nel nostro furgoncino azzurro i clienti sono abituati ad assaggiare sempre cose nuove perché sanno che ci teniamo molto alla qualità. Per noi il 616 è famiglia, non abbiamo la divisa da cuoco perché non vogliamo creare barriere ma far sentire tutti degli artisti».

Avviare un’attività in Italia è sempre più complesso. Iter burocratico lungo e macchinoso, spingono molti a fare le valigie e investire all’estero. Tu, al contrario e in controtendenza, sei rimasta in Italia, nella tua città Valeggio. Quanto è stato difficile aprire la tua attività? Penso agli aspetti economici e burocratici.

«Avviare la mia attività non è stato semplice però del resto tutta la mia vita non è stata una passeggiata. Ho aperto qui in questo Parco Ichenhause a Valeggio sul Mincio perché ci giocavo da piccola. L’amore per il mio paese è sempre stato nel cuore».

Che cosa ti piace di più del tuo lavoro?

«Del mio lavoro amo l’amore che ricevo ogni giorno dai miei clienti e soprattutto sapergli stuzzicare il palato».

Nella tua vita hai spesso ricevuto dei “no”, che però ti hanno dato la forza per andare avanti. Quali sono i “no” che ti hanno fatto più male?

«Nella vita ho ricevuto tanti no, ma i no a me incoraggiano a mordere la vita e per questo il mio primo motto è stato DAVANTI AL NO, IO HO SEMPRE CREDUTO AL Sì».

Che consigli daresti a chi come te sta cercando di lasciarsi tutto alle spalle e buttarsi in una nuova impresa, che sia di vita o lavorativa?

«Devi credere in te stesso al 100%, non lasciare che gli altri ti passino le loro paure, basta solo l’1% per buttare a terra il tuo sogno. L’importante è essere obiettivi verso se stessi, la determinazione e la costanza non devono mai mancare».

In che modo è cambiata la tua vita da quando hai preso la decisione di mollare tutto e aprire il 616ndrinkfood?

«La mia vita è cambiata e lo può ben dire la mia bilancia perché sono aumentata di ben 20 kg. Ma quelli che pesano tanto sono i pensieri che ho nella testa perché non è semplice avere una attività».

Hai altri progetti e sogni per il futuro?

«Del mio futuro non te lo so dire perché vivo il presente al 100%».

Per contattare Chiara, ecco i suoi recapiti:

Facebook: https://www.facebook.com/616nDrinkFood

Instagram: @616ndrinkfood

Tiktok: @616ndrinkfood

Mail: 616ndrinkfood@gmail.com

Tel: 3492545822