Per viaggiare a lungo termine una delle chiavi è proprio l’umiltà

A cura di Maricla Pannicchia

In un periodo come questo, in cui la maggior parte dei viaggiatori si mantiene grazie a dei lavori da remoto, la storia di Rebecca ci fa conoscere un altro modo di guadagnare spostandosi da un Paese all’altro. Appassionata della vita in ostello, Rebecca ha iniziato appena 18enne, pulendo i gabinetti, per poi essere promossa al lavoro di receptionist.

Adesso la ragazza ha un buon lavoro a Capo Verde, in Africa, ma non avrebbe paura d’infilarsi di nuovo i guanti e di tornare a pulire i gabinetti. Appassionata del viaggio, alla ricerca di quel Paese “giusto” per lei, Rebecca vive una vita fatta d’incontri interessanti e a volte esilaranti, esperienze e punti interrogativi per il futuro, ma con una certezza sempre in mente. Continuare a spostarsi perché l’Italia è un Paese che, invece di avanzare, sembra tornare indietro, dove è difficile sentirsi valorizzati.

Ciao Rebecca, raccontaci qualcosa di te. Chi sei, da dove vieni…

Ciao! Ho 25 anni e sono nata e cresciuta a Torino, città che mi ha dato tantissimo ma che posso dire non faccia per me. Mi va stretta. Ho sempre amato le lingue straniere e scoprire il nuovo, il “diverso”… forse anche perché ho origini francesi. Da piccola ho sempre fatto la spola tra Italia e Francia, Paese che vedo più adatto a me ma che comunque non sento mio al 100%. Sono ancora alla ricerca di quello “giusto”.

rebecca - capo verde

Sei da sempre interessata alle lingue e al turismo, tanto da aver dedicato a queste tue passioni il tuo percorso di studi. Possiamo dire, quindi, che fin da piccola eri proiettata al di fuori dell’Italia?

Decisamente. Questa mia passione arriva da mia madre, che ogni giorno mi ripete quanto da giovane sognava di fare la vita che faccio io, ma erano tempi diversi. Nella speranza che io fossi come lei, ha iniziato a spedirmi in colonia fin dai miei 5 anni… obbiettivo centrato. Appena sono stata in grado, ho iniziato a viaggiare da sola, prima in Italia poi all’estero. E non ho più smesso.

Hai lavorato molto negli ostelli. Di cosa ti occupavi precisamente?

Beh, non mi vergogno di dire che ho iniziato a 18 anni lavando i gabinetti. Questo tipo di lavoro non era un problema per me, mi bastava stare lì, amo l’atmosfera di famiglia e condivisione che c’è in queste strutture. Poi, durante la mia primissima esperienza, si sono accorti che parlavo diverse lingue e che andavo molto d’accordo con gli ospiti e quindi sono stata promossa alla reception. Un bel salto! Tanto che ho deciso di aprire un blog dove parlo appunto di ostelli, sia dal lato della reception sia dal lato dell’ospite. Recensioni, avvenimenti singolari, ecc…

Cos’hai imparato da quelle esperienze?

Che l’umiltà è alla base della vita. Ora faccio tutt’altro lavoro, abbastanza importante e ben pagato, ma se dovessi tornare a pulire i gabinetti, non avrei paura di rimettermi i guanti.

Che consigli daresti alle persone che vorrebbero fare delle esperienze simili?

Di tenere sempre a mente questo: si parte dal basso. E anche se può far paura, ci si butta e si vede come va. Ogni tanto me lo ripeto ancora anche io.

Al momento ti trovi a Capo Verde, in Africa. Come sei arrivata lì?

Tramite un’agenzia che collabora con Alpitour. Cercavano persone che parlassero varie lingue e con esperienza nel settore alberghiero e quindi ho pensato: “Perché no?”

Il tuo sogno è quello di spostarti ogni 6 mesi, come ti stai muovendo per farlo diventare realtà?

Questo lavoro è già un buon piano di partenza. Essendo uno stagionale, si tende a cambiare destinazione ogni 6 mesi sia a causa del visto lavorativo sia per rinnovare l’energia personale. Per quanto mi riguarda, 6 mesi è il massimo che riesco a vivere in un determinato posto, a volte anche meno. Poi inizio a patire e i piedi cominciano a fremere per andare…

Quali sono, secondo te, le professioni non necessariamente legate al mondo del lavoro online per vivere viaggiando?

Mhmm, è complicato. Per quanto riguarda il turismo, direi Quality Controller, Critici Alberghieri/Mistery Clients, Formatori, Assistenti Turistici e Tour Leader. Più tutto il settore di ristorazione alberghiera. Ma parlando dei primi citati, sono pochi e per riuscire a diventarlo ci vuole, oltre a formazione e impegno, anche un sacco di fortuna.

Come hanno reagito amici, parenti e conoscenti di fronte alla tua scelta?

Diciamo che quello che li ha agitati è stata più che altro la destinazione. Si pensa all’Africa come a questo territorio così lontano, difficile e diverso, ma va ricordato che Capo Verde è un Paese giovane, che fino a meno di 50 anni fa era colonia portoghese. Ricorda molto, per certi versi, un pezzo di Europa geograficamente posizionato in Africa. Per il resto, ci sono abituati. I miei genitori si sono davvero preoccupati unicamente quando una mattina non mi hanno trovata nel mio letto, salvo scoprire che ero in aeroporto. A Bruxelles.

rebecca viaggio capo verde

Hai dovuto affrontare delle difficoltà? Come le hai superate?

Mah, per quanto riguarda il luogo direi di no. Qui la gente è ospitale, aperta e generosa. Anche la lingua non è un grosso problema, se non si parla portoghese o creolo, il dialetto del posto, ci si può arrangiare con spagnolo, inglese e anche italiano. Principalmente, le mie difficoltà sono legate all’ambiente lavorativo, quindi come se mi trovassi in Italia, nulla di diverso.

Quali consigli daresti a chi sogna di lavorare viaggiando?

Di formarsi in un ambito che li porti concretamente a spostarsi. Il lavoro online è venuto fuori solo negli ultimi tempi e ancora non si ha la certezza di quali ruoli e/o aziende permettano di lavorare da remoto. Professioni più “concrete”, “fisiche”, possono essere una strada facilmente percorribile per chi vuole spostarsi.

Hai vissuto anche in Grecia, com’era la tua vita lì?

Una favola – breve. I greci sono gente accogliente, aperta e solare, ma poco propensa a imparare altre lingue. Io ero l’unica straniera in un branco di giovani isolani, quindi diventare parte della famiglia è stato naturale, ma ha anche richiesto da parte mia l’uso del greco. Mai studiato prima. Quindi ho dovuto impararlo lì, sul posto. Il mio problema con la Grecia era la mentalità: mi trovavo su un’isola e per di più a pochi chilometri dalla Turchia. Quando ho saputo che una mia collega 19enne era promessa sposa di un ragazzo solo perché questi aveva dovuto chiederle la mano per poter uscire con lei, mi sono detta che era ora di cambiare.

Dici che ormai l’Italia ti va stretta. In che senso? Quali pensi che dovrebbero essere le modifiche da attuare per evitare che sempre più italiani sentano il desiderio di lasciare il Paese?

Iniziare a considerarli una risorsa, innanzitutto, a prescindere dalle loro peculiarità e differenze. Mi sembra che si cerchi di affossare le nuove generazioni perché portano il vento del cambiamento, ma a chi guida il Paese la cosa piace ben poco. L’Italia è, purtroppo, un Paese dove invece di progredire, si regredisce. Sempre meno rispetto verso le donne, verso le differenze culturali e personali. In Italia essere donna è un problema. Essere una persona LGBT+ è un problema. Essere nero, giallo, verde o blu è un problema. Volere maggiori diritti è un problema. E a me questo non sta bene.

Ti piacerebbe trasferirti all’estero in maniera stabile?

Sì, ma dove ancora non l’ho capito! Ci sono Paesi europei più progrediti rispetto all’Italia, ma per quanto li ammiri non li ho sentiti miei. Voglio un posto dove poter camminare per strada di notte e sentirmi tranquilla. Nessuno lo direbbe mai, per mero pregiudizio, ma Capo Verde su questo è molto più avanti.

Quali sono, secondo te, le caratteristiche necessarie per vivere una vita sempre in viaggio?

Spirito di adattamento, in primis. Umiltà. Apertura al diverso. Capacità di prendere ogni giorno come viene.

Gli incontri più interessanti che hai avuto nel corso di questi anni (con altri viaggiatori, con la gente del posto…)?

Questa è bella. Ho conosciuto persone da ogni parte del mondo e con storie così diverse tra loro… Una delle mie migliori amiche non è altro che una ex-ospite del mio periodo in Grecia e per giunta è polacca, segretaria di ambasciata di giorno e dj elettronica di notte. Ho conosciuto un americano che pesava forse 70 chili bagnato e che stava viaggiando verso l’Ungheria per partecipare ad una gara di pesi massimi. Come, non ne ho idea… O anche una donna cinese che nel bel mezzo di una piazza olandese, nel caos generale, promuoveva il Falun-Dafa, una forma di meditazione per cui moltissimi praticanti nel passato sono stati imprigionati e torturati. Un mucchio di meraviglia…

Progetti per il futuro?

Non saprei. Di norma lascio molto che sia la “corrente” a portarmi verso nuovi orizzonti. Diciamo che nel futuro lontano mi vedrei tantissimo come proprietaria di un ostello in Nuova Zelanda. Ma chi lo sa? Magari fra 5 anni sarò assistente di volo per la Ethiad Airlines!

Per seguire e contattare Rebecca:

Instagram: the_hostel_addict (peggio di così!)

Sito web:

www.thehosteladdict.wordpress.com