Desideravo terribilmente la casa delle Barbie che non mi hanno mai regalato, quindi mi sono arrangiata:a Natale ho chiesto la cucina di Barbie in regalo dopo di che, mia madre, mi ha cucito con del cotone e della stoffa i letti e i cuscini. Finalmente avevo anche io la casa di Barbie! L’ho costruita su delle mensole (che rappresentavano i piani della casa), nella mia cameretta. Le ho anche arredate, con dei disegni fatti da me. Adoravo i colori, ero molto artistica.
In terza superiore avevo una grande passione per il disegno, storia dell’arte e dell’architettura.
Ancora oggi a distanza di anni, ricordo perfettamente quando studiavo i capitelli delle colonne greche.
Poi si sa, la vita a volte prende pieghe diverse.
Ho seguito i consigli delle insegnanti e mi sono iscritta al Istituto Tecnico Commerciale per diventare ragioniera. Tre giorni dopo l’inizio delle lezioni, mi sono accorta che non era la scelta giusta. Ho chiesto ai miei genitori di cambiare scuola e di poter frequentare l’ Istituto Tecnico per Geometri, ma non me l’hanno permesso, forse credendo che si trattasse di un capriccio. Ho frequentato i cinque anni delle superiori passando tante crisi e quando mi sono diplomata, ho frequentato per un anno l’Università di Economia e Commercio ma non mi piaceva.
Non la sentivo mia. Ero come persa dentro me stessa, non sapevo cosa avrei voluto fare da grande, nella mia testa regnava il caos totale e siccome sentivo un forte senso di indipendenza dentro di me, ho deciso di iniziare a lavorare per non chiedere più ai miei genitori la “paghetta” settimanale.
Ho lavorato per tre anni come segretaria in un ufficio, ma continuavo a sentire che quel lavoro non mi apparteneva. Non mi dava nessuna soddisfazione. Mi sentivo incatenata a quella maledetta scrivania e intanto il tempo passava.
L’anno scorso, dopo l’ennesimo crollo, ho deciso di frequentare un corso di orientamento per giovani. E’ durato tanto, sei mesi. Sei mesi nei quali ho capito che adagiandomi e non lottando per ciò in cui credevo e credo tutt’ora fermamente, non avrei risolto nulla. La signora dell’orientamento mi ha fatto capire che le risposte che stavo cercando, le avevo già dentro di me, le ho sempre avute dentro fin da piccola.
Ora ho 23 anni. Ho rischiato tanto per inseguire il mio sogno: diventare architetto. Ho lasciato il mio vecchio lavoro a maggio, con un contratto a tempo indeterminato, in un momento di forte crisi economica e senza sapere se, a Settembre, arriverò tra i primi 100 che potranno entrare nella facoltà di Architettura. Ho lasciato il lavoro per potermi dedicare anima e corpo allo studio e cercare di superare le selezioni.
Ho rinunciato alla possibilità di costruire una famiglia mia, prima dei 30 anni, cosa che per me è quasi inaccettabile dato il mio forte senso di indipendenza. Ho rinunciato ad una certezza per un sogno: il lavoro che avevo era ben retribuito e sicuro, mentre la stragrande maggioranza degli architetti dipendenti in Italia, sono mal retribuiti e molti hanno contratti poco sicuri.
Ho messo in conto tutto questo.
Nel mio caso però, il “gioco vale la candela” perché ora non sento più quel forte senso di smarrimento che avevo dentro da tanto tempo. E’ sparito. Ho ritrovato me stessa e sono molto felice.
Certo, i momenti duri non mancano ma riesco a superarli.
Non so come sarà il mio futuro, ma sono contenta di non saperlo. Ho passato gli ultimi anni a programmare attimo per attimo la mia vita, ma ho capito una cosa sola: la vita non è mai come ti aspetti. Credo che esista una specie di “strada” che devi percorrere e non importa quanto ci giri attorno, alla fine succedono fatti o ti vengono dette determinate cose che ti portano a pensare che forse, non sei nella direzione giusta.
A me è successo questo.
C’è solo una cosa che voglio davvero. Quando sarò anziana voglio potermi guardare allo specchio con orgoglio e sapere che nella mia vita ho dato il massimo. Ho fatto ciò in cui credevo, fino alla fine.
Francesca