Vivere a Los Angeles

Marco vive a Los Angeles, ha un bel lavoro e uno stile di vita invidiabile: una scelta, quella di trasferirsi in America, che si è rivelata vincente.

Il fine settimana tipico lo trascorro in spiaggia giocando a beach volley e divertendomi con gli amici. Qui ho trovato quello stile di vita che mi fa pensare ‘ho fatto bene’ ”.

Come è successo che ti sei trasferito non solo in un altro Paese ma addirittura in un altro continente?

Prima lavoravo a Milano, precisamente a Vimercate, per una grande azienda di consulenza. Quando nel 2007 la compagnia è stata acquistata dalla multinazionale BT, si è aperta la possibilità di trasferirsi negli uffici americani di Los Angeles. L’idea non mi dispiaceva, sono sempre stato un tipo aperto alle novità e l’Italia iniziava a starmi un po’ stretta. Così, dopo essermi informato ed aver parlato della questione con dei colleghi americani, ho deciso che avrei fatto il grande salto e mi sarei trasferito a LA. Nel giro di pochi mesi ero già pronto per trasferirmi nel nuovo contenente. Il trasferimento ha richiesto grande coraggio; lasciarsi alle spalle famiglia, amici e affetti di tutta una vita non è per nulla semplice.

marco gottini los angeles

E come ti trovi adesso a vivere a Los Angeles?

All’inizio sono rimasto molto deluso. Vivevo presso dei parenti Americani ma erano molto diversi da me e abitavano in una cittadina piatta e noiosa. Nessuno faceva sport o attività all’aria aperta, l’unica cosa da fare il sabato sera era rinchiudersi nel bar del quartiere e bere. Una vita che non faceva decisamente per me e che aveva iniziato a farmi dubitare della mia scelta. La svolta è stata trasferirmi sulla costa. Sempre Los Angeles, ma un altro mondo: qui c’è sempre qualcosa da fare tra feste, iniziative culturali e tornei sportivi di ogni tipo. C’è gente da ogni parte del mondo, un melting pot che è uno stimolo continuo e che è l’America multietnica che mi aspettavo e che desideravo trovare. Da quando mi sono trasferito nella South Bay ho la possibilità di andare a fare una nuotata o giocare a beach volley ogni sera al rientro dal lavoro e di conoscere gente nuova ad ogni uscita. Soprattutto all’inizio della mia avventura americana è stato particolarmente importante per me avere amici Europei con cui condividere la vita all’estero.

Vedo che qualche anno dopo esserti trasferito, ti sei iscritto ad un programma universitario a Berkeley.

Nel 2010 ho deciso che era ora di un’altra sfida: ho ripreso in mano i libri e mi sono iscritto ad un MBA (Master in Business Administration, master disegnato per professionisti con qualche anno di lavoro alle spalle, ndr). Decidere di partecipare a un master di quel tipo significa studiare per il test di ammissione, esercitarsi e se si viene selezionati, significa riuscire a ritagliarsi il tempo per le lezioni e per lo studio individuale: un impegno non da poco. Dunque ho studiato e ho fatto il GMAT (il Graduate Management Admission Test, il test logico-linguistico ufficiale del Graduate Management Admission Council usato a livello universitario e post-universitario, ndr). Ho preso un punteggio alto e sono stato ammesso al programma che volevo: un master su entrepreneurship, high-tech strategy e finanza tenuto dall’Università di Berkeley congiuntamente con la Columbia University.

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Probabilmente è uno dei programmi più prestigiosi al mondo.

Partecipare a un MBA del genere è stata una grande sfida sicuramente – ho dovuto coniugare studio e lavoro, una cosa non sempre facile – ma anche un enorme plus sia dal punto di vista personale che lavorativo. Ho potuto assistere alle lezioni dei migliori nel loro campo e tra i miei compagni di corso avevo personalità di spicco, con cui continuo a sentirmi. Credo sia stata quella la conquista più preziosa: un MBA nelle business school più prestigiose del mondo ti regala un network impagabile. Ti dà la possibilità di rimetterti in gioco, di partecipare a lezioni stimolanti con docenti eccellenti, ma soprattutto ti mette in contatto con manager e imprenditori che saranno sempre pronti a darti una mano nel momento del bisogno. Inoltre, l’MBA ha avuto degli effetti positivi anche sul lavoro. Innanzi tutto mi ha fruttato una promozione, e poi mi dato la possibilità di gestire progetti più interessanti e conoscere persone di altissimo profilo. Non da ultimo, l’MBA mi ha fornito le conoscenze e la fiducia di affrontare discussioni a qualunque livello aziendale.

Siamo abituati a pensare al sistema scolastico americano come scadente e lacunoso e in generale gli statunitensi vengono sempre additati come un popolo mediamente ignorante. Allora, come mai sono così bravi a fare business?

Il sistema imprenditoriale americano è molto meritocratico e, senza retorica, credo sia questo il segreto del loro successo. Qui se sei bravo e fai vedere che lo sei, vai avanti. L’impresa ti affida lavori e ti apre porte importanti e più bravo sei, più il processo è veloce. Così ai vertici si hanno persone capaci e sveglie, persone che sono in grado di muovere la crescita e dare la spinta giusta. La meritocrazia unita ai sistemi snelli ed elastici regala agli Stati Uniti aziende innovative e capaci di cavalcare il mercato, sempre. In Italia invece siamo bloccati dalla burocrazia e le piccole imprese sono incagliate in logiche da gestione padronale che ne frenano la spinta innovativa e conseguentemente la crescita. Ovviamente ci sono eccezioni ovunque, in Italia come in America, soprattutto nelle grandi multinazionali.

Non ritorneresti più in Italia?

Per il momento no. La mia vita è fantastica qui a Los Angeles. Farei fatica a trovare di meglio. il lavoro è stimolante e ho una bella posizione, faccio sport ogni giorno, ho ampie possibilità di svago, conosco gente nuova in continuazione, viaggio spesso e c’è sempre qualcosa di nuovo da fare o imparare. Ultimamente, lavoro permettendo, mi sto dedicando alla gestione del complesso abitativo dove vivo. In qualità di President of the HOA Board of Directors ho responsabilità di budget, spese operative e straordinarie, progetti migliorativi, etc. È quasi come gestire una piccola azienda. Se dovessi cambiare nazione andrei da qualche altra parte del mondo, non so se in Europa o in qualche altro continente. Adoro viaggiare e appena posso organizzo un road trip in America o un viaggio in qualche luogo nuovo. Non mi dispiacerebbe riuscire a tornare in Italia più spesso e più a lungo, per una bella vacanza o un breve progetto, ma non a tempo pieno.

Giulia Rinchetti