Voglio vivere LIBERA e con lo zaino in spalla.

Libera dalla paura ed essere padrona del mio tempo.

Forse il tempo, come la libertà, è il bene più prezioso che abbiamo.

Per questo ho deciso di diventare una Nomade Digitale.

Una scelta che magari non dà sicurezze, ma che riesce a rendermi felice”. Silvia Montis e il suo amore per i viaggi in solitaria.

A cura di Nicole Cascione

Chi è Silvia Montis?

Quarantotto anni fa ero una bambina nata con una grave malattia che non mi permetteva di vivere appieno la vita. Dopo la guarigione sono diventata una ragazza piena di sogni da realizzare e tanta voglia di scoprire il mondo che, fino ad allora, avevo potuto vedere solo dalla finestra di un ospedale. Nel tempo, dopo innumerevoli traslochi e cambi di rotta, sono diventata una donna che ha deciso di vivere appieno le bellezze della vita.

Posso definirmi quindi una persona che ha scelto di vedere il mondo a colori.

Sono testarda e indipendente nelle mie scelte, pur essendo felicemente sposata da vent’anni. La scrittura e la fotografia sono le mie più grandi passioni, oltre al viaggiare naturalmente. Una foto di me da bambina mi ritrae a 5 anni con una pesante macchina fotografica appesa sul collo: la Reflex di mio padre. Con caparbietà e tenacia, ho fatto delle mie passioni il mio lavoro: viaggiare è il mio ossigeno; la scrittura è il prolungamento della mia anima; la fotografia è come una macchina del tempo che sigilla istanti preziosi.

I miei racconti di viaggio sono racchiusi nel mio blog personale, ma anche in libri, riviste, articoli e interviste che nel tempo ho scritto, collaborando anche con diverse aziende.

Ciò che scrivo coinvolge e ispira tante persone, soprattutto donne che sognano di viaggiare in solitaria, zaino in spalla, proprio come me. Diventando una Nomade Digitale ho coronato il mio desiderio di poter viaggiare liberamente. Questo, e molto altro, fanno di me un’anima libera.

Silvia Montis

Ad un certo punto della tua vita, quando ormai avevi raggiunto una buona posizione lavorativa, hai scelto di mollare tutto e partire in solitaria: “Sono partita con tanta paura e nessuna esperienza”.  Come sei riuscita a superare le tue paure?

Dopo una lunga riflessione e spinta dal desiderio di mettermi alla prova per capire fino in fondo chi ero e dove potevo arrivare da sola, decisi di partire in solitaria, zaino in spalla, e fare quindi il Cammino di Santiago. Dai Pirenei fino a Finisterre, camminai lungo tutto il nord della Spagna, toccando diverse regioni. Fu la mia prima esperienza da backpacker. Non avevo mai fatto un cammino, tantomeno un viaggio con lo zaino. In passato avevo trascorso in solitaria una settimana a Dublino, ma era una città che già conoscevo quindi diciamo che, con il cammino di Santiago, mi trovai per la prima volta totalmente fuori dalla mia zona di comfort. Mai e poi mai avrei pensato di poter fare un viaggio simile, soprattutto da sola. Eppure la voglia di avventura e il desiderio di esplorarmi in contesti fuori dall’ordinario fu più forte del timore di non farcela. Prima di partire, cominciai ad informarmi, raccogliendo quante più notizie possibili per cercare di smorzare la paura dell’ignoto. La paura è quanto di più normale esista. Prima di un nuovo viaggio ho sempre il terrore di non sapere cosa mi aspetta, ma viaggiando ho imparato a non esserne più schiava. Per il Cammino di Santiago acquistai un biglietto di sola andata solo dopo mesi di preparazione. Lo feci nonostante fossi terrorizzata. Ma, in verità, dopo averlo fatto, ne fui anche elettrizzata. Ero invasa da un turbinio di emozioni contrastanti. Cercai quindi di allontanare il pensiero della partenza fino all’ultimo giorno, con tanta fatica. Ebbi persino la tentazione di non prendere quel volo. La verità è che nessuno ti prepara per un salto nel vuoto simile. Sono riuscita a superare la paura anche grazie all’incoraggiamento degli altri. In primis quello di mio marito e dei miei cari, che avevano capito quanto, questo cammino, fosse importante per la mia vita. Ma anche quello dei tanti pellegrini e viaggiatori che avevo contattato prima di partire e che facevano il tifo per me. Ricordo che, quando arrivai alla tappa di partenza, a San Jan Pied de Port, mi ritrovai ai piedi di una montagna alta 1500 mt. Era quella che avrei dovuto valicare e ne ebbi il terrore. La tentazione fu subito quella di mollare tutto e andarmene. Fortunatamente, anche in quell’occasione, avevo conosciuto dei pellegrini durante il viaggio che, vedendomi affranta, mi incoraggiarono a non mollare. Il cammino è pieno di angeli che sorreggono i tuoi passi ed è anche per merito loro se sono riuscita a completare la mia impresa anche se, in realtà, l’ho dovuto fare in due tempi perché, dopo 500 km, mi dovetti fermare per via di una forte tendinite. L’anno dopo conclusi il cammino. Questo fu un grande insegnamento per me: bisogna fermarsi quando c’è da fermarsi, ma senza mai arrendersi.

Oggi il senso di gratitudine, anche nei confronti di chi mi ha sempre sostenuta, mi spinge a fare quello che faccio: ispirare e incoraggiare, soprattutto le donne, a partire e provarci, nonostante la paura.

Come ti sei preparata ad un viaggio simile?

La prima cosa che feci per prepararmi ad un cammino lungo 800 km fu quella di allenarmi con camminate sempre più lunghe. A quei tempi ero molto sedentaria e non riuscivo a fare più di tre chilometri senza avere il fiato corto quindi, prima della partenza, mi allenai assiduamente. Parallelamente agli allenamenti cominciai ad informarmi bene sul percorso. Ci sono 6 vie per arrivare a Santiago e io scelsi la Via Francese perché era quella con più ostelli (albergues del pellegrino) lungo il percorso. Questo mi avrebbe permesso di potermi fermare anche fuori dalle tappe convenzionali e quindi di spezzare le tappe ad ogni esigenza. Partendo in primavera il cammino non era ancora molto trafficato quindi decisi di non prenotare gli ostelli e fermarmi quando ne sentivo la necessità. Insomma, mi cucii letteralmente il cammino addosso. Camminare senza vincoli mi permise di ascoltare totalmente il mio corpo e le mie sensazioni che, sul cammino, vengono amplificate in modo esponenziale. Prima di partire avevo scaricato da internet tutte le tracce, tappa per tappa, facendomi un programma di massima, ma ero consapevole del fatto che tutti i piani sarebbero potuti saltare per qualsiasi imprevisto. Nei numerosi gruppi di discussione, infatti, sentivo parlare spesso di pellegrini che avevano abbandonato il cammino per via di distorsioni, vesciche ai piedi ecc. Quindi, per affrontare la mia paura più grande, ovvero quella di non essere affatto in grado di percorrere così tanti chilometri a piedi, cercai di crearmi quel piano B e questo fu molto utile.

Un’altra cosa che feci per prepararmi al cammino fu quella di comprare abbigliamento e attrezzatura tecnica per poter fare uno zaino il più leggero possibile. Inoltre, tra le cose più importanti che imparai, feci tesoro di questi preziosi consigli:

•    Lo zaino non deve superare il 10% del tuo peso;

•    Non portare più di 3 cambi totali di abbigliamento, di cui uno sopra e due nello zaino;

•    Mai indossare scarpe nuove e, possibilmente, preferire scarpe resistenti alla pioggia;

•    Portare sempre una mantella impermeabile, possibilmente che sia abbastanza grande da coprire anche lo zaino, a prescindere che tu abbia un copri zaino;

•    Nel kit di primo soccorso dev’esserci sempre ago e filo, per curare eventuali vesciche.

Ripensando a quel mio primo zaino, sorrido. Tra le tante cose che avevo portato c’erano moltissime cose inutili. Infatti, arrivata a Pamplona, la prima cosa che feci fu quella di spedire un bel pacco a casa, con tutte le cose superflue.

Un’altra cosa importante che feci prima di partire fu quella di imparare ad utilizzare i bastoncini da Nordic Walking. Sul cammino mi sono stati davvero utili. Sembrano facili da usare ma, credetemi, inizialmente non fu affatto semplice riuscire a coordinare i bastoni con il mio passo.

Come e in cosa ti ha cambiata questa esperienza?

Più che cambiarmi, questa esperienza mi ha permesso di capire tante cose di me stessa. Cose che ignoravo e altre che invece avevo semplicemente dimenticato per strada, come ad esempio le mie passioni e tutti quei sogni che avevo chiuso nel cassetto.

Camminare in solitaria per così tanto tempo, ammirando i luoghi in lentezza, ha innescato in me una gran voglia di scoperta, riaccendendo quella sete di avventura che si era sopita negli anni, tra i ritmi frenetici della quotidianità. Viaggiare in lentezza era una cosa completamente diversa da ciò a cui ero abituata. Oggi ci basta prendere un aereo, la macchina, fare un tour organizzato e siamo arrivati, abbiamo visto tutto. Non si crea più alcuna relazione profonda tra te e l’ambiente. Percorrere sentieri di ogni tipo, viaggiando lentamente, mi ha permesso di riavvicinarmi alla parte più profonda delle cose, alla natura e alla gente, con il rispetto e l’attenzione necessaria. Inoltre ho imparato che dentro di me c’è tutta la forza e la caparbietà di cui ho bisogno per realizzare ciò che desidero. Anche quando ho creduto di non farcela, quando la mente mi diceva di abbandonare perché ero stravolta dalla stanchezza, c’è stata una forza dentro di me, primordiale e intrinseca, che mi ha spinta in avanti facendomi avanzare ad ogni tappa. Tra i pellegrini si dice: “Se non riesci più a camminare con i piedi allora cammina con il cuore”.

Questo è stato uno degli insegnamenti più importanti che ho imparato lungo il cammino. Mi ha permesso di non arrendermi, anche quando ho dovuto mollare. Ho imparato a seguire il mio ritmo e i miei tempi, ad ascoltarmi profondamente e persino a capire quando era veramente giunto il momento di fermarmi. Proprio con questo spirito, negli anni, ho avuto la forza di andare avanti facendo cose che credevo impossibili. Viaggiando in solitaria ho imparato ad essere più attenta a ciò che mi circonda. Ho imparato a non temere più gli imprevisti o i cambiamenti perché nell’ignoto c’è un Universo da scoprire e una vita da vivere. Ho capito che, anche quando sei sola, non sei mai veramente sola. E quando ti sembra di essere in un vicolo cieco, devi semplicemente fidarti della tua vita, seguire il flusso, perché la vita conosce vie incomprensibili e non serve a nulla opporre resistenza, lei sa bene dove sei diretta. Ogni tanto bisogna perdersi per ritrovarsi.

Forse, a pensarci bene, in qualcosa sono veramente cambiata: oggi sono una persona più aperta allo scambio, più attenta ed empatica, anche meno paurosa. Ho abbassato i muri della diffidenza e fatto crollare quelli del pregiudizio. Infine ho annientato il muro che ritenevo più insormontabile, quello tra me e i miei sogni.

Quindi, probabilmente, oggi sono una persona migliore di ieri.

Dopo aver vissuto in Brianza, a Novara, Milano, in Toscana, Veneto e Sardegna, hai deciso di trasferirti definitivamente in Danimarca.

Quando e perché?

Ero tornata in Sardegna dal Veneto e dopo cinque anni, in cui avevo aperto la mia attività commerciale, nel 2013 fui costretta a chiudere serranda per via di una forte crisi economica che colpì l’Italia in quegli anni. Presi la decisione di chiudere con molta serenità, perché mio marito stava comunque lavorando ed ero fiduciosa che, anche con un solo stipendio, ce la saremmo cavata tranquillamente. Era stata una bellissima esperienza ma era arrivato il momento di chiudere quel capitolo. Ma si sa, la vita spesso riserva sorprese che arrivano come uragani pronti a spazzare via ogni certezza. Fu così che, dopo solo un mese dalla mia chiusura, mio marito venne improvvisamente licenziato. Nel giro di poche settimane fummo costretti a prendere una decisione.

Restare o partire nuovamente?

Decidemmo di partire, ma stavolta, invece di tornare nel Nord Italia, decidemmo di espatriare. Dopo un’attenta analisi, optammo per andare in Danimarca, una nazione che aveva ancora un’economia forte e stabile e tanto lavoro da offrire. In realtà non fu così semplice trovare lavoro, non conoscevamo la lingua e avevamo già una certa età, ma eravamo molto determinati e pronti a metterci in gioco. Partì prima mio marito, a Copenaghen, ospite di un conoscente. Lo raggiunsi qualche mese dopo, facendomi assumere come ragazza alla pari da una famiglia che mi avrebbe dato vitto e alloggio. Passò un po’ di tempo prima di riuscire a trovare un lavoro stabile, un mini appartamento tutto nostro e riuscire ad ambientarci in quel mondo così diverso dal nostro.

Non fu affatto semplice ricominciare da zero ma, personalmente, mi aiutò tantissimo la mia voglia di conoscere cose nuove, di fare esperienze diverse e scoprire quel luogo che sin da subito mi affascinò. Nel giro di qualche anno cambiammo ben 11 case e diversi lavori, imparammo a conoscere il sistema e infine decidemmo di aprire una nostra attività in proprio. La Danimarca ci diede ciò che la nostra nazione non è stata mai in grado di darci: una possibilità. E per questo le saremo per sempre grati.

Di cosa ti occupi a Copenaghen?

Quando abbiamo aperto l’attività in Danimarca, ho cominciato a collaborare con mio marito dando una mano in cantiere. Con il tempo ho lasciato il cantiere e cominciato ad occuparmi della parte contabile ed organizzativa. Successivamente ho incluso la gestione della parte pubblicitaria, visto che in passato avevo avuto esperienze nel campo della grafica e del marketing. Oggi, oltre a ricoprire il ruolo di invoicer sono anche ufficialmente la Social Media Manager dell’azienda e svolgo il mio lavoro completamente da remoto. Questo mi permette di non avere troppi vincoli, ad esempio non devo recarmi in ufficio o restare per forza in Danimarca, così posso mandare avanti anche le mie passioni: viaggiare liberamente e scrivere di viaggi. Nel tempo ho trasformato queste passioni in lavoro, diventando una Travel Blogger professionista. Ho cominciato a collaborare con diverse aziende, sia come creatrice di contenuti, inerenti a viaggi e cammini, sia come Affiliate Marketing di diversi marchi e aziende. Oggi sono a tutti gli effetti una Nomade Digitale. Il lavoro mi segue ovunque io decida di andare e soprattutto faccio ciò che più amo: scrivere e viaggiare. È così che ho deciso di riprendere in mano anche il mio vecchio sogno di scrittrice di viaggi e lavorare finalmente ai miei libri. Ma questo è un progetto ancora in fase embrionale quindi Stay Tuned!

Tornando alla tua passione, i viaggi in solitaria, quali sono i pro e i contro del viaggiare da soli?

Leggendo questa domanda mi sono sforzata parecchio nel cercare i contro, per poter rispondere adeguatamente. Comincio con il dire che, sicuramente, i pro sono molti di più dei contro. Come scrissi tempo fa in un articolo, “viaggiare da soli è un’opportunità di crescita che ci permette di affrontare molti dei nostri limiti legati soprattutto alla paura”.

Viaggiare da sole ci rende più responsabili, non possiamo appoggiarci a nessuno, né demandare decisioni, tantomeno dare la colpa a qualcuno per le nostre scelte.

Viaggiando da sole impariamo a fare i conti con noi stesse, uscendo dalla nostra comfort zone e imparando anche ad ascoltarci di più.

Viaggiando da sole siamo più ricettive. Mentre in gruppo o con altre persone, tendiamo a chiuderci, paradossalmente quando si è da soli si impara pian piano ad aprirsi al mondo e agli altri. Questo perché, quando si è soli, si è più propensi a creare legami con persone che non appartengono al nostro nucleo. Cogliamo quindi maggiormente le occasioni di condivisione e scambio, parliamo di più con altri viaggiatori, ascoltiamo storie e impariamo a raccontarci senza più remore o diffidenze. Quando conobbi la mia amica messicana, in un ostello di Madrid, rimanemmo tutta la notte a parlare. Oggi lei è per me un’amica davvero speciale. Dopo sei anni ci scriviamo ancora regolarmente. Questo per dire che viaggiare da soli non è affatto penalizzante, non si è mai veramente soli se si è pronti ad abbassare l’armatura della diffidenza e aprire il cuore. Certo, bisogna stare attente. Uno dei contro del viaggiare da sole è proprio quello della sicurezza. Bisogna usare il buon senso e imparare a capire quanto e quando fidarsi. Ma è proprio viaggiando in solitaria che ho imparato ad essere più attenta alle sensazioni e alle situazioni.

Un’altra cosa bellissima del viaggio in solitaria è che ti permette di coltivare l’amore per te stessa, ovvero imparare a ritagliarti uno spazio tutto tuo. È importante fare ogni tanto qualcosa anche per noi stesse. Noi donne abbiamo spesso l’abitudine di dedicarci a tutti tranne che a noi. Siamo mogli, madri, compagne, amiche, figlie e spesso ci dimentichiamo di essere anche persone, donne con delle esigenze e dei sogni. Qualche volta, addirittura, non pensiamo nemmeno di meritarcela, la libertà. Abbiamo sempre bisogno di conferme. Viaggiare da sole ci permette di imparare a stare bene con noi, conoscerci meglio e amarci un po’ di più, scoprendo magari che, quella convinzione di non essere in grado, di non essere abbastanza brava o abbastanza coraggiosa, era solo una paura infondata nella nostra testa.

In quali Paesi sei stata?

Ho visitato gran parte dell’Italia in solitaria, facendo diversi cammini e viaggi zaino in spalla, perché credo che prima ancora di andare lontano dovremmo imparare a conoscere anche le bellezze del nostro Paese. In Europa ho visitato gran parte della Spagna e dell’Irlanda e naturalmente la Danimarca, dove ormai vivo da 10 anni. Sono stata poi in Scozia, in Francia, in Germania, in Svizzera, in Croazia e in Austria. I viaggi fuori dall’Europa sono purtroppo ancora pochi: sono stata in Giappone, negli Stati Uniti, in Giordania e in Messico. Ho cominciato a viaggiare solo da qualche anno quindi la mia lista è ancora corta, ma quelli fatti sono stati intensi e spettacolari, hanno lasciato il segno. Quando si viaggia con il sentimento della scoperta e non solo della vacanza, si possono fare esperienze incredibili. Le mie le porterò sempre nel cuore e nei miei ricordi. L’ultimo di questi è stato proprio in Messico: un mese di viaggio, in solitaria, zaino in spalla, dormendo negli ostelli, spostandomi con i mezzi pubblici, andando alla scoperta del Paese, da Città del Messico fino allo Yucatan. Un’esperienza bellissima che consiglio e che sicuramente rifarei.

Come ci si prepara, logisticamente ed emotivamente, ad affrontare in un certo senso “l’ignoto”?

Per affrontare l’ignoto cerco sempre di reperire più informazioni possibili sul luogo in cui sono diretta. Pianifico un tragitto ideale che però sia aperto ad eventuali cambiamenti. Cerco online i riferimenti di mezzi, alloggi, eventuali tour locali e metto sempre in conto un piano B. Se sono viaggi oltre Oceano solitamente mi iscrivo anche a gruppi di italiani residenti in quel luogo, giusto per avere dei punti di riferimento in caso di necessità. Cerco di non pensare a tutte le cose peggiori che possono capitare, come spesso la società ci insegna, bombardandoci costantemente di notizie negative. Mi informo ma non mi faccio condizionare. Per i viaggi importanti stipulo sempre assicurazioni che comprendono praticamente tutto. Poi mi iscrivo al sito “viaggiare sicuri” della Farnesina. Questo mi aiuta a non avere sorprese, soprattutto su eventuali situazioni di instabilità politica. Insomma sono molto previdente, ma cerco di non perdere comunque la spontaneità e quel senso di avventura e stupore che si dovrebbe avere quando si va in un luogo che non si conosce. Sono sempre pronta mentalmente ai cambi di rotta e agli imprevisti e quello che mi aiuta maggiormente nel tenere un certo autocontrollo sull’ansia, è cercare di svuotare il più possibile la mente: lo faccio con la meditazione, con la lettura, con la musica, spesso con la scrittura. Cerco insomma di non pensare troppo, almeno fino alla partenza, perché una volta in viaggio so che la paura pian piano si scioglie come neve al sole.

Quali sono i momenti più belli che hai vissuto e quali invece quelli che preferiresti dimenticare?

Di momenti belli ne ho vissuti davvero tantissimi, dall’alba nel deserto del Wadi Rum a quella sul mare dei Caraibi a Cancún, dall’attraversata del Canyon Sumidero in Chapas all’emozione provata sorvolando le piramidi del Sole e della Luna in mongolfiera a Teotihuacan, dalle cene comunitarie fatte in ostello alle bellissime amicizie fatte in viaggio. Una tra le esperienze più belle è stata quella di incontrare, nel suo paese, un’amica speciale conosciuta in viaggio. Un’altra è stata quella di aver dormito nelle rovine di un’antica abbazia templare senza internet, né luce, né acqua calda, e conoscere comunque persone stupende che provenivano da ogni parte del mondo. Di situazioni tragiche ne ho vissute ma non le cancellerei mai, perché anche quelle fanno parte del viaggio e dell’esperienza. Come quella volta che, diretta in Francia con mia sorella, sono stata derubata in aeroporto mentre facevo scalo a Bruxelles. Non avendo più con me passaporto, carte e soldi, siamo rimaste bloccate a Bruxelles. In consolato mi hanno fatto un documento temporaneo per poter viaggiare e, avendo comunque il volo di ritorno da Bruxelles, con mia sorella abbiamo deciso di restare lì e goderci comunque la settimana, esplorando una città bellissima che probabilmente senza tale imprevisto non avrei mai visitato. È stata una delle settimane più belle della mia vita, perché con mia sorella mi sono divertita tantissimo. In quell’occasione ho imparato che, anche nei momenti più brutti, si può decidere con quale sentimento vivere le situazioni che accadono. Quando impari a cogliere il meglio nelle cose, vedi la vita da un’altra prospettiva e impari ad apprezzarne la straordinarietà anche nelle situazioni più improbabili.

Voglio Vivere Così…come?

Voglio vivere LIBERA e con la valigia in mano.

Libera dalla paura. Non è sempre facile, ma ho imparato a non farmi più sopraffare. Viaggiare mi costringe proprio ad andare oltre, evolvermi e superare i miei limiti.

Per questo lo ritengo così importante.

Un’altra cosa che desidero è continuare a vivere essendo padrona del mio tempo.

Forse il tempo, come la libertà, è il bene più prezioso che abbiamo. Per questo ho deciso di diventare una Nomade Digitale. Una scelta che magari non dà sicurezze, ma che riesce a rendermi felice.

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